Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7006 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7006 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/03/2024
AVVISO ACCERTAMENTO IRES 2006.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29266/2015 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore protempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ex lege ,
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro-tempore, con sede in Alba (CN), nella qualità di incorporante la RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO dal quale è rappresentata e difesa unitamente al AVV_NOTAIO in virtù di procura speciale a margine del controricorso,
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte n. 493/34/2015, depositata il 7 maggio 2015;
udita la relazione della causa svolta nell’adunanza in camera di consiglio del 28 novembre 2023 dal consigliere AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
– Rilevato che:
1. In data 8 giugno 2007 la RAGIONE_SOCIALE (successivamente incorporata nella RAGIONE_SOCIALE con atto di fusione del 5 novembre 2007) presentava all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE -Direzione regionale del Piemonte istanza volta ad ottenere la disapplicazione, per l’anno 2006, d ella disciplina RAGIONE_SOCIALE società ‘non operative’, ai sensi degli artt. 37 -bis , comma 8, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e 30, comma 4bis , della legge 23 dicembre 1994, n. 724.
In particolare, la società evidenziava che: i ) un ramo d’azienda era destinato all’attività di ristorazione; ii ) che per l’eserci zio di tale ramo d’azienda la RAGIONE_SOCIALE aveva provveduto a prendere in locazione un immobile sito in Alba dalla società RAGIONE_SOCIALE, sostenendo notevoli costi per la ristrutturazione, ed effettuando importanti investimenti per l’acquisto di attrezzature ed arredi; iii ) il ramo d’azienda in questione era stato affittato, a partire dall’aprile 2005, alla costituita società RAGIONE_SOCIALE, correlando i canoni di affitto in misura percentuale al fatturato mensile dell’esercizio commerciale di ristorazione condotto dall’affittuaria; iv ) che il 2005 ed il 2006 avevano costituito i primi anni di attività della società RAGIONE_SOCIALE, e che quest’ultima, essendo nei primi anni di attività ed avendo incontrato difficoltà di avviamento, non aveva conseguito un fatturato tale da produrre per la società RAGIONE_SOCIALE i ricavi sperati; v ) in ogni caso, la società RAGIONE_SOCIALE non operava per gestire patrimoni dei soci,
ma era stata costituita per l’esercizio di una vera e propria attività economica, e pertanto sussisteva una situazione di carattere oggettivo che aveva reso impossibile il conseguimento dei ricavi presunti, tale da configurare quelle ‘oggettive situazioni’ in presenza RAGIONE_SOCIALE quali era consentita -ex art. 30, comma 4bis , legge n. 724/1994 – la disapplicazione della disciplina RAGIONE_SOCIALE società non operativa.
RAGIONE_SOCIALE, con provvedimento n. NUMERO_DOCUMENTO prot. del 6 settembre 2007, rigettava l’istanza di disapplicazione in questione; successivamente, l’RAGIONE_SOCIALE notificava, in data 22 dicembre 2011, alla RAGIONE_SOCIALE, in qualità di incorporante la RAGIONE_SOCIALE, avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO con il quale, richiamando il contenuto del procedente diniego di disapplicazine, contestava all’esponente di essere stata, nel 2006, una società ‘non operativa’, accertando una maggi ore imposta pari ad € 132.921,00, oltre interessi e sanzioni.
Avverso tale avviso di accertamento la RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Cuneo la quale, con sentenza n. 52/04/2013 del 27 maggio 2013, lo accoglieva, annullando l’atto impositivo impugnato.
Interposto gravame dall’Ufficio, la Commissione tributaria regionale del Piemonte, con sentenza n. 493/34/2015, pronunciata il 15 aprile 2015 e depositata in segreteria il 7 maggio 2015, rigettava l’appello, compensando le spese.
Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l’RAGIONE_SOCIALE, sulla base di due motivi.
Resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE
La discussione del ricorso è stata fissata dinanzi a questa sezione per l’adunanza in camera di consiglio del 28 novembre 2023, ai sensi degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1 cod. proc. civ.
La controricorrente ha depositato memoria.
– Considerato che:
Il ricorso in esame, come si è detto, è affidato a due motivi.
1.1. Con il primo motivo di ricorso l’RAGIONE_SOCIALE de duce violazione e falsa applicazione dell’art. 30, comma 1, della legge n. 724/1994.
Rileva, in particolare, la ricorrente che la società contribuente non aveva superato le soglie previste dal citato comma 1 dell’art. 30 della legge n. 724/1994, e pertanto avrebbe dovuto essere considerata per legge come non operativa, nel mentre la RAGIONE_SOCIALE aveva desunto l’operatività dalla circostanza che essa fosse «stata costituita per svolgere attività di natura commerciale».
1.2. Con il secondo motivo si eccepisce violazione e falsa applicazione dell’art. 30, comma 4 -bi s, della legge n. 724/1994, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3), cod. proc. civ.
