Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3682 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 3682 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’Avvocatura Generale dello Stato, e domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma;
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE in fallimento, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale stesa a margine del ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME del Foro di Bari che ha indicato recapito Pec, avendo la controricorrente dichiarato di eleggere domicilio presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME, alla INDIRIZZO in Roma;
-controricorrente – e contro
RAGIONE_SOCIALE in concordato preventivo;
Oggetto: Ires, Iva ed Irap 2007 Consolidante e consolidata -Prestito infragruppo – Contestata inesistenza – Violazione art. 88 Tuir – Sopravvenienza attiva Non sussiste.
avverso
la sentenza n. 1659, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale della Puglia il 6.7.2015, e pubblicata il 13.7.2015; raccolte le conclusioni del P.M., s.Procuratore Generale NOME COGNOME che ha confermato la propria richiesta di rigettare il ascoltata la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; ricorso;
ascoltate le conclusioni rassegnate, per la ricorrente, dall’Avv.to dello Stato NOME COGNOME che ha domandato l’accoglimento del ricorso, nessuno essendo comparso per la controricorrente;
la Corte osserva:
Fatti di causa
1. Le società RAGIONE_SOCIALE (capogruppo e controllante) ed RAGIONE_SOCIALE (controllata) operavano nell’anno 2007 applicando il regime di tassazione del consolidato nazionale. L’Agenzia delle Entrate contestava, per quanto ancora di interesse, un preteso finanziamento infragruppo infruttifero, concesso dalla società controllante alla controllata per oltre quattro milioni di Euro. Nella tesi dell’Amministrazione finanziaria il finanziamento risultava non provato e perciò da considerarsi inesistente. In conseguenza si risolveva in una sopravvenienza attiva, ai sensi dell’art. 88 Tuir, nei confronti della RAGIONE_SOCIALE conseguendone maggiore Ires per 1.451.912,00, oltre sanzioni ed interessi, che provvedeva a richiedere con avviso di accertamento n. TVF080205959/2012. In relazione alla medesima operazione commerciale recuperava nei confronti della RAGIONE_SOCIALE maggiori Irap (Euro 186.824,00) ed Iva (Euro 2.780,00), oltre sanzioni ed interessi, che richiedeva con l’avviso di accertamento n. TVF030206215/2012. In sostanza l’Ente impositore riteneva che l’intera operazione di mutuo dovesse ritenersi inesistente, e
considerava una sopravvenienza attiva conseguita nel 2007 tutte le somme dichiarate come versate per il prestito fino all’anno 2005.
Le società proponevano separate impugnazioni avverso gli atti impositivi, innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Bari, introducendo plurime censure procedimentali e di merito, contestando anche l’insussistenza di una sopravvenienza attiva imponibile e l’indeducibilità di taluni costi. La CTP, riuniti i ricorsi, valutava parzialmente fondate le difese proposte dalle ricorrenti, reputando che tra le società si fosse conclusa un’operazione commerciale effettiva. In conseguenza annullava la ripresa a tassazione relativa alla sopravvenienza attiva.
L’Amministrazione finanziaria spiegava appello avverso la decisione assunta dai giudici di primo grado con riferimento alla sopravvenienza attiva, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Puglia, rinnovando i propri argomenti, mentre le società proponevano ricorso incidentale in relazione ai costi ritenuti indeducibili. La CTR riteneva anch’essa che risultasse provata l’effettività dell’operazione di prestito peraltro conclusasi con la mancata restituzione del mutuo, che però era risultata acclarata solo nel 2012, in sede di istruttoria relativa al concordato preventivo della controllata debitrice, e non nell’anno 2007 in cui l’Amministrazione finanziaria ha contestato la sopravvenienza attiva in questo giudizio. In conseguenza confermava l’annullamento degli atti impositivi sul punto, come pure rigettava l’appello incidentale.
Avverso la decisione adottata dal giudice dell’appello ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidandosi ad uno strumento di impugnazione. Resiste mediante controricorso la RAGIONE_SOCIALE, che ha pure depositato memoria. La RAGIONE_SOCIALE ha ricevuto la notificazione del ricorso presso il legale rappresentante, che lo ha ritirato il 18.2.2016, ma non ha svolto difese nel giudizio di legittimità.
