Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 31655 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 31655 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24302/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in POTENZA INDIRIZZO DIG, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende;
-controricorrente e ricorrente incidentale- avverso la SENTENZA di CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA II GRADO MOLISE n. 301/2023 depositata il 19/10/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto dei ricorsi.
RILEVATO CHE
La società RAGIONE_SOCIALE impugnava innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Campobasso l’avviso di accertamento n. TR6030100010/2022, relativo ad IRES, IVA ed IRAP per l’anno d’imposta 2016, notificato il 04/02/2022.
L’avviso di accertamento derivava da processo verbale di constatazione (PVC) con cui l’Ufficio aveva rilevato, tra l’altro, un errore nella compilazione dello studio di settore CODICE_FISCALE in quanto la somma di € 438.889,00, incassata in forza di titolo giudiziale, era stata erroneamente indicata nel rigo ‘F02 -Altri proventi considerati ricavi’ anziché essere più correttamente indicata nel rigo ‘F26 Proventi straordinari’.
Tale ricollocazione determinava la ‘non coerenza’ e la ‘non congruità’, rispetto allo studio di settore, dei ricavi rimodulati nella misura di € 1.192.346,00, cosicché si procedeva alla ricostruzione presuntiva dei ricavi, all’esito della quale si constatava che la Società non aveva contabilizzato, nel periodo di imposta sottoposto a verifica, ricavi pari ad € 467.348,00.
La Corte di giustizia tributaria (CGT) di primo grado di Campobasso accoglieva il ricorso e annullava l’avviso impugnato.
Avverso detta sentenza proponeva impugnazione l’Ufficio e la Corte di giustizia tributaria (CGT) di secondo grado del Molise, con la sentenza in epigrafe, rigettava l’appello, ritenendo che la somma di € 438.889,00 non potesse essere considerata estranea alla gestione ordinaria ed avulsa dalla stessa: quella somma, quindi, era stata correttamente indicata nel rigo F02 dello studio di settore, con la conseguenza che la dichiarazione era congrua e coerente.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate che si è affidata ad un motivo.
Ha resistito con controricorso la società che ha proposto ricorso incidentale fondato su un motivo.
Il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte.
CONSIDERATO CHE
Con l’unico motivo l’Agenzia ha dedotto, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 10, comma 9, del d.l. n. 201/2011 vigente ratione temporis , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., perché il provento in questione, corrisposto a titolo di rimborso di interessi anatocistici non dovuti, costituisce una sopravvenienza attiva derivante da un evento inatteso.
Con l’unico motivo di ricorso incidentale si deduce, in relazione all’art. 360, comma 1, n.4, c.p.c., « violazione e falsa applicazione degli artt. art. 2909 c.c. e 329 c.p.c.: illegittimo assorbimento della questione preliminare di rito avente ad oggetto l’intervenuto giudicato interno rispetto ai capi della sentenza di prime cure relativi alla nullità dell’atto impositivo per mancata assunzione del provvedimento di selezione del contribuente nonché alla nullità dell’atto impositivo per violazione dell’art. 12, L. n.212/2000».
2.1. Osserva la contribuente che la sentenza di primo grado aveva accolto integralmente il suo primo motivo di ricorso rubricato « violazione e falsa applicazione dell’art. 31 del d.p.r. n.600/1973 nonche’ dell’art. 51 del d.p.r. n.633/1972 » che, sviluppato in tre sottomotivi, aveva ad oggetto l’invalidità derivata dell’avviso di accertamento per A) mancata assunzione del provvedimento di selezione del contribuente da sottoporre a controllo; B) omessa consegna da parte dei verbalizzanti della lettera di incarico ai sensi degli artt. 51 e 52, comma 1, d.P.R. n. 633/1972; C) violazione dell’art 12, l. n. 212/2000 in ordine alla mancata enunciazione dei diritti della società contribuente attinta dall’accesso. Con l’atto di gravame l’Agenzia aveva concentrato le proprie doglianze unicamente sul sotto-motivo attinente alla mancata consegna della lettera di incarico, con acquiescenza alle restanti rationes decidendi e conseguente giudicato interno, ai sensi dell’art. 329 c.p.c., sulle stesse ; t ale eccezione, sollevata in sede d’appello, non era stata esaminata dal giudice del gravame.
