Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18713 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18713 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9361/2021 proposto da
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege, dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma è domiciliata alla INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale allegata al ricorso, dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME con domicilio digitale indicato in ricorso;
-controricorrente e ricorrente incidentale –
Avverso la sentenza della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA CAMPANIA n. 4735/19/2020, depositata in data 15/10/2020;
AVVISO DI ACCERTAMENTO IRES E IRAP 2012/13.
Udita la relazione della causa svolta dal consigliere dott. NOME COGNOME nella camera di consiglio del 21 marzo 2025;
Fatti di causa
All’esito di una verifica fiscale, ai fini delle imposte dirette e dell’Iva, eseguita nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE per l’anno d’imposta 2012 ( d’ora in avanti, anche ‘la società’ o ‘la contribuente’ ), l’Agenzia delle Entrate notificò alla società un avviso di accertamento per la ripresa di maggiori imposte ai fini Ires, Irap e Iva.
Inoltre, con un altro avviso di accertamento, recuperò il costo di euro 177.303 ,79, indebitamente contabilizzato in violazione dell’art. 109 Tuir, perché non certo nell’esistenza.
Impugnati entrambi gli avvisi di accertamento, la C.T.P. di Napoli, previa riunione dei ricorsi, accolse in parte alcune censure mosse all’avviso relativo al 2012, omettendo di pronunciarsi sull’accertamento relativo al 2013.
La sentenza fu appellata sia dall’Agenzia delle Entrate che dalla società.
La C.T.R. della Campania accolse in parte l’appello principale dell’Agenzia, rigettando l’appello incidentale della società.
Avverso la sentenza di appello, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione in due motivi.
Resiste con controricorso la società, che propone ricorso incidentale in due motivi.
Il Sostituto Procuratore Generale, nella persona del dott. NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte, chiedendo l’accoglimento del primo motivo del ricorso principale e del secondo motivo del ricorso incidentale, ed il rigetto nel resto.
La società ha depositato una memoria difensiva ai sensi dell’art. 380 bis.1. c.p.c.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo del ricorso principale, rubricato ‘Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 109 Tuir, 5 e 11 del d.lgs. n. 446 del 1997 e 2697 c.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.’ , l’Agenzia delle Entrate censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha riconosciuto l’inerenza dei costi sostenuti per la produzione del reddito d’impresa.
In particolare, la sentenza impugnata ha ritenuto che l’acquisto di materiale informatico relativo alla costruzione e all’assemblaggio di componenti navali fosse funzionale non solo al perseguimento dell’oggetto sociale delle altre società del gruppo RAGIONE_SOCIALE, ma anche al perseguimento dell’oggetto sociale della odierna società contribuente, che tali componenti si limitava a vendere.
Nel caso di specie, la C.T.R. ha ritenuto di seguire una nozione ampia di inerenza, nel quale rientrerebbero anche ‘ i costi relativi a iniziative che si collocano in un nesso di programmatica, futura o potenziale proiezione dell’attività imprenditoriale, senza che sia necessario verificarne la correlazione con i ricavi dell’impresa, né valutarne la congruità ‘ .
Con un secondo profilo dello stesso motivo, l’Agenzia delle Entrate censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto non antieconomici i costi sostenuti dalla odierna contribuente per l’acquisto del materiale informatico e dedotti dalla base imponibile.
1.1. Il motivo è nel suo complesso inammissibile.
La C.T.R. al punto 3 della parte motiva, ha affermato che ‘l’integrazione e l’interazione dei ruoli di s.p.a. COGNOME e di COGNOME RAGIONE_SOCIALE sarl, evidenziate dalla stessa Agenzia, sostanziano il collegamento, oltre che genetico, altresì funzionale delle rispettive attività, di modo che i beni strumentali all ‘esercizio delle attività di
costruzione delle tr avi sono strumentali altresì all’esercizio dell’attività d’impresa di commercializzazione di ess e ‘ .
Con riferimento al profilo dell’antieconomicità dei costi, la C.T.R. ha osservato che ‘l’antieconomicità della spesa, che investe la congruità dei costi, è a tal fine irrilevante, a meno che non sia talmente macroscopica da indurre a ritenere che i costi, in realtà, siano fittizi. Ma, nel caso in esame, l’Agenzia non giunge ad allegare, alm eno con chiarezza, la fittizietà dei costi’ .
Deve rilevarsi che su altra ma analoga sentenza della C.T.R. questa Corte (come ha segnalato anche la odierna contribuente nella memoria difensiva depositata) si è già pronunciata (ord. n. 26260/2022) affermando che l ‘analoga censura dell’Ufficio impingeva nel merito delle valutazioni di fatto operate dal giudice di appello, che aveva ritenuto che gli analoghi costi sostenuti dalla contribuente nella diversa annualità d’imposta rientravano comunque nel suo oggetto sociale, sebbene interpretato in un’ottica funzionale e programmatica.
Ne consegue che, anche a salvaguardia della funzione nomofilattica di questa Corte Suprema, la censura in esame deve avere la stessa sorte di quella, analoga, proposta contro la sentenza della C.T.R. della Campania n. 2937/01/21, depositata in data 6/4/2021.
L’inammissibilità d el profilo di censura relativo all’antieconomicità dei costi sostenuti, d’altro canto, deriva dalla circostanza che la C.T.R. ha valutato non provata la fittizietà dei costi in questione, i quali, d’altronde, sono stati ritenuti giustificati , in applicazione di una nozione ampia di inerenza.
