Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18586 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18586 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del AVV_NOTAIO, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’RAGIONE_SOCIALE, e domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma ;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale stesa su atto allegato alla memoria di costituzione del nuovo difensore, in sostituzione del precedente procuratore defunto, dall’AVV_NOTAIO, che ha indicato recapito EMAIL, avendo la controricorrente dichiarato di eleggere domicilio presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, alla INDIRIZZO in Roma;
-controricorrente –
OGGETTO: Società non operative (c.d. di comodo) – Interpello disapplicativo 2013 – Diniego dell’Amministrazione finanziaria – Atto impugnabile – Correttezza del rifiuto – Sindacabilità.
la sentenza n. 2196, pronunciata dalla Commissione Tributaria RAGIONE_SOCIALE del Lazio il 29.3.2017, e pubblicata il 12.4.2017;
ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
la Corte osserva:
Fatti di causa
La società RAGIONE_SOCIALE presentava in data 22.5.2014 interpello ex art. 37 bis , comma 8, del Dpr n. 600 del 1973, al fine di conseguire la disapplicazione della norma di cui all’art. 30 della Legge n. 724 del 1994, relativa alle società non operative, con riferimento all’anno di imposta 2013 (Ist. Disapplic. n. 913-240/2014), dichiarando di non avere potuto conseguire positivi risultati reddituali per causa di forza maggiore , rappresentata dall’obiettiva impossibilità di utilizzo dell’unico cespite nella sua titolarità, un immobile che non aveva conseguito le autorizzazioni amministrative necessarie per poter essere utilizzato con finalità ricettizio-assistenziale. La società aveva infatti acquistato nel novembre 2003 un grande edificio che intendeva destinare nuovamente a struttura assistenziale ma, dopo un primo parere favorevole conseguito dalla ASL di Frosinone nel 2004, che aveva autorizzato 71 posti per residenza e 10 posti per semiresidenza, la Regione Lazio aveva negato nel 2005 l’autorizzazione a causa dell’affermata saturazione dei posti disponibili. In conseguenza la società si era venuta a trovare nell’impossibilità di operare, avendo anche infruttuosamente tentato di locare l’immobile o di venderlo.
1.1. La Direzione RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per il Lazio, in data 1° agosto 2014 comunicava il rigetto dell’istanza disapplicativa, ritenendo essere pure venuto meno lo scopo della società, e rilevando l’assenza nella domanda anche della sola prospettazione di iniziative in atto, o da intraprendere, finalizzate al raggiungimento dell’oggetto sociale.
La società impugnava il diniego innanzi alla Commissione Tributaria RAGIONE_SOCIALE di Frosinone, contestando innanzitutto la violazione dell’art. 30 della L. n. 724 del 1994. Si costituivano in giudizio la Direzione RAGIONE_SOCIALE Lazio e la Direzione RAGIONE_SOCIALE Frosinone dell’RAGIONE_SOCIALE, e quest’ultima preliminarmente criticava il proprio difetto di legittimazione passiva, essendo stato emesso l’atto impugnato dalla Direzione RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Roma. L’Amministrazione finanziaria, inoltre, censurava l’inammissibilità del ricorso per essere il diniego in questione un atto non autonomamente impugnabile ai sensi dell’art. 19 del D.Lgs n. 546 del 1992, nonché l’infondatezza dell’impugnazione.
La CTP di Frosinone riteneva fondate le difese proposte dalla contribuente ed accoglieva il suo ricorso.
L’RAGIONE_SOCIALE spiegava appello avverso la decisione sfavorevole conseguita dai primi giudici, innanzi alla Commissione Tributaria RAGIONE_SOCIALE del Lazio, rinnovando le proprie contestazioni. La CTR rigettava il ricorso, ritenendo che il diniego opposto all’interpello disapplicativo sia un atto autonomamente impugnabile, e quindi reputando che la società avesse provato la ricorrenza di una ‘situazione oggettiva determinante ai fini della disapplicazione della normativa antielusiva’, la quale ‘ha reso impossibile alla società … il conseguimento dei ricavi’ (sent. CTR, p. III s.).
