Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16242 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 16242 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 11/06/2024
Società persone-socio accomandante- imputazione redditi per trasparenzareati dell’amministratore -applicabilitàSanzioni-legittimità
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 9939/2020 R.G. proposto da:
BIZZO COGNOME, rappresentato e difeso d all’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, come da procura in calce al ricorso, p.e.c. EMAIL;
-ricorrente -contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura AVV_NOTAIO dello Stato, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO;
-controricorrente e ricorrente incidentale – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto n. 744/2019 depositata in data 24/09/2019;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 9/05/2024 dal AVV_NOTAIO. NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e l’accoglimento del ricorso incidentale ; udito l’AVV_NOTAIO per parte ricorrente principale; udito l’AVV_NOTAIO per l’Avvocatura dello Stato.
FATTI DI CAUSA
L’RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, notificava a NOME COGNOME un avviso di accertamento, per l’ anno di imposta 2010, con cui recuperava a imposizione a fini Irpef, ai sensi dell’art. 5 t.u.i. r., i redditi accertati nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE di cui egli era socio accomandante.
Il contribuente proponeva ricorso davanti alla Commissione tributaria RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE (CTP) che lo rigettava.
La Commissione tributaria regionale del Veneto (CTR) rigettava l’appello quanto al merito dell’accertamento ma lo accoglieva in relazione alle sanzioni. In particolare, evidenziava che il socio non aveva proposto ricorso contro l’avviso emesso nei confronti della società e che la dichiarazione sostitutiva di atto notorio del socio accomandatario COGNOME non poteva fornire prova a favore del contribuente così come il fatto che egli non fosse stato coinvolto nella responsabilità penale non escludeva che avesse tratto vantaggio dalle conseguenze reddituali della frode perpetrata; lo accoglieva in relazione alle sanzioni, ritenendo mancante la colpa in capo al socio accomandante, assolto in sede penale.
Contro tale sentenza propone ricorso NOME COGNOME, in base a tre motivi, illustrati da successiva memoria.
Resiste l’RAGIONE_SOCIALE con controricorso , proponendo ricorso incidentale affidato a due motivi.
Il ricorso è stato quindi fissato per la trattazione in pubblica udienza alla data del 9/05/2024, per la quale il PG ha depositato memoria scritta concludendo per il rigetto del ricorso principale e l’accoglimento di quello incidentale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorrente principale propone tre motivi di ricorso.
Con il primo motivo, proposto ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 3) cod. proc. civ., deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 43 d.P.R. n. 267 del 1942, laddove la CTR ha ritenuto che fosse onere del socio impugnare gi avvisi di accertamento relativi alla società a lui notificati per conoscenza.
Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 4) cod. proc. civ., deduce violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., per omessa pronuncia in merito al motivo di appello sulla inapplicabilità dell’art. 5 t.u.i.r.
Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 3) cod. proc. civ., deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 5 t.u.i.r., letto alla luce degli artt. 1 t.u.i.r. e 37 d.P.R. n. 600 del 1973 (espressione dell’art. 53 Cost.) , censurando la decisione laddove ha ritenuto applicabile la presunzione pur in presenza di utili estranei alla sfera societaria poiché riferibili non alla società ma solo ad uno dei soci, NOME COGNOME, socio accomandante.
1.1. L’RAGIONE_SOCIALE propone due motivi di ricorso incidentale.
Con il primo motivo, proposto ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 3) cod. proc. civ., deduce violazione degli artt. 5 t.u.i.r., 1, comma 2, 2 e 5 d.lgs. n. 472 del 1997, 2697 cod. civ., 652 cod. proc. pen., censurando la decisione ove ha escluso l’applicabilità RAGIONE_SOCIALE sanzioni , peraltro in base all’esito RAGIONE_SOCIALE indagini penali sfociate in una archiviazione, priva di efficacia di cosa giudicata.
Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4) cod. proc. civ., deduce nullità della sentenza per motivazione assente in quanto radicalmente contraddittoria, in violazione degli artt. 132, secondo comma, n. 4) cod. proc. civ. e 36, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992.
