Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16257 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 16257 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 11/06/2024
Società personeimputazione redditi per trasparenza-socio accomandante -reati dell’amministratore -sanzioni-legittimità
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 8467/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura AVV_NOTAIO dello Stato, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO;
-ricorrente – contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, come da procura in calce al ricorso, p.e.c. EMAIL;
-controricorrente – nonché
sul ricorso iscritto al n. 8705/2018 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, come da procura in calce al ricorso, p.e.c. EMAIL;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura AVV_NOTAIO dello Stato, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO;
-intimata – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto n. 879/2017 depositata in data 11/09/2017; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 9/05/2024 dal consigliere AVV_NOTAIO. NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del sostituto AVV_NOTAIO, AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso del contribuente e l’accoglimento del ricorso erariale; udito l’AVV_NOTAIO per l’Avvocatura dello Stato;
udito l’AVV_NOTAIO per NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
L’RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, notificava ad NOME COGNOME quattro avvisi di accertamento, per gli anni di imposta 2006, 2007, 2008 e 2009, con cui recuperava a imposizione a fini Irpef, ai sensi dell’art. 5 t.u.i. r., i redditi accertati nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE di cui egli era socio accomandante.
Il contribuente proponeva ricorso davanti alla Commissione tributaria RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE che lo accoglieva in relazione alle annualità del 2006 al 2008, ritenendo che l’amministrazione fosse decaduta dal potere accertativo, ai sensi dell’art. 43 del d.P.R. n. 600
del 1973, nei confronti del socio accomandante; lo accoglieva solo in relazione alle sanzioni per l’anno 2009, confermando per tale anno la ripresa.
La Commissione tributaria regionale del Veneto rigettava l’appello principale dell’ufficio e quello incidentale del contribuente.
In particolare, riteneva che l’amministrazione fosse decaduta dal potere di accertamento nei confronti del socio accomandante, per gli anni indicati, non sussistendo elementi che imponessero l’obbligo di denuncia penale nei suoi confronti; nel merito riteneva che per l’anno 2009 il ribaltamento dell ‘ imposta accertata in via definitiva nei confronti della società fosse legittimo ma che non sussistesse la colpevolezza per l’applicazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni , sia per il ruolo di accomandante sia per la mancanza di prova di responsabilità gestionale, sia per l ‘ assoluta estraneità alla gestione societaria, come emersa dalle incontestate circostanze deAVV_NOTAIOe dalla parte, ed esclusa in sede penale.
Contro tale sentenza propone ricorso l’RAGIONE_SOCIALE , in base a tre motivi; il ricorso è stato iscritto al n. NUMERO_DOCUMENTO.
Resiste con controricorso la parte contribuente, che ha altresì depositato memoria.
Contro la medesima sentenza ha proposto ricorso il contribuente, affidandosi a due motivi; il ricorso è stato iscritto al n. NUMERO_DOCUMENTO.
L’RAGIONE_SOCIALE , cui il ricorso è stato notificato in data 9/03/2018, non ha svolto attività difensiva.
I ricorsi sono stati quindi fissati per la trattazione in pubblica udienza alla data del 9/05/2024, per la quale il PG ha depositato memoria scritta concludendo per l’accoglimento d el ricorso erariale ed il rigetto del ricorso del contribuente.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Occorre preliminarmente disporre la riunione dei ricorsi proposti contro la medesima decisione da entrambe le parti, ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ.
Entrambi i ricorsi sono stati notificati in data 9/03/2018. Questa Corte (Cass. 17/02/2004, n. 3004; Cass. 04/12/2014, n. 25662) ha già evidenziato che nel caso in cui i due ricorsi risultino essere stati notificati nella stessa data,l’individuazione del ricorso principale e di quello incidentale va effettuata con riferimento alle date di deposito dei ricorsi, dovendo conseguentemente considerarsi principale il ricorso depositato per primo (nel caso di specie il ricorso erariale) ed incidentale quello depositato per secondo.
1.1. L’RAGIONE_SOCIALE propone tre motivi di ricorso.
Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3) cod. proc. civ., deduce violazione dell’art. 43, comma 3, d.P.R. n. 600 del 1973, censurando la decisione della CTR ove ha ritenuto che fosse inapplicabile nei confronti del socio accomandante il raddoppio dei termini. Il motivo concerne quindi gli avvisi relativi agli anni di imposta 2006, 2007 e 2008.
Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3) cod. proc. civ., deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1 d. lgs. n. 471 del 1997, 5 d. lgs. n. 472 del 1997, 1320 e 2697 cod. civ., 7 d. lgs. n. 546 del 1992, censurando la decisione della CTR ove ha ritenuto l’assenza di colpa accertata in sede penale e quindi l ‘ inapplicabilità RAGIONE_SOCIALE sanzioni, evidenziando che la colpa deriva dal mancato o insufficiente controllo sulla società.
Con il terzo motivo , proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3) cod. proc. civ., deduce nullità della sentenza per violazione degli artt. 36 d.lgs. n. 546 del 1992 e 115 cod. proc. civ., laddove la CTR ha apoditticamente affermato la buona fede del contribuente.
Il secondo e il terzo motivo attengono quindi alla decisione sulle sanzioni relativa all’anno di imposta 2009.
1.2. Il contribuente propone due motivi di ricorso, tutti riferiti alla decisione sfavorevole relativa al merito della pretesa tributaria del 2009.
Con il primo motivo, proposto ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 4) cod. proc. civ., deduce nullità della sentenza per motivazione apparente e contraddittoria, in relazione agli artt. 36, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992, 132, secondo comma, n. 4) cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ.; la motivazione sarebbe apparente ove la CTR apoditticamente afferma la legittimità del ribaltamento al socio dei redditi accertati nei confronti della società senza affrontare i motivi di appello, ove si era af fermata l’inapplicabilità dell’art. 5 t.u.i.r. , se interpretato alla luce degli artt. 1 t.u.i.r. e 37 d.P.R. n. 600 del 1973; la motivazione sarebbe contraddittoria ove ha invece confermato la ripresa pur avendo affermato che le circostanze adAVV_NOTAIOe in sede di ricorso sul ruolo che ha avuto il contribuente nella società, non controbattute dall’ufficio , provano la sua buona fede e la sua assoluta estraneità alla gestione aziendale e societaria .
Con il secondo motivo, deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 5 t.u.i.r., letto alla luce degli artt. 1 t.u.i.r. e 37 d.P.R. n. 600 del 1973 (espressione dell’art. 53 Cost.) , censurando la decisione laddove ha ritenuto applicabile la presunzione pur in presenza di utili estranei alla sfera societaria poiché riferibili non alla società ma solo ad uno dei soci, NOME COGNOME, socio accomandante.
1.3 . Giova premettere all’esame dei motivi che l’unitarietà dell’accertamento comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci, sicché tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la
contro
versia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi (Cass., Sez. U., 4/06/2008, n. 14815); in tale decisione si ebbe anche però a precisare che Naturalmente, non sussiste litisconsorzio necessario tra società e soci quando il contribuente svolga una difesa sulla base di eccezioni personali, come la qualità di socio o la decadenza dal potere di accertamento, o che riguardino la ripartizione del reddito tra i soci , il che è quanto accaduto nel caso di specie, ove si controverte, infatti, sulla decadenza del potere accertativo nei confronti del singolo socio (in tal senso Cass. 11/06/2018, n. 15116), sulla inapplicabilità nei suoi confronti del principio di trasparenza e RAGIONE_SOCIALE sanzioni.
Occorre preliminarmente evidenziare che la parte contribuente ha depositato in atti domanda di definizione agevolata della controversia ai sensi dell’art. 6 d.l. 23 /10/2018, n. 119, conv. in l. 17/12/2018, n. 136, riferita agli avvisi di accertamento relativi agli anni 2006 (T6S010403455/2014), 2007 (T6S010703467/2014) e 2008 (T6S010403471/2014), unitamente alle quietanze di pagamento della prima rata, cui ha fatto seguito memoria con cui ha evidenziato la intervenuta pace fiscale, in parte qua .
In assenza di deposito di alcun provvedimento di diniego da parte dell’RAGIONE_SOCIALE, che ha anzi aderito alla richiesta, allegando comunicazione dell’ufficio periferico che attesta la regolarità della definizione, va quindi dichiarata l’estinzione del giudizio per intervenuta definizione agevolata ai sensi dell’art. 6 d.l. n. 119 del 2018 conv. in l. n. 136 del 2018, in relazione agli avvisi relativi agli anni di imposta 2006, 2007, 2008.