Ha proposto ricorso per cassazione, avverso la decisione adottata dalla CTR, l’RAGIONE_SOCIALE, affidandosi a due motivi di impugnazione. Resiste mediante controricorso la società RAGIONE_SOCIALE.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso, indicato come proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, e in subordine n. 3, cod. proc. civ., l’RAGIONE_SOCIALE contesta la sentenza impugnata in
conseguenza della violazione dell’art. 19 del D.Lgs n. 546 del 1992, e dell’art. 100 cod. proc. civ., nella parte in cui la CTR ha erroneamente ritenuto impugnabile in giudizio l’atto con il quale l’Amministrazione Finanziaria abbia fornito risposta negativa all’interpello disapplicativo per le società di comodo, previsto dal combinato disposto di cui agli art. 30 della legge n. 794 del 1994, e 37 bis del Dpr n. 600 del 1973.
Con il secondo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., l’Amministrazione finanziaria censura la violazione dell’art. 30 della legge n. 724 del 1994, dell’art. 37 bis , comma 8, del Dpr n. 600 del 1973, e dell’art. 1 del Dm n. 259 del 1988, nonché dell’art. 2, commi 36 decies e 36 undecies del Dl n. 138 del 2011 e dell’art. 2697 cod. civ., per avere la CTR erroneamente ritenuto che la società avesse titolo per conseguire la disapplicazione della normativa sulle società non operative (c.d. di comodo), mentre in realtà la stessa non svolgeva da anni alcuna attività d’impresa, e neppure prospettava di poterla svolgere nel futuro.
Con il suo primo motivo di ricorso l’Amministrazione finanziaria contesta l’impugnata decisione adottata dalla CTR, in relazione ai profili della nullità della decisione e della violazione di legge, per avere il giudice del gravame erroneamente ritenuto che il diniego opposto all’interpello disapplicativo per le società non operative sia un atto impugnabile.
3.1. Invero, il problema dell’ammissibilità del ricorso giurisdizionale avverso il diniego opposto dall’Amministrazione finanziaria all’interpello disapplicativo per le società non operative, che non è ricompreso nell’elenco degli atti impugnabili di cui all’art. 19 del D.Lgs n. 546 del 1992, è stato ripetutamente affrontato da questa Corte regolatrice, e gli argomenti proposti dalla ricorrente non inducono a rivedere le posizioni consolidate raggiunte dalla giurisprudenza di legittimità.
Si è infatti condivisibilmente osservato che ‘in tema di contenzioso tributario, l’elencazione degli atti impugnabili contenuta nell’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992 ha natura tassativa, ma non preclude la facoltà di impugnare anche altri atti, ove con gli stessi l’Amministrazione porti a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, di talché quest’ultimo ha la facoltà di impugnare il diniego del AVV_NOTAIO di disapplicazione di norme antielusive ex art. 37 bis, comma 8, del d.P.R. n. 600 del 1973, in quanto seppur atto non rientrante in quelli indicati dall’art. 19, è il provvedimento con il quale l’Amministrazione porta a conoscenza del contribuente, pur senza efficacia vincolante per questi, il proprio convincimento in ordine ad un determinato rapporto tributario’, Cass. sez. VI -V, 15.2.2018, n. 3775; e si è anche specificato che ‘in tema di contenzioso tributario, la natura tassativa dell’elencazione egli atti impugnabili contenuta nell’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992 non preclude al contribuente la facoltà di impugnare anche quelli che, esplicitandone le concrete ragioni fattuali e giuridiche, portino a sua conoscenza una ben individuata pretesa tributaria, senza che però il suo mancato esercizio determini la non impugnabilità della medesima pretesa successivamente reiterata in uno degli atti tipici previsti dal citato art. 19. (Nella specie, la S.C. ha respinto la pretesa dell’Ufficio che aveva ritenuto la non autonoma impugnabilità del parere fornito dal AVV_NOTAIO regionale sull’istanza di disapplicazione della disciplina RAGIONE_SOCIALE società di comodo, avanzata dal contribuente, in quanto non avente natura provvedimentale vincolante)’, Cass. sez. V, 21.1.2020, n. 1230; non essendosi mancato, recentemente, di ribadire che ‘la risposta negativa del fisco a un interpello disapplicativo è atto impugnabile, anche se non rientra tra quelli elencati dall’art. 19 d.lgs. n. 546 del 1992: l’ente impositore, infatti, attraverso tale atto porta a conoscenza del contribuente una pretesa tributaria ben individuata e quest’ultimo,
senza necessità che la stessa si vesta della forma autoritativa di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dal citato art. 19, già al momento della ricezione della notizia, è portatore di un interesse, ex art. 100 c.p.c., a chiarire, con pronuncia idonea ad acquisire effetti non più modificabili, la sua posizione in ordine alla stessa e, quindi, ad invocare una tutela giurisdizionale di controllo della legittimità sostanziale della pretesa impositiva’, Cass. sez. V, 27.1.2023, n. 2634.
