Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6121 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6121 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME DI COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/03/2024
Oggetto: Tributi
Sospensione c.d. impropria per pendenza di questione di legittimità costituzionale sollevata in altro giudizio- ammissibilità del regolamento di competenza ex art. 42 c.p.c.
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 24797 del ruolo generale dell’anno 2019, proposto
Da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al controricorso, dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata presso lo studio del difensore, in Roma, INDIRIZZO;
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 4/13/2019, depositata in data 4 gennaio 2019.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25 gennaio 2024 dal Relatore Cons. AVV_NOTAIO NOME COGNOME NOME COGNOME di Nocera.
RILEVATO CHE
1.Con sentenza n. 19172/54/2015, la Commissione tributaria provinciale di Roma accoglieva il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso l’avviso di accertamento emesso ai sensi dell’art. 39, comma 1, del d.P.R. n. 600/73, ai fini Ires e Irap, per il 2008, ravvisando la nullità dell’atto per difetto di sottoscrizione.
2.Avverso tale sentenza, proponeva appello l’RAGIONE_SOCIALE dinanzi alla Commissione tributaria regionale del Lazio, che, con ordinanza del 13 luglio 2016, sospendeva il giudizio ai sensi dell’art. 295 c.p.c. in attesa della definizione del giudizio di legittimità costituzionale originato dalla ordinanza n. 736/2016 della CTR della Toscana relativamente all’applicabilità dell’art. 12, comma 7, della legge n. 212/2000.
3.Con istanza depositata il 3 settembre 2018, RAGIONE_SOCIALE chiedeva dichiararsi l’estinzione del giudizio di appello per inattività RAGIONE_SOCIALE parti ex art. 43 del d.lgs. n. 546/92 atteso che la causa di sospensione era cessata dalla data (19.7.2017) della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della ordinanza n. 187/2017 della Corte costituzionale che aveva definito il giudizio di legittimità costituzionale sull’art. 12, comma 7, cit. e l’Amministrazione, soccombente in primo grado, non aveva riassunto il giudizio nel termine di sei mesi dalla detta cessazione della causa di sospensione. Fissata l’udienza di trattazione, si costituiva l’RAGIONE_SOCIALE chiedendo il rigetto dell’eccezione di estinzione del giudizio.
4.Con sentenza n. 4/13/2019, depositata in data 4 gennaio 2019, la CTR del Lazio dichiarava l’estinzione del giudizio per inattività RAGIONE_SOCIALE parti, non avendo l’RAGIONE_SOCIALE, soccombente in primo grado, attivato il meccanismo di riassunzione del giudizio nel termine di sei mesi dalla data di cessazione della causa di
sospensione coincidente con la pubblicazione in Gazzetta della ordinanza della Corte costituzionale n. 187/2017 e non -come sostenuto dall’Ufficio – con la conoscenza di tale cessazione avuta con la notifica da parte dell’appellata dell’istanza di trattazione e decreto presidenziale di fissazione dell’udienza.
5.Avverso la suddetta sentenza, l’RAGIONE_SOCIALE propone ricorso affidato a due motivi.
La società contribuente resiste, con controricorso, illustrato con successiva memoria.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere la CTR dichiarato l’estinzione del giudizio di appello per inattività RAGIONE_SOCIALE parti stante la ritenuta decorrenza del termine per la riassunzione dalla data di pubblicazione della ordinanza n. 187/2017 della Corte costituzionale senza pronunciare sulla eccezione sollevata dall’Ufficio, nella memoria in riassunzione, di illegittimità dell’ordinanza di sospe nsione del giudizio da parte della CTR per pendenza di questione di legittimità costituzionale sollevata in altro giudizio.
Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 295 c.p.c., 39, 41, 43 e 45 del d.lgs. n. 546/92 nonché dell’art. 23 della legge n. 1987/1953 per avere la CTR dichiarato l’estinzione del giudizio per inattività RAGIONE_SOCIALE parti ritenendo che l’ordinanza di sospensione n. 1662/2016 del giudizio di appello fosse stata emessa in presenza di una causa di sospensione necessaria del processo di cui agli artt. 295 c.p.c. e 39, comma 1 bis , del d.lgs. n. 546/92, qual era da considerarsi la pendenza di una questione di legittimità costituzionale sollevata in altro giudizio con conseguente onere di riassunzione entro il termine semestrale dalla pubblicazione della ordinanza della Corte costituzionale. Diversamente, ad avviso della ricorrente, la disposta sospensione per pendenza di una questione di legittimità costituzionale sollevata in altro giudizio non concreterebbe un’ipotesi di sospensione necessaria essendo quest’ultima
possibile, nel processo tributario, nei soli casi previsti dall’art. 39, comma 1 e 1 -bis del d.lgs. n. 564/92; ugualmente, l’art. 295 c.p.c., applicabile al solo processo civile, non consentirebbe la sospensione necessaria nel caso di pendenza di questione di legittimità costituzionale sollevata in altro giudizio. Da qui l’invalidità della di sposta sospensione del processo da ritenersi, ad avviso dell’Ufficio, c.d. impropria/ facoltativa, in quanto effettuata al di fuori dei casi tassativi di cui all’art. 3 9 del d.lgs. n. 546/92, con conseguente illegittimità della dichiarazione di estinzione del giudizio per inattività, non essendo peraltro, in base ad un principio espresso per il processo civile (è richiamata Cass. n. 12735/1992), la riassunzione del procedimento, nel caso di sospensione impropria, soggetta a termine perentorio, in carenza di una specifica previsione analoga a quella dettata dall’art. 297, comma 1, c.p.c., con esclusivo riferimento alla sospensione necessaria. Peraltro, l’RAGIONE_SOCIALE evidenzia come tale ordinanza di sospensione non fosse impugnabile con il regolamento di competenza ex art. 42 c.p.c. trattandosi di una sospensione impropria con conseguente unico rimedio dell’impugnativa della sentenza dichiarativa dell’estinzione del giudizio per presunta inattività RAGIONE_SOCIALE parti.
I n accoglimento dell’eccezione sollevata nel controricorso dalla società contribuente, il ricorso è inammissibile non avendo l’RAGIONE_SOCIALE impugnato, nei termini di cui all’art. 47, comma 2 , c.p.c., con regolamento di competenza ex art. 42 c.p.c. l’ordinanza del 13 luglio 2016 della CTR del Lazio di sospensione del processo per la pendenza di un giudizio di legittimità costituzionale sulla disciplina applicabile nella causa a seguito di questione sollevata da altro giudice.
3.1.Al riguardo, in punto di fatto, nella sentenza impugnata, la CTR ha dichiarato l’estinzione del giudizio per inattività RAGIONE_SOCIALE parti, non avendo l’RAGIONE_SOCIALE, soccombente in primo grado, attivato, ex art. 297 c.p.c., il meccanismo di riassunzione del giudizio – sospeso ex art. 295 c.p.c. dalla CTR del Lazio, con ordinanza del 13 luglio 2016, per la pendenza di un giudizio di legittimità costituzionale sulla disciplina applicabile nella causa a seguito di questione sollevata da altro giudice – entro il termine perentorio di sei mesi decorrenti dalla data di pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale sulla
Gazzetta Ufficiale, ‘ integrante un idoneo sistema di pubblicità legale per la conoscenza RAGIONE_SOCIALE sorti del processo costituzionale’.
3.2. Preliminarmente occorre precisare le diverse nozioni di sospensione necessaria e di sospensione c.d. anomala/facoltativa.
3.3. Quanto alla sospensione necessaria, prima dell’introduzione del comma 1 -bis nell’art. 39 del d.lgs. n. 546/92, in forza dell’art. 9, comma 1, lett. o) del d.lgs. n. 156/2015 (con entrata in vigore dal 1/1/2016), l’art. 39 cit. limitava i casi di sospensione del giudizio tributario quando era presentata querela di falso o doveva essere decisa in via pregiudiziale una questione sullo stato o la capacità RAGIONE_SOCIALE persone (comma 1). In tali casi, il giudice tributario è chiamato a valutare esclusivamente la rilevanza e pertinenza, rispetto al thema decidendum pendente di fronte a lui, della causa introdotta da una RAGIONE_SOCIALE parti di fronte al giudice civile per querela di falso o sullo stato o capacità RAGIONE_SOCIALE persone, mentre è escluso ogni sindacato sulla ritualità e tanto meno sulla fondatezza della causa stessa (Cass., nn. 24620/2020, 32441/2018, 28671/2017).
