Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7952 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 7952 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/03/2024
Sosp nec est
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 17047/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso la stessa domiciliata in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, sedente in Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, presso di lui domiciliato in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente –
Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, n. 3321/22/15, depositata il 10 giugno 2015.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 21 febbraio 2024 dal consigliere NOME COGNOME
Dato atto che il AVV_NOTAIO Procuratore Generale NOME COGNOME ha chiesto il rigetto del ricorso.
L’Avvocatura Generale dello Stato ha chiesto a sua volta il rigetto.
Il difensore della contribuente, AVV_NOTAIO, ha concluso per inammissibilità e comunque rigetto del ricorso.
Rilevato che:
L’RAGIONE_SOCIALE con avviso notificato l’undici settembre 2008, accertava maggior imposta (anno 2005), disconoscendo alla RAGIONE_SOCIALE la deducibilità di costi rappresentati dalla corresponsione alla propria partecipante (RAGIONE_SOCIALE, oggi incorporata in RAGIONE_SOCIALE) del corrispettivo per royalties e know how. Nella presente controversia l’oggetto è costituito dal maggior reddito che conseguentemente veniva accertato in capo all’odierna controricorrente (allora NOME RAGIONE_SOCIALE) che aveva scelto, unitamente all’altro socio di RAGIONE_SOCIALE, il regime di trasparenza. La CTP accoglieva il ricorso richiamando il contenuto della decisione resa, sulla stessa vicenda, dalla CTR della Lombardia a proposito della ripresa a tassazione della partecipata RAGIONE_SOCIALE In sede d’appello, la sentenza qui impugnata rigettava il gravame proposto dall’RAGIONE_SOCIALE.
Ricorre quest’ultima in cassazione, affidandosi a un unico motivo. La contribuente resiste a mezzo di controricorso.
Quest’ultima ha successivamente depositato memoria illustrativa.
Considerato che:
1.Con l’unico motivo si denuncia violazione dell’art. 295, cod. proc. civ., asserendo che erroneamente i giudici d’appello non avevano sospeso il giudizio in attesa della decisione sulla causa pregiudiziale inerente all’avviso di accertamento emesso nei riguardi della partecipata, il cui reddito era poi stato per trasparenza in proporzione fatto oggetto dell’accertamento nei riguardi dell’odierna controricorrente.
1.1. In via preliminare deve escludersi che, come sostenuto dalla controricorrente, l’erroneità della decisione presupponga in ogni caso un’istanza di sospensione, poiché il ricorrere dei relativi presupposti, riguardando il pericolo di contrasto di giudicati, è
oggetto di rilievo officioso e costituisce un obbligo del giudice indipendentemente dall’iniziativa della parte (Cass. 04/05/2006, n. 10268).
La pendenza del giudizio assunto come pregiudiziale era, peraltro, segnalato proprio dall’RAGIONE_SOCIALE come riportato nella parte in fatto della sentenza impugnata.
Né può ritenersi l’inammissibilità del ricorso in cassazione perché denuncia esclusivamente l’omesso esercizio del dovere di sospensione necessaria in presenza dei presupposti di cui all’art. 295, cod. proc. civ., senza poi proporre motivi di natura sostanziale, dal momento che l’accoglimento di tale motivo determinerebbe la stasi del processo d’appello, conservandosi così la posizione RAGIONE_SOCIALE parti nello stesso.
Impugnandosi così la decisione che non abbia sospeso non occorre, ai fini dell’ammissibilità del ricorso, scendere nel merito RAGIONE_SOCIALE singole, eventualmente plurime, rationes decidendi, tutte in caso di fondatezza del ricorso superate dalla negazione temporanea della tutela giurisdizionale che determina il ricorrere del presupposto per la sospensione, il che esclude il formarsi sul merito della decisione impugnata l’acquiescenza.
In altre parole, l’effetto dell’eventuale accoglimento della denunciata omessa sospensione consiste nel travolgimento della decisione anche nel merito, avendo essa appunto il fine riferito di preservare l’ordinamento dal pericolo di contrasto di giudicati.
