Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 28999 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 28999 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23184/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici a RomaINDIRIZZO INDIRIZZO è domiciliata;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia n. 630/2022 depositata il 07 marzo 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22 ottobre 2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La controversia trae origine dal ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso il diniego di interpello disapplicativo della normativa antielusione concernente le società di comodo, opposto dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE con nota dell’ 8.10.2015, che la CTP di Bari aveva dichiarato inammissibile, ritenendo l’atto non autonomamente impugnabile, ai sensi dell’art. 19 del d.lgs. 546 del 1992.
Avverso la decisione della CTP la società contribuente aveva proposto appello che la CTR della Puglia aveva accolto nel merito ritenendo ammissibile l’impugnazione del diniego di interpello disapplicativo e raggiunta la prova dell’effettivo esercizio dell’attività di impresa da parte della società contribuente nonostante fosse stata in perdita costante nell’ultimo quinquennio.
L’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione della sentenza della CTR della Puglia affidandosi ad un solo motivo e la società non si è difesa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso l’RAGIONE_SOCIALE ha lamentato, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 30 comma 4 bis e 4 ter della legge n. 724 del 1994 e dell’art. 2697 c.c.
La sentenza impugnata avrebbe violato le norme indicate ignorando la previsione secondo cui la presunzione legale relativa di non operatività può essere superata dalla parte contribuente solo attraverso la prova del l’esistenza di ‘oggettive situazioni’ tali da impedire il raggiungimento di una determinata soglia di ricavi che non possono essere individuate genericamente in una crisi economica mondiale ovvero in una crisi di settore.
La società contribuente per vincere la presunzione di inoperatività avrebbe dovuto, infatti, dare la prova dell’esistenza di elementi sintomatici di un ‘ incolpevole inoperatività societaria dimostrando che la contrazione dei ricavi si era verificata nonostante l’adozione di politiche gestionali volte alla ricerca e all’incremento dell’utile a garanzia della continuità aziendale.
La crisi economica generale o di settore in mancanza di prova della presenza di un’attività imprenditoriale effettiva volta alla ricerca del profitto non potrebbe, invece, configurare una circostanza oggettiva che impedisce il raggiungimento di ricavi minimi, rilevante ai sensi del comma 4 bis dell’art. 30 L. 724 del 1994.
1.2. Il motivo è inammissibile trattandosi di censura volta a sollecitare il riesame nel merito della controversia.
La ricorrente non ha, infatti, prospettato un vizio della sentenza rilevante sotto il profilo della violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., mediante la specifica indicazione RAGIONE_SOCIALE affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che assume in contrasto con le norme evocate in rubrica. Si è, invece, limita a criticare la valenza probatoria di taluni degli elementi di fatto presi in esame dal giudice di merito nell’articolare il ragionamento inferenziale che lo ha condotto a ritenere raggiunta da parte della società contribuente la prova contraria rispetto alla presunzione legale relativa di inattività connessa all ‘esposizione di perdi te sistematiche, così sollecitando alla Corte un inammissibile riesame del merito della controversia.
1.3 L’art. 30 comma 4 bis L. 724 del 1994 di cui la ricorrente denuncia la violazione, nella fattispecie decisa dalla sentenza impugnata, è stato applicato in virtù del richiamo contenuto all’ art. l ‘art. 2, comma 36 decies , della legge n. 138/2011 che, nella versione applicabile ratione temporis , stabilisce <>
1.3 La norma in questione affianca alla presunzione di inoperatività RAGIONE_SOCIALE società di comodo che non raggiungono la soglia minima di ricavi prevista in funzione antielusiva dall’art. 30 comma 1 della legge n. 724 del 1994, la presunzione legale relativa di inoperatività RAGIONE_SOCIALE società in perdita fiscale sistematica, facendo salva, attraverso
il richiamo alle cause di non applicazione della disciplina previste dall ‘art. 30 comma 4 bis della legge n. 724 del 1994, la possibilità per il contribuente di fornire la prova contraria.
1.4 Con riguardo al contenuto della prova contraria prevista dall’art. 30 comma 4 bis L. 724 del 1994 in relazione alle società di comodo che non raggiungono la soglia minima di reddito, la giurisprudenza della Corte ha chiarito che <> (Cass. 23/05/2022, n. 16472 Cass. 16/5/2023 n. 13328).