3 .4.Con riguardo all’art. 39 cit. (nella formulazione ante introduzione del comma 1-bis) questa Corte ha affermato che, in tema di contenzioso tributario, la norma di cui all’art. 39 del D.Lgs. n. 546 del 1992 (a mente della quale ” il processo è sospeso quando è presentata querela di falso o deve essere decisa in via pregiudiziale una questione sullo stato o la capacità RAGIONE_SOCIALE persone, salvo che si tratti della capacità di stare in giudizio “) attiene ai rapporti tra giurisdizione tributaria e ogni altra giurisdizione, ordinaria o amministrativa, e pone una deroga – in ipotesi predeterminate – al criterio secondo cui le questioni pregiudiziali sono risolte, ” incidenter tantum “, dal giudice munito di giurisdizione sulla domanda. Ne consegue che il processo tributario non può essere sospeso in ragione della ritenuta necessità della risoluzione di questioni (diverse da quelle correlate a presentazione di querela di falso, ovvero concernenti lo stato o la capacità RAGIONE_SOCIALE persone, salvo che si tratti della capacità di stare in giudizio) ravvisate pregiudiziali, da intendersi devolute, di norma, alla cognizione del giudice ordinario o di quello amministrativo, dovendo, invece, il giudice tributario dare, comunque, corso alla definizione della controversia sottoposta al suo
esame, previa risoluzione, ” incidenter tantum “, RAGIONE_SOCIALE questioni in argomento” (Cass. 11140/2005; conf. Cass. 12008/2014, che, in motivazione ha specificato che “il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 39 impedisce l’operatività dell’art. 295 c.p.c. nei rapporti tra giudice tributario e giudice civile o amministrativo”); di conseguenza, si è ritenuto che il predetto art. 39 regola i rapporti esterni, ovverosia i rapporti tra processo tributario e processi non tributari , mentre la disciplina dettata dall’art. 295 cod. proc. civ. trova applicazione, in virtù del disposto dell’art. 1 del citato D.Lgs. n. 546 del 1992, solo in ordine ai rapporti interni tra processi tributari (Cass. 17937/2004; conf. 3420/2005; Cass. n. 999 del 2016; Sez. 5, Sentenza n. 25250 del 2019).
3.5. Risolvendo il contrasto giurisprudenziale insorto in ordine alla linea di demarcazione della operatività dell’art. 295 c.p.c. e dell’art. 337 c.p.c., le S.U. già con sentenza n. 16329 del 2014, hanno chiarito che l’ambito di applicazione della prima norma va circoscritta alla ipotesi in cui in alcuna RAGIONE_SOCIALE due cause legate da nesso di pregiudizialità necessaria sia stata ancora pronunciata una sentenza di merito anche se non definitiva (cfr. SSUU 19.6.2012 n. 10027; id. SSUU 30.11.2012 n. 21348, cui si sono conformate le sezioni semplici: Corte cass. 6-2 sez. ord. 5.11.2012 n. 18968; id. 6-3 sez. 9.1.2013 n. 375; id. 6-3 19.9.2013 n. 21505).
3 .6. Sulla portata dell’art. 295 c.p.c. è tornata questa Corte, a sezioni unite, nella sentenza n. 21763 del 29/07/2021, statuendo il seguente principio di diritto: ‘ in tema di sospensione del giudizio per pregiudizialità necessaria, salvi i casi in cui essa sia imposta da una disposizione normativa specifica che richieda di attendere la pronuncia con efficacia di giudicato sulla causa pregiudicante, quando fra due giudizi esista un rapporto di pregiudizialità tecnica e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, la sospensione del giudizio pregiudicato non può ritenersi obbligatoria ai sensi dell’art. 295 c.p.c. (e, se disposta, può essere proposta subito istanza di prosecuzione ex art. 297 c.p.c.), ma può essere adottata, in via facoltativa, ai sensi dell’art. 337, secondo comma, c.p.c., applicandosi, nel caso del sopravvenuto verificarsi di un conflitto tra giudicati, il disposto dell’art. 336, secondo comma, c.p.c.. ‘ (Principio enunciato nell’interesse della legge ex art.