1.2. Deve però dirsi che nella specie non sussistono i presupposti per la sospensione.
Invero va ricordato come il prevalente orientamento della Corte sia nel senso che l’art. 295, cod. proc. civ., sia applicabile nelle sole ipotesi in cui la causa pregiudicante sia ancora pendente in primo grado. Diversamente, come accade nel caso di specie in cui la stessa risulta già definita in secondo grado, non vi è spazio per la sospensione necessaria del giudizio pregiudicato, ma semmai per
l’applicazione della sospensione facoltativa prevista dall’art. 337, cod. proc. civ., che appunto regola l’ipotesi in cui il suddetto rapporto riguardi una causa ormai pendente in sede d’impugnazione
‘Qualora tra due giudizi esista un rapporto di pregiudizialità, la sospensione ex art. 295 c.p.c. della causa dipendente permane fintanto che la causa pregiudicante penda in primo grado, mentre, una volta che questa sia definita con sentenza non passata in giudicato, spetta al giudice della causa dipendente scegliere se conformarsi alla predetta decisione, sciogliendo il vincolo necessario della sospensione, ove una parte del giudizio pregiudicato si attivi per riassumerlo, ovvero attendere la sua stabilizzazione con il passaggio in giudicato, mantenendo lo stato di sospensione (ovvero di quiescenza) attraverso però il ricorso all’esercizio del potere facoltativo di sospensione previsto dall’art. 337, comma 2, c.p.c., ovvero decidere in senso difforme quando, sulla base di una ragionevole valutazione prognostica, ritenga che tale sentenza possa essere riformata o cassata’ (Cass. 23/03/2022, n. 9470).
Può richiamarsi in proposito anche la giurisprudenza di questa stessa sezione, espressa ad es. da Cass. 17/11/2021, n. 34966.
Tale affermazione deriva dal principio per cui ‘il diritto pronunciato dal giudice di primo grado, qualifica la posizione RAGIONE_SOCIALE parti in modo diverso da quello dello stato originario della lite, giustificando sia l’esecuzione provvisoria, sia l’autorità della sentenza di primo grado’ (così Cass. Sez. U. 19/06/2012, n. 10027; Cass. 04/01/2019, n. 80).
Trovando poi applicazione, come detto, il disposto di cui all’art. 337, cod. proc. civ., si configura un’ipotesi di sospensione facoltativa, che poggia non sull’autorità di giudicato ma sulla mera autorità della pronuncia, la quale, ancor prima e
indipendentemente dal suo passaggio in giudicato, esplica una funzione di accertamento al di fuori del processo.
Si deve in proposito chiarire che il mancato esercizio del potere discrezionale in questione non può essere in nessuna guisa equiparato alla violazione dell’obbligo di sospensione, di talché il motivo che deduce la violazione di quest’ultimo non può essere interpretato come ricomprendente anche la mancata sospensione facoltativa, che come detto ha ad oggetto una valutazione ben differente, basata sulla valutazione prognostica positiva negativa circa la fondatezza dell’impugnazione della pronuncia della cui autorità si tratta, come ricordato dalla giurisprudenza riportata.
D’altronde a diverse conclusioni non si può giungere in virtù della specialità del processo tributario.
L’art. 39, comma 1 -bis, d.lgs n. 546/1992, introdotto dal d.lgs. 24 settembre 2015, n. 156, in vigore dal 1° gennaio 2016, riporta quasi letteralmente il testo dell’art. 295, cod. proc. civ., in precedenza applicabile direttamente in virtù del rinvio di cui all’art. 1, comma 2, d.lgs n. 546/1992.
L’unica rilevante differenza letterale consiste nel fatto che ivi si configura la necessarietà della sospensione da parte della commissione, ove penda una controversia davanti alla stessa od altra commissione, e ciò in ogni ‘altro’ caso, laddove l’aggettivo ‘altro’ allude al caso di cui al comma 1, dal che potrebbe dedursi che, a differenza dell’ipotesi di cui all’art. 295 cod. proc. civ., la disposizione aggiunta trovi applicazione anche nell’ipotesi in cui la controversia penda davanti alla commissione regionale, dunque a fronte di un giudizio già deciso almeno in primo grado.
Siffatta conclusione non convince, coincidendo il campo di applicazione dell’art. 295, cod. proc. civ., con quello di cui all’art. 39, comma 1-bis, d.lgs. n. 546/1992, nonché alla luce del generale rinvio di cui al già citato art. 1, d.lgs. n. 546/1992, che comporta
l’applicabilità anche al processo tributario quanto disposto dall’art. 337, cod. proc. civ.
Tale ultima disposizione, del resto, configura una clausola generale applicabile a tutte le ipotesi di giudizio di impugnazione.
Deve dunque affermarsi il seguente principio di diritto
Qualora tra due giudizi esista un rapporto di pregiudizialità, la sospensione ex art. 295 c.p.c. della causa dipendente va disposta solo allorché la causa pregiudicante sia ancora pendente in primo grado, mentre, una volta che questa sia definita con sentenza non passata in giudicato, spetta al giudice della causa dipendente scegliere se attendere la sua stabilizzazione con il passaggio in giudicato attraverso il ricorso all’esercizio del potere facoltativo di sospensione previsto dall’art. 337, comma 2, c.p.c., ovvero decidere in senso difforme quando, sulla base di una ragionevole valutazione prognostica, ritenga che la decisione possa essere riformata.
