Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5066 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5066 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 26/02/2024
IRES IVA IRAP INTIMAZIONE PAGAMENTO
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27494/2017 R.G. proposto da:
NOME, rappresentata e dife so dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata presso quest’ultimo all’indirizzo pec EMAIL,
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in RomaINDIRIZZO, presso l’Avv ocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende,
-controricorrente – avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. PIEMONTE, n. 594/2017 depositata l’ 11/04/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25 gennaio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
NOME COGNOME, socia della RAGIONE_SOCIALE – cancellata in data 28 gennaio 2003 -ricorre nei confronti d ell’RAGIONE_SOCIALE entrate , che resiste con controricorso, avverso la sentenza in epigrafe. Con quest’ultima l a C.t.r. ha rigettato l’appello del la contribuente avverso la sentenza della C.t.p. di Cuneo che, a propria volta, aveva rigettato il ricorso avverso l’atto con il quale l’Ufficio le aveva ingiunto, quale ex socia, il pagamento dei debiti tributari, relativi all’anno 2002, dovuti dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
Secondo l’Ufficio il credito tributario trovava titolo in due avvisi di accertamento notificati alla società in data 18 giugno 2009 i quali erano divenuti definitivi a seguito del passaggio in giudicato, in data 23 luglio 2012, della sentenza -n. 4 del 2012 della C.t.p. di Cuneo resa in giudizio promosso dall’ex liquidatore ed ex socio NOME COGNOME che ne aveva accertato la legittimità.
La contribuente ha depositato memoria.
Considerato che:
Con l’unico motivo la ricorrente denuncia violazione dell’art. 2495 cod. civ. , dell’art. 156 cod. proc. civ., dell’art. 36, primo e quinto comma d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 del 1973 in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 cod. proc. civ.
Censura la sentenza per avere il giudice dell’appello, nonostante la pacifica cancellazione della società RAGIONE_SOCIALE dal registro RAGIONE_SOCIALE imprese, mancato di dichiarare la inesistenza degli avvisi di accertamento emessi successivamente nei confronti della stessa; per avere erroneamente ritenuto che avesse effetto sanante l’impugnazione proposta da NOME COGNOME, socio ed ex liquidatore della società, avverso i predetti, pur non avendo più quest’ultimo alcun potere di
rappresentanza; per avere dato valore dirimente e assorbente alla mancata impugnazione avverso la sentenza che ne era scaturita ed al suo passaggio in giudicato.
Il motivo è fondato.
2.1. Risulta dalla sentenza impugnata che i due avvisi di accertamento posti a fondamento della pretesa tributaria avanzata nei confronti di NOME COGNOME erano stati emessi nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, di cui la prima era socia, ed erano stati notificati alla società in data 18 giugno 2009, ovvero successivamente alla cancellazione della stessa dal registro RAGIONE_SOCIALE imprese, risalente al 4 febbraio 2003.
Detti avvisi di accertamento venivano impugnati da NOME COGNOME, nella doppia qualità di socio e liquidatore della società ormai estinta ed il giudizio si concludeva con sentenza n. 4 del 2012 della C.t.p. di Cuneo che accertava la legittimità degli atti impositivi. Detta sentenza non veniva impugnata e passava in giudicato.
Non è controverso che NOME COGNOME restava estranea a quel giudizio. Ciononostante l’Ufficio, sulla scorta di quella sentenza, ed in ragione del suo passaggio in giudicato, intimava alla stessa, nella qualità di ex socia della società obbligata, il pagamento dei debiti tributari di ques t’ultima nei limiti di quanto ricevuto in sede di liquidazione sulla scorta del bilancio finale di liquidazione.
2.2. La RAGIONE_SOCIALEt.RAGIONE_SOCIALE. -innanzi alla quale NOME COGNOME aveva sostenuto, tra l’altro, che i due avvisi di accertamento erano ‘inesistenti’ in quanto emessi nei confronti di società ormai estinta e che l’impugnazione proposta da NOME COGNOME doveva ritenersi ‘nulla’ in quanto questi era privo di legittimazione -confermava la legittimità dell’ atto di recupero emesso nei confronti della ex socia.