363, terzo comma, c.p.c.). Nella richiamata pronuncia, la Corte ha precisato che ‘La sospensione prevista dall’art. 295 c.p.c. presuppone, quindi, le seguenti condizioni: che sussista un rapporto di pregiudizialità-dipendenza tra due situazioni sostanziali; che queste ultime siano entrambe dedotte in giudizio; che non si realizzi o in virtù dell’art. 34 c.p.c. o per effetto degli artt. 40 e 274 c.p.c. la simultaneità del processo. Il che sta a significare che, in generale, nel nostro ordinamento il giudice della domanda dipendente ha il potere di conoscere incidentalmente della domanda pregiudiziale, salvo quando quest’ultima è pretesa. Distinguendo in via generale e schematica, si è affermato ricorrentemente che:
dedotta in giudizio principaliter come oggetto di un’autonoma – integra questione pregiudiziale la sussistenza della pregiudizialità tecnica o tecnico-giuridica o in senso stretto qualora vengano in considerazione più rapporti giuridici uno dei quali (quello pregiudiziale) appartiene alla fattispecie dell’altro che da quello dipende (pregiudicato); in sostanza, l’oggetto della causa pregiudicata non può essere deciso – come sancisce la norma stessa – senza la necessaria e preventiva definizione, con efficacia di giudicato, della causa pregiudicante; in tal caso, l’accertamento di un diritto presuppone l’accertamento di un altro diritto (ad esempio, lo status familiae quale fatto costitutivo rispetto all’obbligo alimentare oppure il diritto di proprietà del veicolo che ha cagionato il sinistro come fatto costitutivo dell’obbligazione risarcitoria ex art. 2054 c.c.); – integra punto pregiudiziale a sussistenza della pregiudizialità logica qualora un antecedente logico necessario va risolto incidenter tantum rispetto alla decisione della domanda principale che da esso dipende; in tal caso, l’accertamento dell’esistenza, della validità e della natura di un rapporto giuridico costituisce il presupposto di un diritto (ad esempio, nelle domande di adempimento contrattuale, il contratto rispetto alla pretesa di adempimento dedotta in causa; il pagamento del canone rispetto al contratto di locazione). Entrambe le due species di pregiudizialità vengono ricondotte al genus dell’art. 34 c.p.c. (…)’.
3.7.In sintesi, pertanto, la sospensione necessaria per pregiudizialità interna deve essere disposta nel processo tributario se ricorrono le seguenti condizioni:
(i) l’oggetto di una causa è dipendente in senso tecnico dalla decisione di un’altra
causa; (ii) la decisione della causa pregiudiziale è suscettibile di esplicare effetti di giudicato nella causa dipendente; (iii) non è possibile la riunione RAGIONE_SOCIALE due cause; (iv) la causa pregiudiziale non è stata ancora decisa con sentenza anche non defi nitiva (in tal caso dovendosi ritenere, allo stato attuale dell’elaborazione giurisprudenziale, che la sospensione della causa dipendente sia rimessa alla discrezionalità del giudice ai sensi dell’art. 337, comma 2, c.p.c.).
