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Società non operative: la Cassazione e la Legge UE

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria contro una società immobiliare, ritenuta erroneamente una delle cosiddette “società non operative”. La Corte ha stabilito che la valutazione sulla natura dei terreni della società è un accertamento di fatto non riesaminabile in sede di legittimità. Soprattutto, ha affermato un principio cruciale: la normativa nazionale sulle società non operative, che limita la detrazione IVA in base a ricavi presunti, è in contrasto con il diritto dell’Unione Europea e deve essere disapplicata, come sancito da una recente sentenza della Corte di Giustizia UE. Di conseguenza, lo status di soggetto passivo IVA dipende dall’effettivo svolgimento di un’attività economica, non dal superamento di soglie di reddito prefissate.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Società non operative: la Cassazione conferma il primato del Diritto UE

La disciplina delle società non operative, o ‘società di comodo’, è da tempo al centro di un complesso dibattito giuridico. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione non solo chiarisce aspetti cruciali sulla valutazione dei beni aziendali, ma sancisce un principio dirompente: la normativa nazionale deve cedere il passo al diritto dell’Unione Europea in materia di IVA. Questa decisione rappresenta una tutela fondamentale per le imprese che, pur svolgendo un’effettiva attività economica, non raggiungono le soglie di ricavo presunte dalla legge.

I Fatti del Caso: Terreni Edificabili o Immobilizzazioni?

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato dall’Amministrazione Finanziaria a una società immobiliare. Secondo l’Ufficio, la società era da considerarsi ‘non operativa’ ai sensi dell’art. 30 della Legge n. 724/1994, poiché non aveva superato il cosiddetto ‘test di operatività’.

Il cuore della controversia risiedeva nella classificazione contabile di alcuni terreni di proprietà della società. L’impresa li aveva iscritti a bilancio come ‘rimanenze’, ovvero beni destinati alla vendita. L’Amministrazione Finanziaria, al contrario, sosteneva che i terreni avessero perso la loro capacità edificatoria e andassero quindi riclassificati come ‘immobilizzazioni materiali’. Questa diversa classificazione avrebbe modificato i parametri del test, facendo risultare la società ‘di comodo’ e giustificando così l’accertamento di maggiori imposte IRES, IRAP e il recupero di un credito IVA.

Sia la Commissione Tributaria di primo grado che quella regionale avevano dato ragione alla società, stabilendo che i terreni, sebbene soggetti a vincoli urbanistici più stringenti e temporanei, non avevano perso la loro vocazione edificatoria e, pertanto, erano correttamente classificati come rimanenze.

La Decisione della Cassazione e le società non operative

L’Amministrazione Finanziaria ha impugnato la decisione regionale dinanzi alla Corte di Cassazione, basando il ricorso su tre motivi principali: violazione di legge, nullità della sentenza per motivazione carente e omesso esame di un fatto decisivo.

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, ma la sua analisi è andata ben oltre il caso specifico, toccando i fondamenti stessi della normativa sulle società non operative.

Il Conflitto con la Normativa Europea sull’IVA

Il punto più significativo della pronuncia è il richiamo alla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 7 marzo 2024 (causa C-341/22). La Corte di Cassazione ha evidenziato come tale sentenza abbia stabilito un principio fondamentale: la normativa italiana sulle società non operative (art. 30 L. 724/1994) si pone in conflitto con la direttiva IVA dell’UE.

Secondo il diritto europeo, la qualità di soggetto passivo IVA e il conseguente diritto alla detrazione dell’imposta derivano dall’esercizio effettivo di un’attività economica, indipendentemente dal raggiungimento di una soglia minima di ricavi. La normativa italiana, invece, introduce una presunzione di non operatività basata proprio su un livello di ricavi ritenuto non congruo, con la conseguenza di negare il diritto alla detrazione o al rimborso del credito IVA. Questo meccanismo, secondo i giudici, viola i principi di neutralità dell’IVA e di proporzionalità.