La definizione agevolata di tali avvisi rende superfluo l’esame del primo motivo del ricorso erariale, che è relativo alla dichiarata decadenza dal potere accertativo dell’ufficio nei confronti dell’accomandante, in relazione a tali anni di imposta.
Occorre a questo punto esaminare prioritariamente i motivi del ricorso del contribuente, che, attenendo al merito della ripresa, sono logicamente antecedenti ai motivi erariali relativi all ‘ applicabilità RAGIONE_SOCIALE sanzioni.
Il primo motivo deduce nullità della sentenza per motivazione apparente e contraddittoria.
4.1 . La mancanza della motivazione, rilevante ai sensi dell’art. 132 n. 4, cod. proc. civ. (e nel caso di specie dell’art. 36, secondo comma, n. 4, d.lgs. 546/1992) e riconducibile all’ipotesi di nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, si configura quando la motivazione manchi del tutto – nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione ovvero… essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum . Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione, sempre che il vizio emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata (Cass., Sez. U. 7/04/2014, n. 8053; successivamente tra le tante Cass. 25/09/2018, n. 22598). In particolare si è in presenza di una motivazione apparente allorché la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la
formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture.
4.2. Nel caso di specie, la motivazione, pur concisa, esiste graficamente, e rappresenta una ratio decidendi perfettamente individuabile, cioè che l’accertamento definitivo dei redditi nei confronti della società renda obbligatorio il ribaltamento ai soci ; la deAVV_NOTAIOa contraddittorietà non è tale o ve si consideri che l’affermazione di estraneità alla gestione societaria è resa nella parte della decisione relativa all’obbligo di denuncia, per suffragarne l’inesistenza nei confronti del socio accomandante.
Il secondo motivo è infondato, alla luce RAGIONE_SOCIALE seguenti considerazioni.
5.1. I primi due commi dell’art. 5 del t.u.i.r. dispongono che i redditi RAGIONE_SOCIALE società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato sono imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili (comma 1); le quote di partecipazione agli utili si presumono proporzionate al valore dei conferimenti dei soci se non risultano determinate diversamente dall’atto pubblico o dalla scrittura privata autenticata di costituzione o da altro atto pubblico o scrittura autenticata di data anteriore all’inizio del periodo d’imposta; se il valore dei conferimenti non risulta determinato, le quote si presumono uguali (comma 2).
Nel d.P.R. n 917 del 1986, le società di persone non costituiscono un autonomo soggetto passivo d’imposta, ma sono assunte alla stregua di centri di riferimento per la determinazione del reddito, che viene attribuito direttamente ai soci, indipendentemente dalla sua
percezione, al termine dell’esercizio e in base alle rispettive quote di partecipazione agli utili.
5.2. La disposizione, di cui il ricorrente invoca un ‘ interpretazione costituzionalmente orientata, ha superato plurimi vagli di legittimità costituzionale (Corte cost. n. 201 del 2020, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24, secondo comma, 53, primo comma, e 113, secondo comma, della Costituzione; Corte cost. n. 53 del 2001, in riferimento agli artt. 3, 24 e 53 Cost.; Corte cost. n. 55 del 1998, in riferimento all’art. 24 Cost.), tutti riferiti specificamente alla posizione del socio accomandante in una s.a.s.
Come evidenziato da Corte cost. n. 201 del 2020 tale metodo dell’attribuzione del reddito “per trasparenza” – che non è peculiare del nostro sistema impositivo, costituendo un modello per certi versi conosciuto anche negli ordinamenti di altri Paesi – comporta quindi la tassazione IRPEF direttamente in capo ai soci degli utili societari, con imputazione degli stessi per ciascun periodo d’imposta e indipendentemente dalla percezione: assume, così, rilievo il solo fatto della produzione del reddito (con conseguente irrilevanza fiscale della distribuzione degli utili negli esercizi successivi). In base a tale scelta legislativa il presupposto di imposta si realizza, quindi, in capo ai soci e non alla società che, considerata “trasparente”, diventa uno “schermo” dietro il quale i primi esercitano collettivamente un’attività economica. Infatti, “in forza dell’imputazione al socio del reddito di partecipazione pro quota , indipendentemente dall’effettiva percezione, il socio medesimo diventa l’unico soggetto passivo dell’imposta personale, avendo in realtà dichiarato un reddito proprio ancorché il presupposto dell’imposizione si verifichi unitariamente presso l’ente collettivo che lo produce e lo dichiara. Questa diretta imputazione del reddito è la conseguenza logica immediata del principio accolto dal legislatore tributario di “immedesimazione” esistente tra società a base
personale e singoli soci che la compongono, per cui non è configurabile una soggettività distinta, separata o disgiunta della società rispetto ai soci. Tale principio costituisce espressione della giuridica irrilevanza della soggettività RAGIONE_SOCIALE società di persone in campo tributario, considerando il Fisco le società di persone come uno schermo dietro il quale operano i soci con i particolari poteri di direzione, di controllo e di gestione anche se non sono amministratori .