3.8. In passato, per il giudizio tributario, sussisteva contrasto sull ‘ applicabilità dell ‘ art. 337, comma 2, c.p.c., stante il disposto dell ‘ art. 49 del d.lgs. n. 546 del 1992, che, nell’operare un rinvio, quanto alle impugnazioni RAGIONE_SOCIALE sentenze RAGIONE_SOCIALE commissioni tributarie, alle disposizioni del titolo III, Capo I, libro II del codice di procedura civile, salvo quanto disposto dal decreto stesso, escludeva l’operatività dell’art. 337 c.p.c. In particolare, per Cass. n. 11441 del 2016 e n. 26429 del 2018 “Ai sensi dell’art. 49 del d.lgs. n. 546 del 1992 nella formulazione anteriore al d.lgs. n. 156 del 2015, applicabile ” ratione temporis “, nel processo tributario non opera la sospensione ex art. 337 c.p.c., sicché il giudizio pregiudicato, in caso di decisione non ancora passata in giudicato della causa pregiudiziale, è suscettibile di sospensione ex art. 295 c.p.c., restando ammissibile, avverso la relativa ordinanza, regolamento di competenza ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 1 del d.lgs. n. 546 del 1992 e 42 c.p.c.”. Di contro per Cass. n. 17613 del 2016 “In tema di contenzioso tributario, secondo la disciplina vigente ” ratione temporis “, anteriormente al 10 gennaio 2016 ed alle modifiche di cui al d.lgs. n. 156 del 2015, la sospensione necessaria del processo civile di cui all ‘ art. 295 c.p.c. non è applicabile allorché la ipotetica causa pregiudicante penda in grado di appello potendo in tal caso trovare applicazione solo l’art. 337, comma 2, c.p.c., in forza del quale il giudice ha facoltà di sospendere il processo ove una RAGIONE_SOCIALE parti invochi l’autorità di una sentenza a sé favorevole e non ancora definitiva.” Nel senso della facoltatività della sospensione, alla luce della sentenza sopra richiamata della Corte, a sezioni unite, n. 21763 del 2021, nell’ipotesi di giudizi in rapp orto di pregiudizialità c.d. tecnica allorquando quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, si è espressa, da ultimo, Cass. n. 27164 del 2023, in un’ottica di superamento del pregresso orientamento (Cass. n. 16246 del 20 18;
Sez. 5, Ordinanza n. 1574 del 26/01/2021) in termini di “obbligatorietà necessaria” della sospensione.
3.9.Tale contrasto ha trovato soluzione normativa dopo il 1° gennaio 2016, data di entrata in vigore del testo novellato dell’art. 49 del d.lgs. n. 546 del 1992, ove è stato soppresso l’inciso “escluso l’articolo 337” (cod. proc. civ.) e, quindi, eliminata l’i nclusione dell’art. 337 tra le disposizioni del codice di procedura civile non applicabili al processo tributario, per cui è stato affermato che “In tema di contenzioso tributario, ex art. 49 del d.lgs. n. 546 del 1992, secondo la formulazione vigente ” ratione temporis “, successiva alle modifiche di cui all’art. 9, comma 1, lett. u) del d.lgs. n. 156 del 2015, allorché l’ipotetica causa pregiudicante penda in grado di appello trova applicazione l’art. 337, comma 2, c.p.c., in forza del quale il giudice ha facoltà di sospendere il processo ove una RAGIONE_SOCIALE parti invochi l’autorità di una sentenza a sé favorevole e non ancora definitiva”(vedi Cass. n. 23480 del 2017; Cass. n. 14784 del 2022).
3.10. In forza dell’art. 9, comma 1, lett. o) del d.lgs. n. 156 del 2015 è stato introdotto (con entrata in vigore il 1.1.2016) il comma 1bis nell’art. 39 del d.lgs. 546/92 secondo cui ‘La commissione tributaria dispone la sospensione del processo in ogni altro caso in cui essa stessa o altra commissione tributaria deve risolvere una controversia dalla cui definizione dipende la decisione della causa ‘. 3.11 .Alla luce di tale novella, l’art. 39, comma 1 -bis, regola, a decorrere dal 1.1.2016, i rapporti interni tra processi tributari, limitando la sospensione del processo pregiudicato quando tra i giudizi (pregiudicante e pregiudicato) sussiste un rapporto di pregiudizialitàdipendenza (‘ una controversia dalla cui definizione dipende la decisione della causa ‘).
