Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15617 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15617 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 11/06/2025
Avviso di accertamento – sopravvenienze -errore contabile -stralcio debiti
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14909/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legali rappresentanti pro tempore , rappresentata e difesa dagli Avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dal l’Avvocatura generale dello Stato,
-controricorrente – avverso la sentenza della COMM. TRIB. REG. CAMPANIA, SEZ. STACCATA DI SALERNO n. 7229/2019, depositata il 20/09/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21 maggio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE impugnava innanzi alla CTP di Avellino l’avviso di accertamento, notificatole in data 6 ottobre 2015, con il quale l’Ufficio , per l’anno di imposta 2012, recuperava a tassazione un maggior reddito di impresa.
In particolare, per quanto ancora di interesse in giudizio, l’Ufficio , con il secondo rilievo, contestava l’omessa dichiarazione di sopravvenienze attive per euro 175.332,00, che riteneva realizzate in ragione dello stralcio di debiti iscritti nei bilanci dei precedenti esercizi e correlati a costi contabilizzati sotto la voce «sopravvenienze attive non tassabili». L’Ufficio considerava inattend ibile la giustificazione resa dalla contribuente, la quale aveva sostenuto che si trattava di pagamenti e/o incassi non registrati, o registrati erroneamente, in epoche remote; osservava, in proposito, che dalla documentazione esaminata era emerso che lo stralcio dei debiti era il frutto di un atto unilaterale della società sottoposta a verifica, non accompagnato da un atto formale -quale rinuncia al credito o rimessione del debito o delibera sociale -e nemmeno giustificato da una condizione di insolvenza dei debitori; che gli importi dei debiti stralciati erano anche consistenti, risalenti nel tempo, non correlati a sopravvenienze passive. Pertanto, l’Agenzia delle entrate riteneva inverosimile che gli importi sottratti a tassazione sotto la voce «sopravvenienze attive non tassabili» fossero il frutto della dimenticanza della registrazione dei pagamenti e che si trattasse, invece, di componenti positivi di reddito soggetti a tassazione.
La CTP rigettava il ricorso con sentenza confermata in appello.
Avverso la sentenza della CTR, di cui all’epigrafe, la società ha proposto ricorso per cassazione (affidato a tre articolati motivi) e l ‘Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. , dell’ art. 112, cod. proc. civ., degli artt. 87 e 109 t.u.i.r., dell’art. 5 d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446.
Censura la sentenza impugnata per non aver esaminato i motivi di appello, essendosi limitata a ripercorrere la sentenza di primo grado.
1.1. Con una prima critica (par. 1.3.) si duole dell’omesso esame del secondo motivo di appello, con il quale aveva censurato la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva affermato che le circostanze allegate -ovvero che le sopravvenienze ritenute tassabi li dall’Ufficio erano il frutto della correzione di un errore contabile derivante dalla mancata registrazione di pregressi pagamenti -non erano state provate. Aggiunge che se la CTR avesse esaminato il motivo, il quale comprovava che trattavasi effettivamente di errori contabili, avrebbe certamente accolto il ricorso.
1.2. Con una seconda critica (par. 1.4.) si duole dell’omesso esame del terzo e del quarto motivo di appello con i quali aveva contestato le motivazioni della sentenza appellata, in relazione alla simmetria contabile, al mancato impatto del conto economico e, quindi, in ordine alla riconducibilità delle rettifiche alla correzione di errori contabili, irrilevanti ai fini della imposizione.
1.3. Con una terza critica (par. 1.5.) si duole dell’omesso esame del quinto motivo di appello con il quale aveva censurato la sentenza di primo grado per aver ritenuto legittima la ripresa a tassazione, pur in mancanza dei requisiti di competenza, certezza e determinabilità del reddito.
Con il secondo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost. , dell’art. 2 697 cod. civ. , dell’art. 132, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ. , degli artt. 88 e 109 t.u.i.r., dell’art. 5 d.lgs. n. 446 del 1997 cit.