1.2. Giova premettere all’esame dei motivi che l’unitarietà dell’accertamento comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci, sicchè tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi (Cass., Sez. U., 4/06/2008, n. 14815); in tale decisione si ebbe anche però a precisare che Naturalmente, non sussiste litisconsorzio necessario tra società e soci quando il contribuente svolga una difesa sulla base di eccezioni personali, come la qualità di socio o la decadenza dal potere di accertamento, o che riguardino la ripartizione del reddito tra i soci , il che è quanto accaduto nel caso di specie, ove si controverte, infatti, della decadenza del potere accertativo nei confronti del singolo socio (in tal senso Cass. 11/06/2018, n. 15116), della inapplicabilità nei suoi confronti del principio di trasparenza e dell ‘applicabilità dell e sanzioni.
Il primo motivo del ricorso principale, con cui il ricorrente censura l’affermazione con la quale la RAGIONE_SOCIALE ha evidenziato che egli non aveva impugnato l’avviso di accertamento emesso nei confronti della società, è inammissibile.
Il ricorrente evidenzia infatti che essendo fallita la società unico soggetto legittimato a impugnare era il curatore; la censura non attiene ad una autonoma ratio decidendi ma ad una RAGIONE_SOCIALE argomentazioni evidenziate dalla CTR per affermare il carattere definitivo dell’accertamento emesso nei confronti della società e non è supportata
da uno specifico interesse poiché il ricorrente non muove alcuna contestazione in merito a tale maggior reddito.
Il secondo motivo, con cui si deduce omessa pronuncia sul motivo di appello relativo alla deAVV_NOTAIOa inapplicabilità dell’art . 5 t.u.i.r. al caso di specie, è infondato.
Ed infatti, il giudice non è tenuto ad occuparsi espressamente e singolarmente di ogni allegazione, prospettazione ed argomentazione RAGIONE_SOCIALE parti, risultando necessario e sufficiente, in base all’art. 132, n. 4, cod. proc. civ., che esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, e dovendo ritenersi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione aAVV_NOTAIOata e con l’ iter argomentativo seguito.
Ne consegue che il vizio di omessa pronuncia, configurabile allorché risulti completamente omesso il provvedimento del giudice indispensabile per la soluzione del caso concreto, non ricorre nel caso in cui, seppure manchi una specifica argomentazione, la decisione aAVV_NOTAIOata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte ne comporti il rigetto (Cass. 25/06/2020, n. 12652).
Nel caso di specie l’applicabilità o meno dell’art. 5 t.u.i.r. era il punto centrale della decisione in quanto posto a fondamento della pretesa erariale (espressamente richiamato anche dalla CTR nella esposizione RAGIONE_SOCIALE deduzioni RAGIONE_SOCIALE parti) e la CTR, implicitamente ma chiaramente, a ciò ha fatto riferimento laddove ha ritenuto che le risultanze del processo penale, se deponev ano per l’assenza di responsabilità penale del socio accomandante, non escludevano che egli avesse tratto vantaggio reddituale dalla frode perpetrata.
Il terzo motivo, con cui il ricorrente si duole dell’applicazione del principio di trasparenza anche a redditi imputabili al solo socio accomandatario utilizzando lo schermo della società, trattandosi di
attività illecita, quella posta in essere da quest’ultimo, non riconducibile all’oggetto sociale , è infondato.
4.1. I primi due commi dell’art. 5 del t.u.i.r. dispongono che i redditi RAGIONE_SOCIALE società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato sono imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili (comma 1); le quote di partecipazione agli utili si presumono proporzionate al valore dei conferimenti dei soci se non risultano determinate diversamente dall’atto pubblico o dalla scrittura privata autenticata di costituzione o da altro atto pubblico o scrittura autenticata di data anteriore all’inizio del periodo d’imposta; se il valore dei conferimenti non risulta determinato, le quote si presumono uguali (comma 2).
Nel d.P.R. n. 917 del 1986, le società di persone non costituiscono un autonomo soggetto passivo d’imposta, ma sono assunte alla stregua di centri di riferimento per la determinazione del reddito, che viene attribuito direttamente ai soci, indipendentemente dalla sua percezione, al termine dell’esercizio e in base alle rispettive quote di partecipazione agli utili.
4.2. La disposizione, di cui il ricorrente invoca un ‘ interpretazione costituzionalmente orientata, ha superato plurimi vagli di legittimità costituzionale (Corte Cost. n. 201 del 2020, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24, secondo comma, 53, primo comma, e 113, secondo comma, della Costituzione; Corte Cost. n. 53 del 2001, in riferimento agli artt. 3, 24 e 53 Cost.; Corte Cost. n. 55 del 1998, in riferimento all’art. 24 Cost.), tutti riferiti specificamente alla posizione del socio accomandante in una s.a.s.
