Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2918 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 2918 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 05/02/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 5693/2023 R.G. proposto da: in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso la SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della CAMPANIA-NAPOLI n. 5793/2022 depositata il 08/08/2022.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 20/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Udite le conclusioni del P.M. e delle parti come di seguito riportate.
FATTI DI CAUSA
1. Il 14 febbraio 2019 RAGIONE_SOCIALE -che progetta, sviluppa e produce, per società aeronautiche, manufatti in materiale composito ad alto contenuto tecnologico da impiegare nella costruzione e manutenzione di aeromobili o parti di essi -era attinta da processo verbale di revisione dell’accertamento prot. n. 7135 RU del 14 febbraio 2019, con cui le veniva contestato che, in riferimento ad importazioni da fornitori statunitensi, di cui a quaranta dichiarazioni doganali IM A Reg. 4 presentate tra il 1° giugno 2016 e il 17 febbraio 2017, non poteva fruire della sospensione daziaria sull’importazione di materiali necessari per la produzione di manufatti e parti da inserire negli aeromobili civili, per mancata allegazione del cd. certificato di aeronavigabilità.
Segnatamente riferisce la sentenza n. 5793 /2022 depositata l’8 agosto 2022 in epigrafe che nell’ambito della propria attività di controllo documentale delle dichiarazioni doganali, l’Ufficio Doganale di Napoli 1 -SOT Aeroporto di Capodichino riscontrava che, per nessuna delle dichiarazioni doganali sopra specificate, era stato presentato il certificato di aeronavigabilità, ma era stato unicamente allegato il certificato di approvazione indicato al campo 44 del DAU con la codifica NUMERO_DOCUMENTO, rilasciato dall’ENAC all’importatore RAGIONE_SOCIALE e riguardante il rinnovo della certificazione POA (Production Organization Approval), che consiste in una certificazione d’impresa in ambito aeronautico.
Da ciò era conseguito che, con processo verbale di revisione dell’accertamento, prot. n. 7135/RU del 14.02.2019 emesso ai sensi dell’art. 11 del D.Lgs. 374/1990 e dell’art. 48 del Reg. UE 952/2013, il funzionario verificatore della SOT di Capodichino aveva riscontrato che non erano state adempiute le prescrizioni di cui all’art. 2 Reg. CE n. 1147/2002, in quanto la parte, all’atto dell’immissione in libera pratica, non aveva presentato in dogana ‘copia originale del certificato di idoneità alla navigazione aerea’, bensì un altro documento (il certificato di approvazione ENAC NUMERO_DOCUMENTO non afferente.
l funzionario doganale procedeva alla rettifica della dichiarazione sottoposta a revisione.
Più particolarmente leggesi in ricorso che
l’Ufficio, dopo aver rilevato che ‘le operazioni doganali in argomento, hanno riguardato l’importazione dagli USA di merci … tutte con richiesta di sospensione tariffaria di aeronavigabilità (dazio 0%), attestata dall’inserimento del codice preferenziale 119 nella casella 36 del DAU’ e che, con riferimento a tali operazioni, ‘non veniva allegato, per nessuna delle dichiarazioni doganali di cui si tratta, il certificato di aeronavigabilità, ma il certificato di approvazione indicato al campo 44 del DAU con la codifica NUMERO_DOCUMENTO, rilasciato dall’ENAC’, ha contestato che in tal modo ‘non risultano adempiute le prescrizioni previste dall’art. 2 del Reg. CE n. 1147/2002, secondo cui, quando le merci sono dichiarate per l’immissione in libera pratica, la sospensione tariffaria (ovvero l’esenzione daziaria) è subordinata alla presentazione alle autorità doganali della copia originale del certificato di idoneità alla navigazione aerea relativo alle merci in questione, ovvero del documento sostitutivo redatto secondo lo schema figurante al punto A dell’allegato al Reg. CE n. 1147/2002 .
Sulla base di tali considerazioni Egli ha quindi concluso che COGNOME non avendo presentato in dogana la copia del suddetto certificato di aeronavigabilità afferente le merci in importazione, ma bensì un altro documento, ossia il ‘Certificato di approvazione ENAC’, avrebbe violato il ‘combinato disposto dell’art. 2 del Reg. CE n. 1147/2002, degli articoli 70 e seguenti del Reg. (UE) n. 952 del 2013 e dell’articolo 128 del Regolamento (UE) n. 2447 del 2015, in quanto ai fini del pagamento dei diritti doganali è stato dichiarato un dazio inferiore rispetto a quello dovuto’ ed ha pertanto rideterminato la ‘differenza da riscuotere’ in complessivi euro 120.838,19, di cui euro 99.047,69 a titolo di dazi ed euro 21.790,49 a titolo di IVA.