La contribuente ripropone le censure di cui al primo motivo sotto l’ulteriore profilo del vizio di motivazione della sentenza impugnata per non avere la CTR esposto le ragioni del rigetto dei motivi di appello, rendendo una motivazione di stile, apparente e svincolata dalla reale portata delle censure. Ribadisce che, a fronte della prova dei pagamenti e della correttezza e doverosità dello stralcio, il giudice di appello non aveva reso alcuna motivazione.
Con il terzo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa degli artt. 88 e 109 t.u.i.r., nonché dell’art. 5 d.lgs. n. 446 del 1997 cit.
La contribuente assume che non sono imponibili per difetto di competenza le sopravvenienze attive derivanti da errori di rilevazione di fatti di gestione relativi ad esercizi precedenti; che, nella fattispecie in esame, non esisteva né la certezza del conseguimento di un componente positivo di reddito né la determinabilità.
Preliminarmente va rigettata l’istanza , avanzata dalla ricorrente con successiva memoria, di interruzione del giudizio in ragione della sottoposizione alla procedura di liquidazione giudiziale.
Il sopravvenuto fallimento (ora liquidazione giudiziale) di una delle parti non determina l’interruzione del processo, per cui non vi è un onere di riassunzione del giudizio nei confronti della curatela fallimentare, essendo la fase di legittimità caratterizzata dall’impulso d’ufficio (Cass. 13/03/2024, n. 6642; Cass. 06/11/2023, n. 30785).
Il primo motivo -erroneamente ricondotto al paradigma di cui al n. 3 dell’art. 360, primo comma, cod. proc. civ., ma qualificabile
come error in procedendo, per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato -è infondato.
5.1. Per giurisprudenza costante di questa Corte, ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, essendo necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto; tale vizio, pertanto, non ricorre quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto o la non esaminabilità, pur in assenza di una specifica argomentazione (cfr. ex plurimis Cass. 29/01/2021, n. 2151; Cass. 02/04/2020, n. 7662; Cass. 30/01/2020, n. 2153). E’ stato , quindi, ritenuto che non ricorre il vizio di omessa pronuncia di una sentenza di appello quando, pur non essendovi un’espressa statuizione da parte del giudice in ordine ad un motivo di impugnazione, tuttavia la decisione adottata ne comporti necessariamente la reiezione, dovendosi ritenere che tale vizio sussista solo nel caso in cui sia stata completamente omessa una decisione su di un punto che si palesi indispensabile per la soluzione del caso concreto.
5.2. I motivi di appello per i quali la contribuente lamenta l’omessa pronuncia vertevano sulla sussistenza di adeguata prova documentale dell’errore contabile asseritamente corretto con l’annotazione della sopravvenienza (secondo e terzo motivo); sull’erronea riqualificazione «dei fatti di gestione», riconducibili, in realtà, ad una correzione contabile, come riduzione o stralcio di debiti iscritti a bilancio in esercizi precedenti (quarto motivo); sulla violazione dell’art. 109 t.u.i.r. ai sensi del quale la sopravvenienza può essere tassata solo se sussistono coevamente la competenza e la certezza del ricavo (quinto motivo)
5.3. La CTR ha correttamente individuato l’oggetto del contendere , precisando che questo riguardava la «tassabilità o meno della sopravvenienza attiva rilevata nella contabilità dalla società ricorrente
e che secondo quest’ultima deriverebbe dalla correzione di più errori contabili compiuti in anni precedenti che non hanno inciso sui costi e sui ricavi ma solo su conti finanziari e pertanto non dovrebbero essere tassati». Di seguito, ha ritenuto che non vi fosse evidenza dell’errore contabile commesso e che, al contrario, l’Ufficio aveva correttamente rilevato l’emersione di una sopravvenienza attiva idonea ad impattare sul conto economico.
La CTR, pertanto, si è pronunciata sui motivi ritenendo, come detto, che non vi era prova dell’errore contabile e che era corretto l’operato dell’Ufficio che aveva rilevato una sopravvenienza attiva tassabile, così implicitamente escludendo anche la fondatezza del quinto motivo.
Pure il secondo motivo è infondato.
