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Società non operativa: blocco attività e prova contraria

La Cassazione ha respinto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, confermando che una società può superare la presunzione di essere una società non operativa se dimostra l’impossibilità oggettiva di produrre ricavi. Nel caso specifico, un contenzioso amministrativo che ha bloccato un progetto edilizio è stato ritenuto prova sufficiente a giustificare il mancato raggiungimento della soglia di operatività, annullando così l’accertamento fiscale.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Società non operativa: Quando la Prova Contraria Salva dal Fisco

L’inquadramento come società non operativa, o ‘società di comodo’, rappresenta una delle questioni più delicate nel diritto tributario, con pesanti conseguenze per le imprese. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini della prova che il contribuente può fornire per dimostrare che la propria inattività non è una scelta elusiva, ma la conseguenza di fattori oggettivi e insuperabili. Il caso analizzato offre un esempio pratico di come un blocco esterno, quale un contenzioso amministrativo, possa giustificare il mancato conseguimento dei ricavi minimi previsti dalla legge.

I Fatti di Causa

Una società a responsabilità limitata, inizialmente dedita alla coltivazione di agrumi, aveva modificato il proprio oggetto sociale per realizzare un complesso edilizio destinato a residenza per militari americani. Sebbene avesse ottenuto dal Comune una variante al piano regolatore per il cambio di destinazione d’uso del terreno, il progetto si è arenato. Alcune associazioni ambientaliste hanno impugnato la delibera comunale, dando inizio a una controversia giudiziaria che, di fatto, ha impedito l’avvio dei lavori.

Di conseguenza, l’Agenzia delle Entrate ha notificato alla società un avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2010, qualificandola come società non operativa per non aver superato il cosiddetto ‘test di operatività’. L’accertamento comportava maggiori imposte IRES, IRAP e IVA, oltre a pesanti sanzioni. La società ha impugnato l’atto, sostenendo che la sua inattività era dovuta all’impossibilità oggettiva di procedere con l’edificazione a causa del contenzioso pendente. Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella di secondo grado hanno dato ragione al contribuente.

La Disciplina Fiscale della società non operativa

La normativa di riferimento, contenuta nell’art. 30 della Legge n. 724/1994, stabilisce una presunzione legale relativa. Se una società non consegue un ammontare minimo di ricavi, calcolato in percentuale sul valore di determinati beni patrimoniali, viene considerata ‘non operativa’. La conseguenza è che il suo reddito imponibile viene calcolato non sui ricavi effettivi (che possono essere pari a zero), ma su un reddito minimo presunto dalla legge stessa. L’obiettivo del legislatore è colpire le cosiddette ‘società di comodo’, create per gestire patrimoni privati (immobili, barche, ecc.) beneficiando di un regime fiscale più favorevole, senza svolgere una reale attività economica.

L’Onere della Prova per Superare la Presunzione

La legge, tuttavia, non è inflessibile. Il contribuente ha la facoltà di superare questa presunzione. Per farlo, deve fornire la prova contraria, dimostrando l’esistenza di ‘situazioni oggettive’ che hanno reso impossibile il raggiungimento della soglia minima di ricavi. Queste situazioni devono essere concrete e verificabili, non basate su mere scelte imprenditoriali antieconomiche.

È importante notare, come ribadito dalla Corte, che non è obbligatorio presentare preventivamente un’istanza di interpello disapplicativo all’Agenzia delle Entrate per poter poi far valere queste ragioni in sede giudiziaria. Il contribuente può difendersi direttamente in tribunale, impugnando l’avviso di accertamento.

Le Motivazioni della Decisione della Corte

La Corte di Cassazione, nel rigettare il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ha confermato la correttezza delle sentenze di merito. Il ragionamento dei giudici si fonda su un principio chiaro: la prova dell’impossibilità di conseguire ricavi deve essere oggettiva e non riconducibile a una volontà del contribuente.

Nel caso specifico, la società ha documentato in modo inequivocabile la causa della sua inattività: la pendenza di un giudizio amministrativo avviato da terzi. Questa controversia ha bloccato materialmente la realizzazione del complesso edilizio, unica fonte potenziale di ricavi per la società dopo la modifica dell’oggetto sociale. La Corte ha stabilito che tale circostanza rappresenta una ‘oggettiva situazione di impossibilità’ che esula completamente dalla sfera di controllo e dalle scelte imprenditoriali della società.

Il contenzioso, conclusosi solo nel 2014, ha costituito un impedimento esterno, reale e non pretestuoso, che giustifica pienamente il mancato superamento del test di operatività per l’anno 2010. Pertanto, l’applicazione della disciplina sulle società di comodo è stata ritenuta illegittima.

Conclusioni

Questa ordinanza consolida un importante principio a tutela del contribuente. La presunzione di non operatività non è una condanna automatica. Le imprese che si trovano in situazioni di stallo a causa di fattori esterni, come blocchi burocratici, contenziosi con terzi o altre circostanze oggettive e documentabili, hanno pieno diritto di difendersi in giudizio. La chiave del successo risiede nella capacità di fornire una prova rigorosa e circostanziata che l’inattività non deriva da una scelta elusiva, ma da un impedimento concreto e insormontabile. La decisione sottolinea che l’analisi deve concentrarsi sulla non fittizietà della situazione rappresentata dal contribuente, distinguendo tra cause esterne e libere determinazioni, anche se antieconomiche.

Cosa deve dimostrare una società per non essere considerata ‘non operativa’ dal Fisco?
Deve provare l’esistenza di ‘situazioni oggettive’ che le hanno reso impossibile conseguire i ricavi minimi previsti dalla legge. Queste situazioni devono essere esterne alla volontà dell’imprenditore e non dipendere da sue scelte gestionali.

Un contenzioso legale può essere una causa sufficiente a giustificare l’inattività di una società?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che la pendenza di una controversia innanzi al giudice amministrativo, che di fatto impedisce la realizzazione di un progetto imprenditoriale, costituisce una prova valida di ‘oggettiva impossibilità’ al conseguimento di ricavi.

È obbligatorio presentare un’istanza di interpello all’Agenzia delle Entrate prima di contestare un accertamento per società non operativa in tribunale?
No. La sentenza ribadisce che l’interpello disapplicativo non è una condizione di procedibilità. Il contribuente può sollevare la questione e fornire le proprie prove per la prima volta direttamente in giudizio, impugnando l’atto impositivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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