Come evidenziato da Corte Cost. n. 201 del 2020 tale metodo dell’attribuzione del reddito “per trasparenza” – che non è peculiare del nostro sistema impositivo, costituendo un modello per certi versi
conosciuto anche negli ordinamenti di altri Paesi – comporta quindi la tassazione IRPEF direttamente in capo ai soci degli utili societari, con imputazione degli stessi per ciascun periodo d’imposta e indipendentemente dalla percezione: assume, così, rilievo il solo fatto della produzione del reddito (con conseguente irrilevanza fiscale della distribuzione degli utili negli esercizi successivi). In base a tale scelta legislativa il presupposto di imposta si realizza, quindi, in capo ai soci e non alla società che, considerata “trasparente”, diventa uno “schermo” dietro il quale i primi esercitano collettivamente un’attività economica. Infatti, “in forza dell’imputazione al socio del reddito di partecipazione pro quota , indipendentemente dall’effettiva percezione, il socio medesimo diventa l’unico soggetto passivo dell’imposta personale, avendo in realtà dichiarato un reddito proprio ancorché il presupposto dell’imposizione si verifichi unitariamente presso l’ente collettivo che lo produce e lo dichiara. Questa diretta imputazione del reddito è la conseguenza logica immediata del principio accolto dal legislatore tributario di “immedesimazione” esistente tra società a base personale e singoli soci che la compongono, per cui non è configurabile una soggettività distinta, separata o disgiunta della società rispetto ai soci. Tale principio costituisce espressione della giuridica irrilevanza della soggettività RAGIONE_SOCIALE società di persone in campo tributario, considerando il Fisco le società di persone come uno schermo dietro il quale operano i soci con i particolari poteri di direzione, di controllo e di gestione anche se non sono amministratori .
Ancora, i suddetti soci, dunque, sul piano tributario, sono chiamati a contribuire alle pubbliche spese in relazione a un incremento patrimoniale realizzato per effetto dell’attività sociale, rispetto alla quale hanno un onere e un potere di controllo (artt. 2261 e 2320 del codice civile) che, da un lato, li pone giuridicamente in grado di avere piena conoscenza dell’indicato incremento patrimoniale e, dall’altro,
rende irrilevante, a questi fini, la distinzione tra soci amministratori e non amministratori. L’imputazione reddituale “per trasparenza” RAGIONE_SOCIALE società di persone, anche avuto riguardo al caso di soci non amministratori (e, in particolare, anche nel caso dell’accomandante), si riconnette quindi alla disciplina civilistica che attribuisce ad essi puntuali poteri di controllo. Tale aspetto concorre così a giustificare dal punto di vista fiscale – la diretta imputazione del risultato economico proAVV_NOTAIOo dalla società al socio indipendentemente dalla sua percezione dell’utile. Infatti, anche a prescindere dall’approvazione del rendiconto e dalla previsione statutaria di eventuali riserve di utili (o dalla decisione unanime dei soci in tal senso), il socio già si trova in una relazione con il reddito societario proAVV_NOTAIOo che appare idonea a integrare la peculiare nozione di “possesso”, indicato quale presupposto dell’IRPEF dall’art. 1 del TUIR e che costituisce l’indice di capacità contributiva assunto dal legislatore .
La Corte ha altresì escluso che si possa parlare di presunzione di distribuzione degli utili in quanto la previsione del comma 1 del medesimo art. 5, nello stabilire che l’imputazione avviene “indipendentemente dalla percezione”, individua un meccanismo d’imputazione di ciò che è stato assunto dal legislatore come reddito proAVV_NOTAIOo, senza, invece, “presumere” la distribuzione dello stesso. La norma censurata esclude la soggettività passiva tributaria della società di persone e, in tal modo, elimina lo schermo societario imputando direttamente ai soci il reddito proAVV_NOTAIOo dalla società. Si tratta di una connotazione strutturale dell’ente ai fini tributari e non di una “presunzione” di distribuzione degli utili .
