Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32265 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32265 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5569/2018 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (ADS80224030587) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME TEDDI
-intimato- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. del VENETO- VENEZIA n. 780/2017 depositata il 12/07/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/11/2024 dal Co: COGNOME NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Su ll’anno di imposta 2008 la società RAGIONE_SOCIALE veniva ripresa a tassazione in ragione di accertate operazioni fittizie poste in essere
assieme ad altre società riferibili ad un medesimo gruppo di persone fisiche.
Per l’effetto, trattandosi di società di capitali a ristretta base azionaria, la ripresa a tassazione si ribaltava, pro quota e in misura corrispondente alla partecipazione al capitale sociale, anche nei confronti del socio NOME COGNOME socio al 51% della prefata società RAGIONE_SOCIALE
Il contribuente adiva il giudice di prossimità, dove trovava parziale apprezzamento delle proprie ragioni, soprattutto sulla scorta di un atto di autotutela con cui veniva rideterminata la ripresa a tassazione nei confronti della società.
Interponeva appello l’Ufficio, protestando non trattarsi di atto di autotutela, ma di semplice rideterminazione di calcolo del dovuto per evitare duplicazioni, in quanto era stato erroneamente inserito nella ripresa a tassazione anche il reddito ritualmente esposto dalla società. Avverso la sentenza resa dalla CTR propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate, affidandosi ad un unico motivo, mentre è rimasto intimato il contribuente.
CONSIDERATO
Viene proposto unico motivo di ricorso.
Come l’unico motivo di ricorso si prospetta censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 4 del codice di procedura civile per violazione dell’articolo 39, comma 1 bis , del decreto legislativo numero 546 del 1992 e dell’articolo 295 del medesimo codice di rito civile.
Nella sostanza si lamenta che il giudice di appello abbia dato atto della connessione, ancorché non litisconsortile, del giudizio della società con il giudizio riguardante il socio, ma abbia rilevato l’impossibilità della riunione stante l’intervenuto fallimento della società. Tuttavia, invece di disporre la sospensione del giudizio nei confronti del socio, in attesa della definizione del giudizio pregiudiziale riguardante la società, tempestivamente riassunto nei
confronti del fallimento dal patrono erariale, ha definito il giudizio pregiudicato con l’accoglimento solo parziale delle ragioni del Fisco, argomentando s ull’ intervenuto annullamento -ma non definitivo- di parte della ripresa tassazione nei confronti della società, per statuire il corrispondente parziale annullamento, in proporzione, della ripresa tassazione nei confronti anche del socio. In buona sostanza, sarebbe stato violato il dovere di sospensione del giudizio ‘a valle’, in attesa della definizione della ripresa a tassazione nei confronti della società. Il motivo non può essere accolto.
Se è pur vero che è stato affermato che l’accertamento tributario nei confronti di una società di capitali a base ristretta -nella specie riferito ad utili extracontabili -costituisce un indispensabile antecedente logico-giuridico dell’accertamento nei confronti dei soci, in virtù dell’unico atto amministrativo da cui entrambe le rettifiche promanano, con la conseguenza che, non ricorrendo, com’è per le società di persone, un’ipotesi di litisconsorzio necessario, in ordine ai rapporti tra i rispettivi processi, quello relativo al maggior reddito accertato in capo al socio deve essere sospeso ai sensi dell’art. 295 cod. proc. civ., applicabile nel giudizio tributario in forza del generale richiamo dell’art. 1 del d.lgs. n. 546 del 1992 (cfr. Cass. V, n. 2214/2011), non di meno, già con pronuncia n. 752/2021 si è distinto il profilo della società da quello del socio. Ed infatti, di recente l’orientamento di questa Corte in materia è stato affinato, affermando che nel processo tributario, qualora tra due giudizi esista un rapporto di pregiudizialità, va disposta la sospensione, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., della causa dipendente allorché la causa pregiudicante sia ancora pendente in primo grado, mentre, una volta che questa sia definita con sentenza non passata in giudicato, opera la sospensione facoltativa di cui all’art. 337, comma 2, c.p.c., con la conseguenza che, in tale ultimo caso, il giudice della causa pregiudicata può, alternativamente, sospendere il giudizio e attendere la stabilizzazione della sentenza con il passaggio in
giudicato oppure proseguire il giudizio medesimo ove ritenga, sulla base di una valutazione prognostica, che la decisione possa essere riformata (cfr. Cass. T, n. 7952/2024).
Di tale principio ha fatto buon governo la sentenza qui in scrutinio, donde il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
Non vi è luogo a pronuncia sulle spese in assenza di attività difensiva della parte contribuente.
Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 13/11/2024.