Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19715 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19715 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 16/07/2025
Regolamento necessario di competenza -sospensione ex art. 295 cpc
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2717/2023 R.G. proposto da: NOME COGNOME rappresentato e difeso dagli Avv. NOME
COGNOME e NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , rapprese ntata e difesa dall’Avvocatura g enerale dello Stato,
-controricorrente – avverso l’ordinanza della COMM. TRIB. REG. CAMPANIA n. 255/2023, depositata il 24 gennaio 2023 di sospensione del processo; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale che ha chiesto il rigetto del ricorso;
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ricorre, ex artt. 42 e 47 cod. proc. civ. nei confronti dell’Agenzia delle entrate , che resiste con controricorso, avverso l ‘ordinan za in epigrafe con la quale la CTR ha disposto la sospensione del processo ex art. 39, comma 1-bis, d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 e art. 295 cod. proc. civ.
L ‘Ufficio -dopo un primo avviso di accertamento notificato alla RAGIONE_SOCIALE, società a ristretta base con il quale recuperava a tassazione utili extra-contabili -notificava a NOME COGNOME, socio della stessa in misura pari al 25 per cento, un secondo avviso di accertamento con il quale, sul presupposto della distribuzione degli utili, accertava maggiori redditi di capitale.
NOME COGNOME proponeva ricorso avverso l’atto impositivo personale deducendo l’ illegittimità della verifica svolta in capo alla società partecipata e la conseguente nullità dell’avviso di accertamento impugnato; 2) richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE ex art. 267 del TFUE (trattato sul funzionamento dell’unione europea) per contrasto dell’art. 52 DPR 633/1973, art. 33 DPR 600/1973 e art. 35 l. 4/1929 con l’art. 7 della carta dei diritti fondamentali dell’unione europea; 3) richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte Costituzionale per illegittimità costituzionale degli art. 52, 1° comma, DPR 633/1972, art. 33 del DPR 600/1973 e dell’art. 35 legge 4/1929 per contrasto con gli artt. 14, 24 e 117, 1° comma, della Costituzione come integrati dagli art. 6, 8 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo; 4) difetto di motivazione e di prova dell’avviso di accertamento; 5) nel merito, l’inesistenza dei maggiori ricavi accertati in capo alla società partecipata; 6) comunque, l’impossibilità di considerare occultamente distribuiti ai soci i maggiori ricavi accertati in capo alla società; 7) l’illegittimità costituzionale dell’art. 17 D. Lgs. 472/1997 e dell’art. 2 D. Lgs. 546/1992 nella parte in cui consentono agli uffici dell’agenzia delle
entrate di irrogare sanzioni amministrative (di natura sostanzialmente penale) ed al giudice tributario di decidere su sanzioni amministrative (sostanzialmente penali); 8) la non debenza delle sanzioni; 9) l’illegittimità costituzionale del diritto vivente nella parte in cui consente all’agenzia delle entrate di richiedere maggiori imposte ai soci di società di capitali, sulla base di una presunzione di distribuzione degli utili non contabilizzati -violazione degli art. 117, 1° comma, Costituzione come int egrato dall’ art. 1 paragrafo 1 del Primo protocollo aggiuntivo della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e dell’art. 6 della medesima convenzione come interpretata dal Corte Edu nonché degli articoli 25, 2° comma, e 27, 1° comma, della Costituzione.
La CTP rigettava il ricorso.
La CTR , rilevato che l’accertamento aveva il suo logico presupposto nell’accertamento societario, anch’esso impugnato in giudizio ancora non definito, sospendeva e art. 295 cod. proc. civ. il giudizio introdotto dal socio fino al passaggio in giudicato della sentenza emessa nel giudizio relativo all’accertamento societario.
Con successiva memoria il contribuente ha dato atto che la CTR, previa revoca dell’ordinanza di sospensione, ha accolto l’appello ed annullato l’atto impositivo impugnato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2909 cod. civ. e dell’art. 24 Cost.
Censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che il ricorso contro l’avviso di accertamento di maggiori redditi di capitale non potesse essere definito senza la preventiva definitività del ricorso proposto dalla società partecipata contro l’avviso di accertamento di maggiori redditi di impresa. Assume che la definitività dell’accertamento nei confronti della società non può pregiudicare, in
alcun modo, la possibilità per il socio di difendersi in relazione ai presupposti del maggior reddito di capitali considerato ‘occultamente’ distribuito.
