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Società in perdita fiscale: diritto al rimborso IVA

Una società in liquidazione si è vista negare un rimborso IVA in quanto considerata ‘società in perdita fiscale’ e quindi non operativa. La Corte di Cassazione, applicando una sentenza della Corte di Giustizia UE, ha ribaltato la decisione. Ha stabilito che la condizione di perdita non è sufficiente per negare il rimborso, disapplicando la legge nazionale in contrasto con il principio di neutralità dell’IVA. Il diritto al rimborso è stato riconosciuto, in assenza di prove di frode o abuso.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Società in perdita fiscale: la Cassazione conferma il diritto al rimborso IVA

Con una recente e importante ordinanza, la Corte di Cassazione ha stabilito un principio cruciale per tutte le imprese, in particolare per una società in perdita fiscale. La Suprema Corte, allineandosi alla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ha affermato che lo status di società ‘non operativa’, derivante da perdite fiscali consecutive, non può giustificare automaticamente il diniego del diritto al rimborso del credito IVA. Vediamo i dettagli di questa pronuncia.

I Fatti di Causa: la Negazione del Rimborso IVA

Il caso ha origine dalla richiesta di rimborso del credito IVA avanzata dal liquidatore di una S.r.l. a seguito della cessazione dell’attività e della cancellazione dal registro delle imprese. L’Agenzia delle Entrate aveva respinto la richiesta, sostenendo che la società dovesse essere considerata ‘non operativa’ per l’anno d’imposta in questione. La motivazione si basava sul fatto che l’azienda aveva registrato perdite fiscali per tre anni consecutivi (il triennio 2009-2011), una condizione che, secondo la normativa nazionale, la equiparava a una ‘società di comodo’. La Commissione Tributaria Regionale aveva confermato la posizione dell’amministrazione finanziaria, spingendo il contribuente a ricorrere in Cassazione.

La Normativa sulla Società in Perdita Fiscale e il Conflitto con il Diritto UE

La controversia verte sull’interpretazione dell’articolo 30 della Legge n. 724 del 1994, che introduce una presunzione di non operatività per le società che non raggiungono determinati livelli di ricavi o che si trovano in una situazione di perdita fiscale sistematica. Tale normativa prevede, tra le altre penalizzazioni, l’impossibilità di ottenere il rimborso del credito IVA.

Tuttavia, questa disciplina nazionale si scontra con i principi fondamentali del sistema IVA europeo, come sanciti dalla Direttiva 2006/112/CE. In particolare, vengono in rilievo il principio di neutralità dell’IVA, che garantisce alle imprese il diritto alla detrazione dell’imposta assolta a monte, e il principio di proporzionalità. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE), con la sentenza del 7 marzo 2024 (causa C-341/22), ha chiarito che negare la qualità di soggetto passivo IVA, e di conseguenza il diritto alla detrazione, solo perché non si raggiunge una soglia di ricavi predeterminata, è contrario al diritto unionale.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto pienamente i principi espressi dalla CGUE, estendendoli esplicitamente anche al caso della società in perdita fiscale. I giudici hanno affermato che la normativa italiana, nella parte in cui equipara le società in perdita a quelle di comodo e nega loro il diritto al rimborso IVA, crea un’antinomia con il diritto sovranazionale e deve pertanto essere disapplicata.

Il ragionamento della Corte si basa sui seguenti punti cardine:

1. Prevalenza del Diritto UE: La qualità di soggetto passivo IVA e il conseguente diritto alla detrazione (e al rimborso) non possono essere negati sulla base di presunzioni legali che si fondano unicamente su dati quantitativi, come l’ammontare dei ricavi o la presenza di perdite.
2. Rilevanza dell’Attività Economica Effettiva: Ciò che conta è che il soggetto abbia esercitato effettivamente un’attività economica, indipendentemente dai suoi risultati. Il diritto alla detrazione sorge nel momento in cui l’imposta diventa esigibile e non è subordinato al successo commerciale dell’operazione.
3. Limite della Frode e dell’Abuso: Il diritto al rimborso IVA può essere limitato solo se l’amministrazione finanziaria dimostra che è stato invocato in modo fraudolento o abusivo. La condizione di perdita fiscale, da sola, non costituisce prova di un comportamento illecito.

La Cassazione ha quindi enunciato un chiaro principio di diritto: anche alle società in perdita fiscale, equiparate a quelle non operative, va applicato il principio affermato dalla CGUE. Di conseguenza, non si può negare loro il diritto alla detrazione, compensazione, cessione o rimborso del credito IVA, a meno che non sia provato un intento fraudolento o abusivo.

Le Conclusioni

La decisione della Cassazione rappresenta una vittoria significativa per i contribuenti. Viene sancito che il meccanismo delle società non operative, basato su presunzioni automatiche legate alle perdite, non può prevalere sui principi fondamentali del sistema IVA europeo. L’ordinanza chiarisce che l’onere di provare eventuali abusi o frodi spetta all’amministrazione finanziaria, la quale non può limitarsi a contestare la redditività dell’impresa.

In conclusione, una società in perdita fiscale conserva pienamente il suo diritto al rimborso del credito IVA maturato, a condizione che possa dimostrare di aver svolto una reale attività economica. Il diniego del rimborso basato unicamente sulla sua condizione di ‘non operatività’ per perdite pregresse è illegittimo e contrario al diritto dell’Unione Europea.

Una società in perdita fiscale per più anni può essere considerata ‘non operativa’ al punto da perdere il diritto al rimborso IVA?
No. Secondo la Corte di Cassazione, che applica i principi della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la condizione di perdita fiscale, anche se protratta per più periodi d’imposta, non può da sola giustificare la negazione del diritto al rimborso del credito IVA.

In quali casi l’Amministrazione Finanziaria può legittimamente negare il rimborso del credito IVA a una società?
Il diritto al rimborso, alla detrazione o alla compensazione del credito IVA può essere negato solo se l’Amministrazione Finanziaria dimostra che tale diritto è stato invocato in modo fraudolento o abusivo, ad esempio attraverso la realizzazione di una ‘costruzione artificiosa’ senza una reale attività economica. La semplice insufficienza dei ricavi o la presenza di perdite non costituisce prova di frode o abuso.

La normativa italiana che limita il rimborso IVA per le società non operative è ancora applicabile?
No, la normativa nazionale (in particolare l’art. 30 della L. n. 724/1994) deve essere disapplicata dai giudici nazionali nella parte in cui contrasta con il diritto dell’Unione Europea. Il diritto alla detrazione e al rimborso IVA è un principio fondamentale che non può essere limitato da presunzioni legali basate solo su indicatori di reddito o perdite, come stabilito dalla giurisprudenza europea.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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