Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2349 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 2349 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/01/2025
Disappl soc perdita sistematica
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate e del Territorio, in persona del Direttore pro-tempore, C.F. P_IVA, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, C.F. P_IVA, per il ricevimento degli atti FAX 06/96514000 e PEC (Posta Elettr. Certificata) EMAIL, presso i cui Uffici si domicilia ope legis in Roma alla INDIRIZZO
– ricorrente
–
contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F./P.Iva P_IVA), avente sede legale in Palermo (PA), in INDIRIZZO ed avente sede amministrativa in Bologna (BO), INDIRIZZO in persona del curatore fallimentare dott. NOME COGNOMEc.f. CODICE_FISCALE), nato ad Erice (TP) il 7 febbraio 1992 e residente in INDIRIZZO, 40137 Bologna, autorizzato a proporre il presente controricorso dal giudice delegato del Fallimento dott.ssa NOME COGNOME (all. n. 1 e all. 2), rappresentato e difeso, giusta procura speciale rilasciata su foglio separato ai sensi e per gli effetti dell’art. 83, c. 3, c.p.c. e allegata al presente Controricorso dal Prof. Avv. NOME COGNOME del Foro di
Bologna EMAIL; tel. NUMERO_TELEFONO; fax NUMERO_TELEFONO), elettivamente domiciliata presso lo studio legale di quest’ultimo, sito in INDIRIZZO, 40124 Bologna (BO), nonché telematicamente domiciliata all’indirizzo p.e.c. sopra indicato;
– controricorrente –
Avverso la sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, n. 9172/2022 depositata il 28 ottobre 2022. Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10 dicembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Perveniva all’Agenzia l’istanza della ‘RAGIONE_SOCIALE (di seguito: società) volta ad ottenere la disapplicazione, per l’esercizio 2013, della disciplina relativa alle società in perdita sistematica di cui all’articolo 2, commi 36 -decies e 36- duodecies, del decretolegge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148. Nella suddetta istanza la società premetteva: di essersi costituita in data 18 giugno 2003, per la realizzazione, commercializzazione, vendita/affitto di un Centro commerciale ubicato nel territorio di Caltanissetta; di aver siglato in data 10 dicembre 2003 dei preliminari di compravendita aventi ad oggetto delle aree e degli appezzamenti di terreno siti nel territorio del Comune di Caltanissetta da destinare precipuamente alla realizzazione di un Centro commerciale; di aver concluso le suddette compravendite solo in data 30 gennaio e 24 febbraio 2006; di essersi adoperata al fine di ottenere le concessioni edilizie necessarie per la costruzione del Centro commerciale; di essersi attivata per ricercare potenziali acquirenti dell’ipermercato situato all’interno dell’erigendo Centro commerciale; di aver stipulato in data 14 dicembre 2004 un contratto preliminare per la suddetta vendita, successivamente risolto a causa del recesso del promittente-acquirente; di aver ricercato altri acquirenti e di aver
intrapreso, all’uopo, diverse trattative, conclusesi negativamente a causa della crisi di mercato; di aver comunque iniziato i lavori per la realizzazione delle opere infrastrutturali per un importo di 3 milioni di euro; di aver perduto nel 2009 la RAGIONE_SOCIALE ovvero l’ultimo potenziale acquirente del Centro commerciale e di aver deciso di subentrare in tutti i contratti e gli accordi di commercializzazione sino a quel momento formalizzati da RAGIONE_SOCIALE mediante l’acquisizione dell’intero capitale sociale di RAGIONE_SOCIALE, società appositamente costituita da RAGIONE_SOCIALE quale veicolo per l’operazione di Caltanissetta; di aver rinegoziato, al fine di porre in essere l’operazione sopra descritta, il contratto di finanziamento con Unicredit, adeguandolo alle mutate esigenze aziendali; di aver chiesto ai soci, sempre nell’ottica delle mutate esigenze aziendali, ulteriori finanziamenti fruttiferi pro-quota; di