Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 11358 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 11358 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NONNO NOME
Data pubblicazione: 29/04/2024
Oggetto: Tributi – Sospensione provvedimento di rimborso – Motivazione – Questioni.
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 3935/2019 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura AVV_NOTAIO dello RAGIONE_SOCIALE, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende unitamente all’AVV_NOTAIO giusta procura speciale in calce al controricorso;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 5162/01/18, depositata il 27 novembre 2018.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 5 luglio 2023 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Viste le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo di ricorso.
Uditi AVV_NOTAIO per la ricorrente, nonché l’AVV_NOTAIO per la controricorrente.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 5162/01/18 del 27/11/2018 la Commissione tributaria regionale della Lombardia (di seguito CTR) rigettava l’appello proposto dall’RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) avverso la sentenza n. 6968/24/17 della Commissione tributaria provinciale di Milano (di seguito CTP), la quale aveva accolto il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) avverso il provvedimento di parziale sospensione di un rimborso IVA concernente l’anno d’imposta 2010 .
1.1. Come si evince anche dalla sentenza impugnata, il rimborso del credito IVA vantato dalla società contribuente era stato sospeso dall’Amministrazione finanziaria in ragione della sussistenza di carichi pendenti.
1.2. La CTR respingeva l’appello proposto da AE evidenziando che: a) la CTP aveva correttamente motivato l’accoglimento del ricorso della società contribuente, atteso che il provvedimento di sospensione era inadeguatamente motivato con riferimento all’art. 38 bis del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, sebbene non fossero pendenti processi penali per false fatturazioni; b) il provvedimento impugnato non era stato nemmeno emesso e motivato ai sensi dell’art. 69 del r.d. 18 novembre 1923, n. 2440 ovvero ai sensi dell’art. 23 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, inapplicabili alla fattispecie; c) il provvedimento impugnato conteneva solo un generico riferimento ai contenziosi pendenti, senza specificarne natura ed entità e senza indicare alcun altro motivo cautelare a sostegno.
Avverso la sentenza della CTR AE proponeva ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
RAGIONE_SOCIALE resisteva con controricorso e depositava memoria ex art. 378 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va pregiudizialmente evidenziato che la richiesta di rinvio a nuovo ruolo formulata in udienza dalla difesa erariale non è accoglibile, non contemplando il procedimento davanti alla S.C. richieste di rinvio motivate da ragioni estranee alle esigenze processuali e alle esigenze difensive RAGIONE_SOCIALE parti.
Con il primo motivo di ricorso RAGIONE_SOCIALE deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della l. 7 agosto 1990, n. 241, dell’art. 7 della l. 27 luglio 2000, n. 212 e degli artt. 2697 e 2727 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente ritenuto che il provvedimento impugnato sia privo di adeguata motivazione.
1.1. Con il secondo motivo di ricorso si contesta, in via subordinata e in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, non avendo la CTR considerato che la società contribuente sarebbe stata a conoscenza dei carichi pendenti e, dunque, avrebbe potuto contestare efficacemente la pretesa nel merito.
1.2. Con il terzo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 69 del r.d. n. 2440 del 1923 e dell’art. 23 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente affermato che il mancato richiamo RAGIONE_SOCIALE menzionate disposizioni di legge indurrebbe a far ritenere che il provvedimento di sospensione non sia stato emesso in applicazione della disciplina del fermo amministrativo.
I motivi possono essere congiuntamente esaminati, vertendo su questioni connesse. Il primo ed il terzo motivo sono fondati, mentre il secondo resta assorbito.
2.1. L’art. 38 bis , terzo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972 (nella versione applicabile ratione temporis , oggi ottavo comma) prevede che: «Quando sia stato constatato nel relativo periodo di imposta uno dei reati di cui all’articolo 4, primo comma, n. 5), del decreto legge 10 luglio 1982, n. 429, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1982, n. 516, l’esecuzione dei rimborsi prevista nei commi precedenti è sospesa, fino a concorrenza dell’ammontare dell’imposta sul valore aggiunto indicata nelle fatture o in altri documenti illecitamente emessi od utilizzati, fino alla definizione del relativo procedimento penale».
2.2. Come da ultimo evidenziato da questa Corte (Cass. n. 27165 del 15/09/2022, le cui conclusioni vengono di seguito riportate e condivise), la giurisprudenza di legittimità si è già interrogata sul rapporto tra la tutela cautelare prevista nel d.P.R. n. 633 del 1972 e gli altri istituti cautelari, disciplinati dall’art. 23 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 e soprattutto dall’art. 69 del r.d. n. 2440 del 1923.
2.2.1. L’esistenza di una specifica norma, dettata in materia di IVA (l’art. 38 bis del d.P.R. n. 633 del 1972), non impedisce, in linea generale, il ricorso anche agli altri istituti. Infatti, la lettura RAGIONE_SOCIALE norme, secondo l’ interpretazione ormai prevalente, è nel senso di non escludere affatto la ricorribilità all’esercizio del potere di sospensione del pagamento previsto dall’art. 69, ultimo comma, del r.d. n. 2440 del 1923 (Cass. n. 9853 del 05/05/2011; Cass. n. 7320 del 28/03/2014; Cass. n. 25893 del 31/10/2017).
