Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 494 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 494 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/01/2024
ORDINANZA
ha pronunciato la seguente sul ricorso n. 30188/2017 proposto da:
Agenzia delle Entrate, nella persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE nella persona del legale rappresentante pro tempore .
– intimata –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della SICILIA, n. 1936/6/17, depositata in data 26 maggio 2017, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio de ll’8 novembre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
La Commissione tributaria provinciale di Catania, con sentenza n. 143/2012, aveva accolto il ricorso presentato dalla società RAGIONE_SOCIALE nei confronti del provvedimento di sospensione del rimborso I.V.A., relativo al primo semestre 2009, ed aveva disposto che l’esecuzione del rimborso fosse subordinata alla previa prestazione di fideiussione bancaria o assicurativa.
La Commissione tributaria regionale ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, rilevando che nessuna delle ipotesi richiamate dall’art. 38 bis del d.P.R. n. 633 del 1972 ricorreva nel caso di specie; in particolare, il comma 3 consentiva la sospensione del rimborso solo quando vi fossero state contestazioni penali nel relativo periodo di imposta (contestazioni che nella specie non esistevano, avendo l’Ufficio richiamato contestazioni penali riferite agli anni 2004 e 2005) e il comma 7 non prevedeva alcun potere dell’Ufficio di disporre la sospensione del rimborso, stabilendo solo che in determinati casi il rimborso era subordinato alla prestazione di garanzie.
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a due motivi.
La società RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese.
CONSIDERATO CHE
Il primo motivo lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 30 e 38 bis del d.P.R. n. 633/1972 (vigente ratione temporis ) e dell’art. 23 del decreto legislativo n. 472/1997, in relazione all’art. 360, comma
primo, n. 3, cod. proc. civ.. La condizione ostativa al rimborso, prevista dall’art. 38 bis richiamato, risultava essere l’emissione di avvisi di accertamento e, comunque, qualsiasi pendenza con l’Erario; l’Ufficio, al momento della richiesta di rimborso e per gli anni di imposta 2004 e 2005, aveva inviato all’Autorità Giudiziaria comunicazione di notizia di reato nei confronti della società ricorrente ai sensi dell’art. 4 del decreto legislativo n. 74 del 10 marzo 2000 e successivamente venivano notificati alla società gli avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle Entrate avverso i quali la società contribuente aveva proposto ricorso. La sospensione del rimborso in presenza della contestazione di violazioni e in assenza di idonee garanzie prestate dalla società all’Amministrazione era, dunque, del tutto legittima.
1.1 Il motivo è inammissibile.
1.2 Come questa Corte ha precisato, il ricorso per cassazione, per il principio di autosufficienza, deve contenere in sé tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito, sicché il ricorrente ha l’onere di indicarne specificamente, a pena di inammissibilità, oltre al luogo in cui ne è avvenuta la produzione, gli atti processuali ed i documenti su cui il ricorso è fondato mediante la riproduzione diretta del contenuto che sorregge la censura oppure attraverso la riproduzione indiretta di esso con specificazione della parte del documento cui corrisponde l’indiretta riproduzione (Cass., 15 luglio 2015, n. 14784; Cass., 27 luglio 2017, n. 18679; Cass., Sez. U., 27 dicembre 2019, n. 34469).
1.3 Con riguardo, poi, al tema di specificità dei motivi di ricorso, questa Corte, da ultimo, ha avuto occasione di precisare che « Ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c. – quale corollario del requisito di specificità dei motivi – anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU
COGNOME e altri c. Italia del 28 ottobre 2021 – non deve essere interpretato in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, e non può pertanto tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, insussistente laddove nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure, e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito » ( Cass., Sez. U., 18 marzo 2022, n. 8950).
1.4 Il principio, escludendo l’eccessivo rigore nella imposizione di oneri di integrale trascrizione e allegazione di documenti, ha sottolineato come i motivi debbano comunque indicare puntualmente, per le parti di rilievo, il contenuto degli atti richiamati, in modo da consentire al giudice l’esatta comprensione e portata della doglianza, oltre che l’esatta collocazione del documento nel fascicolo di causa.
