Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2517 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 2517 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/01/2024
RAGIONE_SOCIALE. RAGIONE_SOCIALE. RAGIONE_SOCIALE–
IRAP 2006
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 13500/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso lo studio legale di quest’ultimo sito in Roma, INDIRIZZO.
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in INDIRIZZO, INDIRIZZO rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE.
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMM. TRIB. REG. EMILIA-ROMAGNA n. 3427/03/2016, depositata in data 01 dicembre 2016.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 17 novembre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
Dato atto che il AVV_NOTAIO ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA:
RAGIONE_SOCIALE, con invito n. NUMERO_DOCUMENTO, veniva sollecitata dall’RAGIONE_SOCIALE all’adesione sulla base degli studi di settore o, in alternativa, all’esibizione della documentazione contabile; la società, a seguito di tre distinti contraddittori, dopo aver rifiutato l’invito all’adesione, riceveva notifica dell’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, relativo ad RAGIONE_SOCIALE, IRAP ed altro per l’anno d’imposta 2006 afferente la mancata rilevazione, per il 2006, di una sopravvenienza attiva per complessivi € 3.137.532,76.
Avverso l’avviso di accertamento, la società contribuente proponeva ricorso dinanzi la C.t.p. di Parma e resisteva l’Ufficio con controdeduzioni.
La C.t.p. di Parma, con sentenza n. 62/07/2013, accoglieva il ricorso, ritenendo fondata l’eccezione formulata in via preliminare di carenza di motivazione dell’atto impugnato, conseguentemente annullandolo interamente e compensando le spese di lite.
Contro la sentenza proponeva appello l’Ufficio dinanzi la C.t.r. dell’Emilia RAGIONE_SOCIALERomagna e resisteva la società contribuente con controdeduzioni, spiegando altresì appello incidentale. Nelle more del giudizio di secondo grado, interveniva il fallimento della società contribuente e si costituiva in giudizio la Curatela fallimentare.
Con sentenza n. 3427/03/2016, depositata in data 1° dicembre 2016, la C.t.r. adita accoglieva il gravame principale condannando la parte soccombente alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese di lite.
Avverso la sentenza della C.t.r. della Emilia-Romagna, la Curatela fallimentare ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
L’ufficio ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella pubblica udienza del 17 novembre 2023 per la quale la Curatela fallimentare ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE:
Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 12 della l. 27 luglio 2000, n. 212 (c.d. Statuto dei diritti del contribuente) e del principio dell’obbligatorietà del contraddittorio endo-procedimentale, così come elaborato dalla giurisprudenza (in relazione all’ art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. e all’art. 62, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546) » la ricorrente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto che per un accertamento ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi ed IRAP emesso a seguito di una verifica effettuata presso l’RAGIONE_SOCIALE non sia applicabile il principio del contraddittorio.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 109, primo comma, d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 e del principio dell’ottemperanza o, anche meglio, dell’imputazione a periodo (in relazione art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. e dell’art. 62, d.lgs. n. 546 del 1992) » la ricorrente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r . ha ritenuto corretto l’avviso di accertamento che contesta alla società contribuente un’asserita sopravvenienza attiva a fronte di debiti iscritti a bilancio negli esercizi precedenti in assenza di qualsivoglia elemento che consenta di riferire all’esercizio oggetto di accertamento la certezza in merito all’esistenza di tale posta.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione o falsa applicazione dell’art. 15, comma primo, d.lgs. n. 546 del 1992 (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. e dell’art. 62, d.lgs. n. 546 del 1992)» la ricorrente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha condannato la società contribuente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese di
lite, ingiustamente gravando il Fallimento per un’azione della società in bonis , unica parte del giudizio di primo grado e che si era costituita e difesa in secondo grado prima dell’apertura della procedura concorsuale.
Il primo motivo è infondato.
Le Sezioni Unite di questa Corte, nella pronunzia n.24823 del 9 dicembre 2015, hanno affermato il principio per cui, in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, non sussiste per l’Amministrazione finanziaria alcun obbligo di contraddittorio endoprocedimentale per gli accertamenti ai fini IRPEG ed IRAP, assoggettati esclusivamente alla normativa nazionale, vertendosi in ambito di indagini cd. “a tavolino”. Ciò diversamente per quanto accade per l’IVA avendo la richiamata pronuncia affermato, per gli accertamenti compiuti senza accesso nei locali del contribuente, l’obbligo di contraddittorio preventivo con riguardo ai tributi armonizzati, nascente dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, facendone discendere l’invalidità dell’accertamento nel solo caso in cui il contribuente non abbia fornito, sempre in linea con le indicazioni provenienti dalla Corte di giustizia, la c.d. prova di resistenza, concernente gli elementi che il contribuente medesimo avrebbe potuto prospettare prima dell’accertamento emesso a suo carico e che avrebbero potuto indurre l’amministrazione ad un diverso avviso.
Il secondo motivo ossia quello con cui si censura, con la violazione di legge, la ritenuta correttezza dell’avviso di accertamento che contesta alla società contribuente un’asserita sopravvenienza attiva a fronte di debiti iscritti a bilancio negli esercizi precedenti in assenza di elementi che consentano di riferire all’esercizio oggetto di accertamento la certezza in merito all’esistenza di tale posta, è infondato.
