Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 11182 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 11182 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20702/2022 R.G. proposto da : CONSORZIO DI RAGIONE_SOCIALE COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO COGNOME INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME;
–COGNOME
avverso SENTENZA della COMM.TRIB.REG. CAMPANIA 4604/2022 depositata il 06/06/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con sentenza n. 4604/16/2022 la Commissione Tributaria Regionale della Campania rigettava appello proposto dal Consorzio di Bonifica del Sannio Alifano nei confronti di NOME COGNOME confermando la sentenza di primo grado che aveva annullato il
sollecito di pagamento n. 841 911 000 017841 relativo ai contributi di bonifica e di irrigazione anno 2019 e di ogni altro atto connesso o presupposto.
Contro detta sentenza propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi reiterati con successiva memoria, il Consorzio di Bonifica del Sannio Alifano.
Il contribuente è rimasto intimato.
CONSIDERATO CHE
1. con il primo motivo parte ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5. c.p.c., omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Assume che il fatto storico, la cui esistenza risultava dal testo della sentenza e dagli atti processuali, che non aveva costituito oggetto di discussione tra le parti e che ha altresì carattere decisivo, nel senso che, ove correttamente e compiutamente esaminato, avrebbe determinato un esito totalmente diverso della controversia afferiva al fatto che il Puca a pagina 2 del ricorso dinanzi alla C.T.P. di Caserta aveva testualmente dichiarato di avere acquisito, dopo la notifica del sollecito di pagamento, copia del previo avviso di pagamento del Consorzio, a seguito di formale richiesta di accesso agli atti, e di avere in tal guisa verificato (come si legge testualmente): ‘l’applicazione di un’aliquota pari a 0,0028286 €/mq. per il calcolo del contributo di bonifica e 0,0195806 €/mq. per il calcolo del contributo di manutenzione irrigua ‘. Dunque, per stessa ammissione del contribuente, di cui i Giudici di appello avevano dato atto in sentenza, l’acquisizione dell’avviso di pagamento, avvenuta prima dello spirare del termine per il ricorso avverso il successivo sollecito di pagamento, aveva consentito al predetto di avere contezza della pretesa impositiva consortile e di potere svolgere una difesa piena e tempestiva delle proprie ragioni e dei propri diritti e tutto questo a prescindere dalla eventuale incompletezza o dalla carente
motivazione del sollecito di pagamento. Da ciò l’illegittimità della sentenza impugnata che aveva omesso di esaminare un fatto rilevante, decisivo ed oggetto di discussione tra le parti.
Con il secondo deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 156 c.p.c. (applicabile in virtù del disposto dell’art.1 comma 2 del d.lgs. n.546/1992) assumendo che, tenuto conto di quanto dedotto con il primo motivo anche a ritenere sussistente una qualche carenza motivazionale del sollecito di pagamento, questa era stata colmata grazie all’acquisizione da parte del Puca dell’avviso di pagamento messo a disposizione del Consorzio prima della scadenza del termine per la formulazione del ricorso dinanzi alla C.T.P. di Caserta e, pertanto, l’atto impositivo aveva in tal guisa raggiunto il proprio scopo, consentendo al predetto contribuente di conoscere nel dettaglio le richieste del Consorzio e di svolgere, così, una contestazione tempestiva, compiuta, totale e punto per punto, sia nell’ an che nel quantum . Evidente era, a suo dire, la violazione e falsa applicazione dell’art. 156 ultimo comma c.p.c., pacificamente applicabile anche alla fattispecie in esame (come statuito dall’art.1 comma 2 del decreto legislativo n. 546/1992).
Il ricorso deve essere respinto per le ragioni appresso specificate.
Il primo motivo è inammissibile o, comunque, infondato.
Va osservato che i giudici di appello hanno così motivato ‘ Preliminarmente occorre confermare la sentenza di primo grado laddove afferma l’autonoma impugnabilità del sollecito di pagamento: l’atto deve infatti ritenersi impugnabile in quanto contiene tutti gli elementi dell’ingiunzione di pagamento. Quanto al dife tto di motivazione dell’atto va sottolineato che ‘il sollecito di pagamento’ impugnato non fornisce al contribuente alcun elemento circa la natura del contributo richiesto e sul ‘quantum debeatur’. Tale circostanza è sufficiente a confermare la sentenza di primo grado restando irrilevante che mediante il sollecito di pagamento il
Consorzio prevedesse la possibilità di richiedere informazioni relative e che il contribuente in sede di accesso ha preso atto dell’avviso di pagamento e degli atti sottesi. In mancanza di notificazione di atti prodromici l’atto risulta non adeguatamente m otivato e quindi insufficiente per mettere lo stesso contribuente nelle condizioni di potersi difendere adeguatamente. Infine, il sollecito di pagamento impugnato non fa alcun riferimento al Piano di Classifica vigente, né al perimetro di contribuenza in cui sarebbero inseriti i beni di proprietà del contribuente. ‘
Ne discende, quindi, che avendo i giudici territoriali ritenuto che rimaneva <> non appare configurabile alcun omesso esame di un fatto decisivo.
5. Il secondo motivo è infondato dovendosi dare seguito all’orientamento di questa Corte secondo cui, eccepito il difetto di motivazione dell’atto impositivo, non rileva che il contribuente si sia difeso anche nel merito, atteso che l’insufficienza motivazionale dell’atto impositivo, che ne giustifica l’annullamento, non può essere sanata, ex art. 156 c.p.c., per raggiungimento dello scopo, in quanto l’atto ha la funzione di garantire una difesa certa anche con riferimento alla delimitazione del ” thema decidendum ‘ (Cass., 21 luglio 2022, n. 22918; Cass., 17 ottobre 2014, n. 21997). Tale principio appare pienamente condivisibile e non smentito da quanto disposto dall’invocato dall’art.1, comma 2, d.lgs. n. 546/1992: è evidente, infatti, che tale previsione normativa riguarda un generale rinvio materiale alle norme del c.p.c. compatibili con riferimento al ‘solo’ rito del processo tributario sicchè l’art. 156 c.p.c. che riguarda la sanatoria degli atti del processo civile – non può certamente riguardare la sanatoria delle nullità motivazionali dell’atto tributario.
In ragione del vizio ab origine dell’atto impositivo come accertato in punto di fatto dal giudice di appello il quale ha verificato le gravi lacune dell’avviso de quo -non potendo opera l’eccepita sanatoria le censure formulate con il secondo motivo devono essere rigettate. 6. Il ricorso va, dunque respinto. Nulla va disposto in ordine alle spese essendo il contribuente rimasto intimato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; visto l’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico di parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria, in data