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Società non operativa rimborso IVA: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 33437/2024, ha accolto il ricorso di una società contro il diniego di un rimborso IVA. L’Agenzia delle Entrate aveva negato il rimborso basandosi sulla disciplina delle “società non operative”, che presume l’inattività in base a ricavi inferiori a una certa soglia. La Suprema Corte, allineandosi alla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ha stabilito che la normativa nazionale è in contrasto con il diritto europeo. Il diritto al rimborso IVA non può essere negato solo per il mancato raggiungimento di soglie di ricavi, ma solo in presenza di frode o abuso. Di conseguenza, la sentenza è stata cassata con rinvio per una nuova valutazione dei fatti.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Società non operativa e rimborso IVA: la Cassazione si allinea all’Europa

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 33437 del 2024) segna un punto di svolta fondamentale per la disciplina del società non operativa rimborso IVA. Allineandosi ai principi sanciti dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, i giudici supremi hanno stabilito che negare il diritto al rimborso basandosi unicamente su presunzioni di non operatività legate a soglie di ricavi viola il diritto europeo. Analizziamo questa importante decisione.

Il Contesto del Caso: La Richiesta di Restituzione del Credito IVA

Una società a responsabilità limitata si è vista notificare un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate richiedeva la restituzione di un rimborso del credito IVA, precedentemente concesso per l’anno d’imposta 2008. La motivazione dell’amministrazione finanziaria si fondava sulla presunta natura di “società non operativa” dell’impresa. Secondo il Fisco, la società non aveva superato il cosiddetto “test di operatività” previsto dall’art. 30 della legge n. 724/1994, non avendo quindi diritto al rimborso.

La Commissione Tributaria Regionale aveva dato ragione all’Agenzia delle Entrate, ritenendo che la società, avendo emesso una sola fattura per “fitti attivi”, non avesse dimostrato un’effettiva operatività. Contro questa decisione, la società ha proposto ricorso per cassazione.

L’Impatto del Diritto Europeo sul Rimborso IVA per la Società Non Operativa

Il cuore della questione risiede nel contrasto tra la normativa italiana sulle società di comodo e i principi fondamentali dell’IVA sanciti dal diritto dell’Unione Europea. La legge italiana prevede una presunzione legale per cui una società è considerata “non operativa” se i suoi ricavi sono inferiori a un importo calcolato applicando determinati coefficienti al valore dei suoi beni patrimoniali. La conseguenza principale è l’impossibilità di ottenere il rimborso o la compensazione del credito IVA.

La Svolta della Corte di Giustizia Europea

La Corte di Cassazione ha richiamato una fondamentale sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (causa C-341/22), la quale ha chiarito che la normativa europea (Direttiva 2006/112/CE) osta a una legislazione nazionale che neghi la qualità di soggetto passivo IVA, e di conseguenza il diritto alla detrazione, a un’impresa solo perché questa non ha raggiunto una soglia minima di ricavi. Secondo i giudici europei, ciò che conta è l’esercizio effettivo di un’attività economica, a prescindere dal suo volume d’affari. Limitare il diritto alla detrazione è possibile solo se viene dimostrato un comportamento fraudolento o abusivo, non sulla base di presunzioni quantitative.

La Decisione della Corte di Cassazione: le motivazioni

Sulla scia di questi principi, la Suprema Corte ha accolto il primo motivo di ricorso della società, ritenendo che la decisione della Commissione Tributaria Regionale fosse in netto contrasto con il diritto unionale.

Disapplicazione della Norma Nazionale

I giudici hanno affermato un principio di diritto cruciale: l’art. 30 della legge n. 724/1994 deve essere disapplicato nella parte in cui prevede la perdita del diritto al rimborso IVA per il solo mancato raggiungimento di determinate soglie di ricavi. La privazione di un diritto fondamentale come quello alla detrazione IVA non può dipendere meramente dall’entità delle operazioni realizzate.

La Prova della Frode o dell’Abuso

La Cassazione ha chiarito che il diritto al rimborso può essere negato, ma solo a precise condizioni. L’amministrazione finanziaria ha l’onere di dimostrare che le operazioni si inseriscono in un contesto di frode o che integrano un abuso, inteso come la realizzazione di una “costruzione artificiosa” finalizzata a ottenere un vantaggio fiscale indebito. La semplice qualifica di società non operativa secondo i parametri nazionali non è più una base sufficiente per fondare tale accusa.

Le Conclusioni: Cosa Cambia per le Imprese

L’ordinanza in esame ha un impatto significativo. Le imprese, anche quelle con bassi volumi di ricavi in determinati periodi d’imposta (ad esempio, fasi di start-up o di crisi), non potranno più vedersi negare automaticamente il diritto al rimborso del credito IVA. La decisione sposta l’onere della prova sull’amministrazione finanziaria, che dovrà dimostrare l’esistenza di un intento fraudolento o abusivo per poter contestare il diritto alla detrazione. La Corte ha quindi cassato la sentenza impugnata, rinviando la causa al giudice d’appello per una nuova valutazione dei fatti alla luce dei principi europei.

Una società considerata “non operativa” secondo la legge italiana ha diritto al rimborso del credito IVA?
Sì, può avere diritto. La Corte di Cassazione, seguendo i principi del diritto europeo, ha stabilito che la qualifica di “società non operativa” basata solo sul mancato raggiungimento di una soglia di ricavi non è sufficiente per negare il rimborso IVA. La normativa italiana in tal senso deve essere disapplicata.

In quali circostanze può essere negato il diritto alla detrazione o al rimborso dell’IVA a un’impresa?
Il diritto alla detrazione o al rimborso dell’IVA può essere negato solo se l’amministrazione finanziaria dimostra che le operazioni si inseriscono in un contesto di frode o abuso del diritto, come la realizzazione di una “costruzione artificiosa”. Non può essere negato solo per l’insufficiente volume delle operazioni.

Cosa deve fare il giudice a cui il caso è stato rinviato?
Il giudice del rinvio deve riesaminare il caso per accertare se spetta o meno il rimborso alla società, non basandosi più sulla presunzione di non operatività, ma verificando se l’impresa ha effettivamente svolto un’attività economica e se le operazioni non integrano una frode o un abuso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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