Il primo strumento di impugnazione risulta quindi infondato e deve perciò essere respinto.
Con il secondo motivo di ricorso l’RAGIONE_SOCIALE critica la violazione di legge in cui sostiene essere incorsa la CTR per aver erroneamente ritenuto che la società avesse provato la ricorrenza di circostanze ‘oggettive situazioni di carattere straordinario ed eccezionale’ (ric., p. 18) che le avevano impedito il conseguimento di ricavi.
4.1. La CTR ha ritenuto che la contribuente si sia venuta a trovare in una condizione di oggettiva impossibilità di conseguire ricavi. ‘La società ha dedotto che il patrimonio sociale è costituito da un unico immobile sito nel Comune di Ausonia, già adibito a casa di riposo ed in completo stato di abbandono sin dagli anni ’80; … il suddetto bene è inutilizzabile … la società lo aveva acquistato allo scopo di adibirlo nuovamente ad ospizio … nel 2004 la ASL aveva autorizzato 71 posti per residenza e 10 per semi residenza, permettendo così l’inizio dei lavori, ma … nel 2005 la Regione Lazio ne aveva bloccato la procedura di accreditamento, a causa RAGIONE_SOCIALE stato di saturazione dei posti disponibili, negando l’autorizzazione di inizio attività … a causa di tale diniego la società non aveva più eseguito investimenti, tentando anche di locare o vendere l’immobile, non trovando alcun acquirente a causa del … vincolo di destinazione; … neanche l’immobile poteva essere oggetto di trasformazione o di altro utilizzo, a causa del vincolo di
destinazione … Trattasi di evenienza … che a tutti gli effetti costituisce una oggettiva situazione che ha reso impossibile alla odierna appellante il conseguimento dei ricavi … l’appello, conclusivamente, deve essere respinto’ (sent. CTR, p. III s.).
4.2. L’Amministrazione finanziaria contesta che l’art. 30 della legge n. 724 del 1994 prevede che debbano essere considerate non operative le società che non rispettano determinati parametri legali, e ‘l’articolo 2, commi 36 decies e 36 undecies, del d.l. n. 138 del 2011 ha esteso l’applicazione della disciplina RAGIONE_SOCIALE società non operative indipendentemente dal superamento del test di operatività di cui all’art. 30 … anche a quelle società che presentano dichiarazioni in perdita fiscale per tre periodi d’imposta consecutivi … la disapplicazione della disciplina RAGIONE_SOCIALE società in perdita sistematica, richiede la sussistenza e la prova da parte dell’istante di oggettive situazioni di carattere straordinario ed eccezionale, che abbiano comportato inevitabilmente il conseguimento di un risultato negativo … la società per dimostrare la sussistenza RAGIONE_SOCIALE eccezionali situazioni oggettive … aveva affermato di aver acquistato un immobile in stato di abbandono con l’intento di destinarlo a struttura a carattere ricettizio assistenziale; che tale bene sarebbe inutilizzabile e non potrebbe neppure essere destinato a civile abitazione, nonché che la società è stata posta in liquidazione e l’immobile è stato declassato alla categoria F/3, unità in corso di costruzione … La Commissione dunque ha accolto il ricorso ritenendo che il blocco della procedura di accreditamento avesse comportato il blocco della ristrutturazione e impedito l’inizio dell’attività, nonché la trasformazione o altro utilizzo del bene stesso … la situazione palesava l’assoluta impossibilità presente e futura di conseguire alcun ricavo … era emersa la cristallizzazione di una condizione di inoperatività dell’esercizio d’impresa … non era nemmeno possibile intravedere un concreto indirizzo della società verso lo svolgimento di un’effettiva attività d’impresa … il protrarsi
della procedura di inoperatività dell’esercizio dell’attività d’impresa ha fatto ritenere all’Ufficio che di fatto fosse venuto meno lo scopo per il quale la società era stata costituita. In altri termini era impossibile individuare nella fattispecie rappresentata una dimensione imprenditoriale, sia allo stato attuale, sia in una prospettiva a breve o medio termine … l’Ufficio non ha potuto che rigettare l’istanza … per sopravvenuta impossibilità del conseguimento dell’oggetto sociale … la mancata produzione di ricavi in misura sufficiente a superare il test di operatività non può essere ascritta ad eventi terzi ed indipendenti dalla volontà dell’impresa … le perdite fiscali conseguite nel periodo di osservazione appaiono la diretta conseguenza di libere scelte gestionali che, seppur non sindacabili nel merito, non possono assumere ad oggettive esimenti che hanno impedito il proficuo svolgimento di un’attività di impresa, propedeutica alla produzione di un utile fiscale’ (ric., p. 18 ss.).
