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Socio accomandante sanzioni: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4712/2024, ha stabilito che il socio accomandante è responsabile per le sanzioni fiscali derivanti da un maggior reddito accertato in capo alla società, anche se non partecipa alla gestione. Secondo la Corte, la colpa del socio risiede nell’omesso o insufficiente controllo sull’esattezza dei bilanci, un diritto-dovere previsto dal codice civile. L’irrilevanza della sua formazione professionale e la fiducia riposta negli altri soci amministratori non escludono la sua responsabilità. La sanzione per infedele dichiarazione, quindi, si applica anche al socio accomandante in virtù del principio di trasparenza fiscale.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Socio Accomandante e Sanzioni Fiscali: La Responsabilità Va Oltre la Gestione

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale in materia di responsabilità fiscale nelle società di persone. La questione al centro del dibattito riguarda il socio accomandante e le sanzioni derivanti da un accertamento fiscale a carico della società. Anche se non partecipa attivamente alla gestione, può essere ritenuto responsabile? La risposta della Suprema Corte è stata chiara e affermativa, delineando i contorni del suo dovere di vigilanza.

I fatti del caso: Un accertamento diventato definitivo

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento IRPEF per gli anni 2009 e 2010, emesso nei confronti di una società in accomandita semplice. L’atto impositivo era diventato definitivo per mancata impugnazione da parte della società. Di conseguenza, l’Agenzia delle Entrate, applicando il principio di trasparenza fiscale previsto dall’art. 5 del TUIR, ha imputato il maggior reddito al socio accomandante in proporzione alla sua quota di partecipazione, irrogando anche le relative sanzioni per infedele dichiarazione.

Il contribuente si è opposto, e le Commissioni Tributarie di primo e secondo grado gli hanno dato ragione, annullando le sanzioni. I giudici di merito avevano ritenuto che non vi fosse dolo o colpa da parte del socio, il quale si era fidato della gestione dei familiari, anch’essi soci, e non possedeva competenze specifiche in materia societaria.

La questione delle sanzioni per il socio accomandante

L’Agenzia delle Entrate ha presentato ricorso per cassazione, sostenendo la violazione di diverse norme, tra cui quelle che regolano la responsabilità per le sanzioni e la figura del socio accomandante. Il punto cruciale era stabilire se la posizione di estraneità alla gestione potesse effettivamente esonerare il socio accomandante dalla responsabilità per le sanzioni derivanti dalla dichiarazione infedele della società.

Le motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia, cassando la sentenza d’appello e rigettando l’originario ricorso del contribuente. Le motivazioni si basano su principi consolidati del diritto tributario e societario.

Il principio di trasparenza e l’imputazione del reddito

La Corte ha ribadito che il maggior reddito accertato in capo a una società di persone viene imputato ‘per trasparenza’ ai soci ai fini IRPEF. Questo meccanismo comporta automaticamente anche l’applicazione, allo stesso socio, delle sanzioni per l’infedele dichiarazione. La responsabilità per la sanzione è una diretta conseguenza dell’imputazione del reddito non dichiarato.

Il dovere di controllo del socio accomandante

Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione dell’art. 2320 del codice civile. Sebbene il socio accomandante non possa compiere atti di amministrazione, ha il diritto di controllare l’andamento della società, consultare i libri contabili e i documenti sociali, e verificare l’esattezza del bilancio. Secondo la Corte, questo non è solo un diritto, ma un onere. La colpa del socio accomandante non deriva da una partecipazione attiva all’illecito, ma dall’omesso o insufficiente esercizio di questo potere di controllo. La mancata vigilanza sull’esattezza dei bilanci integra l’elemento soggettivo della colpa, sufficiente a fondare la responsabilità per le sanzioni.

L’irrilevanza della formazione professionale

La Corte ha inoltre specificato che la mancanza di una formazione professionale adeguata in materia societaria non costituisce una valida scusante. Il contribuente, accettando il ruolo di socio accomandante, ne ha assunto diritti, obblighi e responsabilità. Avrebbe potuto e dovuto esercitare i suoi poteri di controllo avvalendosi, se necessario, dell’ausilio di professionisti competenti.

Le conclusioni: implicazioni pratiche

Questa pronuncia chiarisce in modo inequivocabile che la posizione di socio accomandante non è un porto sicuro rispetto alle responsabilità fiscali della società. La passività e la fiducia negli amministratori, anche se familiari, non bastano a escludere la responsabilità per le sanzioni. Per i soci accomandanti, emerge la necessità di esercitare attivamente i propri diritti di controllo, documentando le verifiche effettuate, per poter dimostrare, in caso di contenzioso, di aver agito con la dovuta diligenza e di non essere incorsi in colpa. La decisione sottolinea che l’assunzione di una quota societaria comporta non solo la partecipazione agli utili, ma anche un preciso onere di vigilanza sulla corretta gestione fiscale e contabile dell’impresa.

Un socio accomandante, che non partecipa alla gestione, è responsabile per le sanzioni fiscali della società?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, il socio accomandante risponde delle sanzioni per l’infedele dichiarazione della società, poiché la sua colpa risiede nell’omesso o insufficiente esercizio del potere-dovere di controllo sui bilanci e sulla contabilità, previsto dalla legge.

La mancanza di competenze specifiche in materia societaria può esonerare il socio accomandante dalla responsabilità?
No. La Corte ha stabilito che la formazione professionale estranea alla materia non è una scusante valida. Il socio, accettando il suo ruolo, assume tutti gli oneri connessi e avrebbe potuto avvalersi di consulenti esperti per esercitare il suo diritto di controllo.

Cosa significa ‘principio di trasparenza fiscale’ in questo contesto?
Significa che il reddito della società di persone è attribuito direttamente ai soci in proporzione alle loro quote. Di conseguenza, non solo il maggior reddito accertato viene tassato in capo al socio, ma anche le sanzioni collegate a tale maggior reddito vengono applicate direttamente a lui.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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