Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18761 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18761 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: LA COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 37877/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (P_IVA) che la rappresenta e difende; -controricorrente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. ROMA n. 2971/2019 depositata il .
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
La RAGIONE_SOCIALE, allibratore estero (bookmaker), ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza in epigrafe della
Commissione Tributaria Regionale (CTR) del Lazio che ha rigetto l’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Roma che aveva rigettato il suo ricorso contro l’avviso di accertamento per l’anno 2010 in materia di imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse.
La CTR ha riconosciuto nel rapporto tra bookmaker e ricevitore nazionale RAGIONE_SOCIALE scommesse un rapporto di solidarietà paritetica, con la conseguenza che l’esclusione dell’obbligazione tributaria in capo all’operatore nazionale per gli anni anteriori al 2011, per effetto della sentenza n. 27/2018 della Corte costit uzionale, non esclude l’obbligazione tributaria in capo al bookmaker.
Il ricorso per cassazione si fonda su un motivo.
Resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
CONSIDERATO CHE:
Nelle more la RAGIONE_SOCIALE ha depositato telematicamente proposta di « conciliazione anche ai sensi dell’art. 48 bis d.lgs. n. 546/1992 e ss.mm. », con richiesta di rinvio d’udienza.
1.1. L’istanza deve essere rigettata.
1.2. L’art. 1, comma 1, lett. u) del d.lgs. n. 220/2023, emesso in attuazione della legge delega per la riforma fiscale n. 111 del 2023, entrato in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, ovvero il 4 gennaio 2024, prevede l’inserimento nell’art. 48 (Conciliazione fuori udienza) del d.lgs. n. 546/92 del seguente comma 4-bis : «Le disposizioni del presente articolo si applicano, in quanto compatibili, anche alle controversie pendenti davanti alla Corte di Cassazione »; l’art. 1, comma 1, lett. z), prevede, inoltre, che nell’art. 48-ter (Definizione e pagamento RAGIONE_SOCIALE somme dovute), al comma 1 sono aggiunte le seguenti parole: « e nella misura del sessanta per cento del minimo previsto dalla legge in caso
di perfezionamento della conciliazione nel corso del giudizio di Cassazione ».
1.3. Va osservato, in primo luogo, che, a differenza di quanto stabilito per la conciliazione fuori udienza dall’art. 48 cit. come modificato dal d.lgs. n. 220/23, per la conciliazione in udienza di cui all’art. 48 bis cit. , che contempla il differimento di udienza per il tentativo di conciliazione, non è prevista l’applicazione ai giudizi di legittimità, per i quali permane quindi il divieto di mero rinvio di udienza.
1.4. Va, inoltre, rilevato che, ai sensi dell’art. 4, comma 2, d.lgs. n. 220 del 2023, « le disposizioni del presente decreto si applicano ai giudizi instaurati, in primo e in secondo grado, con ricorso notificato successivamente al 1° settembre 2024, fatta eccezione per quelle di cui all’articolo 1, comma 1, lettere d), e), f), i), n), o), p), q), s), t), u), v), z), aa), bb), cc) e dd) che si applicano ai giudizi instaurati, in primo e in secondo grado, nonché in Cassazione, a decorrere dal giorno successivo all’entrata in vigore del presente decreto ». L’interpretazione letterale della norma, pertanto, è nel senso che le modifiche intervenute in tema di conciliazione si applicano ai giudizi instaurati a partire dal 4 gennaio 2024 e non anche, dunque, al presente giudizio.
Con l’unico motivo la ricorrente deduce, omettendo qualunque riferimento ai paradigmi normativi che consentono il ricorso per cassazione (v. art. 360 c.p.c.), « errata valutazione dei principi sanciti dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 27/2018 » e sostiene che la dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma in materia di imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse, nella parte in cui prevede che, per le annualità anteriori al 2011, siano assoggettate al tributo le ricevitorie operanti per conto di soggetti privi di concessione, abbia determinato l’integrale annullamento dell’avviso di accertamento impugnato, atteso che la stessa norma (art. 1 comma 66 lett. b) legge n. 220/2010) ha posto un vincolo solidale tra il gestore RAGIONE_SOCIALE
scommesse il terzo per conto del quale l’attività è esercitata in relazione a due situazioni affatto differenti: il primo, infatti, è debitore per fatto proprio, essendo colui che realizza il presupposto impositivo, e il secondo è costituito garante ex lege dell’imposta dovuta. Pertanto, conclude la ricorrente, venuta meno, per effetto della pronuncia di incostituzionalità, l’obbligazione tributaria in capo al gestore, cade anche l’obbligazione del garante.