Inoltre, il giudice RAGIONE_SOCIALE leggi ha altresì escluso ogni contrasto di tale previsione con l’art. 1 t.u.i.r. (disposizione pure invocata dal ricorrente), dovendo ritenersi che il possesso cui fa riferimento il legislatore tributario agli specifici fini dell’IRPEF deve essere inteso,
pertanto, quale modo per identificare la relazione del soggetto con la peculiare manifestazione di capacità contributiva che è costituita appunto dal reddito, secondo le regole giuridiche RAGIONE_SOCIALE singole categorie reddituali e che non arbitrariamente il legislatore tributario ha individuato come indice di capacità contributiva la relazione tra il presupposto e il soggetto passivo attraverso la diretta imputazione al socio (“per trasparenza”) del reddito proAVV_NOTAIOo in forma associata, indipendentemente dalla percezione .
Già in precedenza il giudice RAGIONE_SOCIALE leggi (Corte Cost. n. 53 del 2001) aveva escluso profili di illegittimità di tale previsione, precisando che fosse errata l’impostazione per cui il reddito societario, illecitamente sottratto dagli amministratori della società, sia, per effetto della norma impugnata, imputabile ai soci pur dovendo considerarsi puramente fittizio…. in quanto tale reddito deve, invece, r itenersi effettivo, posto che la sua sottrazione, che è peraltro vicenda interna alla società e non incide sul momento genetico della sua produzione, ne presuppone logicamente la esistenza .
4.3. E’ peraltro comune affermazione in AVV_NOTAIOrina che tali considerazioni siano anche la conseguenza dell’incondizionato diritto del socio alla percezione degli utili all’approvazione del rendiconto, prevista dall’art. 2262 cod. civ.
4.4. Nel medesimo ordine di idee, questa Corte ha costantemente ritenuto che il maggior reddito risultante dalla rettifica operata nei confronti di una società di persone vada imputato al socio (come proprio di questo) ai fini dell’IRPEF (non essendo la società di persona soggetto passivo dell’imposta sul reddito), in proporzione della relativa quota di partecipazione (Cass. 29/10/2010, n. 22122; Cass. 12/02/2007, n. 3011; Cass. 27/02/2002, n. 2899 ). L’imputazione al socio opera quindi anche in caso di accertamento e prescinde dalla mancata contabilizzazione dei ricavi e dai metodi usati dalla società per
realizzarli, salve le azioni da lui eventualmente esperibili contro la società, in sede civile ordinaria, per recuperare la sua quota di utile se dovuta (Cass. 30/10/2006, n. 23359).
E si è precisato che in tema d’imposte sui redditi RAGIONE_SOCIALE società di persone (nella specie, una RAGIONE_SOCIALE), l’imputazione proporzionale dei redditi della società ai singoli soci, prevista dall’art. 5 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, è indipendente dall’effettiva percezione degli utili e dalla stessa partecipazione del socio alla gestione sociale ed opera anche nel caso in cui le quote di partecipazione siano solo formalmente intestate ai soci; né, in senso contrario, assume rilievo la previsione di cui all’art. 37, terzo e quarto comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, che, in ipotesi di interposizione fittizia, prevede solo che le persone interposte, ove dimostrino di aver pagato imposte per redditi successivamente imputati ad altro contribuente, possano chiederne ed ottenerne il rimborso, a cui l’Amministrazione procede, nei limiti dell’imposta effettivamente percepita, dopo che l’accertamento sia diventato definitivo nei confronti dell’interponente (Cass. 04/08/2006, n. 17731 ripresa da Cass. 10/06/2015, n. 11989, citata dallo stesso ricorrente).
4.5. In giurisprudenza è stato, peraltro, affrontato anche il tema dell’illecito commesso dagli amministratori di società di persone, che è il tema specifico posto dal ricorso. Proprio in tali ultime decisioni si è esplicitato ulteriormente che lo svolgimento di un’attività costituente reato da parte di uno dei soci-amministratori di una società di persone, in violazione di norme organizzative o di legge, non comporta l’interruzione del rapporto organico, sempre che gli atti posti in essere siano comunque pertinenti all’azione della società e rispondano ad un interesse riconducibile, anche indirettamente, all’oggetto sociale. Ne discende, pertanto, che solo nell’ipotesi in cui la società abbia ratificato l’illegittimo operato dell’amministratore, o se ne sia comunque, in
qualche maniera, avvantaggiata, resta irrilevante ogni questione relativa all’estraneità dell’atto posto in essere dall’amministratore all’oggetto sociale (analogamente Cass. 01/10/2014, n. 20704; Cass. 26/05/2021, n. 14563).