essere stata costretta nel 2011 a sospendere tutte le attività inerenti alla realizzazione del Centro commerciale di Caltanissetta, a seguito del mancato adempimento di alcuni soci alle richieste di finanziamento della società; di aver chiesto il rinnovo delle licenze commerciali medio tempore scadute e di essere ancora in attesa di una risposta da parte di Unicredit in merito alla richiesta di rinegoziazione del finanziamento. In virtù delle summenzionate circostanze, l’interpellante chiedeva, quindi, la disapplicazione, per l’anno 2013, (triennio di osservazione 2010 -2012) della disciplina relativa alle società in perdita sistematica. Con nota prot. n. 2014/C3/51418 del 24 luglio 2014 l’Agenzia comunicava il proprio diniego. Avverso il predetto atto prot. n. 51418 del 2014, la società proponeva ricorso reiterando, in buona sostanza, quanto già evidenziato in sede di presentazione dell’istanza. Si costituiva in giudizio l’Agenzia insistendo per la legittimità e fondatezza del proprio diniego. Segnatamente, nel proprio scritto difensivo, l’Agenzia eccepiva, in via preliminare, la inammissibilità del ricorso per difetto dei motivi, ex articolo 18 del decreto legislativo 31
dicembre 1992, n. 546. In altre parole, nell’atto introduttivo del giudizio la società ripercorreva gli accadimenti già esposti in sede di presentazione dell’istanza senza, tuttavia, sollevare specifici motivi di ricorso. Sempre in via preliminare, l’Ufficio eccepiva l’inammissibilità del ricorso in quanto proposto avverso un atto non impugnabile. Per quanto concerne, invece, il merito si evidenziava che le ‘oggettive situazioni’ utili per poter disapplicare la disciplina in argomento, sono riconducibili a tutti quei fattori esterni alla società, indipendenti, quindi, dalla volontà dell’imprenditore. ‘Nel caso in esame, invece, così come rappresentato nell’istanza, con riguardo al periodo di osservazione … le cause che hanno provocato la sospensione di tutte le attività inerenti la realizzazione del centro commerciale, risultano addebitabili al mancato adempimento di alcuni soci alle richieste di finanziamento della società; al mancato rilascio da parte degli stessi delle lettere di impegno ad erogare nell’anno indicato ulteriori finanziamenti indispensabili a dare continuità all’attività in corso’. ‘Tali circostanze, così come evidenziato nell’istanza, hanno causato la scadenza delle licenze commerciali e il temporaneo mancato rinnovo delle stesse ‘. ‘In buona sostanza, si è creato un effetto a cascata -derivante da problematiche interne alla società -che unitamente ad accadimenti riguardanti il normale svolgimento di un’attività d’impresa … hanno indotto la società’ a non perpetuare l’investimento in quanto non economico. È stata, pertanto, effettuata una precisa scelta imprenditoriale ‘. ‘Pertanto, si esprime l’avviso che le argomentazioni addotte da codesta società non possono giustificare le rilevanti perdite conseguite nel triennio di osservazione che, presumibilmente, continueranno a registrarsi anche negli anni successivi ‘. ‘A parere della scrivente, la situazione rappresentata -al di là di quanto indicato circa le trattative in essere con Unicredit per la ristrutturazione del debito scaduto in data 31 dicembre 2011 -delinea di fatto la fattispecie che la
disciplina sulle società non operative vuol proprio disincentivare e cioè la permanenza in vita di società costituite in passato senza finalità elusive, ma attualmente prive di obiettivi imprenditoriali concreti, cioè di società che, per diverse ragioni, non svolgono alcuna attività ‘. ‘Vieppiù, nel ricorso di cui trattasi si sostiene che sarebbe l’Ufficio a dover dimostrare che la società sia mantenuta in vita a vantaggio esclusivo dei soci. La richiamata asserzione ribalta inopinatamente la disciplina introdotta in materia di società non operative, posto che il legislatore ha espressamente previsto che sia l’interpellante ha dimostrate le oggettive condizioni valevoli ai fini della disapplicazione. ‘Invero, grava