2.1. La ricorrente sollecita, in subordine, la sospensione del giudizio e il rinvio alla Corte di giustizia ex art. 267 comma 2 TFUE affinché accerti se i principi e la normativa unionale ostino ad una normativa come quella italiana che prevede a) l’assoggettamento all’imposta unica degli intermediar i nazionali della trasmissione dei dati di gioco per conto di operatori di scommesse stabiliti in un diverso Stato membro, b) l’assoggettamento soltanto di costoro e non anche degli intermediari nazionali che svolgono l’attività per conto di operatori concessionari statali e c) il pagamento dell’imposta su un imponibile forfettario coincidente con il triplo della media della raccolta effettuata nella provincia ove è ubicato l’esercizio e il punto di raccolta, desunta dai dati registrati nel totalizzatore nazionale per il periodo di imposta antecedente a quello di riferimento.
Il motivo è infondato né ricorrono ragioni per l’invocato rinvio pregiudiziale.
3.1. Il quadro normativo pertinente è stato sottoposto all’esame non solo della Corte costituzionale ma anche della Corte di giustizia (Corte giust., 19 dicembre 2018, C-375/17, Corte giust., 26 febbraio 2020, C-788/18) e sono state compiutamente esaminate le relazioni e la compatibilità rispettivamente con la Costituzione e con il diritto unionale.
3.2. La Corte di giustizia ha preso diretta e specifica cognizione della citata normativa e ha escluso qualsivoglia discriminazione tra bookmakers nazionali e bookmakers esteri, perché l’imposta unica si applica a tutti gli operatori che gestiscono scommesse raccolte sul
territorio italiano, senza distinzione alcuna in funzione del luogo in cui essi sono stabiliti (Corte di giustizia, 26 febbraio 2020, causa C788/18, punto 21), di modo che la normativa italiana « non appare atta a vietare, ostacolare o rendere meno attraenti le attività di una società, quale la RAGIONE_SOCIALE, nello Stato membro interessato ».
3.2.1. Più in particolare, secondo costante giurisprudenza unionale, nel settore dei giochi d’azzardo con poste in danaro, gli obiettivi di tutela dei consumatori, di prevenzione dell’incitamento a una spesa eccessiva collegata al gioco, nonché di prevenzione di turbative dell’ordine sociale in generale, costituiscono motivi imperativi d’interesse generale atti a giustificare restrizioni alla libera prestazione di servizi; di conseguenza, in assenza di un’armonizzazione unionale della normativa sui giochi d’azzardo, ogni Stato membro ha il potere di valutare, alla luce della propria scala di valori, le esigenze che la tutela degli interessi in questione implica, a condizione che le restrizioni non minino i requisiti di proporzionalità (Corte di giustizia, 24 ottobre 2013, causa C-440/12, 7 punto 47; Corte di giustizia, 8 settembre 2009, causa C-42/07); il legislatore nazionale ha proceduto a questa valutazione, dichiarando, nel comma 64 dell’art. 1 della legge n. 220 del 2010, i propri obiettivi, tra i quali si colloca «… l’azione per la tutela dei consumatori, in particolare dei minori di età, dell’ordine pubblico, della lotta contro il gioco minorile e le infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore del gioco e recuperando base imponibile e gettito a fronte di fenomeni di elusione e di evasione fiscale nel medesimo settore »; la prevalenza dell’ordine di valori di ciascuno Stato membro comporta che gli Stati membri non hanno l’obbligo di adeguare il proprio sistema fiscale ai vari sistemi di tassazione degli altri Stati membri, al fine di eliminare la doppia imposizione che risulta dal parallelo esercizio della rispettiva competenza fiscale (Corte di giustizia, causa C-788/18, citata, punto 23; Corte di giustizia, 1 dicembre 2011, causa C-253/09, punto 83).
3.2.2. La Corte di giustizia, dunque, ha escluso qualsivoglia discriminazione tra bookmakers nazionali e bookmakers esteri, anzi, come ha pure sottolineato la Corte costituzionale (con la sentenza n.