In tale ordine di idee, questa Corte ha anche precisato che il reddito realizzato da una società di persone in conseguenza dell’attività delittuosa di taluni soci va imputato a tutti i soci, in proporzione della rispettiva quota, a nulla rilevando che taluni di essi non abbiano concorso nel reato (Cass. 11/06/2007, n. 13575, affermando, in fattispecie sostanzialmente sovrapponibile a quella in esame, vertendo su attività illecita dell’amministratore di RAGIONE_SOCIALE poi fallita, per costi per operazioni inesistenti, che costituisce circostanza irrilevante essere state., poste, in essere, nell’ambito societario, le attività illecite soltanto da alcuni soci. Fermo restando che le conseguenze di carattere penale non potranno che essere esclusivamente personali, dal punto di vista fiscale ciascun socio dovrà dichiarare la propria quota di reddito di partecipazione, anche se derivante da attività illecite poste in essere da altro socio ).
4.6. Non appare quindi applicabile al caso di specie la deroga indicata da Cass. n. 11989 del 2015, citata, che è relativa al solo caso che si tratti di atti non pertinenti all’ oggetto sociale della società, in quanto nel caso di specie appare pacifico oltre che l’accertamento societario non sia stato impugnato anche che si trattasse di costi per operazioni inesistenti, iscritti in bilancio e dichiarati nella dichiarazione dei redditi, come accertato dalla CTR. La quale ha, sul punto, quindi correttamente evidenziato l’irrilevanza RAGIONE_SOCIALE risultanze del processo penale e che la dichiarazione del COGNOME non valesse ad escludere che fossero stati percepiti i proventi RAGIONE_SOCIALE operazioni illecite, essendo peraltro pacifico che non sia possibile parlare di atti non pertinenti all’oggetto sociale della società, alla luce RAGIONE_SOCIALE predette circostanze.
Il motivo va quindi respinto dovendosi confermare il principio per cui il reddito realizzato da una società di persone in conseguenza dell’attività delittuosa di taluni soci va imputato a tutti i soci, in proporzione alla relativa quota, non rilevando che taluni di essi non abbiano concorso nel reato.
5. Il primo motivo del ricorso incidentale è fondato in quanto la CTR, nel dare rilevanza all’assenza di responsabilità penale del socio accomandante, non ha dato corretta applicazione al principio, reiteratamente affermato da questa Corte secondo cui il maggior reddito risultante dalla rettifica operata nei confronti di una società di persone – reddito che, a norma del d.P.R. 29 settembre 1913, n. 519, art. 5, va imputato al socio (come proprio di questo) ai fini dell’IRPEF (non essendo la società di persona soggetto passivo dell’imposta sul reddito), in proporzione della relativa quota di partecipazione -comporta anche l’applicazione allo stesso socio della sanzione per infedele dichiarazione prevista dal d.P.R. 29 settembre 1913, n. 600, art. 46 . Ciò vale anche per il socio accomandante di società in accomandita semplice, essendo irrilevante l’estraneità di tali soci all’amministrazione della società, in quanto ad essi è sempre consentito di verificare l’effettivo ammontare degli utili conseguiti: la sanzione, quindi, non viene irrogata all’accomandante sulla base della mera volontarietà, in contrasto con l’elemento della colpevolezza introAVV_NOTAIOo dall’art. 5 del d.l.gs. n. 472 del 1997, in quanto, nel suo caso, la colpa consiste nell’omesso od insufficiente esercizio del potere di controllo sull’esattezza dei bilanci della società, ai sensi dell’art. 2320 u.c. cod. civ. (Cass. 21/04/1995, n. 4504; Cass. 9/12/2002, n. 17492; Cass. 25/02/2002, n. 2699; Cass. 15/03/2006, n . 5665; Cass, 12/02/2007, n. 3011; Cass. 28/06/2017, n . 16116; Cass. 21/09/2017, n. 22011; Cass. 19/07/2021, n. 20598).
Il secondo motivo del ricorso incidentale è di conseguenza assorbito.
Va pertanto respinto il ricorso principale, con accoglimento del ricorso incidentale, nel suo primo motivo, assorbito il secondo; la sentenza va cassata in relazione al motivo accolto e la causa va rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto, in diversa composizione, per nuovo esame.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale; accoglie il primo motivo del ricorso incidentale dell’RAGIONE_SOCIALE, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto; rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto, in diversa composizione, per nuovo esame.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 9 maggio 2024.