3.12.Dalla lettura combinata degli artt. 39, comma 1bis, introdotto dall’art. 9, comma 1, lett. o) del d.lgs. n. 156 del 2015 e 49 del d.lgs. 546/92, nella versione successiva alle modifiche di cui all’art. 9, comma 1, lett. u) del d.lgs. n. 156 del 2015 (che ha eliminato l ‘ inclusione dell ‘ art. 337 tra le disposizioni del codice di procedura civile non applicabili al processo tributario), si desume che, al pari di quanto affermato dalle Sezioni unite, da ultimo nella sentenza n. 21763 del 29/07/2021, con riguardo all’art. 295 c.p.c. (di identico tenore),
l’ambito di applicazione dell’art. 39, comma 1 -bis, vada circoscritto alla ipotesi in cui in alcuna RAGIONE_SOCIALE due cause legate da nesso di pregiudizialità necessaria sia stata ancora pronunciata una sentenza di merito anche se non definitiva, laddove la sospensione del giudizio pregiudicato non può invece ritenersi obbligatoria, ma può essere adottata, in via facoltativa, ai sensi dell’art. 337, secondo comma, c.p.c., nel caso in cui il giudizio pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato.
3.13. Altra ipotesi di sospensione del processo tributario introdotta in forza dell’art. 9 del d.lgs. n. 546/92 (in vigore dal 1.1.2016) è quella ‘ su richiesta conforme RAGIONE_SOCIALE parti ‘, nel caso in cui sia iniziata una procedura amichevole in tema di doppia imposizione (comma 1ter dell’art. 39 del d.lgs. n. 546/92). Il comma 1-ter cit . è stato successivamente sostituito dall’art. 22, comma 2, D.Lgs. 10 giugno 2020, n. 49 , prevedendo anche l’ipotesi della sospensione ‘ su richiesta del contribuente, nel caso in cui sia stata presentata un’istanza di apertura di procedura amichevole ai sensi della direttiva (UE) 2017/1852 del Consiglio del 10 ottobre 2017 ‘ (per l’applicabilità di tale disposizione si veda l’art. 25, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 49/2020.).
4.Ciò posto, essendo i casi di sospensione necessaria disciplinati, per il processo tributario, dall’art. 39, comma 1, e comma 1 -bis e 1-ter (a decorrere dal 1.1.2016), l’ordinanza di sospensione del giudizio tributario per pendenza di una questione di legittimità costituzionale sollevata in altro giudizio non rientra tra le suddette ipotesi.
4.1.In termini generali, questa Corte ha ricondotto la sospensione disposta per pendenza di questione di legittimità costituzionale sollevata in altro giudizio ad un’ipotesi di sospensione c.d. impropria, ‘di natura facoltativa’.
4.2.Nel risolvere un contrasto giurisprudenziale in ordine alla questione logicamente preliminare e strumentale alla decisione sull’ammissibilità (e fondatezza) del regolamento di competenza ex art. 42 c.p.c. – circa la configurabilità, nell’attuale quadro normativo, di provvedimenti di sospensione facoltativa, questa Corte, a Sezioni Unite, nella sentenza n. 14670/2003, ha
affermato il principio di diritto secondo cui ‘ Nel quadro della disciplina di cui all’art. 42 cod. proc. civ. – come novellato dalla legge 26 novembre 1990, n. 353 – non vi è più spazio per una discrezionale, e non sindacabile, facoltà di sospensione del processo, esercitabile dal giudice al di fuori dei casi tassativi di sospensione legale: ove ammessa, infatti, una tale facoltà -oltre che inconciliabile con il disfavore nei confronti del fenomeno sospensivo, sotteso alla riforma del citato art. 42 del codice di rito – si porrebbe in insanabile contrasto sia con il principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) e della tutela giurisdizionale (art. 24 Cost.), sia con il canone della durata ragionevole, che la legge deve assicurare nel quadro del giusto processo ai sensi del nuovo art. 111 Cost. Dalla esclusione della configurabilità di una sospensione facoltativa “ope iudicis” del giudizio, deriva sistematicamente, come logico corollario, la impugnabilità, ai sensi dell’art. 42 cod. proc. civ., di ogni sospensione del processo, quale che ne sia la motivazione, e che il ricorso deve essere accolto ogni qualvolta non si sia in presenza di un caso di sospensione “ex lege ” ( nello stesso senso, Cass. 23 aprile 2004 n. 7844; 13 luglio 2004 n. 12970; 17 settembre 2004 n. 18826; 28 gennaio 2005 n. 1813; 15 marzo 2005 n. 5634; 21 ottobre 2005 n. 20351; 15 marzo 2006 n. 5767;
Sez. 1, Ordinanza n. 2089 del 31/01/2007; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 23906 del 25/11/2010; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 6211 del 18/03/2014; Sez. 6 – 3, Ordinan za n. 26863 del 2016; Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 30738 del 27/11/2018; in senso difforme, per l’inammissibilità del regolamento di competenza ex art. 42 c.p.c. in fattispecie di c.d. sospensione impropria, v. Cass., ord. 11 giugno 2013, n. 14684; Cass. sez. 6 – 3, Ordinanza n. 3915 del 2015).
