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Società schermo: redditi al socio, dice la Cassazione

L’Agenzia delle Entrate ha accertato redditi non dichiarati in capo al legale rappresentante di una S.r.l., considerandola una società schermo. La Cassazione ha annullato la decisione di merito per motivazione contraddittoria, affermando che una volta provata la natura fittizia della società, i redditi vanno imputati al reale beneficiario, anche sulla base di presunzioni.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Società schermo: redditi al socio, dice la Cassazione

Quando una società è solo un velo fittizio per nascondere i guadagni personali di un individuo? La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 12646/2025, torna sul tema della società schermo, un meccanismo utilizzato per interporre un soggetto giuridico tra una persona fisica e i suoi redditi, spesso di provenienza illecita. La decisione chiarisce un punto fondamentale: una volta accertata la natura fittizia della società, il principio della separazione patrimoniale viene meno e i redditi devono essere attribuiti al reale beneficiario.

Il caso: redditi illeciti e l’accusa di essere una società schermo

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate al legale rappresentante di una S.r.l. L’amministrazione finanziaria contestava al contribuente, per l’anno d’imposta 2014, redditi per oltre 324.000 euro, ritenuti derivanti da attività illecite e percepiti attraverso la società. Secondo il Fisco, l’ente non era altro che una società schermo, appositamente costituita per celare i proventi personali del suo amministratore.

Il percorso giudiziario: dal primo grado alla Cassazione

Il contribuente ha impugnato l’atto, ottenendo una prima vittoria presso la Commissione Tributaria Provinciale. I giudici di primo grado avevano annullato l’accertamento individuale sulla base del fatto che era stato precedentemente annullato l’accertamento presupposto nei confronti della società.
L’Agenzia delle Entrate ha proposto appello, ma la Commissione Tributaria Regionale ha confermato la decisione, sostenendo che non vi fosse prova che l’amministratore fosse l’unico e diretto beneficiario economico dei vantaggi contestati alla società. Insoddisfatta, l’Agenzia ha portato il caso dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando principalmente due vizi: la violazione delle norme sull’onere della prova e sulle presunzioni, e la nullità della sentenza per motivazione apparente e contraddittoria.

La decisione della Cassazione sulla società schermo

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, concentrandosi sul secondo motivo, ritenuto assorbente. I giudici di legittimità hanno rilevato una palese contraddizione nel ragionamento della Commissione Regionale.

La motivazione contraddittoria come vizio della sentenza

Il punto critico della sentenza impugnata risiedeva in un’affermazione intrinsecamente contraddittoria. Da un lato, i giudici d’appello sembravano aver dato per provata l’esistenza di una società schermo, creata per il vantaggio esclusivo del suo amministratore. Dall’altro, però, avevano applicato il principio dell’autonomia patrimoniale perfetta, tipico delle società di capitali che operano legittimamente. Questa incoerenza logica ha reso la motivazione solo apparente, impedendo di comprendere l’iter logico seguito per arrivare alla decisione.

L’onere della prova e l’uso delle presunzioni

La Corte ha ribadito un principio consolidato: per accertare un reddito “per interposta persona”, l’Ufficio può basarsi su elementi indiziari e presuntivi. Non è necessario dimostrare un legame di causa-effetto assoluto ed esclusivo tra il fatto noto e quello ignoto. È sufficiente che il fatto da provare (l’interposizione fittizia) sia una conseguenza ragionevolmente possibile secondo criteri di normalità e regole di esperienza. In altre parole, l’onere probatorio dell’amministrazione finanziaria è soddisfatto quando fornisce un quadro di presunzioni gravi, precise e concordanti.

Le motivazioni

La motivazione della Cassazione si fonda sulla necessità di coerenza logico-giuridica nelle decisioni dei giudici di merito. Non è possibile, secondo la Corte, riconoscere che una società sia un mero schermo e, allo stesso tempo, applicare le tutele giuridiche previste per le entità societarie autentiche, come la netta separazione tra il patrimonio sociale e quello dei soci. Una volta che si accerta, anche tramite presunzioni, che la società è stata costituita come uno strumento fittizio per l’esclusivo vantaggio di una persona fisica, la conseguenza logica e giuridica è che i redditi prodotti devono essere imputati direttamente a quest’ultima, in quanto reale percettore. La sentenza impugnata è stata cassata proprio perché, pur avendo implicitamente riconosciuto la natura fittizia della società, non ne ha tratto le dovute conseguenze fiscali, cadendo in una contraddizione insanabile.

Le conclusioni

La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza e rinviato la causa alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, per un nuovo esame. Questa decisione rafforza l’orientamento secondo cui la lotta all’evasione fiscale può avvalersi di strumenti probatori presuntivi per superare le costruzioni societarie fittizie. Per i contribuenti, ciò significa che la mera esistenza di uno schermo societario non garantisce alcuna protezione se l’amministrazione finanziaria riesce a dimostrare, con un quadro indiziario solido, che la società è solo un alter ego della persona fisica che la controlla. Il caso dovrà ora essere riesaminato tenendo conto del principio vincolante secondo cui la prova di una società schermo comporta la diretta imputazione dei redditi al dominus effettivo.

Quando i redditi di una società a responsabilità limitata possono essere imputati direttamente al socio?
I redditi di una S.r.l. possono essere imputati direttamente al socio quando viene provato che la società è una “società schermo”, costituita al solo fine di essere interposta tra il socio e i proventi, per l’esclusivo vantaggio economico di quest’ultimo.

Che tipo di prova deve fornire l’Agenzia delle Entrate per dimostrare l’esistenza di una società schermo?
L’Agenzia delle Entrate può utilizzare elementi indiziari e presunzioni. Non è richiesto un legame di assoluta necessità causale, ma è sufficiente che il fatto da provare (l’interposizione fittizia) sia desumibile dal fatto noto come conseguenza ragionevolmente possibile secondo un criterio di normalità e regole di esperienza.

Perché la sentenza della Commissione Tributaria Regionale è stata annullata?
La sentenza è stata annullata per motivazione intrinsecamente contraddittoria. I giudici di appello, pur riconoscendo l’esistenza di una società schermo, hanno erroneamente applicato il principio dell’autonomia patrimoniale perfetta, che è proprio delle società reali e non di quelle fittizie, senza trarne le dovute conseguenze fiscali sull’imputazione dei redditi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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