Il 22 marzo 2019, l’Ufficio, dando seguito al predetto processo verbale di revisione, notificava alla contribuente:
avviso di rettifica dell’accertamento prot. 13348/RU, con cui rettificava le 40 dichiarazioni doganali IM A Reg. 4 presentate tra il 1° giugno 2016 e il 17 febbraio 2017, già indicate nel predetto processo verbale di revisione dell’accertamento, recuperando per l’effetto a tassazione maggiori dazi ed IVA;
b) l’atto di irrogazione di sanzioni prot. 13356/RU, con cui irrogava la sanzione prevista dall’art. 303, comma 3, lett. b), T.U.L.D. per l’importo di euro 548.000,00. ‘In particolare’ come, nuovamente, da ricorso -‘con tale atto l’Ufficio, dopo aver richiamato ‘le risultanze del processo verbale di revisione con prot. 7135 RU del 14 febbraio 2019′, ha irrogato la sanzione singolarmente per ciascuna dichiarazione doganale contestata, per l’importo complessivo di euro 548.000,00’.
La contribuente proponeva separate impugnazioni innanzi alla CTP di Napoli, la quale, dopo aver riunito i ricorsi, li accoglieva, annullando integralmente entrambi gli atti impugnati.
2.1. Riferisce la sentenza in epigrafe che
i giudici rilevavano che, nel caso di specie, costituiva circostanza pacifica che la società ricorrente all’atto dell’importazione della componentistica prodotta da fornitori specializzati e destinata ad essere installata in aeromobili non avesse presentato il certificato di idoneità alla navigazione della stessa, allegando tuttavia copia del certificato IT.21G.0012 rilasciato il 22.09.2004 e revisionato il 2/0.12.2016, con il quale l’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile (ENAC) aveva autorizzato la società, ai sensi del Regolamento CE n. 216/08, in quanto impresa costruttrice, a costruire parti, prodotti, pertinenze e rilasciare certificati e che sulle fatture di acquisto dei suddetti materiali erano presenti dichiarazioni delle società fornitrici con cui si evidenzia che si tratta di prodotti utilizzati nel settore aeronautico.
Secondo i giudici, tale documentazione doveva ritenersi sufficiente al fine di poter usufruire della sospensione daziaria.
La Commissione di prime cure osservava che la possibilità sussistente, in virtù dell’espressa previsione contenuta nel citato articolo 2 del Regolamento CE n. 1147/02, di presentare, in alternativa al certificato di idoneità alla navigazione, la dichiarazione firmata dal venditore delle merci di idoneità e destinazione alla navigazione, rendeva legittimo il comportamento della società ricorrente, che, nel caso di
specie, aveva documentato che alle fatture trasmesse dai venditori delle componenti e dei materiali importati era apposta una dichiarazione di destinazione alla costruzione di parti aeronautiche (‘material is destined for the construction of aeronautical parts’) sufficiente a realizzare la medesima finalità cui è diretta la dichiarazione prevista dall’articolo 2 del Regolamento CE invocato e, quindi, a surrogare quest’ultima.
Ad avviso dei giudici, l’operatività del regime della sospensione daziaria non poteva essere esclusa dalla circostanza che tale dichiarazione non avesse riprodotto pedissequamente il contenuto del modello di cui al paragrafo A dell’allegato Regolamento, non potendo ritenersi, sulla base del complessivo tenore della norma e della ratio della stessa, che la mera difformità dal modello escluda l’operatività del regime di sospensione daziaria. Ciò, secondo quanto argomentato in sentenza, tenuto conto anche del fatto che ben può accadere che al momento dell’acquisto dei materiali e quindi della fornitura e della successiva importazione non si conosca specificamente l’aeromobile al quale la singola componente o il singolo materiale deve essere destinato .
Proponeva appello la contribuente, rigettato dalla CTR della Campania, giusta la sentenza in epigrafe, sulla base della seguente motivazione:
Si procede all’esame delle motivazioni poste a fondamento dell’appello principale.
L’Agenzia ha dedotto essere la sentenza impugnata viziata da violazione o erronea applicazione del regolamento n. 748/2012 della Commissione.