Il giudice di secondo grado rilevava che la pretesa erariale azionata a carico della società era stata confermata con sentenza passata in giudicato; che, pertanto, il credito doveva ritenersi definitivamente
accertato in contradditorio con il liquidatore della società che aveva impugnato i due atti impositivi senza sollevare contestazione alcuna circa ipotetici vizi di intestazione e notificazione degli stessi; che il giudicato precludeva anche l’eccezione di inefficacia ovvero nullità dell’impugnazione proposta dal liquidatore di società ormai estinta il quale, per altro, non aveva nemmeno impugnato la sentenza della C.t.p. di Cuneo.
La RAGIONE_SOCIALE proseguiva argomentando in ordine alla responsabilità dei soci e del liquidatore per i debiti della società estinta.
2.3. Il disposto dell’art. 2495 cod. civ. nel testo introdotto dal l’art. 4 d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 prevede che la cancellazione della società dal registro RAGIONE_SOCIALE imprese ne produce l’estinzione nonostante l’esistenza di crediti insoddisfatti o di rapporti ancora non definiti.
L ‘incipit del dettato normativo è chiaro laddove enunciando “ferma restando l’estinzione” pone in stretta correlazione l’evento cancellazione e l’effetto estinzione, realizzando assoluta corrispondenza tra fattispecie costitutiva ed estintiva. La ratio sottostante tale intervento normativo è stata chiarita dalle Sezioni Unite della Corte che hanno affermato la natura costitutiva della cancellazione, rilevando nel contempo che la riforma introdotta, che non incide sui presupposti della cancellazione ma ne regola gli effetti, opera retroattivamente e perciò si applica anche a fatti pregressi. (Cass. Cass. Sez. U. 22/02/2010, nn. 4060, 4061 e 4062).
Si è ulteriormente chiarito che ciò non vuol dire che nel caso di cancellazioni avvenute in data anteriore all’anzidetta modifica normativa, l’effetto estintivo opera da tale evento. Esso, piuttosto, si produce dalla data del 1° gennaio 2004 in cui è entrato in vigore il d.lgs. n. 6 del 2003. (Nello stesso senso Cass. 05/11/2010, n.22548).
Alla cancellazione della società dal registro RAGIONE_SOCIALE imprese -o al più tardi alla data del 1° gennaio 2004 -consegue, pertanto, la definitiva scomparsa della società dal mondo giuridico, insuscettibile di una qualsiasi forma di reviviscenza, restando irrilevante anche l’eventuale protrazione, pur dopo l’annotamento camerale, di un’attività concretamente esplicata (cfr. Cass. 10/03/2023, n. 7179).
2.4. Con specifico riferimento all’atto tribu tario, si è aggiunto che dopo la cancellazione della società dal registro RAGIONE_SOCIALE imprese e la sua conseguente estinzione, lo stesso non può essere legittimamente notificato al suo legale rappresentante nemmeno in applicazione del principio dell’apparenza del diritto di cui all’art. 1189 cod. civ. atteso che tale disposizione si riferisce ai rapporti sostanziali e, in particolare, al pagamento effettuato a favore del creditore che appare legittimato a riceverlo in base a circostanze univoche, e che l’iscrizione nel registro RAGIONE_SOCIALE imprese della cancellazione della società, implicando la presunzione di conoscenza della stessa e la sua efficacia verso i terzi ex art. 2193 cod. civ., esclude il legittimo affidamento dell’ente (Cass. 30/10/2019, n. 27795).
Pertanto, il liquidatore di una società estinta per cancellazione dal registro RAGIONE_SOCIALE imprese può ben essere destinatario di una autonoma azione risarcitoria, ma non della pretesa attinente al debito sociale (Cass. 16/05/2012, n. 7676).
