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Società in perdita sistematica: quando si disapplica?

Una società di sviluppo immobiliare, classificata come società in perdita sistematica, ha richiesto la non applicazione delle relative norme fiscali, adducendo come causa la crisi di mercato e le difficoltà del progetto. L’Agenzia Fiscale ha negato la richiesta, ma i tribunali tributari e infine la Corte di Cassazione hanno dato ragione alla società. La Corte ha affermato che situazioni oggettive, come una grave crisi del settore immobiliare, giustificano le perdite e impediscono che la società venga trattata come una ‘società di comodo’, anche se ha registrato perdite per anni consecutivi.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Società in perdita sistematica: la Cassazione fissa i paletti per la disapplicazione

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione torna a occuparsi di un tema cruciale per molte imprese: la disciplina della società in perdita sistematica. Questa normativa, pensata per contrastare le cosiddette ‘società di comodo’, può colpire anche aziende che, pur avendo un progetto industriale valido, si trovano ad affrontare perdite a causa di fattori esterni. La Corte chiarisce quali prove deve fornire l’impresa per ottenere la disapplicazione del regime fiscale penalizzante.

I Fatti del Caso

Una società di sviluppo immobiliare, costituita per la realizzazione e gestione di un grande centro commerciale nel Sud Italia, si è trovata a registrare perdite per diversi esercizi consecutivi. Tali perdite erano dovute a una serie di circostanze avverse: la crisi del mercato immobiliare, la difficoltà nel reperire finanziamenti bancari e acquirenti per gli spazi commerciali, e la necessità di sospendere i lavori di costruzione.

Per l’esercizio fiscale 2013, la società ha presentato un’istanza all’Amministrazione Finanziaria chiedendo di non applicare la disciplina delle società in perdita sistematica. A sostegno della sua richiesta, l’azienda ha evidenziato gli ingenti investimenti già effettuati, le trattative concluse e poi fallite a causa della crisi, e le mutate condizioni economiche che avevano reso insostenibile il progetto originario.

L’Agenzia Fiscale ha respinto l’istanza, ritenendo che le cause delle perdite fossero da attribuire a problematiche interne alla società (mancato finanziamento da parte dei soci) e a scelte imprenditoriali, piuttosto che a ‘situazioni oggettive’ esterne. La società ha quindi impugnato il diniego davanti alla Corte di giustizia tributaria, che sia in primo che in secondo grado le ha dato ragione, annullando l’atto dell’Agenzia.

L’Amministrazione Finanziaria ha infine proposto ricorso per cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria, confermando la decisione dei giudici di merito a favore della società contribuente.

L’onere della prova nelle società in perdita sistematica

Il punto centrale della controversia era stabilire se le difficoltà incontrate dalla società potessero essere considerate ‘situazioni oggettive’ tali da giustificare le perdite. Secondo la normativa, spetta al contribuente dimostrare l’esistenza di queste circostanze per ottenere la disapplicazione.

L’Agenzia Fiscale sosteneva che l’impresa non avesse fornito prove sufficienti, limitandosi a invocare una generica crisi di mercato. La Corte di Cassazione, tuttavia, ha stabilito che il giudice di merito aveva correttamente valutato i fatti, riconoscendo che la società si trovava in una situazione complessa e non elusiva.

I giudici di appello avevano infatti accertato che:
1. I soci avevano investito somme considerevoli per avviare un’attività commerciale effettiva.
2. La crisi del mercato immobiliare e le mutate condizioni imposte dalle pubbliche amministrazioni costituivano ‘situazioni oggettive’.
3. L’assenza di ulteriori capitali da investire non era una ‘scelta imprenditoriale’, ma una conseguenza delle ingenti perdite già subite.

La Cassazione ha concluso che il ricorso dell’Agenzia mirava a un riesame del merito della vicenda, attività preclusa in sede di legittimità. La valutazione dei fatti operata dalla corte d’appello era logica e ben motivata.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte Suprema ha basato la sua decisione su due principi fondamentali.

In primo luogo, ha ribadito che il diniego di disapplicazione emesso dall’Agenzia Fiscale è un atto autonomamente impugnabile. Questo perché, pur non essendo un avviso di accertamento, esso definisce la posizione dell’amministrazione su un determinato rapporto tributario, incidendo direttamente sulla sfera del contribuente.

In secondo luogo, e più importante, la Corte ha chiarito che il compito del giudice di legittimità non è rivalutare le prove, ma verificare la correttezza giuridica e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata. Nel caso di specie, i giudici di merito avevano adeguatamente accertato che la società non era un mero ‘schermo’ per gestire patrimoni privati, ma un’entità con un progetto industriale reale, arenatosi per cause esterne e oggettive. La disciplina sulla società in perdita sistematica non è volta a punire il fallimento imprenditoriale, ma a colpire l’abuso dello strumento societario per fini elusivi.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza offre importanti spunti per le imprese che si trovano in una situazione di perdita prolungata. La decisione conferma che per evitare l’applicazione del regime penalizzante non basta invocare genericamente la crisi economica, ma è necessario documentare in modo puntuale e specifico come tale crisi abbia concretamente impattato il proprio modello di business e i propri progetti.

È essenziale, quindi, conservare tutta la documentazione relativa a investimenti, trattative, analisi di mercato e comunicazioni con istituti di credito, per poter dimostrare, in caso di contestazione, che le perdite derivano da un rischio d’impresa genuino e non da un intento elusivo.

È possibile impugnare un diniego di disapplicazione per le società in perdita sistematica?
Sì. La Corte di Cassazione conferma che il diniego di disapplicazione è un atto che definisce la posizione dell’amministrazione su un rapporto tributario e, come tale, può essere impugnato autonomamente davanti al giudice tributario.

Cosa deve dimostrare una società per evitare la disciplina sulle perdite sistematiche?
La società deve dimostrare l’esistenza di ‘situazioni oggettive’ che hanno causato le perdite. Non è sufficiente una generica invocazione della crisi di mercato, ma occorre fornire prove concrete che colleghino le difficoltà economiche esterne ai risultati negativi dell’azienda, come investimenti significativi effettuati, progetti avviati e poi bloccati da fattori esterni, e difficoltà nel reperire finanziamenti.

Il mancato apporto di nuovi capitali da parte dei soci è considerato una scelta imprenditoriale che giustifica l’applicazione della norma?
No. Secondo la Corte, se la società ha già subito ingenti perdite a seguito di cospicui investimenti iniziali, la decisione di non immettere ulteriore liquidità non è una ‘scelta imprenditoriale’ che denota una volontà elusiva, ma una conseguenza diretta e logica della situazione di difficoltà oggettiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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