4.3. Posto il suddetto principio di diritto, va chiaramente distinta l’ipotesi di sospensione necessaria del processo a seguito di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale a norma dell’art. 23 della legge 87/53, con riguardo alla quale il ‘dies a quo’ del termine semestrale per la riassunzione del giudizio è rappresentato dal giorno in cui avviene la comunicazione alla parte, ad opera della cancelleria del giudice che ha disposto la sospensione, della pronuncia della Corte Costituzionale che ha definito la questione di costituzionalità ad essa rimessa, poiché solo questa comunicazione determina la conoscenza concreta
della pronunzia medesima, senza che assuma rilievo, all’indicato fine, il sistema di pubblicità legale, previsto per le sentenze e le ordinanze della Corte Costituzionale – integralmente pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale a norma, rispettivamente, dell’ar t. 21 d.P.R. n. 1092 del 1985 e 12 d.P.R. n. 217 del 1986 – diretto a rendere conoscibili dette sentenze alla generalità, ma insufficiente ad assicurarne la conoscenza legale da parte dei soggetti specificamente interessati alla prosecuzione del giudizio» (Sez. U, Sentenza n. 4394 del 10/05/1996, Rv. 497534 -01) dall’ ipotesi- come nel caso di specie – di sospensione del processo non prevista ex lege per la pendenza di un giudizio di legittimità costituzionale sulla disciplina applicabile nella causa a seguito di questione sollevata da altro giudice, e pertanto, in applicazione del principio di diritto di cui Cass. sez. un. 14670/2003, non ammessa nell’attuale quadro normativo, trattandosi di una sospensione ‘facoltativa’.
4.4. Questo disfavore per la sospensione c.d. impropria del processo per la pendenza di un giudizio di costituzionalità sulla disciplina applicabile nella causa, a seguito di questione sollevata da altro giudice, è stato espresso anche dalla Corte costituzionale che, da ultimo, nella sentenza n. 218 del 2021, ha ribadito ‘ come debba «escludersi la sussistenza di una discrezionale facoltà del giudice di sospendere il processo fuori dei casi tassativi di sospensione necessaria, e ‘per mere ragioni di opportunità’ (sentenza n. 207 del 2004)» (ordinanza n. 202 del 2020) e, al c ontempo, a stigmatizzare la prassi della cosiddetta ‘sospensione impropria’, vale a dire di quella sospensione disposta, senza l’adozione di un’ordinanza di rimessione a questa Corte, in attesa della decisione sulla questione di legittimità costituzionale, avente ad oggetto le stesse norme, sollevata da altro giudice. Questa prassi, che si esprime nell’adozione di un provvedimento di sospensione «difforme da univoche indicazioni normative» (ordinanza n. 202 del 2020), priva le parti interessate della possibilità di accedere al giudizio di legittimità costituzionale e riduce, nel giudizio stesso, il quadro, offerto alla Corte, RAGIONE_SOCIALE varie posizioni soggettive in gioco. Ciò, tuttavia, non è sufficiente a legittimare la parte a intervenire, perché altrimenti risulterebbe alterata la struttura incidentale del giudizio di legittimità costituzionale ‘.