Il ricorso incidentale della RAGIONE_SOCIALE deve essere esaminato prioritariamente rispetto al ricorso principale, in continuità con il consolidato principio di diritto secondo cui il ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito, che investa questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito, deve essere esaminato con priorità se le questioni, rilevabili d’ufficio, non siano state oggetto di decisione esplicita o implicita da parte del giudice di merito (Cass. sez. un., n. 7381 del 2013; Cass. n. 5134 del 2019; Cass. n. 24750 del 2022).
3.1. Questo motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza ed è comunque infondato.
3.2. Va rammentato che l”esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un error in procedendo , presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di censura, onde il ricorrente non è dispensato dall’onere di specificare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche puntualmente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, dovendo tale specificazione essere contenuta, a pena d’inammissibilità, nello stesso ricorso per cassazione, per il principio di autosufficienza (Cass. n. 24048 del 2021; Cass. n. 23834 del 2019); tale principio impone di modulare il ricorso per cassazione, secondo criteri di sinteticità e chiarezza, in modo da mettere il giudice di legittimità nelle condizioni di comprendere il contenuto delle censure e di poter decidere senza dover scrutinare autonomamente gli atti di causa; dunque, occorre pur sempre che all’interno del ricorso siano richiamati, sia pure in termini essenziali e per la parte d’interesse, gli atti ed i documenti sottesi alle censure svolte (Cass, n. 2022 n. 8117).
3.2.1. La contribuente riporta l’intera statuizione dei primi giudici sul punto: « In ordine alla prima eccezione circa la violazione degli artt. 31 del D.p.r. n.600/1973 e dell’art. 51 D.p.r. n.633/1972, il
Collegio ritiene che la stessa vada accolta. Invero è rimasta provata la mancata adozione del provvedimento di avvio del controllo (anteriormente all’adozione della lettera d’incarico) con un chiaro e conseguenziale eccesso di potere in ordine alla concreta individuazione della ricorrente come soggetto da verificare. A ciò si aggiunga che come eccepito dalla stessa parte ricorrente, dal processo verbale di accesso e di richiesta di documenti risulta che la lettera di incarico non è stata allegata né consegnata alla contribuente. In effetti tale provvedimento è stato depositato solo in sede contenziosa e, quindi, solo in questa sede la contribuente ha potuto conoscere le ragioni dell’incarico e della verifica effettuata. Tali omissioni senza ombra di dubbio hanno violato il principio di trasparenza e di legalità che devono regolare l’attività di avvio e di selezione del contribuente da sottoporre a verifica» . Invece trascrive solo uno stralcio del motivo di gravame dell’Ufficio ( «Solamente in sede contenziosa tributaria la parte ha lamentato la mancata consegna del provvedimento di incarico, ma non ha contestato con querela di falso quanto verbalizzato sia nel processo verbale di accesso sia nel processo verbale di constatazione. Si ribadisce che la mancata consegna del provvedimento di incarico non comporta una lesione del diritto di difesa del contribuente né una lesione delle garanzie previste a suo favore.:.»), insufficiente ed inidoneo a dar conto in termini esaustivi del senso e della portata di quel motivo d’appello, che oltretutto faceva riferimento ad altri atti (processo verbale d’accesso e PVC) che non sono stati riportati nel motivo di ricorso incidentale neppure per sintesi contenutistica (Cass. n. 6769 del 2022).
3.3. In ogni caso la doglianza appare infondata.
3.3.1. Va considerato che nel processo tributario la regola di specificità dei motivi, prevista dall’art. 53, comma 1, del d.lgs. n. 546/1992, trova una interpretazione restrittiva al fine di consentirsi, ogni qual volta nell’atto sia comunque espressa la
volontà di contestare la decisione di primo grado, l’effettività del sindacato sul merito dell’impugnazione (tra le tante, Cass., nn. 6850 e 6852 del 2021; Cass., n. 15519 del 2020; Cass., nn. 14562 e 14582 del 2021; Cass., n. 14873 del 2021). A questa stregua deve escludersi vi sia stata acquiescenza dell’appellante ad una parte di quel capo di sentenza, risultando invece che l’Agenzia ha inteso aggredire quella decisione nella sua interezza, come si desume dalla rubrica del gravame che ha lo stesso titolo del motivo di ricorso accolto (« Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 31 del D.P.R. n. 600/73 e dell’art. 51 del D.P.R. n. 633/72» ), dalla contestazione in termini generali delle affermazioni del giudice di prime cure « in quanto del tutto illegittime e non rispondenti ai principi vigenti in materia di controllo fiscale mediante attività di ispezione e verifica», dal riferimento al PVC e al verbale d’accesso al fine di dimostrare l’osservanza delle norme procedimentali asseritamente violate. D’altro canto, secondo questa Corte, la formazione della cosa giudicata su un capo della sentenza per mancata impugnazione può verificarsi solo con riferimento ai capi che siano completamente autonomi perché fondati su distinti presupposti di fatto e di diritto (Cass. n. 12649 del 2020.