4.3. La società nel suo controricorso contesta, innanzitutto una pluralità di ragioni di ritenuta inammissibilità del ricorso proposto dall’Amministrazione finanziaria.
In primo luogo la contribuente censura che l’RAGIONE_SOCIALE ‘ha richiamato la normativa specifica sulle c.d. perdite sistematiche quando l’esame della vicenda è relativa alle c.d. società di comodo’ (controric., p. 14). La critica appare infondata. L’Amministrazione finanziaria richiama anche, a sostegno della propria prospettazione, la disciplina di cui all’art. 2, commi 36 decies ed undecies , del Dl n. 138 del 2011, ma dalla lettura del ricorso risulta chiaro che la contestazione mossa alla società rimane quella di non aver rispettato la normativa sulle società di comodo di cui all’art. 30 della legge n. 724 del 1994 ed all’art. 37 bis , comma 8, del Dpr n. 600 del 1973, come emerge evidente anche dai passaggi dell’atto introduttivo innanzi trascritti. Non è del resto
precluso invocare nel giudizio di legittimità normative ulteriori a sostegno RAGIONE_SOCIALE proprie ragioni.
4.3.1. L’inammissibilità del ricorso dell’Ente impositore è poi affermata dalla contribuente ai sensi dell’art. 348 ter cod. proc. civ., perché sotto la veste della violazione di legge sarebbe in realtà contestato un vizio di motivazione, critica però inammissibile in presenza di una doppia pronuncia conforme dei giudici del merito. Anche questa censura non appare fondata, perché la valutazione richiesta dall’RAGIONE_SOCIALE è se sussistessero le condizioni legali per il conseguimento di una risposta positiva all’interpello disapplicativo sulle società di comodo, una questione di diritto, pertanto.
4.3.2. La società sostiene ancora l’inammissibilità del ricorso proposto dall’Amministrazione finanziaria in conseguenza del giudicato esterno formatosi in giudizio pendente tra le stesse parti ed avente il medesimo oggetto. Il riferimento operato dalla parte è alla sentenza n. 9186/19/16 della Commissione Tributaria RAGIONE_SOCIALE del Lazio, dep. il 23.12.2016 (ric., p. 17), che ha pronunciato circa l’avviso di accertamento notificato alla contribuente dall’RAGIONE_SOCIALE a causa della sua non operatività, non avendo provveduto all’adeguamento del proprio reddito dichiarato ai fini fiscali almeno nella misura minima prevista dalla legge, con riferimento all’anno 2009.