Deduce la ricorrente che la sentenza della C.T.R. era erronea anche nella parte in cui aveva ritenuto che la scelta della RAGIONE_SOCIALE di affittare un ramo d’azienda alla RAGIONE_SOCIALE, e di commisurare il canone d’affitto al fatturato mensile della società affittuaria, costituisse una ‘situazione oggettiva’, tale da giustificare la disapplicazione del regime RAGIONE_SOCIALE società di comodo, nel mentre trattavasi di una scelta imprenditoriale liberamente assunta.
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
I due motivi possono essere esaminati congiuntamente, in quanto strettamente connessi, e sono infondati.
Questa Corte ha più volte precisato che il legislatore, con l’art. 30 della legge n. 724/1994, ha inteso disincentivare la costituzione di società “di comodo”, ovvero il ricorso all’utilizzo dello schema societario per il raggiungimento di scopi eterogenei rispetto alla normale dinamica degli enti collettivi commerciali (come quello, proprio RAGIONE_SOCIALE società c.d. di mero godimento, dell’amministrazione dei patrimoni personali dei soci con risparmio fiscale) ( ex multis , Cass. 27 gennaio 2023, n. 2636; Cass. 13 maggio 2021, n. 12862; Cass. 24 febbraio 2021, n. 4946; in questo senso cfr. la Circolare dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 5/E del 2 febbraio 2007).
2.1. Si è detto, quindi, che «il disfavore dell’ordinamento per tale incoerente impiego del modulo societario – ricavabile, oltre che dalla disciplina fiscale antielusiva, dal più generale divieto, desumibile dall’art. 2248 cod. civ. , di regolare la comunione dei diritti reali con le norme in materia societaria – trova spiegazione nella distonia tra l’interesse che la società di mero godimento è diretta a soddisfare e lo scopo produttivo al quale il contratto di società è preordinato» (Cass. 4 febbraio 2021, n. 4946, cit.).
La legge n. 724/1994, art. 30, ha, dunque, la finalità di contrastare la diffusione di società anomale, utilizzate quale involucro per il perseguimento di finalità estranee alla causa contrattuale, spesso prive di un vero e proprio scopo lucrativo e talvolta strutturalmente in perdita, al fine di eludere la disciplina tributaria (Cass. 23 novembre 2021, n. 36365, richiamata e citata anche da Cass. 18 gennaio 2022, n. 1506).
2.2. L’effetto deterrente perseguito muove dalla determinazione di standard minimi di ricavi e proventi, correlati al valore di determinati beni aziendali. In particolare, secondo la legge n. 724/1994, art. 30, comma 1, una società si considera non operativa se la somma di ricavi, incrementi di rimanenze e altri proventi (esclusi quelli straordinari) imputati nel conto economico è inferiore a un determinato ricavo figurativo, calcolato, attraverso il test di operatività, applicando determinati coefficienti percentuali al valore degli assets patrimoniali intestati alla società. Il mancato raggiungimento di tale soglia – considerato dal legislatore sintomatico della non operatività della società (cfr., ex multis, Cass. 24 febbraio 2020, n. 4850) – fonda quindi una presunzione legale relativa di non operatività, basata sulla massima di esperienza secondo cui, di regola, non vi è effettività di impresa senza una continuità minima nei ricavi (da ultimo, Cass. 16 maggio 2023, n. 13328).
2.3. Come è stato già chiarito da questa Corte, «il mancato raggiungimento degli standard minimi di ricavi di cui al ridetto art. 30, comma 1 riconducibili agli assetti patrimoniali della struttura societaria, funge da elemento sintomatico di selezione ed individuazione degli enti non operativi» (Cass. 24 febbraio 2020, n. 4850). Il mancato superamento della “soglia di operatività” costituisce dunque presunzione legale, relativa, della natura non operativa della società contribuente e comporta, pertanto, l’applicazione della disciplina antielusiva.
2.4. In tale contesto, il contribuente può vincere la presunzione dimostrando all’Amministrazione -attraverso l’interpello finalizzato alla disapplicazione RAGIONE_SOCIALE disposizioni antielusive, ovvero in giudizio, nel caso di contrasto – le
oggettive situazioni che abbiano reso impossibile raggiungere il volume minimo di ricavi o di reddito determinato secondo i predetti parametri normativi (Cass. 23 maggio 2022, n. 16472).