E’ infondato anche il ricorso principale dell’Agenzia.
4.1. Con l’unico motivo di ricorso principale, l’Agenzia lamenta violazione o falsa applicazione dell’art. 10, comma 9, d.l. 6.12.2011, n. 201, con riferimento alla statuizione del giudice di primo grado con la quale era stato accolto il secondo motivo di ricorso della contribuente RAGIONE_SOCIALE. Il provento di € 438.889,00, derivante da ripetizione di indebito riconosciuto da titolo giudiziale per pagamenti effettuati a favore di istituto di credito per interessi anatocistici, venne indicato dalla contribuente al rigo F02 -altri proventi considerati ricavi . L’Amministrazione finanziaria contesta tale allocazione, affermando che, invece, « gli interessi anatocistici rappresentano una componente straordinaria per il carattere
sopravvenuto del fatto generatore del componente positivo del reddito, perché non conosciuto, n é conoscibile in precedenza nella sua esistenza e/o nel suo esatto ammontare, essendo collegato all’esito incerto di un giudizio civile in corso». Il fatto generatore del componente positivo del reddito ha, quindi, un «carattere sopravvenuto (..) che per ciò stesso lo colloca al di fuori della gestione caratteristica o ordinaria della società».
4.2. Non è dubitabile che la ripetizione di somme indebitamente versate per interessi passivi non dovuti rientri fra le sopravvenienze attive di cui all’art. 88, d.P.R. n. 917/1986. Tale inquadramento non è in contestazione e del resto, esso è conforme alla nozione che si dà di tale componente attiva del reddito di impresa. Tale restituzione, infatti, costituisce una sopravvenuta insussistenza di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi, le quali assumono, pertanto, una connotazione attiva nell’esercizio in cui esse emergono in bilancio ed acquistano certezza, con conseguente assoggettamento ad imposizione (Cass. n. 24580 del 2022; Cass. n. 1508 del 2020; Cass. n. 12436 del 2011).
4.3. Ciò posto, ai fini in esame, cioè ai fini della valutazione della congruità e coerenza secondo studio di settore, sono da considerarsi non rilevanti quelle voci che derivino da eventi economici straordinari e, come tali, estranei alla gestione caratteristica dell’impresa (Cass. n. 7642 del 2017). Ma questa categoria non si identifica con quella delle sopravvenienze attive perché tra queste ultime devono essere comunque prese in considerazione « le voci che normalmente connotano in modo sintomatico ed ordinario la specifica attività» (Cass. n. 7642 del 2017, in motivazione, § 2.6.).
4.4. La voce in esame costituisce componente del reddito di impresa da porsi in relazione immediata e diretta con passività relative ai precedenti periodi di imposta, qualificabili come interessi passivi (art. 96, d.P.R. n. 917/1986). Tali interessi passivi non
possono essere considerati oneri straordinari gravanti sull’impresa, posto che il loro sostenimento costituisce un peso tipico dell’attività imprenditoriale; alla medesima conclusione deve giungersi per la posta, del tutto speculare, conseguente alla loro ripetizione, una volta riconosciutone il carattere indebito, anche se derivante da riconoscimento giudiziale. La ripetizione di quelle somme risulta, quindi, legata in via immediata e diretta alla passività precedentemente sostenuta nell’esercizio dell’attività imprenditoriale.
Conclusivamente, rigettati entrambi i ricorsi, sussistono i presupposti per la compensazione delle spese.
p.q.m.
rigetta entrambi i ricorsi; compensa le spese;
ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 26/09/2024.