Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6707 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6707 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 13/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10535/2021 R.G. proposto da COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. COGNOME NOME (domicilio digitale: EMAIL
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-resistente- avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA CAMPANIA n. 5081/11/20 depositata il 23 ottobre 2020
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 22 gennaio 2025 dal Consigliere COGNOME NOME
FATTI DI CAUSA
La Direzione Provinciale di Benevento dell’Agenzia delle Entrate notificava a NOME COGNOME socio della RAGIONE_SOCIALE titolare di una quota del 32%, un avviso di accertamento mediante il quale
rettificava la dichiarazione dei redditi da lui presentata ai fini dell’IRPEF per l’anno 2008, recuperando a tassazione un maggior reddito da partecipazione determinato in base alla presunzione di distribuzione di utili extracontabili ai soci di società di capitali a ristretta base proprietaria.
L’atto impositivo faceva sèguito all’avviso di accertamento emesso dal medesimo Ufficio a carico della prefata società, con il quale erano stati ad essa imputati ricavi emersi dall’attività di verifica svolta nei suoi confronti.
Il COGNOME contestava la pretesa erariale dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Benevento, che respingeva il suo ricorso.
La decisione veniva successivamente confermata dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania, la quale, con sentenza n. 5081/11/20 del 23 ottobre 2020, rigettava l’appello della parte privata.
Avverso tale sentenza il Falzarano ha proposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo.
L’Agenzia delle Entrate si è limitata a depositare un mero , ai soli fini della partecipazione all’eventuale udienza di discussione.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di impugnazione, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c., è denunciata l’inosservanza dell’art. 39, comma 1bis , del D. Lgs. n. 546 del 1992, rimproverandosi alla CTR di non aver disposto la sospensione del giudizio in attesa della definizione della causa pregiudiziale relativa all’avviso di accertamento emesso a carico della RAGIONE_SOCIALE, pendente davanti a questa Corte alla data di proposizione del ricorso.
1.1 L’esperito gravame di legittimità è inammissibile.
1.2 La CTR ha osservato, in punto di diritto, che «per escludere l’operatività della presunzione di distribuzione degli utili extracontabili, conseguiti e non dichiarati da una società a ristretta base partecipativa, non è sufficiente che il socio si limiti ad allegare genericamente la mancanza di prova di un valido e definitivo accertamento nei confronti della società, ma deve contestare lo stesso effettivo conseguimento, da parte della società, di tali utili, ove non sia in grado di dimostrare la mancata distribuzione degli stessi, stante l’autonomia dei giudizi nei confronti della società e del socio e il rapporto di pregiudizialità dell’accertamento nei confronti del primo rispetto a quello verso il secondo» .
Ha, quindi, soggiunto che «l’appellante non (aveva) propo (sto) nei propri atti argomenti volti ad affermare che l’accertamento tributario effettuato nei confronti della società risultasse infondato» e che, per tale ragione, l’appello da lui proposto non poteva essere accolto.
1.3 Il ricorso in esame non si confronta minimamente con la motivazione posta a base del «decisum» , risultando, perciò, privo di specificità.
1.4 Fermo il carattere assorbente del rilievo che precede, va notato «ad abundantiam» che la sollevata censura è comunque priva di fondamento, alla stregua della giurisprudenza di questa Corte formatasi sulla scia della sentenza delle Sezioni Unite n. 21763/2021, risolutiva di una questione di particolare importanza ai fini di cui all’art. 363, comma 3, c.p.c..
1.5 Con tale arresto è stato affermato che, salvi i casi in cui la sospensione del giudizio per pregiudizialità necessaria sia imposta da una specifica disposizione normativa che richieda di attendere la pronuncia con efficacia di giudicato sulla causa pregiudicante, quando fra due giudizi esista un rapporto di pregiudizialità tecnica e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, la sospensione del giudizio pregiudicato non è da
ritenersi obbligatoria ai sensi dell’art. 295 c.p.c., ma può essere adottata in via facoltativa a norma dell’art. 337, comma 2, c.p.c., applicandosi, in caso di sopravvenuto verificarsi di un conflitto fra giudicati, il disposto dell’art. 336, comma 2, del medesimo codice.
1.6 L’enunciato principio di diritto è stato già più volte applicato alla specifica materia che qui interessa.
1.7 È stato, infatti, statuito che: – qualora fra due controversie tributarie esista un rapporto di pregiudizialità, va disposta la sospensione della causa dipendente, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., allorché quella pregiudicante sia ancora pendente in primo grado; laddove, invece, questa sia stata definita con sentenza non passata in giudicato, opera la sospensione facoltativa prevista dall’art. 337, comma 2, c.p.c., con la conseguenza che, in tale ultimo caso, il giudice della causa pregiudicata può, alternativamente, sospendere il giudizio e attendere la stabilizzazione della sentenza per effetto del suo passaggio in giudicato oppure proseguire il giudizio medesimo, a seconda che ritenga, sulla base di una valutazione prognostica, che la decisione possa essere riformata (o cassata) o invece confermata (cfr. Cass. n. 7952/2024, Cass. n. 30919/2024, Cass. n. 32265/2024).
1.8 Si è, inoltre, precisato che l’omesso esercizio del potere discrezionale di cui all’art. 337, comma 2, c.p.c. non è in alcun modo equiparabile alla violazione dell’obbligo di sospensione, onde il motivo che deduca l’inosservanza di tale obbligo non può essere interpretato come ricomprendente anche la mancata sospensione facoltativa, la quale ha ad oggetto una valutazione ben differente, basata su una prognosi negativa circa la fondatezza dell’impugnazione avverso la pronuncia della cui autorità si tratta (cfr. Cass. n. 7952/2024).
1.9 Ciò posto, considerato che nel caso di specie la controversia pregiudicante relativa all’avviso di accertamento societario era stata decisa con sentenza non passata in giudicato, deve ritenersi
legittima, alla luce del surriferito insegnamento nomofilattico, la mancata sospensione da parte della Commissione regionale del giudizio dinanzi a sé pendente.
Non v’è luogo a provvedere in ordine alle spese processuali, non avendo l’Agenzia delle Entrate svolto attività difensiva in questa sede.
Stante l’esito dell’impugnazione, viene resa nei confronti del ricorrente l’attestazione contemplata dall’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la proposta impugnazione, a norma del comma 1bis dello stesso articolo, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione