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Sospensione termini impugnazione: onere della prova

Una società ha impugnato un avviso di accertamento IMU. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile perché tardivo. La causa di sospensione dei termini di impugnazione prevista per le liti tributarie non era applicabile, in quanto la società non ha dimostrato la necessaria adesione del Comune alla procedura agevolata, un onere probatorio che grava sul contribuente.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Sospensione termini impugnazione: chi deve provare l’adesione del Comune?

La sospensione termini impugnazione è un istituto cruciale nel processo tributario, ma la sua applicazione non è sempre automatica, specialmente nelle controversie con gli enti locali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce che spetta al contribuente dimostrare l’adesione del Comune a procedure speciali che estendono le scadenze, pena l’inammissibilità del ricorso. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I fatti di causa

Una società a responsabilità limitata si vedeva notificare un avviso di accertamento per il mancato pagamento dell’IMU relativa all’anno 2012, per un importo complessivo di oltre 76.000 euro. Dopo aver perso il ricorso presso la Commissione tributaria regionale, la società decideva di presentare ricorso per cassazione.

Tuttavia, il ricorso veniva notificato ben oltre il termine lungo di sei mesi previsto dalla legge per le impugnazioni. La difesa del Comune eccepiva immediatamente la tardività dell’atto, chiedendone la dichiarazione di inammissibilità.

La decisione della Corte di Cassazione e la sospensione termini impugnazione

La Corte di Cassazione ha accolto l’eccezione del Comune, dichiarando il ricorso inammissibile. Il fulcro della decisione risiede nell’interpretazione dell’art. 6 del D.L. n. 119/2018, che aveva introdotto una sospensione di nove mesi per i termini di impugnazione delle liti tributarie definibili in via agevolata.

I giudici hanno chiarito che, mentre per le liti con l’Agenzia delle Entrate la sospensione opera automaticamente (ope legis), per quelle con gli enti territoriali, come i Comuni, la situazione è diversa. La legge prevedeva infatti solo una facoltà per tali enti di aderire alla procedura di definizione agevolata, attraverso l’adozione di un’apposita delibera.

L’onere della prova a carico del contribuente per la sospensione dei termini

Il punto centrale, sottolineato dalla Corte, è che la delibera comunale costituisce il ‘fatto costitutivo’ del diritto alla sospensione. Di conseguenza, secondo il principio generale dell’onere della prova, spetta alla parte che intende beneficiare di tale sospensione – in questo caso, la società contribuente – allegare e dimostrare che il Comune ha effettivamente adottato la delibera di adesione.

Nel caso specifico, la società non solo non ha fornito tale prova, ma la Corte ha anche richiamato un precedente specifico (Cass. n. 28470/2019) in cui era già stato accertato che quello stesso Comune non aveva deliberato di avvalersi della procedura agevolata.

Le motivazioni

Nelle motivazioni, la Suprema Corte ha tracciato una netta distinzione tra la disciplina prevista per le agenzie fiscali e quella per gli enti territoriali. Per i primi, la definibilità delle controversie è generale e automatica. Per i secondi, invece, è subordinata a una scelta discrezionale dell’ente, che deve essere formalizzata in un atto amministrativo specifico.

Questo approccio si giustifica con l’autonomia degli enti locali. Non è possibile applicare il principio iura novit curia (il giudice conosce le leggi) ai regolamenti e alle delibere comunali, che non costituiscono fonti del diritto di portata generale. Pertanto, il contribuente che invoca una norma locale o un atto amministrativo a proprio favore deve portarlo a conoscenza del giudice, provandone l’esistenza e il contenuto. La mancanza di questa prova ha reso il ricorso tardivo e, di conseguenza, inammissibile, impedendo alla Corte di esaminare i motivi di merito sollevati dalla società.

Le conclusioni

Questa ordinanza offre un importante monito per i contribuenti e i loro difensori. Nelle controversie tributarie con i Comuni o altri enti locali, non si può dare per scontata l’applicazione di normative agevolative, come la sospensione dei termini di impugnazione. È fondamentale verificare attivamente se l’ente abbia aderito a tali procedure tramite atti formali. L’onere di allegare e dimostrare tale adesione ricade interamente sul contribuente. Un’omissione su questo punto può avere conseguenze fatali, come la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, precludendo ogni possibilità di discutere il merito della pretesa tributaria.

La sospensione dei termini per impugnare una sentenza tributaria, prevista dal D.L. 119/2018, si applica automaticamente anche alle liti con i Comuni?
No, non si applica automaticamente. A differenza delle liti con le agenzie fiscali, per le controversie con gli enti territoriali è necessario che il singolo Comune abbia deliberato di aderire alla procedura di definizione agevolata delle liti.

A chi spetta dimostrare che un Comune ha aderito alla definizione agevolata per beneficiare della sospensione dei termini di impugnazione?
L’onere di allegare e dimostrare l’avvenuta adozione della delibera comunale spetta al contribuente che intende beneficiare della sospensione. Si tratta di un presupposto costitutivo del suo diritto.

Cosa succede se un ricorso per cassazione viene presentato oltre il termine legale di sei mesi, senza fornire la prova dell’applicabilità di una causa di sospensione?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile per tardività. Questo significa che la Corte non entra nel merito dei motivi di impugnazione e la sentenza del grado precedente diventa definitiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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