Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 31072 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 31072 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 04/12/2024
Società non operative
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29210/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME in forza di procura in calce al ricorso, elettivamente domiciliata presso lo studio COGNOME ed associati in Roma alla INDIRIZZO;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato e presso la stessa domiciliata in Roma alla INDIRIZZO
-controricorrente –
nonché
RAGIONE_SOCIALE in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME in forza di procura in calce al ricorso per cassazione notificato, elettivamente
domiciliata presso la medesima in Roma alla INDIRIZZO;
-controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 3236/2016 depositata in data 23/05/2016, non notificata; udita la relazione della causa nell ‘ adunanza camerale del 4/10/2024 tenuta dal consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La società RAGIONE_SOCIALE dopo aver presentato istanza di interpello, ai sensi dell’art. 37 -bis , comma 8, d.P.R. n. 600 del 1973, chiedendo la disapplicazione della normativa in tema di società non operative di cui all’art. 30 della l. n. 724 del 1994, rigettata dall’Ufficio, ricorreva contro la cartella di pagamento emessa ai sensi dell’art. 36 -bis d.P.R. n. 600 del 1973, in relazione all’anno di imposta 2007, a fini Ires e Irap.
La Commissione tributaria provinciale (CTP) di Roma rigettava il ricorso.
La Commissione tributaria regionale del Lazio (CTR) rigettava l’appello della società; in particolare escludeva vizi della notifica della cartella; evidenziava poi che essa conteneva tutti i requisiti previsti dall’art. 25 d.P.R. n. 602/1973 e conseguiva alla dichiarazione presentata dalla contribuente; infine, considerato anche c he l’istanza di disapplicazione della disciplina delle società non operative era stata respinta, confermava le motivazioni poste dall’ufficio a base del diniego.
Contro tale decisione la società propone ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo.
L ‘ Agenzia delle entrate resiste con controricorso. RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
La causa è stata fissata per l’adunanza camerale de l 4/10/2024.
CONSIDERATO CHE
1 . Con l’unico motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3) cod. proc. civ., la società contribuente lamenta violazione e fa lsa applicazione dell’art. 3, comma 1, della l. 7.8.1990 in relazione all’art. 30 della l. n. 724/1994 deducendo che la cartella impugnata fosse priva di adeguata motivazione e che non potesse essere emessa senza un previo avviso di accertamento relativo alla condizione di società non operativa.
2. Il ricorso è infondato.
Secondo consolidato orientamento di questa Corte (Cass. 20/09/2017, n. 21804; Cass. 18/09/2020, n. 19498), in tema di riscossione delle imposte, sebbene in via generale la cartella esattoriale, che non segua uno specifico atto impositivo già notificato al contribuente, ma costituisca il primo ed unico atto con il quale l’ente impositore esercita la pretesa tributaria, debba essere motivata alla stregua di un atto propriamente impositivo, tale obbligo di motivazione deve essere differenziato a seconda del contenuto prescritto per ciascuno tipo di atto, sicché, nel caso in cui la cartella di pagamento sia stata emessa in seguito a liquidazione effettuata in base alle dichiarazioni rese dal contribuente ai sensi degli artt. 36bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54bis del d.P.R. n. 633 del 1972, l’obbligo di motivazione può essere assolto mediante il mero richiamo a tali dichiarazioni perché, essendo il contribuente già a conoscenza delle medesime, non è necessario che siano indicati i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa.
La CTR si è attenuta a tali principi che non sono scalfiti dal motivo di ricorso, che si risolve in una generica e astratta critica alla motivazione della cartella, che, peraltro, nel caso di specie, consegue ad una istanza di disapplicazione del contribuente rigettata dall’ufficio.
Occorre appena evidenziare che nella parte finale del motivo di ricorso, la società deduce che la cartella di pagamento sia altresì nulla poiché non è stata preceduta da un autonomo avviso di accertamento attraverso il quale l’amministrazione avrebbe avuto l’onere di provare la contestata qualità di non operatività della società ricorrente, come è stato di recente confermato da Cass. sez. V sentenza n. 12777 del 21 giugno 2016 .
La censura è inammissibile.
Infatti, della proposizione di un motivo di ricorso in tal senso la sentenza (che anzi esamina nel merito la questione della non operatività della società, con statuizioni non oggetto di alcuna censura in questa sede) non dà atto; né la parte, nella sintesi dei motivi di ricorso originario contenuta a pagina 4 del ricorso per cassazione, indica di averlo fatto valere. Occorre appena osservare che, da un lato, l’ambito della cognizione del giudice tributario è limitato dai motivi di ricorso del contribuente, e, dall’altro, in tema di ricorso per cassazione, qualora una determinata questione giuridica -che implichi accertamenti di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di specificità del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cass. 22/01/2013, n. 1435; Cass. 21/06/2018, n. 16347).
Pertanto il ricorso va respinto.
Alla soccombenza segue condanna della ricorrente al pagamento delle spese di lite.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a pagare le spese di lite in favore dell’Agenzia delle entrate , per euro 10.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito, e in favore di Equitalia Servizi di Riscossione s.p.a., per euro 10.000,00 per compensi, oltre ad euro 200,00 per esborsi, spese forfettarie al 15 per cento, ed accessori.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 4 ottobre 2024.