sul soggetto – che voglia sottrarsi alla normativa in questione -l’onere di dimostrare specificamente sia le perdite subite sia la loro riferibilità al triennio di osservazione’. Con sentenza n. 4728/01/2018, depositata in data 2 ottobre 2018, la Corte di giustizia tributaria di primo grado di Palermo accoglieva il ricorso di parte e con sentenza n. 9172/08/2022, depositata in data 28 ottobre 2022, i Giudici del gravame hanno rigettato l’appello dell’ufficio , così motivando: ‘Secondo un consolidato orientamento della Suprema Corte di Cassazione l’elencazione degli atti impugnabili contenuta nel decreto legislativo 546/1992, art. 19 ha natura tassativa, ma non preclude la facoltà di impugnare anche altri atti, ove con gli stessi l’Amministrazione porti a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, esplicitandone le regioni fattuali e giuridiche, sicchè è possibile una interpretazione estensiva delle disposizioni in materia, in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente e di buon andamento dell’amministrazione. Il contribuente ha dunque la facoltà di impugnare il diniego del Direttore Regionale delle entrate di disapplicazione di norme antielusive ‘. ‘Nel merito va osservato che l’introduzione nel nostro ordinamento dell’art. 30 della legge 31/12/1994 n.724 ha come scopo quello di contrastare il ricorso alle cosiddette società di
comodo, che utilizzano lo schermo della società non per esercitare una attività commerciale ma per gestire il patrimonio dei soci a tutto vantaggio di questi ultimi. Questo intento elusivo non è configurabile nel comportamento dei soci della società ricorrente: i soci hanno investito una considerevole somma per avviare un’attività commerciale effettiva: la realizzazione, commercializzazione, vendita/affitto di un Centro Commerciale posto in Caltanissetta e successivamente hanno continuato a credere nel progetto mettendo in campo ogni azione necessaria al perpetuare dell’attività. ‘Il non avere più capitali propri da investire in azienda dopo averne già investiti tanti e dopo aver subito ingenti perdite non è certo una scelta imprenditoriale. ‘Il mancato rinnovo delle autorizzazioni e licenze necessarie per costruire, l’evidente crisi del mercato immobiliare, le mutate condizioni imposte dalle Amministrazioni Pubbliche locali costituiscono ‘oggettive situazioni’ che possono consentire la disapplicazione della normativa in argomento. ‘L’Agenzia in nessuna parte del diniego individua elementi elusivi nel comportamento della Società o comunque elementi che indichino indebiti benefici raggiunti con questi censurati comportamenti industriali’.
L’Agenzia ricorre quindi in cassazione affidandosi a due motivi, mentre la contribuente resiste con controricorso e da ultimo ha depositato memorie illustrative.
CONSIDERATO CHE
1.Col primo motivo si deduce ‘Violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 19 del d.lgs. n. 546 del 1992 in relazione all’art 360, comma 1, n 3 (e, ove occorrer possa, n.4) del Codice di procedura civile’. La sentenza odiernamente impugnata appare alla ricorrente viziata nella misura in cui rigetta l’eccezione pregiudiziale sulla non impugnabilità delle risposte rese in sede di interpello. Tale assunto si appalesa erroneo soprattutto laddove si guardi alla motivazione ad essa sottesa ovvero ‘…Secondo un consolidato orientamento
della Suprema Corte di Cassazione l’elencazione degli atti impugnabili contenuta nel decreto legislativo 546/1992, art. 19 ha natura tassativa, ma non preclude la facoltà di impugnare anche altri atti, ove con gli stessi l’Amministrazione porti a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, esplicitandone le regioni fattuali e giuridiche’.
1.1. Il motivo è infondato dal momento che la giurisprudenza di questa Corte ha già ribadito (Cass. n. 23469/17) l’impugnabilità del diniego di disapplicazione, in quanto atto che porta a conoscenza il contribuente circa il proprio convincimento in ordine a un determinato rapporto tributario.
