Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 12748 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 12748 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/05/2025
Oggetto: Art. 1, comma 199, l. 197/2022 -Sospensione dei termini per impugnare -Cumulabilità con il periodo di sospensione feriale – Esclusione
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10766/2024 R.G. proposto da:
COGNOME NOME , in qualità di titolare della ditta RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso la Cancelleria della Corte di Cassazione;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-controricorrente – avverso la sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, n. 6913/04/2022, depositata in data 20 ottobre 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 aprile 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
1. L’Agenzia delle entrate, Direzione Provinciale di Avellino, notificava alla ditta RAGIONE_SOCIALE di cui la ricorrente era titolare, l’avviso di accertamento n. TFK010703129/2018, emesso ai sensi de ll’ art. 39, comma 1, lett. d), d.P.R. n. 600/1973, con il quale accertava , per l’anno di imposta 2013, maggiori ricavi non dichiarati pari ad Euro 190.854,00.
L’accertamento traeva origine da un controllo effettuato nei confronti della ditta da cui era emersa una discrasia tra lo spesometro presentato per il 2013 da alcuni clienti, rispetto a quello presentato dall’odierna ricorrente per il medesimo anno d’imposta (cd. spesometro integrato).
Nello specifico, l’Ufficio contestava alla società, esercente l’attività di fabbricazione di tessuti a maglia, l’omessa contabilizzazione di una serie di fatture relative ai rapporti commerciali intrattenuti con RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
La contribuente presentava ricorso innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Avellino deducendo l’infondatezza nel merito dell’accertamento, atteso che le fatture in contestazione erano state emesse sul finire dell’anno 2012 e contabilizzate dai clienti nel corso dell’anno d’imposta successivo.
L’Ufficio si costituiva in giudizio eccependo la legittimità del suo operato e chiedendo il rigetto del ricorso.
La CTP di Avellino accoglieva il ricorso della contribuente, evidenziando come lo scostamento tra l’imponibile dichiarato dalla ricorrente e l’ammontare complessivo delle operazioni trasmesse dai clienti per lo stesso periodo d’imposta non fosse il frutto di un errore contabile ma la naturale conseguenza di uno scostamento temporale delle operazioni poste in essere ed oggetto delle fatture emesse nell’ultimo periodo del 2012, nonché dell’applicazione delle norme che disciplinano lo spesometro .
Interposto gravame dall’Ufficio, la C ommissione tributaria regionale della Campania accoglieva l’appello , evidenziando la mancata dimostrazione -da parte dell’appellata dell’ effettiva emissione delle fatture contestate attraverso la produzione del libro giornale e dei registri IVA per l’anno 2012.
Con ricorso depositato in data 22.10.2021 la contribuente chiedeva la revocazione della sentenza d’appello ai sensi dell’art. 395 comma 1, n. 4, cod. proc. civ., sul presupposto che i giudici di seconde cure avevano errato nel ritenere non depositata la documentazione contabile, già prodotta in primo grado, idonea a comprovare l’effettiva emissione delle fatture contestate nel corso dell’anno 2012.
L’Ufficio si costituiva in giudizio contestando l ‘avversa domanda di revocazione, in particolare per la mancata decisività dell’errore di fatto imputato alla CTR.
La Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania respingeva il ricorso, ritenendo insussistenti i presupposti di legge richiesti per la revocazione.
Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione la contribuente, affidandosi ad un unico motivo . L’Ufficio ha resistito con controricorso eccependo, preliminarmente, l’inammissibilità dell’impugnazione, in quanto tardiva.
Il ricorso è stato, quindi, fissato per l ‘ adunanza camerale del 14/04/2025.
Considerato che:
Con il primo (ed unico) strumento di impugnazione la ricorrente deduce la «violazione art. 64 dlgs 546/1992 in relazione al 395 n. 4, cpc in relazione all’art. 360 1 nr. 3) c.p.c.». Riproduce pedissequamente la domanda di revocazione proposta avverso la decisione della CTR, ribadendo che sarebbe mancato, da parte del giudice di secondo grado, l’esame della documentazione contabile depositata in giudizio dalla contribuente.
