Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 23746 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 23746 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14851/2024 R.G. proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege da ll’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma è domiciliata in INDIRIZZO
-ricorrente – contro
DINIEGO IN RISPOSTA AD INTERPELLO
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale allegata al controricorso, dall’Avvocata NOME COGNOME con domicilio in atti;
-controricorrente –
Avverso la sentenza della CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO DELLA SICILIA n. 2/14/2024, depositata in data 2/1/2024;
Udita la relazione della causa svolta dal consigliere dott. NOME COGNOME nella camera di consiglio del 20 giugno 2025;
Fatti di causa
RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi, anche ‘la contribuente’ ) presentò istanza per la disapplicazione per l’anno 2012 della disciplina sulle società non operative, di cui all’art. 30 della legge n. 724 del 1994, ma con nota prot. n. 2013/C3 /57050 del 6 agosto 2013, l’amministrazione rigettò l’istanza, denegando la richiesta disapplicazione.
Proposto ricorso da parte della contribuente, il giudice di primo grado lo rigettò.
Su appello della contribuente, nel contraddittorio con l’Agenzia delle Entrate, la CGT-2 della Sicilia riformò la sentenza di primo grado, annullando il diniego impugnato in primo grado.
Avverso la sentenza di appello, l ‘Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
Resiste la contribuente con controricorso.
Ragioni della decisione
1.Con il primo motivo di ricorso, rubricato ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 83 c.p.c. e dell’art. 12 d.lgs. n. 546 del 1992 con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.’ , l’Agenzia delle Entrate
per quello che in questa sede rileva, deduce che l’appello avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile in quanto il mandato ad litem al difensore dinanzi alla CGT-2 sarebbe stato conferito da un soggetto (NOME COGNOME, nella qualità di amministratore unico e legale rappresentante pro tempore , diverso da quello che aveva conferito il mandato alla lite in primo grado (NOME COGNOME).
Questo vizio sarebbe già stato rilevato, in relazione ad una fattispecie analoga anche se non del tutto coincidente, dalla sentenza n. 6208/19/2022 della stessa CGT-2, passata in giudicato perché non impugnata.
1.1. Il motivo è inammissibile per varie ragioni.
Innanzitutto, esso manca di specificità: non sono né indicati, né allegati, né localizzati gli atti (mandati alle liti conferiti in primo e in secondo grado) rilevati ai fini della decisione.
In secondo luogo, per stessa ammissione dell’Agenzia delle Entrate, la controversia sulla quale ebbe a pronunciare la sentenza n. 6208/19/2022 della CGT-2 della Sicilia è diversa, seppur analoga, rispetto a quella per cui è ora causa, e la questione risolta dalla citata sentenza è una questione processuale, attinente alla legittimazione a stare in giudizio in nome e per conto della società in capo al soggetto che aveva conferito il mandato alle liti in grado di appello al difensore, e dunque all’esistenza d i un presupposto attinente alla regolare costituzione del rapporto processuale, sicché quella sentenza, relativa a quello specifico rapporto processuale, non può costituire alcun vincolo di giudicato sostanziale nel presente giudizio (arg. ex Cass, Sez. 3, n. 16274 del 31/07/2015, Rv. 636619 -01, tra le varie).
In terzo luogo, si deve rilevare che la capacità di stare in giudizio, e dunque di conferire mandato difensivo, in nome e per conto di una società, è un presupposto processuale soggetto a mutare nel tempo, sicché non può escludersi che nelle more tra l’introduzione del giudizio
in primo grado e la proposizione dell’appello sia cambiato il legale rappresentante della società, legittimato a conferire il mandato alle liti in nome e per conto della stessa.
2.Con il secondo motivo di ricorso, rubricato ‘ Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7 della legge n. 212 del 2000, con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.’ , l’Agenzia delle Entrate censura la sentenza impugnata per aver ritenuto non motivato il diniego opposto dall’amministrazione all’istanza di disapplicazione della disciplina antielusiva.
2.1. Il motivo è inammissibile.
L’atto di diniego è stato solo genericamente indicato nel corpo del motivo, senza puntuale e localizzato riferimento alla sua eventuale produzione nel merito, e non è stato allegato al ricorso, né trascritto, almeno quanto al suo contenuto rilevante, sicché a questa Corte non è data la possibilità di verificare l’esistenza dei vizi dedotti in rubrica.
Il mezzo non adempie pertanto l’onere di cui all’art. 366, comma 1, n. 6, cod. proc. civ., di specifica indicazione, a pena d’inammissibilità del ricorso, degli atti processuali e dei documenti sui quali il ricorso si fonda, nonché dei dati necessari all’individuazione della loro collocazione quanto al momento della produzione nei gradi dei giudizi di merito. (Cass., 15/01/2019, n. 777; Cass., 18/11/2015, n. 23575; Cass., S.U., 03/11/2011, n. 22726).
Tale onere (ribadito ed aggravato, con l’inserimento altresì della necessaria illustrazione del contenuto rilevante degli stessi atti processuali e documenti, dall’ art. 3, comma 27, del d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 149, applicabile tuttavia ai giudizi introdotti con ricorso notificato a decorrere dal 1° gennaio 2023, ex art. 35, comma 5, del medesimo d.lgs.), anche interpretato alla luce dei principi contenuti nella sentenza della Corte EDU, sez. I, 28 ottobre 2021, r.g. n. 55064/11, non può ritenersi rispettato qualora il motivo di ricorso non
indichi specificamente i documenti o gli atti processuali sui quali si fondi; non ne riassuma il contenuto o ne trascriva i passaggi essenziali; né comunque fornisca un riferimento idoneo ad identificare la fase del processo di merito in cui essi siano stati prodotti o formati (cfr. Cass. Sez. U., 18/03/2022, n. 8950; Cass. 14/04/2022, n. 12259; Cass. 19/04/2022, n. 12481; Cass. 02/05/2023, n. 11325).
3.Con il terzo motivo di ricorso, rubricato ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 30 della legge n. 724/1994 e dell’art. 2697 c.c. con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.’ , l’Agenzia delle Entrate censura la sentenza impugnata perché non avrebbe indicato le prove fornite dalla società a sostegno del suo diritto a vedersi riconoscere la disapplicazione della disciplina antielusiva.
3.1. Il motivo è inammissibile.
La sentenza impugnata esamina gli elementi probatori addotti dalla società a sostegno del suo diritto alla disapplicazione della disciplina antielusiva e con motivazione congrua e sufficiente è giunta ad annullare il diniego di disapplicazione opposto dall ‘amministrazione.
4. In conclusione, il ricorso è inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE, delle spese del giudizio, che si liquidano in euro tremila per compensi, oltre al rimborso delle spese generali, iva e c.p.a. come per legge, ed oltre ad euro duecento di spese vive.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, d à atto della insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 20 giugno 2025.