Tale ultima norma risulta applicabile anche al processo tributario, coincidendo l’ambito di applicazione di cui all’art. 39, comma 1-bis, d.lgs. n. 546/1992, con quello di cui all’art. 295, cod. proc. civ., nonché alla luce del generale rinvio di cui all’art. 1, d.lgs. n. 546/1992.
Deve infine osservarsi che, anche ove fossero ricorsi i relativi presupposti, essendo pacifico fra le parti che al momento della proposizione del ricorso in cassazione anche l’altra causa (asseritamente pregiudiziale) pendeva davanti a questa Corte, si sarebbe dovuto tener conto del principio in base al quale la sospensione necessaria deve essere esclusa allorquando sia possibile, anche ai sensi dell’art. 274, cod. proc. civ., realizzare il simultaneus processus (Cass. 26/01/2016, n. 1399), e lo stesso principio vale altresì in ipotesi di sospensione facoltativa ai sensi dell’art. 337, cod. proc. civ.
E ciò sarebbe valso anche nel presente caso di mero motivo attinente alla mancata sospensione, poiché appunto a seguito della decisione sul processo pregiudicante, l’accoglimento del presente ricorso avrebbe determinato il rinvio al giudice del processo pregiudicato (per conformarsi nella decisione a quella del processo pregiudicante).
Neppure si pone nella specie la questione circa la sussistenza del litisconsorzio necessario con la società ‘trasparente’ parte del processo asserito pregiudicante, infatti ‘spezzato’ dall’intervenuta estinzione per definizione agevolata del giudizio stesso, con conseguente venir meno di qualsiasi interesse di quella parte all’accertamento oggetto del presente giudizio (cfr. Cass. n. 13746 del 06/07/2016). Invero, l’esigenza di unitarietà dell’accertamento – che identifica la ratio del litisconsorzio necessario anche nella peculiare ottica rilevante in materia (sez. un. 14815/2008), ove la inscindibilità è determinata dall’oggetto del ricorso nello specifico nesso tra atto impositivo e contestazione del contribuente (e v. infatti Cass. Sez. U, n. 1052/2007) – viene meno con l’intervenuta definizione da parte della società, costituente titolo per l’accertamento nei confronti RAGIONE_SOCIALE persone fisiche. Sicché, non controvertendosi della qualità, di socio, ovvero della quota partecipativa a ciascuno spettante, ma, unicamente, degli effetti dell’accertamento operato nei confronti della società su ciascuno dei soci, ognuno di questi può opporre, a una definizione che costituisce titolo per l’accertamento nei suoi confronti, soltanto ragioni di impugnativa specifiche e quindi di carattere personale (v. Cass. 12856/13; 6399/2014; 12289/2015; 14926/2011; 17716/09).
1.3. L’insussistenza dei presupposti per la sospensione necessaria, sotto il profilo dell’unico motivo proposto, rende peraltro non determinante il fatto per cui, successivamente alla proposizione del ricorso in cassazione, la controversia che si assume come
pregiudiziale, e la cui pendenza soltanto giustifica proprio in base alla prospettazione della difesa erariale la proposizione del presente ricorso, è stata definita con decreto di estinzione n. 15529/2021, a seguito della definizione agevolata della stessa.
Né può ritenersi che nella specie tale fatto sopravvenuto possa configurare un’ipotesi di cessazione della materia del contendere, poiché tale situazione -che si verifica ad esempio allorché la lite venga definita convenzionalmente dalle parti -determinerebbe piuttosto il travolgimento degli effetti della pronunzia impugnata, attagliandosi infatti alla definizione della controversia stessa e non a quella pur ( in thesi ) pregiudiziale, ma diversa.
1.4. Il rigetto del ricorso determina la condanna dell’amministrazione al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese.
Non può accogliersi la richiesta di distrazione mancando la declaratoria di antistatario.
Nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE non sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non potendo tale norma trovare applicazione nei confronti RAGIONE_SOCIALE Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento RAGIONE_SOCIALE imposte e tasse che gravano sul processo (cfr. Cass.n.1778 del 29/01/2016).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese liquidate in € 6000,00 oltre rimborso forfettario 15 % dell’onorario, i.v.a. e c.p.a. se dovute, ed oltre ad esborsi per € 200,00.
Così deciso in Roma, il 21 febbraio 2024
Il Giudice estensore Il Presidente (NOME COGNOME) (NOME COGNOME)