Di conseguenza, il giudice nazionale ha l’obbligo di disapplicare la norma interna contrastante con il diritto dell’Unione.

Le Motivazioni della Corte

Sulla base di queste premesse, la Corte di Cassazione ha motivato il rigetto del ricorso. In primo luogo, ha dichiarato inammissibili le censure dell’Amministrazione Finanziaria relative alla classificazione dei terreni, ribadendo che la valutazione delle prove e l’accertamento dei fatti sono di competenza esclusiva dei giudici di merito e non possono essere riesaminati in sede di legittimità.

In secondo luogo, ha ritenuto infondato il motivo sulla presunta carenza di motivazione, giudicando la decisione della corte d’appello sufficientemente argomentata.

Ma la motivazione centrale, e di portata generale, risiede nel richiamato contrasto con il diritto UE. La Corte ha concluso che, alla luce dei principi stabiliti dalla Corte di Giustizia, la normativa sulle società non operative non può essere utilizzata per negare il diritto alla detrazione IVA a un soggetto che esercita un’attività economica reale, anche se i suoi ricavi sono temporaneamente bassi o inferiori a una soglia presunta. L’Amministrazione Finanziaria non può limitarsi a invocare il test di operatività, ma deve dimostrare un’eventuale frode o abuso per negare la detrazione.

Conclusioni: Cosa Cambia per le Imprese?

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale di estrema importanza per le imprese. Le conclusioni pratiche sono significative:

1. Primato dell’Attività Effettiva: Lo status di soggetto economico attivo non dipende dal superamento di test presuntivi, ma dallo svolgimento concreto di un’attività di produzione o scambio di beni e servizi.
2. Tutela del Credito IVA: Il diritto alla detrazione dell’IVA è un pilastro del sistema europeo e non può essere compresso da norme nazionali che introducono presunzioni di non operatività basate su soglie di ricavo.
3. Onere della Prova sull’Amministrazione: Per contestare la natura operativa di una società e negare i diritti fiscali conseguenti, l’Amministrazione Finanziaria deve fornire la prova di un comportamento fraudolento o abusivo, non potendo fare esclusivo affidamento sui calcoli del test di operatività.

In definitiva, la decisione offre maggiore certezza giuridica alle aziende, in particolare a quelle in fase di avviamento, a quelle che operano in settori ciclici come l’immobiliare, o a quelle che affrontano periodi di bassi ricavi pur sostenendo costi significativi per la loro attività.

Una società può essere considerata ‘non operativa’ solo perché i suoi ricavi sono inferiori a una soglia presunta dalla legge ai fini IVA?
No. Secondo la Corte di Cassazione, che applica i principi del diritto dell’Unione Europea, la normativa nazionale che nega il diritto alla detrazione IVA basandosi unicamente sul mancato raggiungimento di una soglia di ricavi presunta è in contrasto con la direttiva IVA e deve essere disapplicata. Ciò che conta è l’effettivo svolgimento di un’attività economica.

La classificazione contabile di un terreno (rimanenze vs. immobilizzazioni) è decisiva per il test di operatività?
Sì, la classificazione contabile è fondamentale per il calcolo del test di operatività previsto dalla legge italiana. Tuttavia, la valutazione su quale sia la corretta classificazione è un accertamento di fatto che spetta ai giudici di merito (primo e secondo grado) e non è, di regola, sindacabile dalla Corte di Cassazione.

La normativa italiana sulle società non operative è compatibile con il diritto dell’Unione Europea in materia di IVA?
No. La Corte di Cassazione, richiamando una sentenza della Corte di Giustizia UE, ha stabilito che la normativa italiana (art. 30 della L. 724/1994) si pone in conflitto con gli articoli 9 e 167 della direttiva IVA. Questo perché nega la qualità di soggetto passivo e il diritto alla detrazione a chi, pur esercitando un’attività economica, non raggiunge determinate soglie di ricavi, violando i principi di neutralità e proporzionalità dell’IVA.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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