Ancora, i suddetti soci, dunque, sul piano tributario, sono chiamati a contribuire alle pubbliche spese in relazione a un incremento patrimoniale realizzato per effetto dell’attività sociale, rispetto alla quale hanno un onere e un potere di controllo (artt. 2261 e 2320 del codice civile) che, da un lato, li pone giuridicamente in grado di avere piena conoscenza dell’indicato incremento patrimoniale e, dall’altro, rende irrilevante, a questi fini, la distinzione tra soci amministratori e non amministratori. L’imputazione reddituale “per trasparenza” RAGIONE_SOCIALE società di persone, anche avuto riguardo al caso di soci non amministratori (e, in particolare, anche nel caso dell’accomandante), si riconnette quindi alla disciplina civilistica che attribuisce ad essi puntuali poteri di controllo. Tale aspetto concorre così a giustificare dal punto di vista fiscale – la diretta imputazione del risultato economico proAVV_NOTAIOo dalla società al socio indipendentemente dalla sua percezione dell’utile. Infatti, anche a prescindere dall’approvazione del rendiconto e dalla previsione statutaria di eventuali riserve di utili (o dalla decisione unanime dei soci in tal senso), il socio già si trova in una relazione con il reddito societario proAVV_NOTAIOo che appare idonea a integrare la peculiare nozione di “possesso”, indicato quale presupposto dell’IRPEF dall’art. 1 del TUIR e che costituisce l’indice di capacità contributiva assunto dal legislatore .
La Corte ha altresì escluso che si possa parlare di presunzione di distribuzione degli utili in quanto la previsione del comma 1 del
medesimo art. 5, nello stabilire che l’imputazione avviene “indipendentemente dalla percezione”, individua un meccanismo d’imputazione di ciò che è stato assunto dal legislatore come reddito proAVV_NOTAIOo, senza, invece, “presumere” la distribuzione dello stesso. La norma censurata esclude la soggettività passiva tributaria della società di persone e, in tal modo, elimina lo schermo societario imputando direttamente ai soci il reddito proAVV_NOTAIOo dalla società. Si tratta di una connotazione strutturale dell’ente ai fini tributari e non di una “presunzione” di distribuzione degli utili .
Inoltre, il giudice RAGIONE_SOCIALE leggi ha altresì escluso ogni contrasto di tale previsione con l’art. 1 t.u.i.r. (disposizione pure invocata dal ricorrente), dovendo ritenersi che il possesso cui fa riferimento il legislatore tributario agli specifici fini dell’IRPEF deve essere inteso, pertanto, quale modo per identificare la relazione del soggetto con la peculiare manifestazione di capacità contributiva che è costituita appunto dal reddito, secondo le regole giuridiche RAGIONE_SOCIALE singole categorie reddituali e che non arbitrariamente il legislatore tributario ha individuato come indice di capacità contributiva la relazione tra il presupposto e il soggetto passivo attraverso la diretta imputazione al socio (“per trasparenza”) del reddito proAVV_NOTAIOo in forma associata, indipendentemente dalla percezione .
Già in precedenza il giudice RAGIONE_SOCIALE leggi (Corte Cost. n. 53 del 2001) aveva escluso profili di illegittimità di tale previsione, precisando che fosse errata l’impostazione per cui il reddito societario, illecitamente sottratto dagli amministratori della società, sia, per effetto della norma impugnata, imputabile ai soci pur dovendo considerarsi puramente fittizio…. in quanto tale reddito deve, invece, r itenersi effettivo, posto che la sua sottrazione, che è peraltro vicenda interna alla società e non incide sul momento genetico della sua produzione, ne presuppone logicamente la esistenza .