Si dà atto che il Regolamento Ue 748/2012 stabilisce distinte regole di attuazione, ovverosia:
per la certificazione di aeronavigabilità e ambientale di aeromobili e relativi prodotti, parti e pertinenze;
per la certificazione delle imprese di progettazione e di produzione. In particolare sono previste due distinte procedure per ciascuno dei differenti obiettivi:
certificazione di aeronavigabilità da una parte;
-certificazione di imprese di progettazione e produzione dell’altra.
Pertanto, il certificato di approvazione dell’impresa produttrice vale a certificare che la stessa sia in possesso degli standard imposti come fornitori e/o produttori di pezzi Avio. Dall’altra, il certificato di
aeronavigabilità vale invece a certificare che detti pezzi siano venduti per scopi rientranti nell’agevolazione, per essere destinati ad aeromobili.
Pertanto, il soggetto che richiede il beneficio dell’esenzione, oltre a realizzare il prodotto secondo standard tecnici e regole di conformità, deve accompagnare il bene con il certificato di idoneità alla navigazione, che consenta d’individuare all’atto dell’importazione quale sia l’aeromobile di destinazione.
Tale certificazione va rilasciata da parte dell’Autorità competente nel luogo di immatricolazione dell’aereo destinato a ricevere i pezzi venduti in regime di sospensione doganale, autorità che in Italia è individuata nell’ENAC.
Pertanto, chi invoca il beneficio dell’esenzione ha l’onere di dimostrare la destinazione finale dell’uso delle parti e dei pezzi da importare.
Nel caso di specie, come anche rilevato dai giudici di primo grado, la società RAGIONE_SOCIALE non aveva presentato il certificato di idoneità alla navigazione, ma aveva specificato sulle fatture una dichiarazione di idoneità delle merci e della loro destinazione all’aeronavigazione. I giudici hanno ritenuto tale dichiarazione equipollente alla certificazione rilasciata dall’ENAC, su di ciò fondando il convincimento della legittima fruizione della sospensione del dazio prevista dal suddetto regolamento.
Sul punto, la società appellata ha ritenuto valida tale equipollenza, richiamando alcuni precedenti giurisprudenziali ed affermando che la dichiarazione del fornitore sostituisce di diritto il certificato di aeronavigabilità.
La sentenza impugnata non appare condivisibile, con riferimento alla dedotta equipollenza, atteso che solo il certificato di aeronavigabilità rilasciato dall’autorità competente nel luogo di immatricolazione dell’aereo destinato a ricevere i pezzi in sospensione può dimostrare la destinazione finale d’uso delle parti e dei pezzi da importare. Ed infatti, solo la predetta autorità ha competenza per la verifica dei requisiti di sicurezza degli aeromobili e può rilasciare certificati di idoneità alla navigazione, che non possono essere demandati alla società produttrice, per evidente conflitto di interessi e vanificazione di fatto dell’attività di controllo, anche in merito alla reale destinazione dei pezzi.
L’ufficio appellante ha anche rilevato l’omessa pronuncia, nell’impugnata sentenza, circa la deduzione mossa dalla società contribuente in primo grado, in merito all’asserita illegittimità dell’avviso di rettifica, perché emesso in violazione del principio di buona fede e del
legittimo affidamento sancito in materia doganale dall’art. 119 del Codice Doganale Comunitario (CDU).
Sul punto, si rileva che il soggetto passivo dell’imposta passiva è l’importatore, nei cui confronti le autorità doganali sono legittimate ad agire per il recupero dell’imposta qualora riscontrino che la documentazione prodotta non è idonea a giustificare l’esenzione dal dazio. Tale tipo di responsabilità per l’adempimento dell’obbligazione doganale, come ribadito dalla Corte di Giustizia, non può essere elisa sulla base della dichiarata buona fede dell’importatore, che è tenuto al pagamento qualora vi sia stato un riconoscimento di esenzione non giustificata dalla documentazione prodotta. Ed invero, i casi di esenzioni da responsabilità previsti dall’art. 119 del CDU sono tassativi e devono concorrere congiuntamente (errore che non poteva ragionevolmente essere scoperto dal debitore; debitore che ha agito in buona fede), fattispecie che possono riscontrarsi in ipotesi di comportamenti attivi dell’autorità doganale.
Propone ricorso per cassazione la contribuente con sette motivi. Resiste l’Agenzia delle dogane con controricorso. La contribuente deposita ampia memoria illustrativa.