In via gradata, articolando un secondo motivo, richiede la rimessione della questione alle Sezioni Unite.
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione dell’art. 295 cod. proc. civ. e dell’art. 38, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 in combinato disposto con gli artt. 2727 e 2729 cod. civ.
Censura la sentenza impugnata per aver disposto la sospensione. Osserva che nel p.v.c. si era fatto riferimento alla circostanza del rinvenimento materiale presso la cassaforte della RAGIONE_SOCIALE del denaro contante asseritamente rappresentante ricavi non dichiarati della società partecipata; deduce che la ristretta base partecipativa può assurgere a presupposto della presunzione di distribuzione in capo ai soci degli eventuali maggiori componenti positivi accertati in capo alla società solo quando: 1) esista un accertamento di maggiori ricavi in capo alla società; 2) i soldi corrispondenti ai maggiori ricavi non vengono rinvenuti presso la società.
Va premesso che la revoca dell’ordinanza di sospensione ha determinato il sopravvenuto difetto di interesse del ricorrente.
Ciononostante, occorre pronunciarsi sulla questione secondo il principio della soccombenza virtuale ai fini delle spese di lite
Il particolare mezzo di impugnazione cui sono stati assoggettati i provvedimenti che dichiarano la sospensione, cioè l’istanza di regolamento di competenza, fa sì che, avuto riguardo alla controversia considerata dal giudice di merito come pregiudiziale, la Corte debba rendere una statuizione sulla questione descritta dall’art. 295 cod. proc. civ., in modo che il processo, a seconda della decisione della
Corte, possa proseguire o debba restare sospeso sino alla definizione della controversia pregiudiziale, senza lasciare spazio, in relazione a quella controversia, ad un’ulteriore pronuncia del giudice di merito. Ciò comporta che l’oggetto dell’accertamento della Corte non è limitato dai motivi del ricorso, ma deve estendersi all’accertamento se, nella situazione processuale in cui il giudice di merito ha dichiarato la sospensione del giudizio, il giudizio medesimo dovesse o no essere sospeso in applicazione dell’art. 295 cod. proc. civ., per essere pendente una controversia pregiudiziale”(Cass. 21/12/2011, n. 27932).
Ciò posto, deve ritenersi che la Corte di secondo grado abbia correttamente disposto la sospensione del processo.
5.1. In primo luogo, con orientamento ormai consolidato questa Corte ha affermato che la sospensione necessaria del processo ex art. 295 cod. proc. civ. è applicabile anche al processo tributario qualora risultino pendenti, davanti a giudici diversi, procedimenti legati tra loro da un rapporto di pregiudizialità tale che la definizione dell’uno costituisce indispensabile presupposto logico-giuridico dell’altro, nel senso che l’accertamento dell’antecedente venga postulato con effetto di giudicato, in modo che possa astrattamente configurarsi l’ipotesi di conflitto al giudicato (Cass., 08/02/2012, n. 1865; 30/11/2012, n. 21396; 20/09/2017, n. 21765).
5.2. In secondo luogo (cfr. Cass. 26/01/2021, n. 1574) si è chiarito che l’accertamento tributario nei confronti di una società di capitali a base ristretta, in ipotesi come quelle riferibili alla contestazione di utili extracontabili, costituisce un indispensabile antecedente logicogiuridico dell’accertamento nei confronti dei soci, in virtù dell’unico atto amministrativo da cui entrambe le rettifiche promanano, si è anche affermato che non ricorrendo, come invece accade per le società di persone, un’ipotesi di litisconsorzio necessario, in ordine ai rapporti tra
i rispettivi processi, quello relativo al maggior reddito accertato in capo al socio deve essere sospeso ai sensi dell’art. 295 cod. proc. civ., applicabile nel giudizio tributario in forza del generale richiamo dell’art. 1 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (Cass., 31/01/2011, n. 2214). La sospensione pertanto s’impone ogni qual volta vi sia pendenza separata di procedimenti relativi all’accertamento del maggior reddito contestato ad una società di capitali e di quello di partecipazione conseguentemente contestato al singolo socio, in attesa del passaggio in giudicato della sentenza emessa nei confronti della società (Cass., 31/10/2014, n. 23323; cfr. anche 07/03/2016, n. 4485).
