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Società non operative: incentivi pubblici e prova

Una società a responsabilità limitata, dopo la revoca di un finanziamento pubblico per la ristrutturazione di un immobile, è stata classificata come società non operativa. La Corte di Cassazione ha stabilito che basare un’attività imprenditoriale esclusivamente su incentivi pubblici denota una carenza di pianificazione e non costituisce una “situazione oggettiva” valida per disapplicare la normativa fiscale sulle società non operative, ribaltando le decisioni dei giudici di merito.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Società Non Operative: la Revoca di Incentivi Pubblici Non Basta a Giustificare l’Inattività

La disciplina delle società non operative, o società di comodo, rappresenta uno strumento cruciale per l’amministrazione finanziaria per contrastare l’uso di strutture societarie create al solo fine di gestire patrimoni personali eludendo la tassazione. Tuttavia, esistono situazioni in cui una società, pur essendo genuinamente operativa, non riesce a raggiungere i ricavi minimi previsti dalla legge a causa di circostanze oggettive. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito i limiti entro cui tali circostanze possono essere invocate, specificando che la dipendenza esclusiva da incentivi pubblici non rientra tra queste.

I Fatti del Caso: Un Progetto Imprenditoriale e un Finanziamento Revocato

Una società a responsabilità limitata aveva acquistato un immobile con l’intento di ristrutturarlo e adibirlo ad albergo e ristorante. Per finanziare l’operazione, aveva richiesto e ottenuto un finanziamento regionale. Successivamente, tale finanziamento veniva revocato per decadenza, lasciando la società con un immobile inagibile, bisognoso di ingenti investimenti e, di conseguenza, incapace di generare alcun reddito. A fronte di questa situazione, la società chiedeva all’Agenzia delle Entrate la disapplicazione della normativa sulle società non operative per l’anno d’imposta in questione. L’Ufficio rigettava l’istanza e procedeva con l’accertamento di un reddito minimo presunto. I giudici di primo e secondo grado davano ragione al contribuente, ritenendo la revoca del finanziamento una causa di forza maggiore che giustificava l’inattività.

La Disciplina delle Società Non Operative

L’articolo 30 della Legge n. 724/1994 stabilisce che le società si considerano ‘non operative’ se l’ammontare dei ricavi è inferiore a una soglia minima calcolata applicando determinate percentuali al valore dei beni patrimoniali. Questa è una presunzione legale relativa: la società può fornire la prova contraria dimostrando l’esistenza di ‘oggettive situazioni’ che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi minimi. La norma mira a colpire le cosiddette ‘società di comodo’, ovvero quelle entità che fungono da meri contenitori di beni (come immobili o partecipazioni) senza svolgere una reale attività economica.

La Posizione della Cassazione sulle Società Non Operative e gli Incentivi

La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ha ribaltato la decisione della commissione tributaria regionale. I giudici supremi hanno affermato un principio fondamentale per la valutazione del rischio d’impresa. L’imprenditore ha il dovere di pianificare la propria attività predisponendo i mezzi necessari per raggiungere il ‘lucro oggettivo’, inteso almeno come la copertura dei costi con i ricavi. Scommettere tutto sull’ottenimento di incentivi pubblici, senza un piano alternativo, colloca l’iniziativa al di fuori della nozione classica di attività d’impresa.

La Mancanza di Pianificazione come Elemento Decisivo

Secondo la Corte, l’attività economica non può dipendere in via esclusiva dall’ottenimento di aiuti statali. Un’impresa sana deve essere in grado di sostenersi autonomamente sul mercato. Basare l’intera programmazione aziendale su un supporto esterno e incerto, come un finanziamento pubblico, denota una carenza di pianificazione che non può essere usata come scusante per l’inoperatività. La revoca del finanziamento, quindi, non costituisce una di quelle ‘situazioni oggettive’ in grado di vincere la presunzione di non operatività.

Le Motivazioni della Sentenza

La motivazione della Corte si fonda sulla distinzione tra rischio d’impresa e impossibilità oggettiva. Il rischio che un finanziamento non venga erogato o venga revocato fa parte delle normali incertezze che ogni imprenditore deve affrontare e gestire. Non si tratta di un evento esterno e imprevedibile, ma di una variabile che deve essere inclusa nella pianificazione strategica. La commissione tributaria regionale ha errato nel limitarsi a constatare che l’immobile non produceva benefici, senza analizzare la condotta dell’imprenditore e la sostenibilità del suo piano aziendale a prescindere dagli incentivi. Il contribuente deve dimostrare non solo che non ha potuto conseguire i ricavi, ma che ciò è avvenuto per cause non imputabili a una sua scelta imprenditoriale errata o a una mancanza di diligenza nella pianificazione. Pertanto, la causa è stata rinviata a un nuovo esame che tenga conto di questi principi.

Conclusioni Pratiche

Questa ordinanza offre un importante monito per gli imprenditori: gli incentivi pubblici sono un’opportunità, non il fondamento di un’attività economica. Per evitare di incappare nella penalizzante disciplina delle società non operative, è essenziale poter dimostrare l’esistenza di un piano aziendale solido e realistico, capace di generare ricavi sufficienti a coprire i costi anche in assenza di aiuti esterni. La prova contraria richiesta dalla legge non può basarsi su una mera sfortuna o su un singolo evento negativo, ma deve radicare in una dimostrazione complessiva di effettiva operatività e di una gestione diligente e professionale, volta a garantire la continuità aziendale sul mercato.

Il mancato ottenimento di un finanziamento pubblico è una causa sufficiente per disapplicare la normativa sulle società non operative?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che basare l’intera attività economica sul supporto di incentivi pubblici denota una carenza di pianificazione. Pertanto, la loro mancata erogazione o revoca non costituisce una ‘situazione oggettiva’ in grado di giustificare la disapplicazione della disciplina, in quanto rientra nel normale rischio d’impresa.

Cosa deve dimostrare un’azienda per provare di non essere una società di comodo, nonostante i ricavi bassi?
L’azienda deve fornire la prova contraria dimostrando l’esistenza di situazioni oggettive che hanno reso impossibile il raggiungimento della soglia minima di ricavi. Questo implica dimostrare che l’inoperatività non è dovuta a scelte imprenditoriali errate o a una mancanza di pianificazione, ma a fattori esterni e non imputabili, oppure che, nonostante i bassi ricavi, esiste un’effettiva attività imprenditoriale con prospettive di continuità.

Qual è il ruolo del piano imprenditoriale nella valutazione dell’operatività di una società?
È fondamentale. L’imprenditore deve dimostrare di aver predisposto i mezzi di produzione necessari per raggiungere il ‘lucro oggettivo’ (almeno la copertura dei costi) e garantire la continuità aziendale. Un’attività che dipende esclusivamente da aiuti pubblici, senza un piano alternativo sostenibile, non rispetta i canoni della normale attività d’impresa e la società rischia di essere considerata non operativa ai fini fiscali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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