2.2.2. Trattasi, infatti, di garanzie aventi funzioni diverse: quella apprestata dal citato articolo 38 bis garantisce per l’ipotesi che il credito al rimborso sia insussistente, mentre quella prevista dal citato art. 69, garantisce la possibilità di operare la compensazione con i controcrediti dell’Amministrazione.
2.2.3. Laddove, tuttavia, sussistano ragioni che riconoscano la possibilità di ricorrere ad istituti cautelari diversi da quello contemplato nell’art. 38 bis cit ., si impone l’attenzione sui limiti del cumulo tra le
garanzie apprestate da quest’ultima norma e gli altri strumenti cautelari, anche al fine di evitare, per il medesimo periodo di vigenza, una ingiustificata duplicazione della cautela in favore dell’Amministrazione finanziaria ed un carico eccessivo per il contribuente, in violazione del principio di collaborazione e buona fede posto dall’art. 10, comma 1, l. n. l. 27 luglio 2000, n. 212, nonché del principio di solidarietà sancito dall’art. 2 Cost., che deve ispirare anche i rapporti tra pubblica Amministrazione e cittadino (Cass. S.U. n. 2320 del 31/01/2020).
2.2.4. In applicazione dei superiori principi, pertanto, l’istituto cautelare previsto dall’art. 38 bis , ottavo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972 trova applicazione in presenza di reati, afferenti l’IVA o le imposte dirette, riconducibili ad operazioni inesistenti, sicché non c’è necessità di applicare strumenti più generali. Laddove invece la tutela cautelare si relazioni a fattispecie penali diverse, o anche alla sola prospettazione di compensazioni tra crediti, oppure ad accertamenti in corso, nulla impedisce che l’Ufficio faccia ricorso agli altri strumenti cautelari (cfr. Cass. n. 27784 del 31/10/2018).
2.3. Peraltro, ciò che non può venire meno è la sussistenza di una motivazione specifica ed esaustiva del provvedimento cautelare. A tal fine la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che in materia tributaria la causa di sospensione del pagamento di un rimborso (cd. fermo amministrativo), prevista a favore dell’Amministrazione finanziaria dall’art. 23 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 – che costituisce disciplina specifica rispetto all’istituto di cui all’art. 69, sesto comma, del r.d. n. 2440 del 1923 -può essere fatta valere anche nel corso del giudizio che abbia ad oggetto l’impugnazione del silenzio-rifiuto sulla richiesta del rimborso medesimo, a condizione, però, che sia adottato un formale provvedimento di sospensione; tale atto deve essere dotato dei requisiti prescritti dalla legge, compresa un’adeguata motivazione in ordine al fumus boni iuris della vantata ragione di credito da parte
dell’Amministrazione, e portato a legale conoscenza dell’interessato, per garantirgli ogni tutela giurisdizionale (Cass. n. 23601 nell’11/11/2011).
2.3.1. Non è dubbio, infatti, che se è vero che la motivazione del diniego di rimborso, che incide sul diritto ad ottenere quanto richiesto, può essere integrata anche successivamente dall’Amministrazione finanziaria, potendo detto diniego essere anche tacito e restando a carico del contribuente l’onere di provare il proprio credito, l’emanazione di un provvedimento cautelare di sospensione che incide su di un diritto riconosciuto dalla stessa Amministrazione finanziaria -implica una motivazione adeguata, con l’indicazione specifica RAGIONE_SOCIALE ragioni prospettate dall’Amministrazione, risultando altrimenti violato il diritto di difesa del contribuente.
2.3.2. In altri termini, il provvedimento che denega il rimborso disconosce una pretesa del contribuente, pretesa i cui presupposti devono essere debitamente provati dallo stesso in giudizio; il provvedimento di fermo, invece, incide su di un diritto riconosciuto esistente dalla stessa Amministrazione, sicché quest’ultima ha il dovere precipuo di giustificare compiutamente le ragioni della sospensione del soddisfacimento di una pretesa su cui non v’è contestazione.
2.4. Nel caso di specie, è assolutamente pacifico tra le parti che il provvedimento cautelare di sospensione (parziale) del rimborso IVA ha fatto specifico riferimento all’art. 38 bis del d.P.R. n. 633 del 1972 e ha indicato che detto provvedimento si giustifica in ragione dell’esistenza di carichi pendenti nei confronti dell’Amministrazione finanziaria.
2.4.1. La CTR ha correttamente evidenziato che l’art. 38 bis del d.P.R. n. 633 del 1972 sia stato erroneamente richiamato dal provvedimento impugnato in ragione dell’assenza di procedimenti penali; cionondimeno, il provvedimento di sospensione ha fatto inequivoco riferimento alla sussistenza di carichi pendenti, così mettendo in condizioni la società contribuente di controdedurre in
merito, essendo del tutto irrilevante il mancato espresso riferimento all’art. 69 del r.d. n. 2440 del 1923 ovvero all’art. 23 del d.lgs. n. 472 del 1997.
2.4.2. La sussistenza o meno di detti carichi pendenti attiene ai profili probatori, che nulla hanno a che vedere con la motivazione del provvedimento impugnato e che, dunque, devono essere esaminati nel merito dal giudice del rinvio, non avendo il giudice d’appello compiuto tale valutazione.
2.5. Quanto sopra è sufficiente per l’accoglimento dei motivi primo e terzo, restando assorbito il secondo motivo.
In conclusione, vanno accolti il primo e il terzo motivo di ricorso, assorbito il secondo; la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti e rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo ed il terzo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma il 5 luglio 2023.