4.1. Il Pubblico Ministero, in persona del s.Procuratore Generale NOME COGNOME ha fatto pervenire le proprie conclusioni scritte, con le quali ha domandato rigettarsi il ricorso.
Ragioni della decisione
Con il suo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., l’Amministrazione finanziaria contesta la violazione dell’art. 88 del Dpr n. 917 del 1986 (Tuir), nonché degli artt. 2727, 2729 e 2697 cod. civ., per avere la CTR erroneamente ritenuto l’effettività dei finanziamenti infruttiferi asseritamente erogati dalla società controllante, senza specificamente esaminare gli elementi di prova assicurati al giudizio.
Occorre preliminarmente rilevare che risulta infondata la critica di inammissibilità del ricorso proposta dalla controricorrente, la quale ritiene che l’Ente impositore intenda in realtà domandare la rinnovazione del giudizio sul fatto processuale. L’Agenzia delle Entrate pone in realtà una questione di diritto, in ordine alla corretta applicazione delle regole che assistono la prova presuntiva e quindi relativa all’applicabilità alla vicenda in esame dell’art. 88 del Tuir, pertanto una questione di diritto, ed il suo motivo di impugnazione non è inammissibile, ma occorre naturalmente valutare se sia anche fondato.
Mediante il suo strumento di impugnazione l’Agenzia delle Entrate censura la violazione di legge in cui ritiene essere incorso il giudice dell’appello, per non aver ritenuto accertata l’inesistenza dell’operazione di mutuo che sarebbe intercorsa tra le due società, con la conseguenza che, nell’anno 2007, doveva ritenersi formata la plusvalenza attiva di oltre quattro milioni di Euro in favore della RAGIONE_SOCIALE, che però non era stata dichiarata e doveva perciò essere recuperata a tassazione ai sensi dell’art. 88 del Tuir.
L’Amministrazione finanziaria invoca a fondamento dei propri argomenti la mancata previsione della conclusione del mutuo con delibera assembleare, la mancanza di un patto scritto tra le parti, la singolarità della natura infruttifera del finanziamento ed altro. In conseguenza di tali assicurati elementi, sostiene l’Amministrazione finanziaria, sono le contribuenti che avrebbero dovuto assicurare la prova dell’effettività dell’operazione finanziaria.
3.1. A sua volta la controricorrente sostiene che la CTR non si è limitata ad affermare che difettava la prova dell’inesistenza del mutuo, ma ha affermato a chiare lettere che l’effettività dello stesso risultava provata.
La valutazione espressa dalla CTR, che ha ritenuto inapplicabile nella vicenda in esame il disposto di cui all’art. 88 del Tuir appare corretta, anche se risulta necessario procedere a qualche rettifica della motivazione.
4.1. L’art. 88 del Dpr n. 917 del 1986 (Tuir), nella versione applicabile, dispone: ‘ 1. Si considerano sopravvenienze attive i ricavi o altri proventi conseguiti a fronte di spese, perdite od oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi e i ricavi o altri proventi conseguiti per ammontare superiore a quello che ha concorso a formare il reddito in precedenti esercizi, nonché la sopravvenuta insussistenza di spese, perdite od oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi ‘. Pertanto, come attentamente rilevato dal Pubblico Ministero richiamando la giurisprudenza di questa Corte di legittimità, la contestabilità di una sopravvenienza attiva ai sensi dell’art. 88, primo comma, del Tuir presuppone l’iscrizione in bilancio di una posta passiva reale ed effettiva in anni precedenti, ed il successivo venir meno della passività a seguito di un evento verificatosi in anno successivo. Nel caso di specie l’Agenzia delle Entrate ha contestato l’inesistenza della posta passiva, ed ha ritenuto di poterla considerare una sopravvenienza attiva ai sensi dell’art. 88 in anno successivo,
peraltro in periodo d’imposta che non è il primo in cui si sarebbe manifestata.
