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Società non operativa: rimborso IVA sempre legittimo

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 33443/2024, ha stabilito che a una società non operativa non può essere negato il rimborso del credito IVA basandosi unicamente sul mancato raggiungimento di soglie di ricavo predeterminate dalla legge. Conformemente al diritto europeo, il fattore decisivo è l’effettivo svolgimento di un’attività economica, anche se in fase preparatoria. Il diritto al rimborso può essere negato solo in presenza di frode o abuso, la cui prova spetta all’Amministrazione finanziaria.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Società non operativa: la Cassazione tutela il rimborso IVA

L’ordinanza n. 33443 del 19 dicembre 2024 della Corte di Cassazione segna un punto fondamentale per le imprese, in particolare per quelle in fase di avvio o che attraversano periodi di bassi ricavi. La Corte ha stabilito che la qualifica di società non operativa, basata su criteri puramente presuntivi, non è sufficiente a negare il diritto al rimborso del credito IVA, allineando la giurisprudenza italiana ai principi inderogabili del diritto dell’Unione Europea.

I Fatti del Caso

Una società in accomandita semplice si vedeva negare dall’Agenzia delle Entrate il rimborso del credito IVA relativo all’anno d’imposta 2009. La motivazione del diniego risiedeva nel fatto che l’amministrazione finanziaria considerava l’azienda una società non operativa (o ‘di comodo’), poiché i suoi ricavi erano inferiori a una soglia minima calcolata in base al valore dei suoi beni patrimoniali, secondo quanto previsto dalla normativa nazionale.

La società ha impugnato il provvedimento, ottenendo ragione sia in primo grado che davanti alla Commissione Tributaria Regionale. I giudici di merito hanno riconosciuto che l’azienda si trovava in una fase iniziale di avvio e che le spese sostenute, che avevano generato il credito IVA, erano interamente destinate all’acquisto di macchinari per il ciclo produttivo. Non vi erano, quindi, acquisti per fini estranei all’attività d’impresa. L’Agenzia delle Entrate, non soddisfatta della decisione, ha proposto ricorso in Cassazione.

La disciplina della società non operativa e i principi europei

La normativa italiana (art. 30 della Legge n. 724/1994) introduce una presunzione legale: se una società non raggiunge un livello minimo di ricavi, si presume che non stia svolgendo una vera e propria attività economica. Questa presunzione comporta pesanti penalizzazioni fiscali, tra cui l’impossibilità di ottenere il rimborso del credito IVA.

Tuttavia, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) si è più volte espressa sul tema, affermando che il diritto alla detrazione (e al conseguente rimborso) dell’IVA è un principio cardine del sistema fiscale comune. Tale diritto non può essere subordinato al raggiungimento di una soglia di reddito predeterminata. Ciò che conta, secondo la CGUE, è che il soggetto passivo eserciti effettivamente un’attività economica, anche se questa si trova in una fase preparatoria e non ha ancora generato ricavi significativi.

La normativa nazionale che lega automaticamente la perdita del credito IVA al basso volume di affari è stata quindi ritenuta in contrasto con la Direttiva IVA (2006/112/CE).

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, recependo pienamente l’orientamento della giurisprudenza europea. I giudici hanno affermato che la normativa italiana sulle società di comodo deve essere disapplicata nella parte in cui nega il diritto al rimborso IVA basandosi solo sul mancato superamento di una soglia di ricavi.

La Cassazione ha chiarito i seguenti punti chiave:

1. Prevalenza del Diritto UE: I principi di neutralità dell’IVA e di proporzionalità sanciti dal diritto europeo prevalgono sulla normativa nazionale contrastante.
2. Focus sull’Attività Effettiva: Il diritto al rimborso IVA dipende dall’effettivo svolgimento di un’attività economica, intesa come qualsiasi attività di produzione, commercializzazione o prestazione di servizi volta a ricavare introiti con carattere di stabilità. Anche gli atti preparatori, come l’acquisto di beni strumentali, rientrano a pieno titolo nell’attività economica.
3. Onere della Prova: Non è il contribuente a dover superare la presunzione di non operatività. È l’Amministrazione finanziaria che, per negare il rimborso, deve dimostrare l’esistenza di una frode o di un abuso del diritto, come una costruzione artificiosa creata al solo scopo di ottenere vantaggi fiscali.

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto corretta la valutazione dei giudici di merito: la società aveva dimostrato che le spese erano finalizzate all’avvio dell’attività produttiva. L’Agenzia, invece, si era limitata a invocare la presunzione legale, senza fornire alcuna prova di un intento fraudolento o abusivo.

Conclusioni

Questa ordinanza rappresenta una vittoria per il principio della sostanza sulla forma. Rafforza la posizione dei contribuenti, specialmente delle start-up e delle imprese che, per ragioni oggettive, si trovano a operare con ricavi contenuti. La decisione chiarisce che il Fisco non può negare diritti fondamentali basandosi su presunzioni matematiche, ma deve indagare la realtà economica sottostante. Per le imprese, significa che gli investimenti iniziali finalizzati a un’attività produttiva reale danno diritto alla detrazione e al rimborso dell’IVA, indipendentemente dal volume d’affari immediato. L’onere di provare eventuali abusi è, e deve rimanere, a carico dell’Amministrazione finanziaria.

Una società può essere considerata ‘non operativa’ ai fini del rimborso IVA solo perché i suoi ricavi sono bassi?
No. Secondo la Corte di Cassazione, in linea con il diritto dell’Unione Europea, il mancato raggiungimento di una soglia di ricavi predeterminata non è di per sé sufficiente per negare il diritto al rimborso IVA. È necessario valutare se la società svolge un’effettiva attività economica.

Quando può essere legittimamente negato il diritto al rimborso IVA a una società?
Il diritto al rimborso IVA può essere negato solo se l’Amministrazione finanziaria dimostra che la situazione è riconducibile a una frode o a un abuso del diritto, ad esempio se la società è una costruzione artificiosa creata al solo fine di ottenere vantaggi fiscali indebiti.

Cosa deve dimostrare una società in fase di avvio per ottenere il rimborso IVA?
Una società in fase di avvio deve dimostrare che le spese per le quali chiede il rimborso sono inerenti all’esercizio effettivo o preparatorio della propria attività d’impresa. Deve fornire elementi oggettivi, come l’acquisto di beni e servizi funzionali all’attività economica programmata (es. macchinari, attrezzature), anche se non ha ancora realizzato operazioni attive significative.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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