Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13016 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 13016 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 15/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22733/2016 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO), che la rappresenta e difende
-controricorrente-
nonchè contro DIREZIONE
RAGIONE_SOCIALE DELLE ENTRATE PROVINCIALE I DI ROMA
-intimati- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DEL LAZIO n. 1322/28/16 depositata il 15/03/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 1322/28/16 del 15/03/2016, la Commissione tributaria regionale del Lazio (di seguito CTR), accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate (di seguito AE) nei confronti della sentenza n. 19716/01/14 della Commissione tributaria provinciale di Roma (di seguito CTP), che aveva accolto il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE nei confronti di una cartella di pagamento per IVA relativa all’anno d’imposta 200 6.
1.1. Come evincibile dalla sentenza impugnata, la cartella di pagamento veniva emessa in ragione dell’obbligo solidale della società contribuente, la quale, in qualità di acquirente, era tenuta al versamento dell’IVA non assolta dalla società venditrice .
1.2. La CTR accoglieva l’appello proposto da AE evidenziando che: a) le eccezioni preliminari di incompetenza per territorio e di tardività della notificazione della cartella di pagamento erano generiche e, comunque, infondate nel merito; b) il fornitore di RAGIONE_SOCIALE, obbligato al versamento dell’IVA, non aveva assolto a detto obbligo; c) detto fornitore vendeva le vetture alla società contribuente a prezzi inferiori a quelli di mercato e con fatture non emesse nelle forme previste dalla legge (tanto che il prezzo era stato rettificato da scritture successive); d ) l’archiviazione penale nei confronti del legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE non aveva alcuna rilevanza nel processo tributario; e) correttamente, pertanto, era stato applicato il principio di solidarietà.
Avverso la sentenza di appello RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, illustrati da memoria ex art. 380 bis .1 cod. proc. civ.
AE resisteva in giudizio con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso di RAGIONE_SOCIALE è affidato a cinque motivi, di seguito brevemente illustrati.
1.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 40 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, per non avere la CTR rilevato l’incompetenza territoriale dell’Ufficio impositore, rimandando genericamente alla motivazione della sentenza di primo grado.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 60 bis del d.P.R. n. 633 del 1972 e dell’art. 2697 cod. civ., per avere la CTR deciso in base alla circostanza, non comprovata, della vendita sottocosto e senza considerare la necessaria partecipazione alla frode del cessionario.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 21 del d.P.R. n. 633 del 1972, per non avere la CTR specificamente indicato le ragioni di inattendibilità delle fatture.
1.4. Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione dell’art. 60 bis , terzo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972, dell’art. 115 cod. proc. civ., nonché dell’art. 2697 cod. civ., per non avere il giudice d’appello esaminato la documentazione offerta dalla società contribuente (perizia di parte, dichiarazione della cedente circa l’assolvimento dell’IVA e documentazione inerente la congruità del prezzo di cessione delle autovetture).
1.5. Con il quinto motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., dell’art 115 cod. proc. civ., degli
artt. 24, 32 e 58 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, dell’art. 654 cod. proc. pen. e dell’art. 20 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, per non avere la CTR valutato gli elementi istruttori ricavabili dal decreto di archiviazione emesso in sede penale.
Il primo motivo di ricorso, concernente il difetto di competenza territoriale dell’Ufficio che ha emesso l’avviso di accertamento, è inammissibile.
2.1. L’eccezione di difetto di competenza territoriale dell’autorità che ha emesso l’avviso di accertamento non può essere rilevata d’ufficio dal giudice tributario, ma è onere della parte che ne assume l’esistenza impugnare specificamente l’atto impositivo in parte qua .
2.2. Nel caso di specie, la ricorrente, che ne ha il relativo onere, non ha dedotto di avere proposto la presente censura nelle fasi di merito del giudizio, trascrivendo le parti degli atti dove la questione è stata affrontata e indicando specificamente i luoghi in cui detti atti trovano collocazione nel fascicolo d’ufficio.
2.3. Anzi, per stessa ammissione di parte ricorrente, la censura (sebbene non specificamente trascritta) sarebbe stata proposta con l’integrazione in prime cure dei motivi da parte della società contribuente (ricorso, pag. 12) e, dunque, tardivamente rispetto al ricorso originario.
2.4. Deve, pertanto, ritenersi l’inammissibilità della censura per novità.
Gli altri motivi, involgendo i presupposti applicativi della solidarietà IVA di Autoplus, possono essere unitariamente esaminati e vanno complessivamente disattesi.
