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Società in perdita: rimborso IVA non negabile

La Corte di Cassazione ha stabilito che a una società in perdita sistematica non può essere automaticamente negato il rimborso del credito IVA. Se l’azienda può dimostrare in giudizio l’esistenza di ‘situazioni oggettive’ che hanno impedito la produzione di ricavi, ha diritto a disapplicare la normativa antielusiva. La mancata presentazione di un interpello preventivo all’Agenzia delle Entrate non preclude la possibilità di fornire tale prova direttamente in tribunale, che ha il dovere di esaminarla nel merito.

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Pubblicato il 17 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Società in perdita sistematica: quando spetta il rimborso IVA?

La disciplina fiscale sulle società di comodo e sulla società in perdita sistematica è pensata per contrastare l’uso di schermi societari per fini elusivi. Tuttavia, cosa accade quando un’azienda è genuinamente operativa ma non produce ricavi a causa di ostacoli esterni? Una recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce sul diritto al rimborso IVA in questi casi, affermando un principio fondamentale: la prova dell’operatività effettiva può sempre essere fornita in giudizio, superando la presunzione del Fisco.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda una società operante nel settore ambientale che, dopo aver completato la gestione di una discarica nel 2007, era rimasta contrattualmente obbligata a realizzare importanti opere compensative per conto di enti locali. La realizzazione di queste opere, tuttavia, subiva notevoli ritardi a causa di complessi iter autorizzativi, vincoli paesaggistici e contenziosi legati agli espropri.

Di conseguenza, la società non conseguiva ricavi dal 2008 e registrava perdite fiscali per i cinque anni precedenti al 2020. Proprio per questa ragione, l’Agenzia delle Entrate la qualificava come società in perdita sistematica e le negava il rimborso di un consistente credito IVA maturato nel 2020. Mentre il giudice di primo grado accoglieva le ragioni della società, la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado ribaltava la decisione, sostenendo che l’azienda, non rientrando in specifiche cause di esclusione e non avendo presentato un interpello probatorio, dovesse essere considerata ‘non operativa’.

La disciplina della società in perdita sistematica

La normativa di riferimento (art. 2, commi da 36-decies a 36-duodecies, del D.L. 138/2011) considera ‘in perdita sistematica’ le società che presentano dichiarazioni in perdita fiscale per cinque periodi d’imposta consecutivi. Tale qualifica comporta l’applicazione della più ampia disciplina delle società ‘non operative’ o ‘di comodo’ (art. 30, L. 724/1994).

Una delle conseguenze più gravose è l’impossibilità di chiedere a rimborso il credito IVA, di cederlo o di utilizzarlo in compensazione orizzontale. La legge prevede però una via d’uscita: il contribuente può dimostrare l’esistenza di ‘situazioni oggettive’ che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi. Tradizionalmente, uno strumento per fornire tale prova è l’interpello disapplicativo, un’istanza preventiva rivolta all’Agenzia delle Entrate.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso della società, ha cassato la sentenza di secondo grado, riaffermando un principio di diritto cruciale. I giudici supremi hanno chiarito che l’interpello disapplicativo non costituisce una condizione di procedibilità né limita la tutela giurisdizionale del contribuente.

In altre parole, l’azienda ha sempre la facoltà di superare la presunzione di ‘non operatività’ dimostrando direttamente in giudizio la sussistenza di circostanze oggettive e non imputabili che hanno impedito la produzione di ricavi. Il giudice di merito ha il dovere di esaminare concretamente tali prove, senza potersi fermare alla constatazione formale della mancata presentazione dell’interpello. Nel caso specifico, la Corte di secondo grado aveva errato proprio perché non aveva verificato se gli elementi forniti dalla contribuente (ritardi autorizzativi, vincoli, contenziosi) potessero effettivamente configurare quelle ‘situazioni oggettive’ in grado di giustificare la disapplicazione della norma antielusiva.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un’importante tutela per le imprese che, pur essendo pienamente operative e impegnate in progetti reali, si trovano ad affrontare blocchi o ritardi burocratici, amministrativi o legali che impediscono la normale generazione di fatturato. Viene ribadito che la valutazione dell’Amministrazione Finanziaria e dei giudici tributari deve basarsi sulla sostanza economica e non arrestarsi a presunzioni formali. Un’azienda non cessa di essere operativa solo perché fattori esterni e non controllabili ne ostacolano temporaneamente l’attività. Questa decisione rafforza il diritto alla difesa del contribuente, garantendo che le prove di una reale e concreta attività imprenditoriale possano sempre essere valutate nel merito da un giudice.

Una società in perdita sistematica può chiedere il rimborso del credito IVA?
Sì, può chiederlo se è in grado di dimostrare in giudizio l’esistenza di ‘situazioni oggettive’ che, al di là della sua volontà, hanno reso impossibile il conseguimento di ricavi. La qualifica di società in perdita non preclude in modo assoluto il diritto al rimborso.

È obbligatorio presentare un interpello disapplicativo per dimostrare di essere una società operativa?
No. La Corte di Cassazione ha confermato che la presentazione dell’interpello non è una condizione necessaria per poter agire in giudizio. Il contribuente può fornire la prova delle ‘situazioni oggettive’ che giustificano la sua condizione direttamente nel corso del processo tributario.

Cosa si intende per ‘situazioni oggettive’ che giustificano le perdite?
Si tratta di circostanze fattuali non imputabili alla società che hanno impedito la normale attività economica. Nella sentenza in esame, esse sono state identificate nei ritardi subiti per il completamento di opere pubbliche compensative, causati da vincoli paesaggistici, complessità degli iter autorizzativi e contenziosi per espropri, tutti fattori esterni al controllo dell’impresa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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