5.3. È peraltro comune affermazione in AVV_NOTAIOrina che tali considerazioni siano anche la conseguenza dell’incondizionato diritto del socio alla percezione degli utili all’approvazione del rendiconto, prevista dall’art. 2262 cod. civ.
5.4. Nel medesimo ordine di idee, questa Corte ha costantemente ritenuto che il maggior reddito risultante dalla rettifica operata nei confronti di una società di persone vada imputato al socio (come proprio di questo) ai fini dell’IRPEF (non essendo la società di persona soggetto passivo dell’imposta sul reddito), in proporzione della relativa quota di partecipazione (Cass. 29/10/2010, n. 22122; Cass. 12/02/2007, n. 3011; Cass. 27/02/2002, n. 2899 ). L’imputazione al socio opera quindi anche in caso di accertamento e prescinde dalla mancata contabilizzazione dei ricavi e dai metodi usati dalla società per realizzarli: salve le azioni da lui eventualmente esperibili contro la società, in sede civile ordinaria, per recuperare la sua quota di utile se dovuta (Cass. 30/10/2006, n. 23359).
E si è precisato che in tema d’imposte sui redditi RAGIONE_SOCIALE società di persone (nella specie, una RAGIONE_SOCIALE), l’imputazione proporzionale dei redditi della società ai singoli soci, prevista dall’art. 5 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, è indipendente dall’effettiva percezione degli utili e dalla stessa partecipazione del socio alla gestione sociale ed opera anche nel caso in cui le quote di partecipazione siano solo formalmente intestate ai soci; né, in senso contrario, assume rilievo la previsione di cui all’art. 37, terzo e quarto comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, che, in ipotesi di interposizione fittizia, prevede solo che le persone interposte, ove dimostrino di aver pagato imposte per redditi successivamente imputati ad altro contribuente, possano chiederne ed ottenerne il rimborso, a cui l’Amministrazione procede, nei limiti dell’imposta effettivamente percepita, dopo che l’accertamento sia diventato definitivo nei confronti dell’interponente
(Cass. 04/08/2006, n. 17731 ripresa da Cass. 10/06/2015, n. 11989, citata dallo stesso ricorrente).
5.5. In giurisprudenza è stato, peraltro, affrontato anche il tema dell’illecito commesso dagli amministratori di società di persone che è il punto centrale del ricorso. Proprio in tali ultime decisioni citate si è esplicitato ulteriormente che lo svolgimento di un’attività costituente reato da parte di uno dei soci-amministratori di una società di persone, in violazione di norme organizzative o di legge, non comporta l’interruzione del rapporto organico, sempre che gli atti posti in essere siano comunque pertinenti all’azione della società e rispondano ad un interesse riconducibile, anche indirettamente, all’oggetto sociale. Ne discende, pertanto, che solo nell’ipotesi in cui la società abbia ratificato l’illegittimo operato dell’amministratore, o se ne sia comunque, in qualche maniera, avvantaggiata, resta irrilevante ogni questione relativa all’estraneità dell’atto posto in essere dall’amministratore all’oggetto sociale (analogamente Cass. 01/10/2014, n. 20704; Cass. 26/05/2021, n. 14563).
In tale ordine di idee, questa Corte ha anche precisato che il reddito realizzato da una società di persone in conseguenza dell’attività delittuosa di taluni soci va imputato a tutti i soci, in proporzione della rispettiva quota, a nulla rilevando che taluni di essi non abbiano concorso nel reato (Cass. 11/06/2007, n. 13575, affermando, in fattispecie sostanzialmente sovrapponibile a quella in esame, vertendo su attività illecita dell’amministratore di RAGIONE_SOCIALE poi fallita, per costi per operazioni inesistenti, che costituisce circostanza irrilevante essere state., poste, in essere, nell’ambito societario, le attività illecite soltanto da alcuni soci. Fermo restando che le conseguenze di carattere penale non potranno che essere esclusivamente personali, dal punto di vista fiscale ciascun socio dovrà dichiarare la propria quota di reddito
di partecipazione, anche se derivante da attività illecite poste in essere da altro socio ).