Col secondo mezzo si deduce ‘Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 30, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, nonché dell’articolo 2697 c.c. in rapporto all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. -Violazione e/o falsa applicazione dell’art.112 c.p.c., in rapporto all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.’. I Giudici del gravame con l’impugnata sentenza avrebbero anche fatto malgoverno della normativa dettata in materia di società in perdita sistematica. Ed invero, la norma di cui trattasi, nel testo vigente ratione temporis , dispone che: ‘… pur non ricorrendo i presupposti di cui all’articolo 30, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, le società e gli enti ivi indicati che presentano dichiarazioni in perdita fiscale per tre periodi d’imposta consecutivi sono considerati non operativi a decorrere dal successivo quarto periodo d’imposta ai fini e per gli effetti del citato articolo 30’. In buona sostanza, la norma in commento stabilisce un’ulteriore fattispecie (oltre a quella di non operatività di cui all’articolo 30, comma 1, della legge n. 724 del 1994) idonea ad individuare la Società di comodo, il cui presupposto applicativo è rappresentato dalla constatazione dell’esistenza di perdite fiscali in tre periodi d’imposta consecutivi. Nel caso in esame, la società ha chiesto la disapplicazione per il periodo d’imposta 2013, senza tuttavia dimostrare le perdite
riferibili al triennio di osservazione (2010-2012). Al riguardo, si osserva che, con circolare n. 23/E del 2012, l’Agenzia ha precisato quanto segue: ‘Nell’istanza, i soggetti interessati dovranno esporre in modo chiaro e documentare in maniera esaustiva tutti gli elementi conoscitivi utili ad individuare le situazioni oggettive che giustifichino la disapplicazione della normativa in questione, con specifica indicazione, oltre che del periodo d’imposta per il quale si chiede la disapplicazione, anche del periodo d’imposta a cui le stesse situazioni si riferiscono’. Ebbene, tale prova non sarebbe stata fornita nel caso di specie, né in sede di presentazione dell’istanza né (tanto meno) in corso di giudizio. L’assenza di prova -da parte della società – in ordine alle perdite lamentate non sarebbe stata, tuttavia, presa in considerazione dai Giudici di secondo grado i quali nella sentenza de qua ribalterebbero sull’Amministrazione tale onere probatorio. Aggiungasi, sempre in punto di prova, ed in riferimento alla crisi di mercato -lamentata dalla società ed accolta dai Giudici di secondo grado a fondamento del decisum -come l’Agenzia nel proprio gravame (si indica in proposito, specificamente, l’allegato 3 al presente ricorso) abbia rappresentato che la contribuente non aveva provato che (in assenza della presunta crisi) si sarebbero conseguiti ricavi, incrementi di rimanenze e proventi, non inferiori a quelli presunti. Nel senso, peraltro, della necessità di tale dimostrazione si è espressa l’Amministrazione finanziaria con circolare n. 5 del 2 febbraio 2007. Anche la giurisprudenza di legittimità di codesta Ecc.ma Corte ha più volte affermato (cfr. Cass., sent, n. 5080/2017; Cass., sent. n. 16204/2018 e Cass., sent. n. 4019/2019) che occorre fare riferimento alle ‘effettive condizioni del mercato’ nel quale la società interpellante opera, non essendo sufficiente invocare una generica e diffusa crisi di mercato. Tali circostanze non sono state -e questo è tutt’affatto pacifico –
minimamente esaminate dai Giudici del gravame pur essendo dirimenti ai fini dell’accoglimento dell’appello.
2.1. Con il motivo in esame l’Agenzia tenta di sottoporre a questa Sede di legittimità un riesame del merito, affrontato dal giudice d’appello, laddove lo stesso ha in fatto accertato che ‘i soci hanno investito una considerevole somma per avviare un’attività commerciale effettiva: la realizzazione, commercializzazione, vendita/affitto di un Centro Commerciale posto in Caltanissetta e successivamente hanno continuato a credere nel progetto mettendo in campo ogni azione necessaria al perpetuare dell’attività. Il non avere più capitali propri da investire in azienda dopo averne già investiti tanti e dopo aver subito ingenti perdite non è certo una scelta imprenditoriale. Il mancato rinnovo delle autorizzazioni e licenze necessarie per costruire, l’evidente crisi del mercato immobiliare, le mutate condizioni imposte dalle Amministrazioni Pubbliche locali costituiscono ‘oggettive situazioni’ che possono consentire la disapplicazione della normativa in argomento. L’Agenzia in nessuna parte del diniego individua elementi elusivi nel comportamento della Società o comunque elementi che indichino indebiti benefici raggiunti con questi censurati comportamenti industriali’.
La deduzione del profilo delle perdite è poi presupposta e non contestata in fatto, ma d’altronde essa neppure attiene al contenuto dell’atto impugnato.
Da quanto precede discende il rigetto del ricorso, con aggravio di spese in capo alla ricorrente.
Nei confronti dell’Agenzia delle Entrate non sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.p.r. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non potendo tale norma trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato che,
mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (cfr. Cass.n.1778 del 29/01/2016).
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese che liquida in € 7.000,00, oltre rimborso forfettario nel 15 % dell’onorario, i.v.a. e c.p.a. se dovute, oltre a esborsi per € 200,00.
Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2024