Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4712 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4712 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO presso gli Uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME
-intimato- avverso la sentenza n.1280/1/15 della Commissione Tributaria Regionale della Toscana, depositata il 13 luglio 2015;
Rilevato che:
con ricorso per cassazione affidato a un motivo, nei cui confronti il contribuente non ha spiegato difese , l’RAGIONE_SOCIALE impugnava
Tributi
la sentenza della C.T.R. della Toscana, indicata in epigrafe, relativa ad un avviso d’accertamento Irpef per l’anno 2009 e 2010, effettuato nei confronti di una societ à in accomandita semplice, di cui il contribuente era socio accomandante; avviso che era divenuto definitivo nei confronti della societ à per omessa impugnazione, e imputato “per trasparenza”, ex art. 5 TUIR, nei confronti del contribuente in proporzione alla quota societaria dallo stesso detenuta, ed annullato in riferimento all’irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni, dalla C.T.P. con sentenza confermata dalla C.T.R., denunciando la violazione dell’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 471 del 1997, degli artt. 2 e 5 del d.lgs. n. 472/97, dell’art. 5 D.P.R. n. 917/86, degli artt. 2320 e 2697 c.c. e dell’art. 115 c.p.c., il tutto in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., in quanto erroneamente i giudici d’appello avevano ritenuto che al contribuente non fosse imputabile alcun coefficiente di dolo o colpa per il maggior reddito accertato in capo alla societ à̀ , e quindi, non gli dovessero essere addebitate le sanzioni previste, poich é́ l’omesso controllo non sarebbe dipeso da negligenza o complicit à̀ , ma nella comprensibile fiducia nell’agire dei suoi familiari, anch’essi soci nei quali era concentrato il potere gestionale, al quale era estranea, anche per formazione professionale.
Il ricorso è fondato.
Va, infatti, ribadito il principio, reiteratamente affermato da questa Corte (Cass. n.22122/2010; Cass. n.3011/2007; Cass. n.11997/2006), secondo cui “il maggior reddito risultante dalla rettifica operata nei confronti di una societ à̀ di persone – reddito che, a norma del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5, va imputato al socio ai fini dell’IRPEF, in proporzione della relativa quota di partecipazione, comporta anche l’applicazione allo stesso socio della sanzione per infedele dichiarazione prevista dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 46” (ora d.lgs. n. 471/1997). Ci ò vale anche per il socio
accomandante di societ à̀ in accomandita semplice, essendo irrilevante l’estraneit à̀ di tali soci all’amministrazione della societ à̀ , in quanto ad essi è sempre consentito di verificare l’effettivo ammontare degli utili conseguiti: la sanzione, quindi, non viene irrogata all’accomandante sulla base della mera volontariet à̀ , in contrasto con l’elemento della colpevolezza introdotto dal D. Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 5, in quanto, nel suo caso, la colpa consiste nell’omesso od insufficiente esercizio del potere di controllo sull’esattezza dei bilanci della societ à̀ , ai sensi dell’art. 2320 cod. civ., u. c. (cfr. Cass., 19456/2009: “ove il socio di societ à̀ di persone non abbia dichiarato, per la parte di sua spettanza, il reddito societario risultante dalla rettifica operata dall’Amministrazione a carico della societ à̀ risponde RAGIONE_SOCIALE sanzioni per l’infedele dichiarazione, atteso che la loro applicazione trova causa nella dichiarazione di un reddito inferiore a quello imponibile e che il socio non pu ò̀ farsi scudo della societ à̀ , attribuendo esclusivamente ad essa la violazione fiscale, atteso che la sua posizione nell’ambito della compagine sociale, tanto nel caso in cui non rivesta la carica di amministratore, quanto, a maggior ragione, qualora come la rivesta, gli consente il controllo dell’attivit à̀ della societ à̀ e della sua contabilit à̀ e, quindi, di verificare l’effettivo ammontare del suo reddito e, pertanto, degli utili conseguiti in proporzione alla propria quota di partecipazione (Cass. n. 2699 del 2002; Cass. n. 2554 del 1997; Cass. S. U. n. 125 del 1993)” (così Cass. n. 10501/14, Cass. n. 22122/10; Cass.n.22011/2017).
Nel caso di specie, in assenza di cause di non punibilit à̀ , ex art. 6 del d.lgs. n. 472/97, oppure di disapplicazione, ex art. 8 del d.lgs. n. 546/92, la decisione dei giudici d’appello è stata adottata in violazione dell’art. 5 TUIR e dell’art. 2320 c.c., poich é́ , in virt ù̀ di tali disposizioni, il socio non solo è in grado di conoscere i rilievi e gli accertamenti fiscali effettuati nei confronti della societ à̀ ma il reddito di partecipazione è
considerato suo reddito personale, indipendentemente dalla mancata contabilizzazione dei ricavi e dei metodi utilizzati dalla societ à̀ per realizzarli, fermo restando il diritto del socio di agire nei confronti della societ à̀ in sede civile ordinaria per recuperare la quota di utili a lui spettante, nonch é́ l’esclusione della sua responsabilit à̀ qualora sia dimostrata la sua buona fede (Cass. n. 11989/15). Nella vicenda, pertanto, la qualit à̀ di socio accomandante del contribuente non ha fatto venir meno l’imputabilit à̀ allo stesso, quantomeno per colpa, del maggior reddito accertato, di cui ha beneficiato per l’incremento di ricchezza della societ à̀ . Il fatto che il contribuente avesse una formazione professionale estranea alla materia societaria non rileva, in quanto avrebbe potuto esercitare i suoi diritti amministrativi con l’ausilio di soggetti reputati competenti ed accettando la veste giuridica di socia accomandante, ne ha inevitabilmente assunto i diritti gli obblighi e le responsabilit à̀ connesse alla posizione societaria ricoperta.
Va, conseguentemente accolto il ricorso, cassata l’impugnata sentenza e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la controversia può essere decisa nel merito con il rigetto dell’originario ricorso introduttivo.
Le peculiarietà della vicenda processuale inducono a compensare le spese dei gradi di merito, ponendosi, invece, a carico dell ‘ intimato, soccombente, le spese del giudizio di legittimit à̀ nella misura come liquidata in dispositivo.
PQM
Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo proposto dal contribuente.
Dichiara compensate le spese del giudizio di merito e condanna l ‘intimato al pagamento in favore della ricorrente RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimit à̀ che liquida in € 5.000,00 oltre spese prenotate a debito.
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del 25 gennaio 2024.