All’odierna pubblica udienza, udita la relazione, dopo breve discussione, il Pubblico Ministero, in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. NOME COGNOME conclude per il rigetto del ricorso. L’Avv. NOME COGNOME per la contribuente, e l’Avvocatura Generale dello Stato, in persona dell’Avv. NOME COGNOME per l’Agenzia, insistono nelle conclusioni di cui ai rispettivi atti.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Primo motivo: ‘Violazione degli artt. 1 e 2 del regolamento n. 1147/02 in relazione al n. 3) del primo comma dell’art. 360 c.p.c. e dell’art. 62 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 laddove la CTR della Campania ha ritenuto che per poter fruire della sospensione daziaria di cui gli artt. 1 e 2 del regolamento n. 114/2002 sarebbe indispensabile produrre un certificato d’idoneità alla navigazione aerea delle merci importate, dato che le predette disposizioni subordinano la fruizione delle predetta sospensione ad un’unica condizione di natura sostanziale e cioè alla condizione che
le merci importate siano destinate ‘ad essere inserite o utilizzate negli aeromobili civili’ che può essere provata anche mediante la produzione di una dichiarazione del relativo fornitore’.
1.1. Il motivo è inammissibile e comunque infondato.
È inammissibile in quanto non coglie ed ‘a fortiori’ non si confronta con l’effettiva ‘ratio decidendi’ sottesa alla sentenza impugnata. La CTR è chiarissima nell’evidenziare che il ‘certificato di idoneità alla navigazione’, con cui ‘il soggetto che richiede il beneficio dell’esenzione’ ‘deve accompagnare il bene’, è volto a consentire ‘d’individuare all’atto dell’importazione quale sia l’aeromobile di destinazione. Tale certificazione va rilasciata da parte dell’Autorità competente nel luogo di immatricolazione dell’aereo destinato a ricevere i pezzi venduti in regime di sospensione doganale, autorità che in Italia è individuata nell’ENAC. Pertanto, chi invoca il beneficio dell’esenzione ha l’onere di dimostrare la destinazione finale dell’uso delle parti e dei pezzi da importare’. Quando dunque la CTR scrive che ‘solo il certificato di aeronavigabilità rilasciato dall’autorità competente nel luogo di immatricolazione dell’aereo destinato a ricevere i pezzi in sospensione può dimostrare la destinazione finale d’uso delle parti e dei pezzi da importare’, in realtà, non vuole escludere l’idoneità sostitutiva della dichiarazione del venditore, idoneità sostitutiva prevista dall’art. 2, par. 1, cpv., reg. CE n. 1147 del 2002, ma vuole rimarcare, come chiaramente esplicitato qualche riga innanzi, che la contribuente, che ‘a veva specificato sulle fatture una dichiarazione di idoneità’, si era avvalsa di una dichiarazione non equipollente. Alla luce della complessiva argomentazione della CTR, il difetto di equipollenza deriva da ciò che la ‘dichiarazione di idoneità’ non consentiva ‘d’individuare all’atto dell’importazione quale l’aeromobile di destinazione’.
Né siffatto ‘modus opinandi’ della CTR è in alcun modo censurabile, ragion per cui comunque il motivo si rivela infondato.
Prevedeva l’art. 2, par. 1, cpv., reg. CE n. 1147 del 2002, abrogato e sostituito dal reg. UE n. 581 del 2018, che, ‘se non è possibile presentare la copia originale di detto certificato all’atto dell’immissione in libera pratica delle merci, la sospensione è subordinata all’inserimento di una dichiarazione, firmata dal venditore delle merci in questione, redatta sulla fattura commerciale o su un documento allegato. Un modello di dichiarazione figura nel paragrafo A dell’allegato’. Il modello di dichiarazione, di cui al paragrafo A dell’allegato, recitava: ‘Per le merci seguenti oggetto della i seguenti certificati di idoneità alla navigazione aerea (cfr. colonna 2) sono stati rilasciati dalla società menzionata nella colonna 3 autorizzata dall’autorità aeronautica menzionata nella colonna 4 del paese indicato nella colonna 5’. Segue uno schema a cinque colonne.
Ora, per quanto quello del paragrafo A fosse solo un modello, ossia, in buona sostanza, un esempio, di dichiarazione, ragion per cui non era testualmente vincolante, tuttavia emergeva inconfutabilmente che la dichiarazione del venditore doveva espressamente menzionare il certificato di aeronavigabilità.