Preliminarmente occorre statuire sull’eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività, sollevata dalla controricorrente. L’Agenzia delle entrate evidenzia che il termine semestrale per l’impugnazione della sentenza della CGT-2, depositata il 20 ottobre 2022, scadeva il 20 aprile 2023. Da ciò fa conseguire la tardività della notifica del ricorso introduttivo, perfezionatasi il 22 aprile 2024, pur computando la sospensione di 11 mesi dei termini di impugnazione ex art. 1, comma 199, l. 197/2022. Il periodo di sospensione, per 11 mesi, non sarebbe cumulabile con il periodo di sospensione feriale (dal primo al 31 agosto 2023 ), essendo quest’ultimo inter amente ricompreso negli 11 mesi. In definitiva il ricorso per cassazione andava proposto entro il 18 marzo 2024.
L’eccezione è fondata.
Al pari di altre analoghe disposizioni dettate dalle diverse discipline condonistiche (ad es. art. 6 d.l. 119/2018), l’art. 1, comma 199, della legge 197/2022 prevede che ‘per le controversie definibili sono sospesi per undici mesi i termini di impugnazione, anche incidentale, delle pronunce giurisdizionali e di riassunzione, nonché per la proposizione del controricorso in cassazione che scadono tra la data di entrata in vigore della presente legge e il 31 ottobre 2023’.
Si tratta, all’evidenza, di una sospensione automatica, ope legis , del termine per proporre impugnazione, che opera a prescindere dal concreto intento della parte privata di avvalersi della procedura di definizione agevolata (v. Cass. 24/12/2024, n. 34349 e, per fattispecie analoghe di sospensione, quantunque regolate da disposizioni diverse, Cass. n. 33069/2022, Cass. n. 30397/2021, Cass. n. 11913/2019 e Cass. n. 11531/2016).
Pertanto, per effetto della disposta sospensione, i termini d’impugnazione che, per effetto della disciplina ordinaria, venivano a scadere nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2023 ed il 31 ottobre 2023, sono stati sospesi ope legis per undici mesi; è vero
che il termine originario di sospensione previsto dall’art. 1, comma 199, cit., era di nove mesi, e che tale termine è stato elevato a undici mesi in forza dell’art. 20, comma 1, lett. d), del d.l. 30 marzo 2023, n. 23, conv. dalla l. 26 maggio 2023, n. 56. Tuttavia, trattandosi di proroga intervenuta nella perdurante pendenza della sospensione in questione originariamente indicata in nove mesi, tale proroga deve ritenersi applicabile anche all’ipotesi in esame, trattandosi di norma processuale, per la quale vige il principio tempus regit actum , e quindi di norma di immediata applicazione nella presente vicenda (così Cass. 29/03/2025, n. 8287). Dunque, la scadenza del 20 aprile 2023, dies ad quem dell’originario termine semestrale, deve intendersi prorogata al 20 marzo 2024.
L a scadenza del termine originario semestrale non dev’essere , invece, ulteriormente prorogata anche per effetto della cd. sospensione feriale, poiché quest’ultima non si cumula con la sospensione prevista nell’ambito di procedimenti di definizione agevolata delle liti fiscali, dalla quale è interamente assorbita in ragione della natura eccezionale di quest’ultima (v. in tal senso, fra le altre, Cass., n. 10252/2020, e, da ultimo, Cass. 33069/2022 cit.).
Per tutto quanto esposto il ricorso va dichiarato inammissibile, perché proposto solo in data 22 aprile 2024, ovvero tardivamente.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Sussistono, infine, i presupposti, ai sensi dell’articolo 13 comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis del citato art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna NOME COGNOME a pagare, in favore dell’Agenzia delle entrate, le spese
del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.600,00, per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Dà atto della sussistenza dei presupposti, ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14 aprile 2025.