4.1.1. Questa Corte regolatrice ha già avuto occasione di specificare in proposito, pronunciando in vicenda analoga e proponendo un indirizzo interpretativo condivisibile ed al quale si intende pertanto assicurare continuità, che ‘la CTR ha fatto erronea applicazione della nozione di sopravvenienza attiva disciplinata dall’art. 88 (già art. 55) D.P.R. 22.12.1986 n. 917. Tale norma, invero, inserisce tra le sopravvenienze attive da dichiarare anche ‘la sopravvenuta insussistenza di spese, perdite od oneri dedotti o di passività iscritti in bilancio in precedenti esercizi’; dovendosi da tale definizione evincere che la sopravvenienza deve essere dichiarata (e tassata) nell’esercizio in cui si manifesta solo se la posta passiva sia stata già iscritta in precedenti bilanci e se la sua insussistenza sia sopravvenuta e non originaria, derivi cioè da eventi ulteriori che ne modifichino l’effettività, e non già, a contrario ‘, qualora ‘se ne rilevi l’originaria inesistenza soltanto in un momento successivo.
In tal senso il principio già affermato da questa Corte, ed al quale si intende dare continuità, per il quale non rientra tra le sopravvenienze attive l’accertamento sopravvenuto dell’insussistenza originaria di una posta passiva pure iscritta nel bilancio di un precedente esercizio (Cass. sez. V, 2.08.2017 n. 19219) ‘in quanto essa rileva al momento della sua eliminazione per decisione discrezionale del contribuente”.
Come questa Corte ha poi ripetutamente affermato in via più generale, il concetto di sopravvenienza attiva implica che una spesa, una perdita o una passività, già iscritta in bilancio, fosse reale ed esistente, e che successivamente, per qualsiasi ragione, prevedibile o imprevedibile, la sua operatività od effettività sia venuta meno, od anche che abbia subìto una variazione quantitativa favorevole al contribuente (si pensi all’impossibilità
sopravvenuta di una condizione, ovvero all’impossibilità sopravvenuta della prestazione, od anche ad una risoluzione del contratto o al recesso, che determinino in capo al contribuente un incremento della disponibilità finanziaria o patrimoniale) (cfr. Cass. sez. V 22.09.2006 n. 20543, che esamina pur sempre un’ipotesi di posta passiva effettivamente esistente all’origine; Cass. 23.02.2010 n.4297; parimenti per la speculare ipotesi di sopravvenienza passiva Cass. sez. V 30.12.2014 n. 27482).
A tale ambito concettuale si rivela estranea l’ipotesi di una posta passiva (spesa o perdita o qualsiasi altra passività) iscritta in un determinato bilancio, ancorché inesistente perché documentata da atti o fatture false materialmente o ideologicamente o giuridicamente non dotate dei requisiti formali per essere portate in deduzione: infatti in tal caso la circostanza che i bilanci degli esercizi successivi siano indirettamente influenzati dalla falsità o insussistenza della perdita o passività già iscritta nulla toglie al fatto oggettivo che gli effetti tributari della passività indebitamente iscritta si siano già realizzati in relazione all’esercizio in cui la perdita è stata rilevata (nel caso di specie contribuendo alla diminuzione del risultato d’esercizio imponibile)’, Cass. sez. V, 2020 n. 26316.
Risulta pertanto errata la stessa contestazione contenuta nell’avviso di accertamento impugnato, avendo l’Agenzia delle Entrate reputato di poter applicare l’art. 88 del Dpr n. 917 del 1986 nonostante avesse ritenuto che la RAGIONE_SOCIALE aveva contabilizzato, fino all’anno 2005, insussistenti componenti negative di reddito. Ne consegue che l’Ente impositore non avrebbe potuto applicare, per gli esercizi successivi, l’invocato art. 88 ma, se del caso, avrebbe dovuto procedere direttamente a contestare e dimostrare l’inesistenza o la fittizietà dei pagamenti eseguiti in relazione al debito originariamente inesistente. In conseguenza della riconosciuta illegittima applicazione dell’art. 88 TUIR, e
difettando alcuna motivazione idonea a sorreggere alternativamente la ripresa a tassazione effettuata dall’Agenzia, deve essere confermato l’annullamento degli avvisi di accertamento.
In definitiva il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate deve essere rigettato.
Le spese di lite seguono l’ordinario criterio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo, in considerazione della natura delle questioni esaminate e del valore della controversia.
6.1. Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere Amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
La Corte di Cassazione,
P.Q.M.
rigetta il ricorso proposto dall’ Agenzia delle Entrate , che condanna al pagamento delle spese processuali in favore della costituita controricorrente, e le liquida in complessivi Euro 15.000,00 per compensi, oltre 15% spese generali, Euro 200,00 per esborsi, ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 23.1.2025.