2. Con il secondo motivo del ricorso principale, rubricato ‘ Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 88 Tuir in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.’ , l’Agenzia delle Entrate censura la sentenza impugnata nella parte in cui la sentenza impugnata non ha accolto interamente il motivo dell’appello principale, proposto dall’Ufficio, fondato sulla
inesistenza dei debiti da locazione immobiliare in capo alla odierna contribuente.
2.1. Il motivo è inammissibile.
Non si comprende per quale motivo, ‘a prescindere dalla questione della prescrizione’ , la società avrebbe dovuto produrre documentazione per attestare l’interesse del creditore (locatore) ad escutere il debito.
Un debito per canoni di locazione o esiste o non esiste, e se esiste, per essere rappresentato in bilancio, non è necessario che il debitore dimostri l’interesse del creditore ad escuterlo.
Può ora passarsi all’esame del ricorso della società.
Con il primo motivo del ricorso incidentale, rubricato ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 88 Tuir e degli artt. 5 e 11 del d.lgs. n. 446 del 1997, dell’art. 2940 c.c. (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.). Omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.)’ , la società contribuente censura la sentenza impugnata nella parte in cui, qualificando come sopravvenienza attiva l’intervenuta prescrizione estintiva dei debiti da locazione immobiliare, compiutasi al 2012, non ha tenuto conto del fatto che nel 2016 quei debiti, ritenuti prescritti, erano stati in parte pagati, riducendo così la sopravvenienza attiva verificatasi nel patrimonio sociale.
3.1. Il motivo è infondato.
Ai sensi dell’art. 88 , comma 1, Tuir, genera sopravvenienze attive ‘la sopravvenuta insussistenza di spese, perdite od oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi’.
Orbene, deve affermarsi che il compiersi del termine della prescrizione estintiva genera la sopravvenuta insussistenza di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi, e dunque anche dei debiti da locazione immobiliare.
L’eventuale pagamento del debito prescritto, avvenuto anni dopo il compiersi della prescrizione estintiva, ed ammesso che in capo al solvens possa riconoscersi un interesse economico, e dunque giuridicamente rilevante, a tale pagamento, può generare a sua volta una sopravvenienza passiva ai sensi dell’art. 101, comma 4, Tuir ( ‘Si considerano sopravvenienze passive…la sopravvenuta insussistenza di attività iscritte in bilancio in precedenti esercizi diverse da quelle di cui all’art. 87’ ).
Ne consegue che, in relazione all’annualità oggetto di verifica, è irrilevante che nel 2016 la società odierna contribuente abbia pagato in parte il debito da locazione prescritto.
Con il secondo motivo di ricorso incidentale, rubricato ‘Violazione e falsa applicazione degli artt. 85, 92 e 110, comma 8, Tuir, dell’art. 5 del d.lgs. n. 446 del 1997 e dell’art. 21 del d.P.R. n. 633 del 1972 Tuir (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.). Omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.) ‘ , la società si duole che la sentenza abbia erroneamente ritenuto ‘gonfiato’ il magazzino alla data del 31/12/2012.
La doglianza si fonda sulla circostanza che già con il ricorso originario la società aveva rappresentato che essa aveva giacenze di magazzino nello stabilimento di INDIRIZZO a Napoli.
Le merci costituenti tali giacenze furono trasferite da Napoli a Nola quando fu chiuso lo stabilimento di INDIRIZZO
Tali merci, costituenti giacenze di magazzino ancora esistenti al 31/12/2012, risalivano al 2003, come attestato dai relativi documenti di trasporto.
Nell’omettere di considerare tali merci, l’Agenzia delle Entrate non solo avrebbe avuto una falsa rappresentazione del magazzino al 31/12/2012, ma avrebbe anche illegittimamente disconosciuto i costi ‘in sospeso’ con riferimento alle reali consistenze di magazzino
all’1/1/2013, costi che i verificatori avrebbero dovuto mettere in relazione a ricavi conseguiti dalla società nel 2017 e nel 2018, ed utilizzati in deduzione della base imponibile degli anni 2017 e 2018.
La reale composizione del magazzino alla data del 31/12/2012 e alla data dell’1/1/2013 non sarebbe stata esaminata dalla C.T.R., e si tratterebbe di un fatto decisivo su cui vi era stata discussione tra le parti.
4.1. Il motivo è fondato.
Le deduzioni assertive e probatorie relative alle giacenze di magazzino delle due annualità d’imposta consecutive del 2012 e del 2013 non risultano essere state esaminate nella sentenza impugnata, nonostante che la società odierna contribuente avesse posto la questione della dimensione effettiva del magazzino sin dal primo grado di giudizio.
Sul punto la sentenza deve essere cassata con rinvio alla C.G.T. di secondo grado della Campania che, in diversa composizione, procederà al riesame degli atti processuali e a verificare, sulla scorta delle deduzioni in fatto e delle prove documentali prodotte, la reale consistenza delle giacenze finali e iniziali di magazzino con riferimento agli anni 2012 e 2013.
5. In conclusione, il ricorso principale è inammissibile.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Il ricorso incidentale è fondato con riferimento al secondo motivo, mentre il primo motivo è infondato.
La sentenza impugnata è cassata in relazione al secondo motivo del ricorso incidentale della società e la causa è rinviata, per nuovo esame, alla C.G.T. di secondo grado della Campania, che, in diversa composizione, regolerà anche le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso principale dell’Agenzia delle Entrate.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Accoglie il secondo motivo del ricorso incidentale della società, rigettato il primo.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 21 marzo 2025.