L’onere della prova contraria deve essere inteso «non in termini assoluti quanto piuttosto in termini economici, aventi riguardo alle effettive condizioni di mercato» (Cass. 28 maggio 2020, n. 10158; Cass. 12 febbraio 2019, n. 4019; Cass. 20 giugno 2018, n. 16204). E’ stato peraltro escluso che, attraverso il meccanismo della presunzione relativa e dell’onere della prova contraria gravante sul contribuente, si pervenga ad un mero sindacato di merito del giudice sulle scelte imprenditoriali, rilevando che «in tema di società di comodo, non sussistono le oggettive situazioni di carattere straordinario, che rendono impossibile il superamento del test di operatività, l. n. 724 del 1994, ex art. 30, comma 4bis , nella versione all’epoca vigente, nell’ipotesi di totale assenza di pianificazione aziendale da parte degli organi gestori della società o di completa “inettitudine produttiva”, gravando sull’imprenditore, anche collettivo, – ai sensi dell’art. 2086, secondo comma, come modificato dall’art. 375 c.c.i.i., in coerenza con l’art. 41 Cost. -l’obbligo di predisporre i mezzi di produzione nella prospettiva del raggiungimento del lucro obiettivo e della continuità aziendale. Sicché in tal caso, il sindacato del giudice non coinvolge le scelte di merito dell’imprenditore, attenendo alla verifica del corretto adempimento degli obblighi degli amministratori e dei sindaci, con riduzione dell’operatività della business judgement rule , sempre valutabile, sotto il profilo tributario, per condotte platealmente antieconomiche» (Cass. 23 novembre 2021, n. 36365).
Inoltre, con riferimento alla presunzione legale relativa di non operatività, l’onere probatorio può essere assolto non solo dimostrando che, nel caso concreto, l’esito quantitativo del test di operatività è erroneo o non ha la valenza sintomatica che gli ha attribuito il legislatore, giacché il livello inferiore dei ricavi è dipeso invece da situazioni oggettive che ne hanno impedito una maggior realizzazione; ma anche dando direttamente la prova proprio di quella circostanza che, nella sostanza, dal livello dei ricavi si dovrebbe presumere inesistente, ovvero dimostrando la sussistenza di un’attività imprenditoriale effettiva, caratterizzata dalla prospettiva del lucro obiettivo e della continuità aziendale, e dunque l’operatività reale della società (Cass. 24 febbraio 2021, n. 4946, in motivazione; Cass. 28 settembre 2021, n. 26219, in motivazione).
2.5. In forza di queste considerazioni si è così affermato che la prova contraria, da parte del contribuente, deve risolversi nell’offerta di elementi di fatto consistenti in “situazioni oggettive di carattere straordinario”, indipendenti dalla volontà del contribuente, che rendano impossibile conseguire il reddito presunto avuto riguardo alle effettive condizioni del mercato (Cass. 3 marzo 2023, n. 6459; Cass. 23 novembre 2021, n. 36365; Cass. 12 febbraio 2019, n. 4019), e che, pertanto, facciano desumere «l’erroneità dell’esito quantitativo del test di operatività, ovvero la sussistenza di un’attività imprenditoriale effettiva, caratterizzata dalla prospettiva del lucro obiettivo e della continuità aziendale e, dunque, l’operatività reale della società» (Cass. 23 maggio 2022, n. 16472).
Orbene, tutto ciò premesso, la C.T.R., nel caso di specie, ha dato conto -con accertamento di fatto insindacabile in questa
sede -che la società RAGIONE_SOCIALE non fosse una mera società di comodo, rientrando nelle libere scelte imprenditoriali quella di esercitare l’attività di ristorazione non direttamente, ma attraverso altra società cui affittare il ramo d’azienda, tenuto conto anche del coinvolgimento, in tale società affittuaria, di uno chef rinomato, e ciò anche per evitare una commistione con il settore principale di produzione vitivinicola; inoltre, come sempre accertato dalla C.T.R., in alcun modo i costi sostenuti hanno dato luogo ad una attività di mero godimento di beni dei soci.
Peraltro, è pacifico che la mancata immediata redditività della partecipata RAGIONE_SOCIALE (e quindi, di riflesso, della partecipata RAGIONE_SOCIALE) è dipesa unicamente dal fatto che tale società stesse attraversando una propria fase di avviamente (c.d. start-up ), ed era comunque destinata a realizzare un investimento di lungo periodo, tanto è vero che, come accertato dalla C.T.R., una volta superata tale fase iniziale l’attività di ristorazione ha pacificamente generato ricavi di cui beneficia anche la contro ricorrente. Del resto, la stessa circolare dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del 2 febbraio 2007, n. 5/E, al par. 4 (rubricato ‘presupposti per la disapplicazione della disciplina sulle società non operative’) fa rientrate, tra le ‘situazioni oggettive’ che possono verificarsi, anche le «società partecipate che si trovano in fase di avvio dell’attività».
Consegue il rigetto del ricorso.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza dell’RAGIONE_SOCIALE, secondo la liquidazione di cui al dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere
amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, non si applica il d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1quater .
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna l’Agenza RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE alla rifusione, in favore della RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE spese del presente grado di giudizio, che si liquidano in € 9.000,00 per compensi, oltre 15% per rimborso spese generali, C.A.P. ed I.V.A.
Così deciso in Roma, il 28 novembre 2023.