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Società non operative: la Cassazione e il credito IVA

Una società è stata oggetto di accertamenti fiscali per Ires, Irap e Iva, venendo classificata come ‘società non operativa’ a causa di una prolungata inattività e di un’unica fattura ritenuta inesistente. La Corte di Cassazione, accogliendo parzialmente il ricorso della società, ha stabilito, in linea con una recente sentenza della Corte di Giustizia UE, che la qualifica di società non operativa, basata sul mancato raggiungimento di soglie di ricavi, non può comportare l’automatica perdita del diritto alla detrazione del credito IVA. Tale diritto può essere negato solo in presenza di frode o abuso, che devono essere provati dall’amministrazione finanziaria. La sentenza è stata quindi cassata con rinvio per un nuovo esame sulla questione IVA.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Società non operative: Stop alla Perdita Automatica del Credito IVA

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 7137 del 2025, interviene su un tema cruciale per molte imprese: la disciplina delle società non operative (o ‘di comodo’) e le conseguenze fiscali, in particolare sulla detraibilità del credito IVA. La Corte, recependo i principi del diritto europeo, ha stabilito che la semplice inattività economica o il mancato raggiungimento di soglie di ricavi non sono sufficienti per negare a una società il diritto di detrarre l’IVA. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Il caso origina da una serie di avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di una S.r.l. per gli anni d’imposta 2004, 2006, 2007 e 2008. L’Amministrazione Finanziaria contestava il recupero di Ires, Irap e Iva, oltre all’irrogazione di sanzioni.

In particolare, l’Ufficio aveva rilevato che la società, dopo essere stata inattiva nel 2005, aveva emesso un’unica fattura nel 2006, ritenuta relativa a un’operazione inesistente. A causa della totale inattività anche nel 2007 e 2008, l’Agenzia aveva classificato la società come ‘non operativa’ ai sensi dell’art. 30 della legge 724/1994, accertando un reddito minimo presunto e negando il diritto al credito IVA maturato.

La Decisione della Commissione Tributaria Regionale

La Commissione Tributaria Regionale (CTR) aveva parzialmente riformato la decisione di primo grado. Pur annullando l’accertamento per il 2004 per insussistenza delle condizioni per il raddoppio dei termini, la CTR aveva confermato la legittimità degli altri atti. I giudici d’appello avevano ritenuto provata l’inesistenza dell’operazione fatturata nel 2006 sulla base di molteplici indizi presentati dall’Ufficio. Di conseguenza, avevano confermato la qualifica di società inattiva per il triennio 2006-2008, con la conseguente corretta applicazione della disciplina sul reddito minimo e la perdita del diritto al rimborso del credito IVA.

L’Impatto del Diritto UE sulle Società non operative

Il punto centrale del ricorso in Cassazione riguarda l’applicazione della normativa sulle società non operative e la perdita del credito IVA. La società ricorrente ha censurato l’errata applicazione dell’art. 30 della L. 724/1994. La Corte di Cassazione ha accolto questa doglianza, basando la sua decisione su un fondamentale intervento della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (sentenza del 7 marzo 2024, causa C-341/2022).

La Corte UE ha stabilito che la normativa europea sull’IVA (Direttiva 2006/112/CE) osta a una normativa nazionale che neghi la qualità di soggetto passivo IVA e il conseguente diritto alla detrazione a un’impresa solo perché il suo valore economico non raggiunge una soglia minima di ricavi fissata a livello nazionale. I principi di neutralità e proporzionalità dell’IVA impediscono di privare un soggetto del diritto alla detrazione per il solo fatto che l’importo delle sue operazioni a valle sia considerato ‘insufficiente’.

Il Raddoppio dei Termini di Accertamento

In un ricorso incidentale, l’Agenzia delle Entrate aveva contestato la decisione della CTR di annullare l’accertamento per il 2004, sostenendo la legittimità del raddoppio dei termini. La Cassazione ha accolto parzialmente anche questo motivo, chiarendo che il giudice tributario non deve accertare la sussistenza del reato, ma solo verificare la presenza dei presupposti per l’obbligo di denuncia penale e l’uso non strumentale di tale facoltà da parte dell’Ufficio. Tuttavia, ha ribadito che il raddoppio non si applica mai ai fini IRAP, non essendo un’imposta per cui sono previste sanzioni penali.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte Suprema ha chiarito che la normativa italiana sulle società non operative, nella parte in cui prevede la perdita automatica del credito IVA per il mancato superamento di test di operatività basati sui ricavi, deve essere disapplicata perché in contrasto con il diritto dell’Unione Europea. Il diritto alla detrazione IVA è un principio cardine del sistema comune e può essere limitato solo in specifiche circostanze.

Secondo la Corte, per negare la detrazione, non è sufficiente dimostrare che la società non ha raggiunto una certa soglia di ricavi. L’amministrazione finanziaria deve provare che le operazioni si inseriscono in un contesto di frode o abuso del diritto, inteso come la realizzazione di una ‘costruzione artificiosa’ volta a ottenere un vantaggio fiscale indebito. Nel caso di specie, la semplice inattività economica, pur confermata, non è di per sé prova di un intento fraudolento che possa giustificare la perdita totale del credito IVA.

Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso principale limitatamente alla questione del credito IVA, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado per un nuovo esame. Quest’ultima dovrà valutare la questione alla luce dei principi europei, verificando se, al di là della qualifica di ‘non operativa’, sussistano prove concrete di una frode o di un abuso del diritto. Questa sentenza rappresenta un’importante affermazione della supremazia del diritto UE e offre una maggiore tutela ai contribuenti, impedendo che periodi di difficoltà economica o di bassa operatività si traducano automaticamente in sanzioni fiscali sproporzionate come la perdita del credito IVA.

Una società con ricavi molto bassi può essere considerata ‘non operativa’ e perdere automaticamente il diritto al credito IVA?
No. Secondo la Corte di Cassazione, in linea con la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, la normativa nazionale che prevede la perdita automatica del credito IVA per le società che non superano un test di ricavi minimi deve essere disapplicata. La semplice inattività economica non è sufficiente per negare il diritto alla detrazione.

In quali casi è possibile negare il diritto alla detrazione IVA a una società?
Il diritto alla detrazione IVA può essere negato solo se l’amministrazione finanziaria dimostra che le operazioni si inseriscono in un contesto di frode o di abuso del diritto. Questo significa provare che la società ha realizzato una ‘costruzione artificiosa’ con il solo scopo di ottenere un vantaggio fiscale indebito.

Quando si applica il ‘raddoppio dei termini’ per l’accertamento fiscale?
Il raddoppio dei termini di accertamento si applica quando emerge una violazione fiscale che comporta l’obbligo di denuncia penale per uno dei reati tributari previsti dalla legge. Il giudice tributario deve verificare se esistevano i presupposti per tale denuncia al momento dell’accertamento, senza dover accertare la commissione del reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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