27 del 2018), a seguire la tesi prospettata dai bookmakers, si giungerebbe ad una discriminazione al contrario, in quanto la scelta legislativa « risponde ad un’esigenza di effettività del principio di lealtà fiscale nel settore del gioco, allo scopo di evitare l’irragionevole esenzione per gli operatori posti al di fuori del sistema concessorio, i quali finirebbero per essere favoriti per il solo fatto di non aver ottenuto la necessaria concessione …». In proposito, va evidenziato che la Corte di giustizia, al punto 17, in relazione al bookmaker, ha stabilito che la libera prestazione di servizi non tollera restrizioni idonee a vietare, ostacolare o a rendere meno attraenti le attività del prestatore stabilito in un altro Stato membro e, al punto 24, ha specificato che «… la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale non prevede un regime fiscale diverso a seconda che la prestazione di servizi sia effettuata in Italia o in altri Stati membri » e ha concluso, col punto 24, che «… rispetto a un operatore nazionale che svolge le proprie attività alle stesse condizioni di tale società, la RAGIONE_SOCIALE non subisce alcuna restrizione discriminatoria a causa dell’applicazione nei suoi confronti di una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale ». Quanto al centro trasmissione dati, al punto 26, ha ribadito che il bookmaker estero esercita un’attività di gestione di scommesse « allo stesso titolo degli operatori di scommesse nazionali » ed è per questo che il centro di trasmissione dati che opera quale suo intermediario risponde dell’imposta, a norma dell’art. 1, comma 66, lett. b), della legge n. 220 del 2010, ma ciò non toglie (punto 28) che la situazione del centro trasmissione dati che trasmette i dati di gioco per conto degli operatori di scommesse nazionali è diversa da quella del centro trasmissione che li trasmette per conto di un operatore che ha sede in altro Stato membro; la diversità della situazione, pertanto, è in re ipsa per il fatto stesso che si tratta di soggetto che raccoglie scommesse per conto di un bookmaker estero; nel settore dei giochi d’azzardo, difatti, il ricorso al sistema RAGIONE_SOCIALE concessioni costituisce «… un meccanismo efficace che consente di controllare gli operatori attivi in questo settore, allo scopo di prevenire l’esercizio di queste
attività per fini criminali o fraudolenti » (Corte di giustizia, 19 dicembre 2018, causa C- 375/17, punto 66, richiamata al punto 18 della sentenza della Corte di giustizia, causa C-788/18, citata).
3.3. Quanto alla giurisprudenza nazionale, la Corte costituzionale, con riferimento all’ambito soggettivo dell’imposta, ha dato atto dell’incertezza correlata all’interpretazione dell’art. 3 d.lgs. n. 504 del 1998 per il periodo antecedente alla disposizione interpretativa del 2010 (nel senso che era incerto se la pretesa impositiva si potesse rivolgere anche nei confronti dei soggetti che operavano al di fuori del sistema concessorio); ma ha riconosciuto che il legislatore con l’art. 1, comma 66, della legge n. 220 del 2010 ha stabilito che l’imposta è dovuta anche nel caso di scommesse raccolte al di fuori del sistema concessorio: « Con la disposizione interpretativa dell’art. 1, comma 66, lettera b), della legge n. 220 del 2010, il legislatore ha dunque esplicitato una possibile variante di senso della disposizione interpretata, ribadendo, da un lato, che l’imposta è dovuta anche nel caso di scommesse raccolte al di fuori del sistema concessorio e stabilendo, altresì, che il generale concetto di ‘gestione’ include anche l’attività svolta ‘per conto di terzi’, compresi i bookmakers con sede all’estero e privi di concessione » (v., in particolare, par. 4.1.1.), esplicitando l’obbligo RAGIONE_SOCIALE ricevitorie operanti, come nel caso in esame, per conto di bookmakers privi di concessione al versamento del tributo e RAGIONE_SOCIALE relative sanzioni, poiché svolgono anch’esse una attività gestoria che costituisce il presupposto dell’imposizione. A questo riguardo ha escluso che l’equiparazione, ai fini tributari, del “gestore per conto terzi” (ossia del titolare di ricevitoria) al “gestore per conto proprio” (ossia al bookmaker) sia irragionevole. L’attività consiste, infatti, nella raccolta RAGIONE_SOCIALE scommesse, il volume RAGIONE_SOCIALE quali determina anche la provvigione della ricevitoria e per conseguenza il suo stesso rischio imprenditoriale. Entrambi i soggetti partecipano, sia pure su piani diversi e secondo diverse modalità operative, allo svolgimento dell’attività di “organizzazione ed esercizio” RAGIONE_SOCIALE scommesse soggetta a imposizione. In particolare, il titolare della ricevitoria, benché non partecipi direttamente al rischio connaturato al
