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Società non operative: rimborso IVA e diritto UE

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate contro una società a cui era stato negato un rimborso IVA. La Corte, citando il diritto dell’Unione Europea, ha stabilito che la qualifica di ‘società non operative’ per bassi ricavi non è sufficiente a negare il rimborso. Il diritto alla detrazione IVA è fondamentale e può essere limitato solo in caso di provata frode o abuso. Le attività preparatorie dell’azienda, come la costruzione di un opificio, hanno confermato l’esercizio di un’attività economica, legittimando la richiesta di rimborso.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Società non operative: la Cassazione tutela il rimborso IVA in linea con la UE

Con la recente ordinanza n. 33441 del 2024, la Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale per molte imprese: il diritto al rimborso IVA per le cosiddette società non operative. La pronuncia, allineandosi pienamente ai principi del diritto dell’Unione Europea, stabilisce che la normativa nazionale che nega automaticamente il rimborso sulla base di un test di operatività puramente reddituale deve essere disapplicata se non emergono elementi di frode o abuso. Questa decisione rappresenta una tutela fondamentale per le aziende in fase di avviamento o di investimento.

I Fatti del Caso: La Negazione del Rimborso IVA

Una società a responsabilità limitata si era vista negare dall’Agenzia delle Entrate il rimborso di un cospicuo credito IVA relativo all’anno d’imposta 2010. La motivazione del diniego risiedeva nella presunzione che l’azienda fosse una ‘società di comodo’, in quanto per tre anni consecutivi non aveva raggiunto i ricavi minimi previsti dalla legge (il cosiddetto ‘test di operatività’).
La società ha impugnato il provvedimento, sostenendo di non essere affatto inattiva. Al contrario, ha documentato di aver intrapreso, a partire dal 2009, importanti lavori per la costruzione di un opificio su un terreno di sua proprietà, attività preparatoria essenziale per la realizzazione del proprio oggetto sociale. La Commissione Tributaria Regionale aveva accolto le ragioni dell’impresa, ma l’Agenzia delle Entrate aveva proposto ricorso per cassazione, insistendo sulla rigida applicazione della normativa sulle società non operative.

La Decisione della Cassazione: Il Diritto UE Prevale

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, basando la sua decisione su un’analisi approfondita della compatibilità tra la normativa italiana (art. 30 della Legge n. 724/1994) e la direttiva IVA europea (2006/112/CE).
Richiamando una recente e fondamentale sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (causa C-341/22), i giudici supremi hanno ribadito che la qualità di ‘soggetto passivo IVA’ e il conseguente diritto alla detrazione e al rimborso non possono essere negati solo perché il valore economico delle operazioni effettuate non raggiunge una soglia predeterminata dalla legge nazionale. Ciò che conta è l’esercizio effettivo di un’attività economica, anche se in fase preparatoria.

Le società non operative e il contrasto con la normativa Europea

Il cuore della questione risiede nel contrasto tra due logiche. La normativa italiana sulle società non operative introduce una presunzione legale di inattività basata su un calcolo matematico (ricavi/patrimonio), con l’obiettivo di contrastare l’uso di società ‘vuote’ per scopi elusivi. Tuttavia, la normativa europea protegge il principio di neutralità dell’IVA, secondo cui un’impresa deve poter recuperare l’imposta assolta sugli acquisti destinati alla sua attività, indipendentemente dal volume d’affari generato in un dato periodo.
La Cassazione chiarisce che la presunzione italiana, se applicata in modo automatico e rigido, finisce per penalizzare situazioni del tutto legittime, come quella di un’impresa che sta investendo per avviare la produzione (es. costruendo un impianto) e che, per sua natura, non può ancora generare ricavi.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha motivato la sua decisione evidenziando diversi punti chiave:
1. Disapplicazione della Norma Nazionale: L’art. 30 della Legge 724/1994 deve essere disapplicato nella parte in cui prevede la perdita del diritto alla detrazione IVA per il solo mancato raggiungimento di soglie di ricavi. Tale norma si pone in contrasto con gli articoli 9 e 167 della Direttiva IVA.
2. Rilevanza dell’Attività Preparatoria: L’effettivo esercizio di un’attività economica, che fonda il diritto alla detrazione, sussiste anche quando l’impresa compie atti preparatori, come la costruzione di un opificio. Questi atti dimostrano l’intenzione, confermata da elementi oggettivi, di destinare i beni e servizi acquistati all’attività d’impresa.
3. Limite della Frode o dell’Abuso: Il diritto alla detrazione e al rimborso IVA può essere negato solo se l’Amministrazione finanziaria dimostra che il contribuente ha agito in modo fraudolento o abusivo, ad esempio creando una ‘costruzione artificiosa’ al solo scopo di ottenere un vantaggio fiscale indebito. La semplice non operatività basata su un test automatico non è, di per sé, prova di abuso.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per le Imprese

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza per il tessuto imprenditoriale. Le imprese, in particolare startup e aziende in fase di riconversione o di grandi investimenti, ottengono una tutela significativa. Non possono più vedersi negare il diritto al rimborso dell’IVA per il solo fatto di non aver ancora raggiunto un livello di ricavi considerato ‘congruo’ dal Fisco. La sentenza sposta l’onere della prova sull’Amministrazione finanziaria, che, per negare il rimborso, dovrà dimostrare la natura fraudolenta o abusiva delle operazioni, andando oltre le presunzioni numeriche. Si afferma così la prevalenza della sostanza economica sulla forma, in piena coerenza con i principi cardine del sistema IVA europeo.

Una società con ricavi bassi può essere considerata ‘non operativa’ e perdere il diritto al rimborso IVA?
No. Secondo la Corte di Cassazione, che applica i principi del diritto europeo, la qualifica di ‘società non operative’ basata solo su un test di ricavi insufficienti non può, da sola, giustificare la negazione del diritto alla detrazione o al rimborso dell’IVA.

Le attività preparatorie, come la costruzione di un opificio, sono sufficienti a dimostrare che una società è operativa ai fini IVA?
Sì. La sentenza chiarisce che anche le attività preparatorie, se finalizzate all’avvio dell’attività d’impresa, dimostrano che il soggetto sta esercitando un’attività economica. Questo dà diritto a detrarre e richiedere a rimborso l’IVA sugli acquisti effettuati in questa fase.

In quali casi lo Stato può legittimamente negare il rimborso dell’IVA a un’impresa?
Il diritto al rimborso IVA, essendo un principio fondamentale, può essere negato solo quando viene dimostrato, sulla base di elementi oggettivi, che tale diritto è stato invocato in un contesto di frode o abuso, come la realizzazione di una ‘costruzione artificiosa’ a fini evasivi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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