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Società non operative: prova in giudizio senza interpello

Una società di costruzioni, classificata dall’Agenzia delle Entrate come ‘società non operativa’, ha impugnato gli avvisi di accertamento. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13867/2024, ha stabilito un principio fondamentale: il contribuente può sempre fornire in sede processuale la prova delle ‘situazioni oggettive’ che hanno impedito il raggiungimento dei ricavi minimi, anche qualora non abbia preventivamente presentato l’istanza di interpello disapplicativo. La Corte ha accolto il ricorso della società per l’annualità in cui il giudice di merito aveva erroneamente negato tale facoltà, cassando la sentenza e rinviando la causa per un nuovo esame.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Società non operative: la prova si può dare in giudizio anche senza interpello

La disciplina delle società non operative, o società di comodo, rappresenta un importante strumento antielusivo a disposizione dell’amministrazione finanziaria. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e incondizionata. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale a tutela del contribuente: la possibilità di dimostrare le cause oggettive di inoperatività direttamente in sede processuale, anche in assenza della presentazione di un’istanza di interpello disapplicativo. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti del Caso: La Controversia Fiscale

Una società operante nel settore edile si è vista notificare due avvisi di accertamento per gli anni d’imposta 2006 e 2007. L’Agenzia delle Entrate aveva qualificato l’impresa come società non operativa ai sensi dell’art. 30 della Legge n. 724/1994, determinando di conseguenza un maggior reddito imponibile ai fini Ires e Irap.

La Commissione Tributaria Provinciale (CTP) aveva inizialmente accolto i ricorsi della società, riconoscendo che l’inattività era dovuta alla mancata autorizzazione per la realizzazione di opere da parte del Comune. Tuttavia, la Commissione Tributaria Regionale (CTR), in accoglimento dell’appello dell’Agenzia, aveva ribaltato la decisione. In particolare, per l’anno 2007, la CTR aveva ritenuto che la società non potesse beneficiare della disapplicazione della normativa, poiché non aveva presentato l’obbligatoria istanza di interpello. Contro questa sentenza, la società ha proposto ricorso per Cassazione.

La Disciplina delle Società non operative e l’Interpello

La normativa sulle società non operative mira a disincentivare l’uso dello schermo societario per finalità di mero godimento di beni (come immobili o imbarcazioni) o per la gestione di patrimoni personali, eludendo la tassazione. La legge presume come non operativa una società i cui ricavi, proventi e incrementi di rimanenze siano inferiori a un determinato standard calcolato in percentuale sul valore di alcuni beni patrimoniali.

Questa presunzione, però, è relativa e non assoluta. Il contribuente può superarla fornendo la prova contraria, ovvero dimostrando l’esistenza di ‘situazioni oggettive’ che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi minimi. Uno degli strumenti a disposizione del contribuente è l’interpello disapplicativo, un’istanza preventiva con cui si chiede all’Agenzia delle Entrate di riconoscere tali situazioni oggettive e disapplicare la normativa.

La Decisione della Cassazione: La Tutela in Giudizio sulle Società non operative

La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi del ricorso, focalizzandosi sulla questione relativa all’anno 2007. I giudici di legittimità hanno ritenuto fondato il motivo con cui la società lamentava la violazione di legge da parte della CTR.

La Corte ha ribadito il suo consolidato orientamento, secondo cui la mancata presentazione dell’interpello non preclude al contribuente la possibilità di far valere le proprie ragioni in sede contenziosa. Il diritto alla difesa, garantito dalla Costituzione, prevale sulla formalità procedurale. Pertanto, la società ha sempre il diritto di fornire la prova delle circostanze oggettive che hanno causato la sua inoperatività direttamente davanti al giudice tributario.

Le Motivazioni della Corte

La motivazione della Suprema Corte si fonda su principi di rango costituzionale (artt. 24 e 53 Cost.) e sul buon andamento dell’amministrazione (art. 97 Cost.). La procedura di interpello è uno strumento di dialogo preventivo tra fisco e contribuente, ma non può trasformarsi in una condizione di ammissibilità dell’azione giudiziaria. Negare al contribuente la possibilità di provare in giudizio la propria situazione oggettiva solo per non aver attivato l’interpello rappresenterebbe una violazione del suo diritto fondamentale alla difesa.

La Corte ha chiarito che il giudice di merito ha il dovere di valutare nel merito le prove addotte dalla società, senza potersi fermare alla constatazione formale del mancato adempimento. La CTR aveva errato nel considerare l’interpello un adempimento ‘ineludibile’ e nell’applicare automaticamente la presunzione di non operatività, negando alla società la possibilità di fornire la prova contraria. Per questo motivo, la sentenza è stata cassata con rinvio ad altra sezione della Corte di giustizia tributaria della Puglia.

Conclusioni

Questa ordinanza consolida un principio di garanzia fondamentale per tutte le imprese che, per cause di forza maggiore o situazioni oggettive non dipendenti dalla loro volontà (come crisi di mercato, contenziosi, ritardi burocratici), si trovano a non raggiungere le soglie di operatività previste dalla legge. La decisione afferma che la tutela giurisdizionale è sempre garantita: anche se la via del dialogo preventivo con l’Agenzia delle Entrate non è stata percorsa, la porta del tribunale rimane aperta per dimostrare la realtà effettiva dell’attività d’impresa. Le società non operative per circostanze oggettive hanno quindi pieno diritto di difendere le proprie ragioni nel merito davanti a un giudice.

Una società qualificata come ‘non operativa’ può difendersi in tribunale anche se non ha presentato l’istanza di interpello all’Agenzia delle Entrate?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, la prova della sussistenza del diritto alla disapplicazione della normativa antielusiva può essere fornita anche in sede processuale, indipendentemente dalla presentazione dell’istanza di interpello.

Cosa deve dimostrare una società per superare la presunzione di essere una società non operativa?
La società deve dimostrare l’esistenza di ‘situazioni oggettive’, non dipendenti da una scelta consapevole dell’imprenditore, che hanno reso impossibile raggiungere il volume minimo di ricavi o di reddito previsto dalla normativa.

Qual è lo scopo della normativa sulle società non operative?
La normativa mira a disincentivare la creazione di società ‘di comodo’, ossia entità utilizzate non per svolgere una reale attività commerciale, ma per gestire patrimoni personali dei soci o per il mero godimento di beni, ottenendo un indebito risparmio fiscale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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