3.1. Il rilievo in argomento riguarda passività iscritte a bilancio, originate da costi dedotti negli anni precedenti, avendo l’Agenzi a
accertato, a carico del periodo d’imposta 2006, una sopravvenienza attiva per insussistenza di passività, peraltro non rilevata in bilancio
3.2. In tema di imposte sui redditi d’impresa, la sopravvenuta insussistenza di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi, che costituisce sopravvenienza attiva, ai sensi dell’art. 55, comma 1, del d.P.R. n. 917 del 1986, si realizza in tutti i casi in cui, per qualsiasi ragione, e dunque indipendentemente dal sopraggiungere di eventi gestionali straordinari o comunque imprevedibili, una posizione debitoria, già annotata come tale, debba ritenersi cessata, ed assuma quindi in bilancio una connotazione attiva, come liberazione di riserve, con il conseguente assoggettamento ad imposizione, in riferimento all’esercizio in cui tale posta attiva emerge in bilancio ed acquista certezza (Cass. 23/01/2020, n. 1508) . Ancora, Ordinanza n. 20608/2023: ‘Da un punto di vista giuridico, la giurisprudenza di questa Suprema Corte è ferma nell’affermazione che una sopravvenienza attiva (e tale deve considerarsi anche il venir meno di un costo contabilmente rappresentato da uno storno di fattura o dall’emissione di una nota di credito) deve essere assoggettata ad imposizione in riferimento all’esercizio in cui la posta attiva acquista certezza (Cass. 09/02/2023, n. 3901; Cass. 09/08/2022, n. 24580; Cass. 23/01/2020, n. 1508; Cass. 22/09/2006, n. 20543). Non rileva, dunque, il momento in cui l’eliminazione della posta passiva sia stata contabilmente annotata, perché se così fosse si renderebbe derogabile il principio della imputazione per competenza; rileva il momento in cui si è acquisita la giuridica certezza della inesistenza della posta passiva, e cioè il momento in cui si è verificato il fatto di gestione che ha prodotto il venir meno della posta passiva’ (Cass. 17/07/2023, n. 20608).
3.3. Nella fattispecie in esame, la RAGIONE_SOCIALE.t.rRAGIONE_SOCIALE ha fatto buon governo dei superiori principi allorquando ha rilevato, su impulso
processuale dell’Ufficio, l’inosservanza dei principi di corretta contabilizzazione, da parte della società contribuente, con riferimento, in particolare, all’omessa indicazione, nelle note integrative al bilancio, dei criteri applicati nelle valutazioni, nelle rettifiche di valore, nella conversione dei valori non espressi all’origine in moneta avente corso legale nello RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE variazioni intervenute nella consistenza RAGIONE_SOCIALE voci del passivo con conseguente violazione dell’obbligo di informativa su tali voci .
3.4. Sotto questo profilo, la tesi esposta in memoria dalla Curatela secondo cui, in ossequio al principio di competenza una sopravvenienza attiva è imponibile (e accertabile) solo nell’esercizio in cui ricorra, alternativamente, l’emersione in bilancio cioè la rilevazione contabile della sopravvenienza per insussistenza di passività e la sua conseguente esposizione nel bilancio d’esercizio, secondo la determinazione insindacabile degli amministratori ovvero l’acquisizione della giuridica certezza della inesistenza della posta passiva ossia che che essa consegua in modo oggettivo ed incontrovertibile, da atti e fatti giuridicamente rilevanti, è smentito proprio dagli invocati orientamenti giurisprudenziali in tema di sopravvenienza attiva rilevante ai sensi dell’art. 88 (già 55) TUIR.
3.5. La tesi, laddove incentrata sulla necessità dell’annotazione in bilancio della posta attiva, quale condizione necessaria e sufficiente per l’esercizio della potestà accertativa dell’ufficio ex art. 88 TUIR, finisce, infatti, per lasciare il contribuente – cui appunto detta annotazione compete arbitro dell’emersione della sopravvenienza, rimettendogli, in sostanza, la scelta del periodo di imposta a lui più conveniente in cui renderne possibile all’ufficio il recupero a tassazione. In questo quadro, va, dunque, inteso il corretto richiamo ai principi giurisprudenziali richiamati in virtù del quale occorre fare riferimento unicamente al criterio di ‘emersione’ della sopravvenienza attiva, per cui tale componente può essere legittimamente recuperato a tassazione nell’esercizio in cui lo
stesso si sia palesato e se ne siano accertati i presupposti. L’applicazione di tali principi al caso di specie conduce a riaffermare la coincidenza di tale periodo con l’anno 2006, oggetto del controllo fiscale, in cui, appunto, mercè l’avviso impugnato in prime cure e integralmente riprodotto nell’avverso ricorso, l’ Ufficio ha recuperato a tassazione costi non riconosciuti, in quanto non documentati e/ o inesistenti, con la conseguente insussistenza della denunciata violazione dell’art. 109 TUIR. E’ pacifico che la sopravvenienza in questione non è stata rilevata in bilancio con riferimento all’esercizio in accertamento e che non è stato mai nemmeno dedotto alcun atto o fatto a seguito del quale possa dirsi acquisita, nell’anno 2006, la certezza giuridica dell’inesistenza della passività ; né è corretto affermare che l’ Ufficio ha recuperato a tassazione costi non riconosciuti, in quanto non documentati e/o inesistenti in quanto l’avviso impugnato ha accertato una sopravvenienza attiva imponibile per l’ipotizzata non sussistenza del debito originato da costi contabilizzati in esercizi precedenti e considerati dall’RAGIONE_SOCIALE come non documentati e/o inesistenti.
Il terzo motivo è inammissibile.
In materia di spese giudiziali, il sindacato di legittimità trova ingresso nella sola ipotesi in cui il giudice di merito abbia violato il principio della soccombenza ponendo le spese a carico della parte risultata totalmente vittoriosa (Cass. 31/08/2020, n. 18128).
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio seguono il criterio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente alla refusione RAGIONE_SOCIALE spese processuali che si liquidano in € 10.000,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, nella misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis del medesimo art. 13, se dovuto. Così deciso nella pubblica udienza del 17 novembre 2023.