Infatti, <> (Cass. 24/02/2021, n. 4946, cit., in motivazione; Cass. 28/09/2021, n. 26219, in motivazione).
La presunzione legale di inoperatività della società c.d. di comodo può, dunque, essere superata anche attraverso la prova dell’esistenza di un’effettiva attività imprenditoriale.
1.5 Allo stesso modo la presunzione legale relativa di inoperatività connessa con l’esposizione sistematica di perdite fiscali può essere, quindi, vinta dalla società contribuente anche attraverso la prova di elementi di fatto che dimostrino l’effettivo esercizio di un’attività imprenditoriale in crisi per circostanze dipendenti dalle condizioni del mercato.
1.6 L ‘impianto argomentativo della sentenza impugnata che la ricorrente non ha specificamente censurato, non si discosta dai principi richiamati e si incentra su questo assunto: in ragione RAGIONE_SOCIALE finalità perseguite dalla normativa antielusiva dettata dall’art. 30 della legge n. 724 del 1994 volta a scoraggiare la costituzione RAGIONE_SOCIALE c.d. società di comodo create dai soci come ‘schermo’ per gestire il loro patrimonio invece che per svolgere effettivamente attività di impresa, deve ritenersi, anche per le società in perdita fiscale sistematica, considerate automaticamente non operative ai sensi del sopravvenuto art. 2, comma 36 decies della legge n. 138 del 2011, la necessità, in forza del richiamo op erato dalla norma all’art. 30 della legge n. 724 del 1994, di verificare che effettivamente si tratti di società che gestiscono il patrimonio sociale senza esercitare alcuna attività di impresa.
Ed è su questa premessa, che con affermazioni in fatto incensurabili in questa sede, la CTR ha ritenuto ‘ alla luce della documentazione versata agli atti di causa (e prima ancora nel precedente grado di giudizio ed a corredo dell’istanza di disapplicazione)che tale situazione non sia assolutamente ravvisabile nei confronti della società appellante. Invero, non è dubbio (né è stato contestato) che trattasi di una società che ha operato nel settore della metallurgia (realizzando e commercializzando macchine utensili per quasi 8 anni, dal 2005 al
2013, che ha avuto alle sue dipendenze sino a 90 lavoratori, e che è entrata in crisi, per il progressivo ridotto volume dei ricavi in rapporto a quello dei costi, soltanto a partire dal 2008. ‘
1.7 Il giudizio di fatto così formulato dalla CTR per ritenere superata la presunzione legale di inoperatività della società sulla scorta di elementi di fatto obiettivi che riconducono l’esposizione di perdite sistematiche all’effetto di una sopraggiunta crisi di impresa non è sindacabile in Cassazione e la censura mossa dalla ricorrente con riferimento all’impossibilità di considerare ai fini della prova contraria la crisi economica mondiale e di settore si risolve nella richiesta di riesame del merito della controversia.
1.8 Allo stesso modo inammissibile deve ritenersi il motivo di ricorso nella parte in cui adombra la violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c. deducibile, ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c., soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata secondo le regole di distribuzione fondate sulla distinzione tra fatti costitutivi e fatti estintivi o impeditivi e non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione RAGIONE_SOCIALE acquisizioni probatorie, abbia ritenuto erroneamente che la parte gravata avesse assolto al suo onere probatorio (Cass. 23/10/2018 n. 26769; Cass. 19/8/2020 n. 17313; Cass. 07/09/2025 n. 24732).
La ricorrente non ha lamentato la violazione dei criteri di ripartizione dell’onere della prova ma l’ incongrua valutazione RAGIONE_SOCIALE acquisizioni istruttorie da parte della CTR con riferimento alla rilevanza attribuita alla crisi economica mondiale e di settore, prospettando un vizio non censurabile come violazione della norma indicata.
1.9 Il ricorso deve, pertanto, essere ritenuto inammissibile.
Nulla va disposto in relazione alle spese del presente giudizio di legittimità, essendo la RAGIONE_SOCIALE rimasta intimata.
2.1 Poiché risulta soccombente l’RAGIONE_SOCIALE che, come amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello
Stato, è ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, non si applica l’articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. 228 del 2012 (Cass. 29/01/2016, n. 1778).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso. Così deciso a Roma, il 22/10/2025.
Il Presidente NOME COGNOME