5.6. Non appare quindi applicabile al caso di specie la deroga indicata da Cass. n. 11989 del 2015, citata, che è relativa al solo caso che si tratti di atti non pertinenti all’ oggetto sociale della società, in quanto nel caso di specie appare pacifico oltre che l’accertamento societario non sia stato impugnato, anche che si trattasse di costi per operazioni inesistenti, iscritti in bilancio e dichiarati nella dichiarazione dei redditi, come accertato dalla CTR. La quale ha, sul punto, quindi correttamente ritenuto applicabile il ribaltamento dell’imposta , accertata nei confronti della società, al socio anche se accomandante, poiché alla luce RAGIONE_SOCIALE predette circostanze non è possibile parlare di atti non pertinenti all’oggetto sociale della società .
Il motivo va quindi respinto, dovendosi confermare il principio per cui il reddito realizzato da una società di persone in conseguenza dell’attività delittuosa di taluni soci va imputato a tutti i soci, in proporzione alla relativa quota, non rilevando che taluni di essi non abbiano concorso nel reato.
Occorre a questo punto esaminare il ricorso dell’RAGIONE_SOCIALE; premessa la superfluità dell’esame del primo motivo, relativo alle annualità definite, occorre esaminare il secondo ed il terzo motivo, che vanno esaminati congiuntamente e che sono fondati.
La CTR, nel dare rilevanza al ruolo di accomandante e all’assenza di prova di gestione diretta della società da parte del medesimo, non ha fatto corretta applicazione del principio, reiteratamente affermato da questa Corte, secondo cui il maggior reddito risultante dalla rettifica operata nei confronti di una società di persone – reddito che, a norma del d.P.R. 29 settembre 1913, n. 519, art. 5, va imputato al socio (come proprio di questo) ai fini dell’IRPEF (non essendo la società di persona soggetto passivo dell’imposta sul reddito), in proporzione
della relativa quota di partecipazione – comporta anche l’applicazione allo stesso socio della sanzione per infedele dichiarazione prevista dal d.P.R. 29 settembre 1913, n. 600, art. 46 . Ciò vale anche per il socio accomandante di società in accomandita semplice, essendo irrilevante l’estraneità di tali soci all’amministrazione della società, in quanto ad essi è sempre consentito di verificare l’effettivo ammontare degli utili conseguiti: la sanzione, quindi, non viene irrogata all’accomandante sulla base della mera volontarietà, in contrasto con l’elemento della colpevolezza introAVV_NOTAIOo dall’art. 5 del d.l.gs. n. 472 del 1997, in quanto, nel suo caso, la colpa consiste nell’omesso od insufficiente esercizio del potere di controllo sull’esattezza dei bilanci della società, ai sensi dell’art. 2320 u.c. cod. civ. (Cass. 21/04/1995, n. 4504; Cass. 9/12/2002, n. 17492; Cass. 25/02/2002, n. 2699; Cass. 15/03/2006, n . 5665; Cass, 12/02/2007, n. 3011; Cass. 28/06/2017, n . 16116; Cass. 21/09/2017, n. 22011; Cass. 19/07/2021, n. 20598).
La questione della colpevolezza del socio accomandante, ai fini dell’applicazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni, doveva quindi essere esaminata avendo riferimento all’esercizio dei suoi poteri di controllo e non di quelli gestori.
7. Di conseguenza, in relazione al ricorso erariale, va dichiarata l’estinzione del giudizio in relazione agli anni di imposta 2006, 2007 e 2008, con conseguente assorbimento del primo motivo, mentre il ricorso va accolto, in relazione all’anno 2009, nel suo secondo e terzo motivo; va invece respinto il ricorso del contribuente; la sentenza impugnata va cassata, in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto, in diversa composizione, cui è demandato di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte riunisce il ricorso iscritto al n. NUMERO_DOCUMENTO al ricorso iscritto al n. NUMERO_DOCUMENTO; rigetta il ricorso iscritto al n. NUMERO_DOCUMENTO; dichiara estinto il giudizio n. RG NUMERO_DOCUMENTO/NUMERO_DOCUMENTO in relazione agli avvisi di accertamento relativi agli anni di imposta 2006, 2007, 2008; accoglie il secondo e il terzo motivo del ricorso dell’RAGIONE_SOCIALE iscritto al n. NUMERO_DOCUMENTO, dichiarando assorbito il primo motivo; cassa, in relazione ai motivi accolti, la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto, in diversa composizione, cui demanda di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente nel ricorso iscritto al n. NUMERO_DOCUMENTO, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 9 maggio 2024.