In proposito, occorre rilevare, la contribuente afferma che la pronuncia invocata è divenuta definitiva, ma non chiarisce come abbia fornito prova della circostanza. Non solo. Il presente giudizio ha ad oggetto l’impugnativa del diniego opposto dall’RAGIONE_SOCIALE avverso l’interpello disapplicativo della disciplina sulle società di comodo, mentre il giudizio di cui si domanda di estendere il giudicato ha avuto ad oggetto un avviso di accertamento, pertanto l’oggetto dei due giudizi non coincide. Inoltre, questa Corte ha già avuto occasione di chiarire che ‘in materia tributaria,
l’effetto vincolante del giudicato esterno, in relazione alle imposte periodiche, è limitato ai soli casi in cui vengano in esame fatti che, per legge, hanno efficacia permanente o pluriennale, producendo effetti per un arco di tempo che comprende più periodi di imposta, o nei quali l’accertamento concerne la qualificazione di un rapporto ad esecuzione prolungata, sicché è esclusa l’efficacia espansiva del giudicato per le fattispecie ‘tendenzialmente permanenti’ in quanto suscettibili di variazione annuale ‘, Cass. sez. V, 7.9.2018, n. 21824.
4.4. Tanto premesso, la società sostiene che la decisione della CTR appare ‘quanto mai coerente, logica ed esaustiva, pertanto non censurabile in sede di legittimità’, il giudice del gravame ‘ha riscontrato che, in sintesi, l’immobile acquisito dalla società non aveva alcuna altra possibilità di produrre reddito e che, pur volendo, sullo stesso, nessuna altra azione e/o iniziativa poteva essere intrapresa dalla NOME COGNOME. Lo spirito della legge, quindi, non è quello di punire scelte imprenditoriali sbagliate, o rivelatesi poi sbagliate – peraltro per fattori non dipendenti dalla volontà dell’imprenditore -ma è … quella di punire comportamenti posti in essere al solo scopo di fruire di indebiti vantaggi tributari’ (controric., p. 20).
4.4.1. Risulta invero incontestato, sembra opportuno ribadirlo, che la società controricorrente, nell’anno in questione, non ha raggiunto la soglia di ricavi minimi prevista dalla normativa sulle società non operative vigente ratione temporis , e non ha provveduto ad adeguare il proprio reddito dichiarato ai fini fiscali alla misura minima indicata dalla legge.
Può quindi segnalarsi come questa Corte regolatrice abbia da tempo chiarito che ‘in materia di società di comodo, i parametri previsti dall’art. 30 della legge n. 724 del 1994, nel testo risultante dalle modifiche apportate dall’art. 35 del d.l. n. 223 del 2006, convertito nella legge n. 248 del 2006, sono fondati sulla
correlazione tra il valore di determinati beni patrimoniali ed un livello minimo di ricavi e proventi, il cui mancato raggiungimento costituisce elemento sintomatico della natura non operativa della società, spettando, poi, al contribuente fornire la prova contraria e dimostrare l’esistenza di situazioni oggettive e straordinarie, specifiche ed indipendenti dalla sua volontà, che abbiano impedito il raggiungimento della soglia di operatività e di reddito minimo presunto ‘, Cass. 21.10.2015, n. 21358 (evidenza aggiunta).
4.4.2. Inoltre, non si è mancato di rilevare che ‘in tema di società di comodo, non sussistono le oggettive situazioni di carattere straordinario, che rendono impossibile il superamento del test di operatività , ex art. 30, comma 4-bis, della l. n. 724 del 1994, nella versione all’epoca vigente, nell’ipotesi di totale assenza di pianificazione aziendale da parte degli organi gestori della società o di completa “inettitudine produttiva” , gravando sull’imprenditore, anche collettivo, -ai sensi dell’art. 2086, comma 2 c.c., come modificato dall’art. 375 c.c.i., in coerenza con l’art. 41 Cost. -l’obbligo di predisporre i mezzi di produzione nella prospettiva del raggiungimento del lucro obiettivo e della continuità aziendale. Sicché in tal caso, il sindacato del giudice non coinvolge le scelte di merito dell’imprenditore , attenendo alla verifica del corretto adempimento degli obblighi degli amministratori e dei sindaci, con riduzione dell’operatività della “business judgement rule”, sempre valutabile, sotto il profilo tributario, per condotte platealmente antieconomiche’, Cass. sez. V, 23.11.2021, n. 36365 (evidenza aggiunta); e si è anche avuto modo di ribadire, recentemente, che ‘in tema di società non operative, il contribuente può superare la presunzione relativa di non operatività di cui all’art. 30 della l. n. 724 del 1994, dando prova dell’esistenza di situazioni oggettive, indipendenti dalla sua volontà, di carattere straordinario e da valutarsi in relazione alle effettive condizioni del mercato; l’affermazione, da parte del giudice di
merito, dell’idoneità o meno dei fatti accertati, ove incontroversi, ad integrare siffatta ipotesi può essere oggetto di sindacato in sede di legittimità, per vizio cd. di sussunzione, riconducibile al paradigma di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.’, Cass. sez. V, 16.5.2023, n. 13328.