Sovviene a questo punto la considerazione che il certificato di aeronavigabilità, a sua volta, non è meramente astratto, ma è riferito specificamente ad un singolo aeromobile, come emerge indiscutibilmente dalla normativa aeronautica internazionale ed interna (art. 31 della convenzione ICAO del 7 dicembre 1944; annesso, parte 21, reg. UE n. 748 del 2012 e, per quanto di ragione, allegati I e Vter, parte ML, reg UE n. 1321 del 2014; art. 764 cod. nav., il quale, in particolare, prevede: ‘1. L’idoneità dell’aeromobile alla navigazione aerea è attestata dal certificato di navigabilità. 2. Il certificato di navigabilità abilita l’aeromobile alla navigazione’).
Da quanto precede discende – così enunciandosi principio di diritto – che la dichiarazione del venditore ex art. 2, par. 1, cpv., reg. CE n. 1147 del 2002, al seguito, in alternativa al certificato di aeronavigabilità, di merci destinate ad essere inserite od utilizzate negli aeromobili civili, con riferimento alle quali sia invocata la sospensione dai dazi autonomi ai sensi del regolamento medesimo, affinché possa essere considerata equipollente al certificato, deve necessariamente menzionare, trattandosi di indefettibile requisito sostanziale della suddetta dichiarazione, gli elementi identificativi di questo, così da rendere possibile e verificabile il collegamento della merce ad un singolo aeromobile chiaramente individuato ‘a priori’ come idoneo ed abilitato alla navigazione .
Nell’evoluzione normativa cui accennavasi, tale principio trova prospettica (sia consentito di così dire) conferma nell’art. 2 reg. UE n. 581 del 2018, che recita:
Al fine di beneficiare della sospensione di cui all’articolo 1, il dichiarante, all’atto della presentazione della dichiarazione doganale di immissione in libera pratica, rende disponibile alle autorità doganali un certificato di riammissione in servizio (modulo 1 dell’AESA) quale figura nell’allegato I, appendice I, del regolamento (UE) n. 748/2012, o un certificato equivalente. Il certificato è reso disponibile utilizzando procedimenti informatici o altri mezzi.
La dichiarazione doganale di immissione in libera pratica riporta un riferimento al numero di identificazione del certificato di riammissione in servizio o, in caso di riparazione o manutenzione di merci che hanno perso lo stato di aeronavigabilità, al numero di identificazione di un precedente certificato di riammissione in servizio.
La Commissione stabilisce, mediante atti di esecuzione, un elenco dei certificati che sono considerati equivalenti al certificato di riammissione in servizio (modulo 1 dell’AESA). Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 4, paragrafo 2.
Nello schema dell’art 2 cit., non può prescindersi dalla messa a disposizione di un certificato di riammissione in servizio o di un
certificato equivalente tra quelli soltanto elencati come tali in atti esecutivi della Commissione, con la conseguenza, quindi, che non può prescindersi dall’esplicitazione del collegamento della merce importata allo specifico aeromobile cui è destinato.
Un tanto evidenzia pertanto una linea di continuità rispetto alla disciplina anteriore (che, come detto, rileva nella specie), consentendo di attingere ad un ‘corpus normativo’ rimasto stabile, ‘in parte qua’, nel tempo.
Né, in contrario, assume rilievo che la contribuente avrebbe comunque potuto beneficiare di esenzione sulla base di regimi alternativi, tra cui, in particolare, quello di destinazione finale.
Infatti, come rilevato, da Cass. n. 19979 del 2019, in motiv., par. 1.1., p. 3, il regime sospensivo previsto già dal reg. CE n. 1147 del 2002 (ed ora dal reg. UE n. 581 del 2018) è volto a derogare, in un’ottica di favore per gli operatori, l’ordinario regime di tassazione delle merci in dogana ex artt. 291 ss. reg. CE n. 2658 del 1987, modificato dal regolamento CE n. 1214 del 2007 : talché la menzione, nella dichiarazione del venditore ex art. 2, par. 1, cpv., reg. CE n. 1147 del 2002, degli elementi identificativi del certificato di aeronavigabilità si dimostra funzionalmente necessaria alla semplificazione, consistente nell’esonero proprio dal controllo della destinazione specifica dei prodotti importati.
Secondo motivo: ‘Violazione dell’art. 119 del regolamento n. 952/2013 in relazione al n. 3) del primo comma dell’art. 360 c.p.c. e dell’art. 62 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 laddove la CTR della Campania ha ritenuto che una violazione del principio del legittimo affidamento possa sussistere solo ed esclusivamente in
presenza di un comportamento attivo dell’Amministrazione Finanziaria, dato che in forza dell’art. 119 del regolamento n. 952/2013 una violazione del predetto principio sussiste anche se l’Amministrazione Finanziaria si sia astenuta dal formulare qualsiasi obiezione in relazione a precedenti operazioni del contribuente’.