6.1. N el giudizio di legittimità è denunciabile solo l’anomalia motivazionale, che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione. Detta anomalia motivazionale implica una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un error in procedendo e, in quanto tale, comporta la nullità della sentenza impugnata per cassazione (Cass. Sez. U. 03/11/2016 n. 22232).
6.2. La sentenza impugnata non incorre nel vizio denunciato.
La CTR ha, infatti, adeguatamente motivato la propria decisione, evidenziando che la contribuente non aveva dato prova dell’errore contabile che assumeva di aver commesso negli esercizi pregressi
omettendo la contabilizzazione di pagamenti eseguiti; che, sia in fase amministrativa che giudiziale, la stessa avrebbe potuto facilmente dimostrare questi ultimi, a mezzo delle relative contabili; che, pertanto, correttamente l’Ufficio aveva ritenuto che non si era in presenza di un errore contabile, bensì di una riduzione di debiti iscritti in bilancio in esercizi precedenti (c.d. stralcio) che aveva comportato una sopravvenienza attiva.
Anche il terzo ed ultimo motivo è infondato.
7.1. In primo luogo, il medesimo non coglie la ratio decidendi della decisione impugnata in quanto insiste sulla mancanza del requisito della competenza quanto al componente positivo, soggetto a tassazione quale sopravvenienza attiva, derivante dall’errore di rilevazione di fatti relativi ad esercizi precedenti. La ratio della sentenza è da ricercare, all’opposto, nella mancata prova dell’errore e nella riqualificazione del fatto contabile come stralcio di debiti iscritti a bilancio, comportante l’emersione di una sopravvenienza correttamente tassata.
7.2. In secondo luogo, questa Corte ha già chiarito che la sopravvenuta insussistenza di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi, che costituisce sopravvenienza attiva, ai sensi dell’art. 88, comma 1, t.u.i.r., si realizza in tutti i casi in cui una posizione debitoria, già annotata come tale, debba ritenersi cessata ed assuma quindi in bilancio una connotazione attiva, con il conseguente assoggettamento ad imposizione, in riferimento all’esercizio in cui tale posta attiva emerge in bilancio ed acquista certezza (Cass. 23/01/2020, n. 1508 e Cass. 09/08/2022, n. 24580).
Infatti, l’art. 88, comma 1, t.u.i.r. stabilisce che: « Si considerano sopravvenienze attive i ricavi o altri proventi conseguiti a fronte di spese, perdite od oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi e i ricavi o altri proventi conseguiti per ammontare
superiore a quello che ha concorso a formare il reddito in precedenti esercizi, nonché la sopravvenuta insussistenza di spese, perdite od oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi ». In ragione di tale disposto va qualificata come sopravvenienza attiva da iscrivere in bilancio anche la sopravvenuta insussistenza di passività iscritte in precedenti esercizi, ovvero esistenti al momento della loro iscrizione e poi venute meno per fatti sopravvenuti. La sopravvenienza, pertanto, si realizza quando viene meno una passività effettivamente esistente (Cass. 30/12/2019, n. 34710, Cass. 02/08/2017, n. 19219). La sopravvenuta insussistenza di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi, che costituisce sopravvenienza attiva, ai sensi della succitata norma si realizza in tutti i casi in cui, per qualsiasi ragione, una posizione debitoria, già annotata come tale, debba ritenersi cessata, ed assuma, quindi, una connotazione attiva con il conseguente assoggettamento ad imposizione, in riferimento all’esercizio in cui emerge in bilancio ed acquista certezza (Cass. 23/01/2020, n. 1508, cit.). A ciò deve aggiungersi che la regola di imputazione temporale della sopravvenienza attiva va individuata nell’art. 109, comma 1, t.u.i.r., che sovraintende alla determinazione del reddito d’impresa, il quale stabilisce che i componenti positivi concorrono a formare il reddito nell’esercizio di competenza.
8. In definitiva, il ricorso deve essere integralmente rigettato.
Alla soccombenza segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio (oltre quelle prenotate a debito), che si liquidano in dispositivo.
Infine, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, in un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, che liquida in euro 5.600,00, a titolo di compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto
Così deciso in Roma, il 21 maggio 2025.