Deve peraltro chiarirsi, in considerazione dell’epoca in cui l’interpello è stato proposto (2013) che, in materia di interpello disapplicativo, l’art. 1, comma 109, lett. h, della legge n. 296 del 2006 ha modificato, con decorrenza dal 1°.1.2007, la formula dell’art. 30 del comma 4 bis della legge n. 724 del 1994 che, nella formula applicabile prevede, nella parte di interesse, ‘4 -bis. In presenza di oggettive situazioni che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi … la società interessata può richiedere la disapplicazione RAGIONE_SOCIALE relative disposizioni antielusive …’. Pertanto non risulta richiesto che l’istante provi la ricorrenza di ‘oggettive situazioni di carattere straordinario’ che abbiano impedito il conseguimento dei ricavi, ma è comunque richiesta la dimostrazione della ricorrenza di circostanze oggettive.
4.5. Invero, nel caso di specie il giudice dell’appello non ha evidenziato quali siano le circostanze oggettive che hanno impedito lo svolgimento dell’attività d’impresa, non potendo peraltro considerarsi una di esse il (sempre possibile) mancato conseguimento di autorizzazioni rimesse alla discrezionale valutazione dell’Autorità amministrativa, che è chiamata ad operare un bilanciamento degli interessi coinvolti al fine di tutelare nel massimo grado l’interesse pubblico.
Occorre pertanto anche vagliare se l’impedimento al conseguimento dell’oggetto sociale, nel caso di specie, non dipenda dalle pur legittime scelte imprenditoriali effettuate dall’imprenditore, che ha acquistato un immobile in disuso fidando di poterne ripristinare la funzione, ed ha conservato in vita la società per anni, dopo che lo svolgimento dell’attività
imprenditoriale risultava evidentemente precluso. Merita in proposito di essere ricordato come questa Corte regolatrice abbia già evidenziato che il protrarsi per anni e lustri dell’inattività di una impresa ben possa – almeno potenzialmente – risolversi in una scelta soggettiva dell’imprenditore, e non essere perciò riconducibile ad una circostanza oggettiva (cfr. Cass. 16.5.2023, n. 13336).
4.5.1. La normativa sulle società di comodo intende disincentivare la permanenza in vita di organismi societari che non siano in condizione di svolgere attività d’impresa, al fine di evitare che possano trasformarsi in centri di imputazione di costi che ricadrebbero sulla collettività. La disciplina legale prescinde quindi dall’effettivo godimento, o anche dalla semplice richiesta, di un’agevolazione fiscale.
Nel caso di specie occorre verificare se la conservazione in vita per anni di una società che ammette essa stessa di trovarsi in condizioni di inoperatività, e neppure prospetta di poter intraprendere in futuro un’attività d’impresa, si ponga in contrasto con le previsioni e pure con la finalità della disciplina legale in materia di società non operative, e la risposta negativa all’interpello disapplicativo opposta dall’Amministrazione finanziaria risulti quindi legittima.
Il secondo motivo di ricorso introdotto dall’Amministrazione finanziaria appare quindi fondato, e deve perciò essere accolto, conseguendone la cassazione della decisione impugnata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio perché proceda a nuovo giudizio nel rispetto dei principi esposti.
La Corte di Cassazione,
P.Q.M.
accoglie il secondo motivo di ricorso proposto dall’ RAGIONE_SOCIALE , rigettato il primo, cassa la decisione impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria
di secondo grado del Lazio perché, in diversa composizione e nel rispetto dei principi esposti, proceda a nuovo giudizio, e provveda anche a regolare le spese di lite del giudizio di legittimità tra le parti.
Così deciso in Roma, il 23.2.2024.