Più in particolare, secondo la contribuente, alla luce del letterale sviluppo argomentativo del motivo,
è pacifico ed incontroverso che l’Agenzia delle Dogane ha chiaramente indotto COGNOME a ritenere l’allegazione del certificato ENAC idonea e sufficiente a provare che i materiali acquistati erano destinati ad essere impiegati in aeromobili civili, rendendo dunque legittima la fruizione della sospensione daziaria di cui agli artt. 1 e 2 del regolamento n. 1147/02. Ed infatti, come allegato in giudizio e mai contestato dall’Ufficio: i) con il processo verbale di revisione dell’accertamento (allegato n. 5 al presente ricorso, allegato n. 11 al ricorso avverso l’avviso di rettifica e n. 12 al ricorso avverso l’atto di irrogazione sanzioni) l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha concluso con ‘esito conforme’ la procedura di revisione della dichiarazione doganale n. 2788T del 29 maggio 2015 con cui COGNOME aveva dichiarato l’importazione in sospensione dai dazi di materiali che, al pari dei materiali oggetto delle dichiarazioni doganali di cui al presente giudizio, erano destinati a essere utilizzati per costruzione di parti di aeromobili, e nella quale aveva sempre indicato al punto 36 il codice ‘119’, nonché indicato ed allegato il solo certificato ENAC n. NUMERO_DOCUMENTO; per tale rilevante operazione precedente a quelle oggetto di contestazione l’Agenzia delle Dogane non ha mosso alcuna obiezione né ha formulato alcuna rettifica nei confronti di COGNOME; ii) inoltre la Ricorrente, per ottenere un’ulteriore conferma circa la correttezza della propria condotta, ha formulato non una bensì due distinte richieste di chiarimenti alla Direzione Centrale Legislazione e Procedura Doganali dell’Agenzia delle Dogane (allegati n.n. 8 e 9 al presente ricorso, allegati n.n. 13 e 14 al ricorso avverso l’avviso di rettifica e n.n. 14 e 15 al ricorso avverso l’atto di irrogazione sanzioni) ‘in merito alla corretta applicazione delle norme di cui al Reg.to CE n. 1147/2002 ed indicazioni sulla corretta procedura d’importazione di materiali grezzi, materie prime ed altre componenti destinate ad essere inserite o utilizzate negli aeromobili civili’; anche in tal caso l’Agenzia delle Dogane è rimaste inerte e non ha fornito alcuna riscontro alla
Ricorrente, che pertanto ha legittimamente ritenuto che la propria condotta fosse conforme all’interpretazione della normativa fatta propria dall’Amministrazione Finanziaria.
2.1. Il motivo è infondato.
Secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte, ‘in tema di mancata riscossione dei diritti doganali dovuta ad un’erronea determinazione delle autorità competenti, trova applicazione il principio dell’affidamento desumibile dall’art. 5, n. 2, del Regolamento CEE n. 1697/79 e dall’art. 220, par. 2, lett. b), del Regolamento CEE n. 2913/92, norme che precludono all’amministrazione il recupero dei diritti doganali non riscossi, qualora il debitore abbia agito in buona fede, avendo osservato tutte le disposizioni vigenti materia tributaria per la dichiarazione in dogana, sempre che il comportamento dell’autorità non sia stato meramente passivo, ma abbia assunto un profilo attivo. Pertanto, il solo decorso del tempo e il comportamento meramente passivo dell’amministrazione finanziaria non sono idonei ad integrare l’esimente di cui all’art. 10, comma 2, della l. n. 212 del 2000 con riguardo alla debenza degli interessi, in quanto il termine attribuito alla potestà accertativa della Pubblica amministrazione non può ingenerare, fino alla scadenza, alcun affidamento, tanto meno incolpevole, sulla correttezza della condotta del contribuente’ (Cass. n. 34067 del 2019).
3. Terzo motivo: ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 8 del d.P.R. n. 633/1972 in relazione al n. 3) del primo comma dell’art. 360 c.p.c. e dell’art. 62 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 laddove la CTR della Campania ha ritenuto che ai sensi dell’art. 8 del d.P.R. n. 633/1972 i contribuenti esportatori abituali sarebbero legittimati ad importare beni senza applicazione dell’IVA solo se il loro plafond era capiente al momento dell’accertamento da parte dell’Ufficio, dato che la predetta disposizione normativa invero richiede che tale condizione sia integrata al momento di
effettuazione dell’importazione doganale oggetto di successiva contestazione’.