3.1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, ove il cedente non versi l’IVA relativa a cessioni di autovetture effettuate a prezzi inferiori al valore normale, il cessionario è obbligato solidalmente al pagamento, senza che sia necessaria nei suoi confronti alcuna
specifica attività accertativa, ferma la possibilità, per lo stesso, di impugnare la cartella di pagamento emessa nei suoi confronti (Cass. n. 17171 del 28/06/2018; si veda anche Cass. n. 18707 del 10/06/2022). La responsabilità del cessionario -la quale presuppone l’effettività dell’operazione (Cass. n. 2853 del 31/01/2019) è, peraltro, soggetta alla duplice condizione che la cessione sia avvenuta a prezzo inferiore a quello normale e che il cedente non abbia assolto all’obbligo di versare l’IVA (Cass. n. 8857 del 29/03/2019), ferma restando, per il cessionario, la possibilità di fornire la prova contraria dimostrando la plausibilità del minore corrispettivo, o perché analogo a quello costantemente pattuito in precedenti transazioni con il cedente, o perché simile al prezzo praticato da altri operatori del mercato (Cass. n. 25425 del 29/08/2022). La prova deve consistere in documenti dai quali poter evincere, in modo oggettivo, la sussistenza di specifiche ragioni giustificative riferibili alla concreta attività economica svolta dall’acquirente (Cass. n. 20656 del 17/07/2023).
3.2. Nel caso di specie, la CTR -partendo dal presupposto, mai messo in discussione da RAGIONE_SOCIALE, del mancato versamento dell’IVA da parte della società cedente -si è puntualmente conformata ai superiori principi di diritto, avendo accertato che il prezzo di vendita delle autovetture era inferiore a quello normale e che le fatture prodotte erano sostanzialmente inattendibili, in quanto non riportanti tutti gli elementi previsti dalla legge e giustificativi dell’operazione effettuata. Tale ultima circostanza troverebbe conferma nella sussistenza di scritture aggiuntive integrative del prezzo delle autovetture.
3.3. A fronte di tale accertamento, il secondo motivo è palesemente infondato, in quanto, ai fini dell’applicazione dell’art. 60 bis del d.P.R. n. 633 del 1972, non è richiesta la partecipazione ad
una frode IVA, anzi si presuppone che le operazioni siano effettivamente esistenti.
3.4. Il terzo motivo è inammissibile, perché -a fronte dell’accertamento in fatto della CTR in ordine all’inattendibilità delle fatture -la società contribuente avrebbe dovuto trascrivere, anche per campione, le predette fatture al fine di dimostrarne la regolarità formale, non potendo limitarsi a contestare la genericità dell’affermazione del giudice di appello.
3.5. Il quarto motivo è inammissibile perché la CTR ha dimostrato di avere esaminato la questione principale oggetto del giudizio (la vendita delle autovetture a prezzo inferiore a quello normale e la conseguente responsabilità del cessionario in ordine al mancato assolvimento dell’IVA da parte del cedente) ed RAGIONE_SOCIALE intende, dunque, contestare il merito dell’accertamento compiuto dal giudice, peraltro senza nemmeno trascrivere la documentazione rilevante offerta in produzione.
3.6. Il ricorrente, pur deducendo apparentemente, una violazione di norme di legge, mira, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass. n. 3340 del 05/02/2019; Cass. n. 640 del 14/01/2019; Cass. n. 24155 del 13/10/2017; Cass. n. 8758 del 04/07/2017; Cass. n. 8315 del 05/04/2013).
3.7. Il quinto motivo, infine, è infondato in quanto la CTR ha chiaramente evidenziato, da un lato, che non vi è stato un vero e proprio accertamento penale definitosi con sentenza e, dall’altro, di non essere vincolato alle affermazioni contenute in un decreto di archiviazione penale che può sempre essere rimesso in discussione.
3.8. La sentenza impugnata ha, dunque, valutato il decreto di archiviazione e, in ogni caso, la società contribuente non ha fornito
alcuna indicazione in ordine agli elementi dallo stesso ricavabili ed aventi influenza nel presente giudizio.
In conclusione, il ricorso va rigettato e la ricorrente va condannata al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo avuto conto di un valore dichiarato della lite di euro 1.401.550,00.
4.1. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente procedimento, liquidate in euro 13.900,00, oltre alle spese di prenotazione a debito. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 19/11/2024.