4.5.Premesso quanto sopra, questo Collegio è consapevole del diverso orientamento espresso da questa Corte nella sentenza Sez. 1, Sentenza n. 7580 del 2013 -richiamata nella pronuncia impugnata che ha ricondotto la sospensione del processo effettuata per la pendenza di un giudizio di legittimità costituzionale sulla disciplina applicabile nella causa a seguito di questione sollevata da altro giudice, all’art. 296 c.p.c. con la necessità di provvedere agli adempimenti per la prosecuzione del processo nei modi e nei termini previsti dall’art. 297 c.p.c. – con decorrenza del termine per la riassunzione dalla data di pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale sulla Gazzetta ufficiale (che integrerebbe un idoneo sistema di pubblicità legale per la conoscenza RAGIONE_SOCIALE sorti del processo costituzionale), non essendo un meccanismo di riassunzione rimesso alla mera volontà RAGIONE_SOCIALE parti compatibile con il principio di ragionevole durata ex art. 111 Cost., in quanto suscettibile di provocare una quiescenza “sine die” del processo. Detto inquadramento che legittima tale ipotesi di sospensione riconducendola nello schema normativo dell’art. 296 c.p.c. non è però, ad avviso di questo Collegio, condivisibile, vertendosi in un’ipotesi di sospensione c.d. ‘facoltativa’ e, pertanto, in applicazione del principio di diritto espresso dalla Corte di cassazione, a sezione unite, nella sentenza n. 14670 del 2003, di una sospensione non ammissibile nell’attuale quadro normativo.
4.6. Ne consegue l’enunciazione del seguente principio di diritto: « La sospensione del processo per la pendenza di un giudizio di legittimità costituzionale sulla disciplina applicabile nella causa a seguito di questione sollevata da altro giudice quale ipotesi di sospensione facoltativa “ope iudicis” del giudizio, al di fuori dei casi tassativi di sospensione legale, non è configurabile nell’attuale quadro normativo : ove ammessa, infatti, una tale facoltà del giudice – oltre che inconciliabile con il disfavore nei confronti del fenomeno sospensivo, sotteso alla riforma del citato art. 42 del codice di rito – si porrebbe in insanabile contrasto sia con il principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) e della tutela giurisdizionale (art. 24 Cost.), sia con il canone della durata ragionevole, che la legge deve assicurare nel quadro del giusto processo ai sensi del nuovo art. 111 Cost. Dalla esclusione della configurabilità della detta sospensione facoltativa
“ope iudicis” del giudizio, deriva sistematicamente, come logico corollario, la impugnabilità della stessa, ai sensi dell’art. 42 cod. proc. civ. ».
4.7. Nell’ipotesi di specie, essendo derivata la sentenza impugnata di estinzione del giudizio per inattività RAGIONE_SOCIALE parti ex art. 45 del d.lgs. n. 546/92, dalla mancata riassunzione del giudizio a cura dell’RAGIONE_SOCIALE – soccombente in primo grado- nel termine ex art. 267 c.p.c. (decorrente dalla pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale sulla Gazzetta Ufficiale) a fronte di un provvedimento del 13 luglio 2016 della CTR del Lazio di sospensione del processo per la pendenza di un giudizio di legittimità costituzionale sulla disciplina applicabile nella causa a seguito di questione sollevata da altro giudice, trattandosi di un’ipotesi – benché erroneamente qualificata dal giudice di appello ai sensi dell’art. 295 c.p.c. – di sospensione c.d. impropria/facoltativa, era o nere dell’Ufficio impugnare, in ossequio al suddetto principio di diritto, il provvedimento di sospensione ai sensi dell’art. 42 c.p.c. nel termine perentorio di cui al comma 2 dell’art. 47 c.p.c. La mancata pacifica impugnazione del detto provvedimento ha comportato la definitività dello stesso e l’inammissibilità del presente ricorso proposto avverso la sentenza declaratoria dell’estinzione del processo per inattività RAGIONE_SOCIALE parti.
In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Cass., Sez. 6 – L, Ordinanza n. 1778 del 29/01/2016, Rv. 638714).
P.Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna l’RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali che liquida in euro 7.500,00 per compensi, euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma il 25 gennaio 2024 e in sede di seconda riconvocazione in