3.1. Il motivo è inammissibile, in quanto non coglie l’effettiva ‘ratio decidendi’ espressa dalla CTR.
Quest’ultima, invero, non ha affatto affermato che ‘i contribuenti esportatori abituali sarebbero legittimati ad importare beni senza applicazione dell’IVA solo se il loro plafond era capiente al momento dell’accertamento’. La CTR ha invece detto che la rideterminazione dell’IVA conseguente alla ripresa dei dazi scatta ‘indipendentemente dalla circostanza che la società COGNOME dispone del plafond IVA dell’anno precedente’, poiché ‘la rettifica dell’IVA è stata eseguita nel 2019 e, pertanto, dopo due anni da quando sarebbe stato possibile effettuare acquisti con imposta non imponibile’.
Fermo quanto precede, ‘il beneficio della sospensione di imposta è sottoposto, per esigenza di cautela dell’Erario, a rigorosi presupposti applicativi, potendone beneficiare soltanto coloro che abbiano effettuato cessioni all’esportazione di cui all’art. 8 lett. a) e b), del d.P.R. n. 633 del 1972, ‘registrate’ nell’anno precedente, per corrispettivi superiori al dieci per cento del complessivo volume di affari e nei limiti dell’ammontare complessivo dei corrispettivi delle cessioni all’esportazione ‘ (Cass. n. 34260 del 2019). Un tanto rende conto della manifesta infondatezza, comunque, del motivo. Invero, nella specie, come correttamente rilevato dalla CTR, tenuto presente che ‘la rettifica dell’IVA è stata eseguita nel 2019’, a difettare è il necessario requisito della registrazione delle operazioni nell’anno precedente.
Quarto motivo: ‘Violazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 472/1997 in relazione al n. 3) del primo comma dell’art. 360 c.p.c. e dell’art. 62 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 laddove la CTR della Campania ha ritenuto che per il rispetto dell’art. 17 del d.lgs. n. 472/1997 sarebbe sufficiente che le sanzioni collegate ai tributi
vengano irrogate con un atto separato purché notificato lo stesso giorno del connesso atto di accertamento, dato che la predetta disposizione normativa impone invero all’Amministrazione Finanziaria di procedere all’irrogazione delle predette sanzioni con atto contestuale e dunque contenuto in quello con cui vengono accertati i maggiori tributi’.
4.1. Il motivo è infondato.
Secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte, ‘le sanzioni amministrative collegate al tributo e quelle accessorie possono essere irrogate unitamente all’avviso di accertamento ex art. 16 d.lgs. n. 472 del 1997 o con distinto ed autonomo atto ai sensi del successivo art. 17 d.lgs. citato, purché tale atto sia emesso contestualmente al menzionato avviso’ (Cass. n. 30398 del 2021).
Quinto motivo: ‘Nullità della sentenza per violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c. in relazione al n. 4 dell’art. 360, primo comma, c.p.c. e all’art. 62 del d.lgs. n. 546 in quanto la CTR della Campania ha omesso di pronunciarsi sull’eccezione con cui COGNOME aveva chiesto la disapplicazione delle sanzioni irrogate a suo carico per la sussistenza di obbiettive condizioni d’incertezza normativa’.
5.1. Il motivo è manifestamente infondato.
Nel graduare, com’era suo compito fare, il quadro delle devoluzioni commessele dalle parti in ordine alle sanzioni, la CTR, nella sentenza impugnata, espressamente afferma che,
-da una parte, ‘l’Ufficio ha altresì affermato non essere stato violato il principio di proporzionalità delle sanzioni, atteso che le stesse sono state applicate in conformità alle prescrizioni di cui all’art. 303 del TULD. Escludeva l’ufficio la ricorribilità dell’applicazione del cumulo giuridico di cui all’art. 12 del D.Lgvo 472/1997, tenuto conto che ogni operazione è istantanea e si esaurisce in un circoscritto periodo di imposta’;
-dall’altra, ‘in sede di formulazione dell’appello incidentale, la società contribuente ha dedotto la violazione del principio di proporzionalità delle sanzioni sancito dall’art. 42 del CDU, tenuto conto che la sanzione appare essere pari al 453% del valore dei tributi. Chiedeva pertanto la disapplicazione dell’irrogazione delle sanzioni, per obiettive condizioni d’incertezza sull’ambito di applicazioni di tali disposizioni’.
