Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18862 Anno 2024
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 16197 del ruolo generale dell’anno 202 3, proposto
Da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
–
ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale su foglio allegato al controricorso, dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO
elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo difensore in INDIRIZZO INDIRIZZO;
-controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Corte di Giustizia tributaria di II grado del Friuli Venezia-NOME n. 18/01/2023, depositata in data 25 gennaio 2023, non notificata;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 maggio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME NOME COGNOME di Nocera;
RILEVATO CHE
-l’RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe con cui la Corte di Giustizia tributaria di II grado del Friuli VeneziaNOME aveva rigettato l’appello proposto nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , avverso la sentenza n. 139/01/2018 della Commissione Tributaria Provinciale di Pordenone che aveva accolto il ricorso proposto dalla suddetta società avverso di pagamento con il quale l’Ufficio aveva recuperato la somma di euro 47.142,54 per accisa sull’energia elettrica , interessi e indennità di mora sul presupposto che la contribuente avrebbe ceduto con continuità, relativamente al periodo 1.1.201331.12.2016, a ditte terze, operanti nel sito produttivo, una quota di energia elettrica acquistata da RAGIONE_SOCIALE usufruendo anche per tale quota della riduzione di accisa;
-nella sentenza impugnata il giudice di appello ha confermato la illegittimità dell’avviso di pagamento in questione in quanto, in applicazione dei principi espressi dalla Corte di cassazione, nelle sentenze n. 15712/2020- 15714/2020 (tra le stesse parti, per periodi pregressi ), confermati anche dall’ordinanza n. 19401/2021 (nei confronti di RAGIONE_SOCIALE), la pretesa nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, avente la veste di consumatore e non di fornitore era illegittima dovendo l’azione di recu pero essere avviata ex ante nei confronti del fornitore RAGIONE_SOCIALE;
-resiste, con controricorso, la società contribuente;
-è stata formulata proposta di definizione anticipata del ricorso, in considerazione del rilievo di manifesta infondatezza del ricorso, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. l’RAGIONE_SOCIALE ha chiesto la decisione ed è stata quindi disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 380 bis e 380 bis.1 c.p.c.
la società contribuente ha depositato memoria;
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere la CTR , disattendendo il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, rigettato l’appello dell’RAGIONE_SOCIALE ponendo a fondamento della decisione l’erronea individuazione della società contribuente quale soggetto passivo d’imposta, sebbene tale argomento non fosse mai stato introdotto in giudizio da quest’ultima quale motivo di r icorso.
1.1.Il motivo è infondato.
1.2. E’ ravvisabile vizio di extrapetizione soltanto allorquando il giudice d’appello pronunci oltre i limiti RAGIONE_SOCIALE richieste e RAGIONE_SOCIALE eccezioni fatte valere dalle parti, oppure su questioni non dedotte e che non siano rilevabili d’ufficio, attribuendo alle parti un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato; non è invece precluso al giudice del gravame l’esercizio del potere-dovere di qualificare diversamente i fatti, con il solo limite di non esorbitare dalle richieste contenute nell’atto di impugnazione e di non introdurre nuovi elementi di fatto nell’ambito RAGIONE_SOCIALE questioni sottoposte al proprio esame (tra varie, Cass., sez. 5°, n. 21057 del 2021; Cass., sez. 5, n. 8716 del 2021; Cass. 18830 del 2017; Cass. 12 gennaio 2016, n. 296; 31 luglio 2015, n. 16213). Nella specie, dal ricorso di primo grado allegato al ricorso per cassazione, si evince che RAGIONE_SOCIALE aveva denunciato, come primo motivo, la violazione degli artt. 52-55 del d.lgs. n. 504/95, contestando pu ntualmente di essere ‘ soggetto venditore di energia
elettrica ‘ (peraltro senza la prescritta autorizzazione) ai sensi dell’art. 53, lett. a) del TUA, ‘ non ceduto alle società con cui aveva contratti di service, energia elettrica o gas bensì provveduto a fornire dei servizi (illuminazione, forza motrice etc.) trasformando direttamente le relative energie necessarie alla fornitura ‘. Pertanto, essendo stata l’erroneità dell’individuazione della società contribuente quale obbligata alla corresponsione del tributo in quanto ‘consumatore finale’ eccepita da quest’ultima sin dal primo grado di giudizio, la CTR non è incorsa in alcuna violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato nel rigettare l’appello dell’RAGIONE_SOCIALE fondando la decisione sul rilevato difetto di soggettività passiva d’imposta in capo alla contribuente, quale soggetto non fornitore di energia elettrica.
2. Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 53 del d.lgs. n. 504/95 , per avere la CTR ritenuto illegittimo l’avviso in questione sebbene l’azione di recupero fosse stata legittimamente attivata nei confronti di RAGIONE_SOCIALE atteso che in presenza di un sito industriale con una pluralità di aziende alimentate con contratti di ‘ locazione e servizi ‘ (cd. ‘service’), comprensivi di affitto dei locali, utenze e servizi vari, il prestatore del ‘ servizio ‘ doveva qualificarsi come venditore, ancorché privo di licenza, e dunque soggetto passivo d’imposta, ai sensi dell’art. 53, co. 1, lett. a) del TUA .
2.1. Il motivo è infondato.
2.2. Invero, il giudice di appello, nel ritenere illegittima la pretesa nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, quale soggetto consumatore e non fornitore di energia elettrica si è uniformato alla giurisprudenza di questa Corte secondo cui «L’art. 52 TUA come sostituito dall’art. 1, comma 1, lett. M), del d.lgs. n. 26/2007, stabilisce che «l’energia elettrica (codice NC2716) è sottoposta ad accisa, con l’applicazione RAGIONE_SOCIALE aliquote di cui all’allegato 1, al momento della fornitura ai consumatori finali…»; e, in base al testo novellato dell’art. 53, «obbligati al pagamento dell’accisa sull’energia elettrica sono: a) i soggetti che procedono alla fatturazione elettrica ai consumatori finali, di seguito indicati come venditori; …». Il tema è stato oggetto anche di esame da parte del Giudice RAGIONE_SOCIALE Leggi:
quella Corte (con sentenza n. 115 del 25 marzo 2010 e con la seguente, conforme, n. 185 del 7 giugno 2011) ha statuito che le accise sui prodotti in questione, «in forza del citato art. 2 del d.lgs. n. 504/95 (inserito, come si è visto, tra le “Disposizioni generali” e, quindi, applicabile ad ogni tipo di accisa), si articolano in un “fatto generatore” dell’obbligazione tributaria, costituito dalla “fabbricazione” (o dall’estrazione o dall’importazione) del bene, e in una condizione sospensiva denominata -come si è visto”condizione di esigibilità”…». Questa condizione si realizza con la fornitura al consumatore finale, che non esclude, tuttavia, l’applicabilità dei commi 2 e 3 dell’art. 2. Sicché la nuova disciplina, «…riproducendo la struttura e la funzione dei precedenti prelievi e modificando, in applicazione della sopravvenuta direttiva comunitaria, solo il momento della loro esigibilità, non -ha alterato la natura di imposte di produzione propria RAGIONE_SOCIALE pre vigenti accise» (punto 3.2.4). Venendo quindi ad applicare i principi sopra esposti al caso di specie, rileva il Collegio come ciò che rilevi sia la relazione intercorrente tra RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE, non la successiva relazione tra RAGIONE_SOCIALE e le altre imprese; tal prima relazione si svolge tra il fornitore dell’energia elettrica (RAGIONE_SOCIALE che produce il bene colpito dall’accisa e che ha quindi la veste di soggetto passivo dell’accisa) ed il consumatore. In questo momento, pertanto, e in questo momento solo va applicato il tributo da parte del fornitore-produttore dello stesso (in termini anche Cass. 1 febbraio 2019 n. 3050 secondo la quale deve affermarsi che il rapporto tributario in materia di accise intercorre esclusivamente tra il fornitore del gas metano e lo Stato, là dove il rapporto tra il fornitore ed il consumatore è di natura contrattuale e si pone su un piano distinto rispetto a quello tributario. E’, quindi, sempre il fornitore ad essere titolare, dal lato passivo, dell’obbligazione tributaria di corrispondere l’accisa in generale e, in esito al pagamento, egli può riversarne l’onere mediante rivalsa). Infine, il Collegio ritiene in questa sede di dar continuità e conferma all’orientamento espresso da questa Corte ancora di recente, con più a ampie e puntuali argomentazioni che qui si condividono e confermano, secondo il quale “in tema di accise sull’energia elettrica, il soggetto passivo, ossia colui che ha realizzato uno dei fatti generatori dell’imposta, è tenuto al pagamento dei diritti di accisa all’atto della fatturazione