1.5 Dunque, il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., quale corollario del requisito di specificità dei motivi – anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021, deve ritenersi apprezzato ogni qualvolta l’indicazione dei documenti o degli atti processuali sui quali il ricorso si fondi, avvenga, alternativamente, o riassumendone il contenuto, o trascrivendone i passaggi essenziali (cfr. Cass., 19 aprile 2022, n. 12481) e non può invece ritenersi rispettato qualora il motivo di ricorso faccia rinvio agli atti allegati e contenuti nel fascicolo di parte senza riassumerne il contenuto al fine di soddisfare il requisito ineludibile dell’autonomia del ricorso per cassazione, fondato sull’idoneità del contenuto delle censure a consentire la decisione (cfr. Cass., 1 marzo 2022, n. 6769).
1.6 A tali oneri l’Agenzia ricorrente non ha ottemperato, non avendo riportato il contenuto del provvedimento di sospensione n. prot. 4238 del 29 gennaio 2010, ed è, dunque, evidente che, alla luce dei principi richiamati, la censura in disamina si rileva priva della necessaria
compiutezza atta ad assicurarne l’autosufficienza, in tal modo precludendo alla Corte di poter attingere il contenuto della censura dalla diretta lettura del ricorso.
Il secondo motivo lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 36 del decreto legislativo n. 546/1992 e 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., nonché dell’art. 92 cod. proc. civ., in rapporto all’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ.. La Commissione tributaria regionale aveva inopinatamente statuito, puramente e semplicemente, il diritto della società contribuente alla rifusione delle spese da parte dell’Amministrazione finanziaria, senza alcuna motivazione in merito, peraltro in difetto di specifica nota spese, mai depositata dalla controparte.
2.1 Il motivo è infondato.
2.2 La Commissione tributaria regionale ha chiaramente disposto la condanna dell’Agenzia appellante in base al principio della soccombenza, che va inteso nel senso che soltanto la parte interamente vittoriosa non può essere condannata, nemmeno per una minima quota, al pagamento delle spese stesse e che identifica la parte soccombente, alla stregua del principio di causalità, con quella che, lasciando insoddisfatta una pretesa riconosciuta fondata, abbia dato causa alla lite ovvero con quella che abbia tenuto nel processo un comportamento rilevatosi ingiustificato (Cass., 16 giugno 2011, n. 13229; Cass., 4 agosto 2017, n. 19613); si tratta, peraltro, di un accertamento rimesso al potere discrezionale del giudice del merito, sindacabile in sede di legittimità nella sola ipotesi in cui dette spese, anche solo parzialmente, siano state poste a carico della parte totalmente vittoriosa (Cass., 4 agosto 2017, n. 19613, citata, in motivazione)
2.3 La motivazione dei giudici di secondo grado, seppure stringata, è, dunque, esistente e sufficiente ad evidenziare il percorso
argomentativo della pronuncia giudiziale, funzionale alla sua comprensione e alla sua eventuale verifica in sede di impugnazione 3. Per le ragioni di cui sopra, il ricorso deve essere rigettato.
3.1 Nessuna determinazione va assunta sulle spese processuali, non avendo la società intimata svolto difese.
3.2 Non vi è luogo a pronuncia sul raddoppio del contributo unificato, perché il provvedimento con cui il giudice dell’impugnazione, nel respingere integralmente la stessa (ovvero nel dichiararla inammissibile o improcedibile), disponga, a carico della parte che l’abbia proposta, l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto ai sensi del comma 1 bis del medesimo art. 13, non può aver luogo nei confronti delle Amministrazioni dello Stato, istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo stesso, mediante il meccanismo della prenotazione a debito (Cass., Sez. U., 25 novembre 2013, n. 26280; Cass., 14 marzo 2014, n. 5955).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Così deciso in Roma, in data 8 novembre 2023.