Indi la CTR, esclusa ‘la violazione dell’art. 17 D.Lgvo n. 472/1997’, passa ad esaminare il ‘quantum’ delle sanzioni applicate (‘Passando all’esame del quantum delle sanzioni applicate )’: talché, nel percorso logico della CTR, a mente della parte precedente della motivazione della sentenza impugnata in relazione all’interpretazione della disciplina unionale sul dazio, non sussistono le ‘obiettive condizioni d’incertezza’ invocate dalla contribuente.
Ne consegue che, come anticipato, il motivo non coglie il segno, chiaramente ravvisandosi nella sentenza impugnata un’implicita pronuncia di rigetto.
Sesto motivo: ‘Nullità della sentenza per violazione del n. 4 dell’art. 36 del d.lgs. n. 546 e del n. 4 dell’art. 132 c.p.c. in relazione al n. 4 dell’art. 360, primo comma c.p.c. e all’art. 62 del d.lgs. n. 546 qualora si ritenesse che la CTR della Campania abbia invero rigettato implicitamente la richiesta di SALVER di disapplicazione delle sanzioni per la sussistenza di obbiettive condizioni d’incertezza, allora la sentenza impugnata è illegittima in parte qua in quanto priva di qualsiasi motivazione sul punto’.
6.1. Il motivo -di per sé inammissibile perché ipotetico -è -altresì -infondato.
Richiamato quanto evidenziato nella disamina del quinto motivo, l’implicita affermazione di insussistenza delle ‘obiettive condizioni d’incertezza’ invocate dalla contribuente si ricollega all’interpretazione della disciplina unionale sul dazio, di cui alla parte precedente della motivazione della sentenza impugnata,
laddove si evidenzia che di per sé ‘il Regolamento Ue 748/2012 stabilisce distinte regole di attuazione’, subito di seguito esaminate, con due distinte ‘certificazioni’, che, alla stregua di un quadro univocamente coerente, addossano a ‘chi invoca il beneficio dell’esenzione’ ‘l’onere di dimostrare la destinazione finale dell’uso delle parti e dei pezzi da importare’: onere accerta la CTR -rimasto inottemperato dalla contribuente.
7. Settimo motivo: ‘Nullità della sentenza per violazione del n. 4 dell’art. 36 del d.lgs. n. 546 e del n. 4 dell’art. 132 c.p.c. in relazione al n. 4 dell’art. 360, primo comma c.p.c. e all’art. 62 del d.lgs. n. 546 ualora si ritenesse che la CTR della Campania abbia rigettato il motivo di ricorso con cui COGNOME aveva eccepito l’illegittimità dell’avviso di irrogazione per violazione del principio di proporzionalità, allora la sentenza impugnata è illegittima in quanto corredata da una motivazione meramente apparente, non avendo il giudice di appello chiarito per quali ragioni ha ritenuto la sanzione irrogata nei confronti della Ricorrente in seguito all’applicazione del cumulo giuridico proporzionata alla violazione ad essa contestata’.
7.1. Il motivo è inammissibile.
Anzitutto è ipotetico (‘Codesta Ecc.ma Corte, qualora ritenesse che la CTR della Campania abbia rigettato il motivo di ricorso …’).
Inoltre, alla stregua dello stesso tenore dello sviluppo illustrativo del motivo, la doglianza in riferimento al difetto di proporzionalità delle sanzioni era stata avanzata in primo grado, e riproposta in appello, avendo di mira (ovviamente) le (sole) sanzioni irrogate dall’Amministrazione con il corrispondente atto.
Una volta rideterminato, dalla CTR, il trattamento sanzionatorio, con l’applicazione di un’unica sanzione ex art. 12 D.Lgs. n. 472 del 1997, tra l’altro in misura sensibilmente inferiore al complessivo carico di cui all’atto medesimo, tale doglianza, siccome originariamente avanzata e riproposta, ha perso di
consistenza, ragion per cui una denuncia di omessa motivazione sul punto si rivela del tuto decentrata.
Né -donde, comunque, il difetto di un concreto ed attuale interesse a ricorrere -il motivo censura il nuovo trattamento sanzionatorio, ritenuto dalla CTR, per difetto di proporzionalità.
In definitiva, il ricorso va integralmente rigettato, con le statuizioni consequenziali come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente a rifondere all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli le spese di lite, liquidate in euro 15.000, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, lì 20 novembre 2024.