al consumatore finale, o quando si accerti che non si sono verificate le condizioni di consumo per poter beneficiare di un’aliquota ridotta o di un’esenzione, o comunque all’atto dell’immissione in consumo, mentre le cessioni intermedie, che non abbiano realizzato la condizione di esigibilità, hanno rilevanza privatistica, nell’ambito di un fenomeno economico al quale è estranea l’amministrazione finanziaria. Più ampio del novero dei soggetti passivi dell’imposta è quello degli obbligati al pagamento di essa, che rispondono del debito d’imposta, pur non avendone realizzato i fatti generatori, qualora nei loro confronti se ne sia verificata la condizione di esigibilità”(Cass. Civile Sent. Sez. 5 n. 10684 del 5 giugno 2020)» (Cass. n. 1572/2020 e n. 15714/2020, richiamate nella sentenza impugnata, rese tra le stesse parti in relazione a precedenti periodi d’imposta, alle quali vanno aggiunte nello stesso senso, Cass. n. 15715/2020 e Cass. 15716/2020). Peraltro- come correttamente statuito dal giudice di appello- tali principi , quanto alla soggettività passiva d’imposta in capo al fornitore, sono stati confermati da Cass. n. 19401 del 2021 che ha accolto il ricorso dell’RAGIONE_SOCIALE in una controversia afferente l’impugnativa di un avviso di pagamento emesso, per il periodo 2008-2012, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE quale fornitore di gas naturale in favore di RAGIONE_SOCIALE, per avere applicato l’aliquota ridotta per il gas naturale impiegato negli usi industriali nonché l’ulteriore riduzione della suddetta aliquota per i consumi superiori a 1.200.000 mc/annui, non essendo stato il gas naturale interamente utilizzato da RAGIONE_SOCIALE per i propri usi industriali ma avendo quest’ultima, in forza di contratti di servizi, ceduto calore a diverse società operanti all’interno del medesimo plesso industriale; in particolare, la CTR ha affermato che” lette a raffronto le sentenze Cass. nn. 1572/2020 15714/2020, e l’ordinanza Cass. 19401/21 devesi risolutivamente concludere che il principio di diritto enunciato nelle due sentenze secondo cui il soggetto passivo dell’obbligazione è esclusivamente il fornitore-produttore non è aff atto intaccato dall’ordinanza. Dalla quale ultima non può ritrarsi che, a tutto volere concedere e propriamente in coerenza alla stessa, l’azione di recupero avrebbe astrattamente dovuto essere ex ante avviata nei confronti della RAGIONE_SOCIALE.
3.In conclusione, il ricorso va rigettato.
4.Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
5.Ai sensi del terzo comma dell’art. 380 -bis cod. proc. civ. « la Corte … quando definisce il giudizio in conformità alla proposta applica il terzo e il quarto comma dell’articolo 96 » (disposizione immediatamente applicabile anche ai giudizi in corso alla data del 1° gennaio 2023 per i quali a tale data non era stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio, come nella specie: cfr. Cass., Sez. U, Ordinanza n. 27195 del 22/09/2023; Sez. U, Ordinanza n. 27433 del 27/09/2023; Cass. n. 28318 del 2023). La norma sottende una valutazione legale tipica del legislatore delegato, in ragione della quale l’applicazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni -di quelle del terzo comma come di quelle del quarto comma dell’art. 96 -non è subordinata ad una valutazione discrezionale ma discende, «di default», dalla definizione del giudizio in conformità alla proposta (Cass. n. 27947/2023).
6.La Corte stima equo fissare in euro 2.200,00 la sanzione ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c., ed in euro 1.200,00 quella ai sensi del comma 4 della medesima disposizione, atteso il carattere pacifico dei principi giurisprudenziali applicati e la manifesta infondatezza del ricorso, per i motivi ampiamente esposti.
7.Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Cass., Sez. 6 – L, Ordinanza n. 1778 del 29/01/2016, Rv. 638714);
P.Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna l’RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali che liquida in euro 4.300,00 per compensi, euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per spese generali ed accessori di legge.
condanna la ricorrente a pagare l’ulteriore importo di euro 2.200,00 in favore della controricorrente, ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c.;
condanna la ricorrente a pagare l’ulteriore importo di euro 1.200,00 in favore della cassa RAGIONE_SOCIALE ammende, ai sensi dell’art. 96, comma 4, c.p.c.
Così deciso in Roma il 29 maggio 2024