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Società non operative: sì al rimborso IVA dalla Cassazione

Una società agricola si è vista negare un rimborso IVA in quanto ritenuta ‘non operativa’ per non aver raggiunto le soglie di ricavo minime previste dalla legge. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha ribaltato la decisione. In linea con una recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ha stabilito che il diritto alla detrazione e al rimborso dell’IVA non può essere negato solo sulla base del mancato superamento di un test di operatività. Ciò che conta è l’esercizio effettivo di un’attività economica, a prescindere dal volume dei ricavi generati. Di conseguenza, la normativa nazionale sulle società non operative che prevede la perdita del diritto alla detrazione è in contrasto con la direttiva IVA europea.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Società non operative: la Cassazione allinea l’Italia all’Europa sul rimborso IVA

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione segna un punto di svolta fondamentale per le cosiddette società non operative, allineando la giurisprudenza italiana ai principi del diritto europeo in materia di IVA. La Corte ha stabilito che l’effettivo svolgimento di un’attività economica è il solo criterio rilevante per il diritto alla detrazione e al rimborso dell’IVA, indipendentemente dal raggiungimento di soglie di ricavo predeterminate dalla legge.

I Fatti di Causa

Una società agricola S.r.l. aveva richiesto il rimborso di un cospicuo credito IVA derivante dall’acquisto di beni strumentali. L’Agenzia delle Entrate, tuttavia, respingeva la richiesta, ritenendo la società ‘non operativa’ ai sensi della normativa nazionale (art. 30 della L. 724/1994). Secondo l’Ufficio, la società non aveva superato il cosiddetto ‘test di operatività’, ovvero non aveva prodotto un volume di ricavi ritenuto congruo rispetto al valore dei propri asset patrimoniali.
La contribuente impugnava il diniego, ottenendo una prima vittoria presso la Commissione Tributaria Provinciale. Successivamente, però, la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado accoglieva l’appello dell’Agenzia, confermando il diniego del rimborso. La corte regionale motivava la sua decisione su un duplice binario: da un lato, il mancato superamento del test di operatività e, dall’altro, la natura prevalentemente commerciale dell’attività svolta (commercializzazione e imbottigliamento di vini presso terzi), che snaturava la qualifica di società agricola.
La società decideva quindi di ricorrere in Cassazione.

La Decisione della Corte sulle società non operative

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della società, cassando la sentenza di secondo grado e rinviando la causa per un nuovo esame. Il cuore della decisione si basa sul recepimento dei principi sanciti da una fondamentale sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE, causa C-341/22 del 7 marzo 2024).
I giudici di legittimità hanno ritenuto che la normativa italiana sulle società non operative, nella parte in cui nega il diritto alla detrazione IVA a chi non raggiunge determinate soglie di ricavi, si ponga in contrasto diretto con la direttiva europea sull’IVA (2006/112/CE).

Le Motivazioni

La motivazione della Cassazione si fonda su un principio cardine del sistema IVA europeo: la neutralità dell’imposta. Il diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte è un elemento fondamentale di questo sistema e non può essere limitato se non in casi eccezionali, come frode o abuso.

La Corte europea, citata e fatta propria dalla Cassazione, ha chiarito che:
1. La qualità di soggetto passivo IVA non può essere negata a un’impresa solo perché il valore economico delle sue operazioni non raggiunge una soglia minima fissata a livello nazionale.
2. L’unico vero requisito per essere considerati soggetti passivi IVA è l’esercizio effettivo di un’attività economica, a prescindere dal suo volume o dalla sua redditività in un dato periodo.
3. Il diritto alla detrazione non può essere subordinato al raggiungimento di una certa soglia di fatturato. Un criterio puramente quantitativo, come quello previsto dalla normativa italiana sulle società non operative, non è idoneo a dimostrare un intento fraudolento o abusivo.

Nel caso specifico, era pacifico che la società svolgesse un’attività economica reale, come ammesso implicitamente anche dall’Agenzia delle Entrate. Pertanto, negarle il diritto al rimborso IVA solo per il mancato raggiungimento di un livello di ricavi predeterminato costituiva una violazione dei principi di neutralità e proporzionalità del diritto europeo.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ha implicazioni pratiche di vasta portata per tutte le imprese, specialmente per le start-up, le aziende in fase di ristrutturazione o quelle che operano in settori con cicli produttivi lunghi, che potrebbero trovarsi temporaneamente al di sotto delle soglie di ricavo previste. La decisione della Cassazione rafforza la posizione del contribuente, affermando che la presunzione di ‘non operatività’ non può automaticamente cancellare un diritto fondamentale come quello alla detrazione IVA. L’amministrazione finanziaria dovrà basare le proprie contestazioni sull’assenza di un’effettiva attività economica, e non più su presunzioni quantitative che si sono dimostrate in contrasto con il diritto dell’Unione Europea.

Una società può perdere il diritto al rimborso IVA solo perché non supera il test di operatività previsto dalla legge italiana?
No. Secondo la Corte di Cassazione, in linea con il diritto dell’Unione Europea, il mancato superamento del test di operatività (cioè il non raggiungimento di una soglia minima di ricavi) non è di per sé sufficiente a negare il diritto alla detrazione o al rimborso dell’IVA, se la società esercita effettivamente un’attività economica.

La normativa italiana sulle società non operative è conforme al diritto dell’Unione Europea?
No. La Corte ha stabilito che la disposizione nazionale (art. 30 della l. n. 724 del 1994), nella parte in cui prevede la perdita del diritto a detrazione per il mancato raggiungimento di soglie di ricavi, si pone in contrasto con la direttiva IVA europea (in particolare con l’art. 167 della direttiva 2006/112/CE).

Cosa è necessario dimostrare per mantenere il diritto alla detrazione IVA, anche con ricavi bassi?
È necessario dimostrare l’esercizio effettivo di un’attività economica. Ciò che rileva è che la società compia operazioni rilevanti ai fini IVA in modo reale e non fittizio, a prescindere dal loro volume o dal risultato economico conseguito in un determinato periodo d’imposta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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