A ciò deve aggiungersi che, sebbene il contribuente, avesse contestato anche la presunzione di distribuzione degli utili in suo favore, alcuni dei motivi proposti riguardava no proprio l’info ndatezza dell’accertamento societario .
5.3. Per completezza va chiarito, che quando fra due giudizi esista un rapporto di pregiudizialità tecnica e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, la sospensione del giudizio pregiudicato non può ritenersi obbligatoria ai sensi dell’art. 295 cod. proc. civ., ma può essere adottata, in via facoltativa, ai sensi dell’art. 337, secondo comma, cod. proc. civ., applicandosi, nel caso del sopravvenuto verificarsi di un conflitto tra giudicati, il disposto dell”art. 336, secondo comma, cod proc. Civ.) (Cass. 31 /07/2024, n. 21587).
5.4. In conclusione, nel processo tributario, qualora tra due giudizi esista un rapporto di pregiudizialità, va disposta la sospensione, ai sensi dell’art. 295 cod. proc. civ. della causa dipendente allorché la causa pregiudicante sia ancora pendente in primo grado, mentre, una volta che questa sia definita con sentenza non passata in giudicato, opera la sospensione facoltativa di cui all’art. 337, comma 2, cod. proc. civ., con la conseguenza che, in tale ultimo caso, il giudice della causa
pregiudicata può, alternativamente, sospendere il giudizio e attendere la stabilizzazione della sentenza con il passaggio in giudicato oppure proseguire il giudizio medesimo ove ritenga, sulla base di una valutazione prognostica, che la decisione possa essere riformata (cfr. Cass. 25/03/2024, n. 7952 e Cass. 30/06/2025, n. 17517).
5.5. Nella fattispecie in esame la sospensione è stata disposta dal giudice di secondo grado quando il giudizio sull’accertamento societario era ancora pendente in primo grado. A tal proposito nello stesso ricorso per cassazione il ricorrente faceva riferimento al fatto che il giudizio innanzi alla CTP sull’avviso societario era ancora pendente.
5.6. Restano, pertanto, esclusi i presupposti per la rimessione della questione alle sezioni Unite, come sollecitato dal contribuente.
Va ribadito, infatti, che non può essere accolta la richiesta di rimessione alle Sezioni Unite ben potendo il collegio giudicante escludere la ricorrenza dei relativi presupposti, in ragione dei principi di diritto da applicare al caso di specie (Cass., Sez. U., 5/06/2018, n. 14437), ed allorquando non si verta in tema di decisioni aventi rilevanza nomofilattica, idonee a rivestire efficacia di precedente, orientando, con motivazione avente anche funzione extra processuale, il successivo percorso della giurisprudenza (Cass., Sez. U., 23/04/2020, n. 8093; Cass. 21/01/2022, n. 2047; Cass. 13/01/2021, n. 392; Cass. 20/11/2020, n. 26480), il che è quanto avviene nel caso di specie, alla luce delle esposte considerazioni.
Il ricorso è, pertanto, infondato e le spese del giudizio seguono la soccombenza virtuale e vanno liquidate come da dispositivo.
Non vi sono i presupposti per imporre il pagamento del cd. doppio contributo unificato. Il meccanismo sanzionatorio di cui all’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge n. 228 del 2012, è applicabile solo ove il procedimento per cassazione si concluda con integrale conferma della
statuizione impugnata, ovvero con la «ordinaria» dichiarazione di inammissibilità del ricorso, non anche nell’ipotesi di declaratoria di inammissibilità sopravvenuta di quest’ultimo per cessazione della materia del contendere, poiché essa determina la caducazione di tutte le pronunce emanate nei precedenti gradi di giudizio e non passate in cosa giudicata, rendendo irrilevante la successiva valutazione della virtuale fondatezza, o meno, del ricorso in quanto avente esclusivo rilievo in merito alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità (Cass. 20/07/2021, n. 20697).
P.Q.M.
La Corte dichiara l’ inammissibilità sopravvenuta del ricorso e condanna la ricorrente a corrispondere all’Agenzia delle entrate le spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 2.100,00 a titolo di compenso, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, 3 luglio 2025.