contratto di scommessa, svolge comunque un’attività di gestione, perché assicura la disponibilità di locali idonei e la ricezione della proposta, si occupa della trasmissione al bookmaker dell’accettazione della scommessa, dell’incasso e del trasferimento RAGIONE_SOCIALE somme giocate, nonché del pagamento RAGIONE_SOCIALE vincite secondo le procedure e le istruzioni fornite dal bookmaker. Né viola il principio della capacità contributiva la scelta di assoggettare all’imposta i titolari RAGIONE_SOCIALE ricevitorie operanti per conto di soggetti privi di concessione, nei limiti in cui il rapporto tra il titolare della ricevitoria che agisce per conto di terzi e il bookmaker sia disciplinato da un contratto che regoli anche le commissioni dovute al titolare della ricevitoria per il servizio prestato. Ciò in quanto, attraverso la regolazione negoziale RAGIONE_SOCIALE commissioni, il titolare della ricevitoria ha la possibilità di trasferire il carico tributario sul bookmaker per conto del quale opera, assolvendo la rivalsa funzione applicativa del principio di capacità contributiva.
3.3.1. La Corte costituzionale ha, quindi, dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3 del d.lgs. n. 504 del 1998 e dell’art. 1, comma 66, lettera b), della l. n. 220 del 2010, nella sola parte in cui prevedono che, nelle annualità d’imposta precedenti al 2011, siano assoggettate all’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse le ricevitorie operanti per conto di soggetti privi di concessione, restando esclusa la possibilità, per la già cristallizzata determinazione in quel periodo dell’entità RAGIONE_SOCIALE commissioni tra ricevitorie e bookmaker, di poter procedere alla traslazione dell’imposta.
3.3.2. I giudici RAGIONE_SOCIALE leggi hanno anche chiarito (punto 4.5) che, in mancanza di regolazione degli effetti transitori e in considerazione della natura interpretativa dell’art. 1, comma 66, lettera b), della legge n. 220 del 2010, la disposizione doveva essere applicata anche ai rapporti negoziali perfezionatisi prima della sua entrata in vigore, con la conseguenza che per le annualità d’imposta antecedenti al 2011, come nella specie (dove rileva l’anno d’imposta 2009), non rispondevano le ricevitorie, ma i bookmakers, con o senza concessione, in base alla combinazione dell’art. 3 decreto legislativo n.
504 del 1998 e dell’art. 1, comma 66, lett. a), della legge n. 220 del 2010, usciti indenni dal vaglio di legittimità costituzionale ( ex multis , Cass. n. 25450 del 2021; Cass. n. 4974 del 2024).
3.3.3. D’altronde, della sussistenza di autonomi rapporti obbligatori – che ai fini tributari sono avvinti dal nesso di solidarietà per conseguenza paritetica, e non già dipendente – non dubita la giurisprudenza civile di questa Corte (v. anche Cass. n. 15731 del 2015), neppure attagliandosi al rapporto tra il bookmaker e ricevitore lo schema della solidarietà dipendente, che ricorre, invece, quando uno dei coobbligati, pur non avendo realizzato un fatto indice di capacità contributiva, si trova in una posizione collegata con il fatto imponibile o con il contribuente, sulla base di un rapporto a cui il fisco resta estraneo (da ultimo Cass. n. 26489 del 2020).
Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato.
Tenuto conto della complessità della questione interpretativa e vista la stabilizzazione del quadro giurisprudenziale solo a seguito RAGIONE_SOCIALE decisioni della Corte costituzionale e della Corte di giustizia europea, sussistono i presupposti per la compensazione RAGIONE_SOCIALE spese.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; compensa le spese; a i sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 25/01/2024.