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Società non operative: la Cassazione chiarisce

Una società immobiliare impugna un accertamento fiscale basato sulla disciplina delle società non operative. La Cassazione rigetta il ricorso, confermando la legittimità della delega di firma tramite ordine di servizio e l’inapplicabilità del reddito catastale ai beni merce. Sottolinea inoltre l’inammissibilità di nuove questioni in Cassazione e la necessità di provare le circostanze oggettive che impediscono il raggiungimento del reddito minimo.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Società non operative: Delega di firma e beni merce sotto la lente della Cassazione

La disciplina delle società non operative, o società di comodo, continua a essere un terreno di scontro tra contribuenti e Amministrazione Finanziaria. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su alcuni aspetti cruciali della normativa, offrendo chiarimenti importanti in materia di delega di firma per gli avvisi di accertamento e di classificazione degli immobili ai fini del test di operatività. La pronuncia analizza il caso di una società immobiliare che si è vista rettificare il reddito dichiarato per l’anno d’imposta 2008, con l’applicazione del reddito minimo presunto.

I fatti di causa: un accertamento fiscale contestato

Una società a responsabilità limitata, operante nel settore immobiliare, impugnava un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate, applicando la disciplina per le società non operative, rettificava il suo reddito ai fini Ires. L’Ufficio contestava il mancato raggiungimento della soglia di ricavi minimi previsti dalla legge, determinando un reddito imponibile maggiore.

La società aveva presentato un’istanza di interpello per la disapplicazione della normativa antielusiva, che però non aveva avuto esito positivo. Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano respinto le ragioni del contribuente, confermando la legittimità dell’operato dell’Amministrazione Finanziaria. Di qui, il ricorso in Cassazione.

I motivi del ricorso in Cassazione

La società contribuente ha basato il proprio ricorso su quattro principali motivi di censura:

1. Violazione sulla delega di firma: Si contestava la validità dell’avviso di accertamento perché sottoscritto da un funzionario delegato, senza che fosse allegato un provvedimento di delega specifico, con data certa e numero di protocollo.
2. Errata determinazione del reddito: Si sosteneva che l’Ufficio avesse violato la normativa non determinando i redditi fondiari esclusivamente su base catastale.
3. Mancata considerazione delle cause di esclusione: La società lamentava che non fossero state considerate le circostanze oggettive che avevano impedito il raggiungimento del reddito minimo, come dinieghi di autorizzazioni, iscrizioni di ipoteche e vincoli paesaggistici sui terreni.
4. Errori nel calcolo del test di operatività: Si denunciavano errori materiali nel calcolo del reddito minimo, come l’utilizzo di dati di bilancio di anni errati e l’inclusione di crediti tributari.

La disciplina delle società non operative e la decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendo i motivi in parte inammissibili e in parte infondati. Analizziamo punto per punto il ragionamento dei giudici.

La validità della delega di firma

Sul primo motivo, la Corte ha chiarito che la delega di firma per un avviso di accertamento ha natura di mero decentramento burocratico interno. Non è un trasferimento di funzioni, ma solo della facoltà di sottoscrivere. Di conseguenza, non necessita di un atto nominativo con data certa, ma può essere attuata anche mediante ordini di servizio generali. È sufficiente l’individuazione della qualifica del funzionario delegato (in questo caso, “Capo Team Accertamenti”), spettando all’Amministrazione, in caso di contestazione, produrre in giudizio la prova della delega, anche in appello.

Immobili come “beni merce”

In merito al secondo motivo, la Cassazione ha ribadito un principio consolidato: per le società commerciali, come quelle di costruzione o compravendita immobiliare, i terreni e gli fabbricati acquistati per essere edificati, lottizzati o venduti sono considerati “beni merce” (rimanenze di magazzino) e non beni produttivi di reddito fondiario. Pertanto, le norme sulla determinazione catastale del reddito non si applicano. La Corte ha inoltre dichiarato inammissibile la censura relativa all’erronea inclusione di tali beni nel test di operatività, poiché la questione non era stata sollevata nei precedenti gradi di giudizio.

Le motivazioni

La decisione della Corte si fonda su principi giuridici ormai consolidati. In primo luogo, viene ribadita la distinzione tra delega di funzioni e delega di firma, con quest’ultima che risponde a esigenze di organizzazione interna degli uffici e non richiede formalismi eccessivi.

In secondo luogo, si riafferma la corretta qualificazione fiscale degli immobili detenuti dalle imprese del settore: se destinati alla vendita, essi generano reddito d’impresa e non reddito fondiario, sottraendoli alle regole di determinazione catastale. Questo principio è fondamentale per l’applicazione della disciplina sulle società non operative.

Infine, la Corte sottolinea con forza i limiti del giudizio di legittimità. I motivi relativi alla valutazione delle prove (come la sussistenza di cause oggettive di impedimento) e quelli che introducono per la prima volta questioni non dibattute nel merito sono considerati inammissibili. Il contribuente ha l’onere di provare le circostanze che giustificano la disapplicazione della normativa e di formulare tutte le sue difese nei primi due gradi di giudizio, nel rispetto del principio di autosufficienza del ricorso.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un’importante conferma di orientamenti giurisprudenziali consolidati in materia di società non operative. Per le imprese, ne derivano chiare implicazioni pratiche: non è sufficiente lamentare genericamente impedimenti oggettivi per sfuggire alla presunzione di non operatività, ma è necessario documentarli e provarli dettagliatamente sin dal primo grado di giudizio. Inoltre, viene confermata la legittimità degli avvisi di accertamento firmati da funzionari delegati tramite ordini di servizio interni, a condizione che l’Amministrazione sia in grado di produrre tale documentazione in caso di contestazione. Infine, la corretta classificazione degli immobili in bilancio come “beni merce” è cruciale, poiché ne determina il regime fiscale e la rilevanza ai fini del test di operatività.

La delega di firma per un avviso di accertamento deve essere nominativa e con data certa?
No. Secondo la Corte, la delega di firma è un atto di organizzazione interna che può avvenire anche tramite ordini di servizio generali. Non è necessaria un’indicazione nominativa, essendo sufficiente l’individuazione della qualifica rivestita dal funzionario delegato. In caso di contestazione, l’Amministrazione è tenuta a dimostrarne l’esistenza.

Gli immobili di una società di costruzioni, destinati alla vendita, sono considerati ai fini del calcolo catastale del reddito?
No. Gli immobili di società commerciali che li acquistano per la successiva edificazione, lottizzazione o vendita sono considerati “beni merce” e non beni produttivi di reddito fondiario. Di conseguenza, non si applicano le norme di determinazione catastale del reddito.

Cosa deve fare una società per dimostrare di non essere una “società non operativa” a causa di impedimenti esterni?
La società deve provare in modo specifico e documentato, nei gradi di merito (primo e secondo grado), l’esistenza di circostanze oggettive che, indipendentemente dalla sua volontà, le hanno impedito di raggiungere il reddito minimo presunto. Una generica lamentela o una contestazione in fatto non è ammissibile in sede di Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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