2.5. Quanto ai riflessi sul processo e, nella specie, sul processo tributario, in linea con la giurisprudenza sopra richiamata -con riferimento sia a diverse tipologie di enti collettivi (società di capitali, società di persone, associazioni non riconosciute) che a diverse tipologie di atti (avvisi di accertamento, cartelle di pagamento) -si è ribadito che la cancellazione dal registro RAGIONE_SOCIALE imprese, con estinzione della società prima della notifica dell’avviso di accertamento e dell’instaurazione del giudizio, determina
il difetto della sua capacità processuale e il difetto di legittimazione a rappresentarla dell’ex liquidatore e si è aggiunto che viene in rilievo un vizio insanabile originario del processo, che avrebbe dovuto condurre, sin dal primo grado, ad una pronuncia declinatoria di rito (Cass. 31/03/2022, n. 10354, Cass. 19/09/2019, n. 23365, Cass. 21/12/2018, n. 33278, Cass. 23/03/2016, n. 5736, Cass. 08/10/2014, n. 21188). Non vi
La nullità assoluta che consegue alla citazione in giudizio di una società estinta per inesistenza della parte convenuta -ma stesse considerazioni non possono che valere anche nell’ipotesi in cui la società estinta sia parte attrice -estendendosi agli atti del conseguente processo, rende inesistente la sentenza. Tale inesistenza, si è aggiunto, va rilevata di ufficio o e può essere fatta valere, anche al di fuori dell’impugnazione nello stesso processo, con una autonoma azione di accertamento, non soggetta a termini di prescrizione o di decadenza, ovvero con un’eccezione ed altresì in sede di opposizione all’esecuzione (Cass. 02/03/2023, n. 6324, Cass. 10/06/2004, n. 11047).
Applicando detti principi alla fattispecie in esame, deve rilevarsi la nullità degli avvisi di accertamento emessi e notificati a soggetto ormai estinto.
Deve rilevarsi, altresì, l’inopponibilità alla odierna ricorrente, ancorché socia della società estinta, della sentenza che ha confermato la legittimità degli atti impositivi; trattasi, infatti, di sentenza inesistente essendo stata resa in giudizio, alla quale la stessa non ha nemmeno partecipato, introdotto da NOME COGNOME, nella qualità di ex liquidatore, ma privo di legittimazione a rappresentare l’ente.
Appare opportuno aggiungere che nella fattispecie in esame non opera il differimento quinquennale degli effetti dell’estinzione della società derivanti dall’art. 2495 cod. civ. ai sensi dell’art. 28, comma 4, d.lgs. 21 novembre 2014, n. 175
Detta disposizione implica che il liquidatore conservi tutti i poteri di rappresentanza della società sul piano sostanziale e processuale, con la conseguenza che egli è legittimato non soltanto a ricevere le notificazioni degli atti impositivi, ma anche ad opporsi ad essi, conferendo mandato alle liti, mentre sono privi di legittimazione i soci, poiché gli effetti previsti dall’art. 2495, comma 2, c.c. sono posticipati anche ai fini dell’efficacia e validità degli atti del contenzioso (Cass. 16/12/2022, n. 36892).
In primo luogo, nella fattispecie in esame gli avvisi di accertamento sono stati notificati il 18 giugno 2009 e, dunque, oltre il quinquennio dalla data del 1° gennaio 2004 cui va ricondotta l’estinzione della società in ragione della pregressa cancellazione dal registro RAGIONE_SOCIALE imprese. In secondo luogo, questa Corte ha precisato che la norma -la quale opera soltanto nei confronti dell’Amministrazione finanziaria e degli altri enti creditori o di riscossione indicati, con riguardo a tributi o contributi -si applica esclusivamente ai casi in cui la richiesta di cancellazione della società dal registro RAGIONE_SOCIALE imprese, che costituisce il presupposto di tale differimento, sia stata presentata nella vigenza della disposizione, e pertanto il 13 dicembre 2014 o successivamente, in quanto reca disposizioni di natura sostanziale sulla capacità della società cancellata dal registro RAGIONE_SOCIALE imprese e non ha pertanto efficacia retroattiva. (Cass. 21/02/2020, n. 4536 che, applicando il principio, ha affermato l’invalidità dell’avviso di accertamento notificato a società volontariamente cancellatasi dal registro RAGIONE_SOCIALE imprese prima del 13 dicembre 2014).
5. In conclusione il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata. Inoltre, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ex art. 384 cod. proc. civ. accogliendo l’originario ricorso della contribuente.
6. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
PQM
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, ex art. 384 cod. proc. civ. accoglie l’originario ricorso della contribuente; condanna l ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE entrate al pagamento in favore della ricorrente RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 200,00 per esborsi, euro 2.300,00 per compensi, oltre il 15 per cento a titolo di rimborso forfetario, iva e cap come per legge.
Così deciso in Roma, il 25 gennaio 2024.