Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24532 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24532 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 04/09/2025
ORDINANZA
Sul ricorso n. 1428-2017, proposto da:
DEI NOME , cf. CODICE_FISCALE, elettivamente domiciliato in Roma, presso la Cancelleria della Corte di cassazione, rappresentato e difeso dagli avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME
Ricorrente
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE , cf NUMERO_DOCUMENTO, in persona del Direttore p.t., elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende –
Controricorrente
Avverso la sentenza n. 1343/27/2016 della Commissione tributaria regionale della Puglia, sez. staccata di Foggia, depositata il 27.05.2016; udita la relazione della causa svolta nell’ adunanza camerale del 26 giugno 2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
Accertamento – Società estinta – Responsabilità del socio ex art. 2495 c.c.
FATTI DI CAUSA
Dalla sentenza impugnata si evince che a COGNOME NOME fu notificato un avviso d’accertamento ai sensi dell’art. 2495 c.c. , con il quale, relativamente alla società RAGIONE_SOCIALE nelle more messa in liquidazione e poi cancellata, fu contestato per l’anno 2009 un maggior reddito d’impresa, e per l’effetto maggiori imposte e maggiore Iva.
Il Dei, che eccepiva come dal bilancio non risultava la distribuzione ai soci di alcun utile, e che dunque non era tenuto a rispondere di alcunché, propose ricorso avverso l’atto impositivo dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Foggia, che con sentenza n. 485/04/2014, pur riconoscendo la fondatezza dell’accertamento nei confronti della società, accolse le doglianze del contribuente per assenza di utili distribuiti con l’ultimo bilancio.
Le medesime contestazioni, e per la medesima annualità, furono elevate al ricorrente con un secondo avviso d’accertamento, anch’esso notificatogli ai sensi dell’art. 2495 c.c., quale socio unico della RAGIONE_SOCIALE
A fronte delle stesse doglianze, per assenza cioè di distribuzione di utili, la Commissione tributaria provinciale di Foggia, pur riconoscendo il maggior debito fiscale sociale, accolse il ricorso del contribuente con sentenza n. 486/04/2014.
Il Dei impugnò con unico atto entrambe le pronunce, lamentando l’ingiustificata compensazione delle spese di causa.
L’Agenzia delle entrate, con due distinti appelli, impugnò le sentenze perché errate, insistendo sulla legittimità degli avvisi d’accertamento notificati al Dei ai sensi dell’art. 2495 c.c.
La Commissione tributaria regionale della Puglia, sez. staccata di Foggia, previa riunione di tutti i giudizi, con sentenza n. 1343/27/2016, ora al vaglio di questa Corte, accolse le ragioni erariali, rigettando quella del contribuente. Il giudice regionale ha intanto evidenziato che il contribuente non aveva contestato nel merito gli atti impositivi, eccependo solo il suo difetto di legittimazione passiva poiché dal bilancio finale di entrambe le società non risultava alcuna distribuzione di utili ai soci. Ha peraltro avvertito che la rideterminazione dei ricavi delle società era ricondotta dall ‘ufficio al coinvolgimento in operazioni inesistenti, mediante false fatturazioni, da ciò conseguendone comunque la legittima contestazione dei debiti fiscali al socio
unico delle predette società, ormai estinte, rimandando poi ad altri giudizi la verifica della distribuzione degli utili.
Il ricorrente ha censurato la sentenza con due motivi, ulteriormente illustrati da memo ria difensiva depositata ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c. chiedendone la cassazione, cui ha resistito l’Agenzia delle entrate con controricorso. La Procura Generale della Corte di cassazione, nella persona del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME ha depositato memoria con cui ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
Nell’adunanza camerale del 26 giugno 2025 la causa è stata discussa e decisa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. , nonché dell’art. 1 del d.lgs. n. 546 del 1992 , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
Sostiene che, a fronte delle statuizioni di primo grado, secondo cui l’accertamento nei confronti de l Dei non era fondato, perché notificato ai sensi dell’art. 2495 c.c., pur in assenza di distribuzione di utili ai soci, la CTR si sarebbe limitata con poche righe ad affermare che le circostanze poste a base dell’accertamento non erano state contestate nel merito dal contribuente e che l’assunto della mancata distribuzione di utili, risultate dall’ultimo bilancio, sarebbe stato al più oggetto di esame in altri giudizi.
Con il secondo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2495 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. Nonostante l’appello dell’Agenzia delle entrate fosse indirizzato a denunciare la falsità del bilancio di liquidazione e la correttezza delle contestazioni elevate sulla fittizietà delle operazioni fatturate, la Commissione regionale si era limitata ad affermare la responsabilità del socio ex art. 2495 c.c. e l’accertamento rinviato ad altro giudizio sulla distribuzione o meno degli utili.
I motivi, che possono essere trattati congiuntamente perché connessi, sono infondati e la sentenza non ha ragione d’essere cassata perché corretta nella sua statuizione, sebbene la motivazione richieda d’essere integrata.
Dagli atti difensivi e dalla sentenza emerge come dato pacifico che gli avvisi d’accertamento attingevano le due società, di cui il Dei era socio (la sua qualità di amministratore unico, quanto alla RAGIONE_SOCIALE, è circostanza irrilevante ai fini del presente giudizio, atteso che tutta la motivazione della
sentenza e tutto il contenuto del ricorso e del controricorso riguardano il ruolo del contribuente quale socio, o socio unico, delle società estinte), ed erano stati notificati al ricorrente in tale veste, ai sensi dell’art. 2495 c.c., perché nelle more le compagini sociali erano state cancellate dal registro delle imprese.
Nel contesto in cui gli atti impositivi sono stati notificati soccorre innanzitutto il principio secondo il quale, a seguito della riforma del diritto societario, attuata dal d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, qualora all’estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale l’obbligazione della società non si estingue, ciò che sacrificherebbe ingiustamente il diritto del creditore sociale, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate , siano limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali (già Sez. U, 12 marzo 2013, n. 6070; 30 luglio 2020, n. 16362).
Quanto ai rapporti fiscali poi, si è avvertito che la disciplina dettata dall’art. 2495, secondo comma, cod. civ., come modificata dall’art. 4 del d.lgs. n. 6 del 2003, nella parte in cui ricollega alla cancellazione dal registro delle imprese l’estinzione immediata della società, implica che nei debiti sociali subentrano ex lege i soci, sicché il Fisco, ove le proprie ragioni nei confronti dell’ente collettivo siano state definitivamente accertate (per mancata tempestiva impugnazione dell’atto impositivo, ovvero per intervenuta estinzione del relativo giudizio, o infine per intervenuto giudicato sostanziale), può procedere all’iscrizione a ruolo dei tributi non versati sia a nome della società estinta, sia a nome dei soci (“pro quota” o illimitatamente, in relazione ai relativi titoli di partecipazione), e ciò ai sensi degli artt. 12, comma 3, e 14, lett. b), d.P.R. n. 602 del 1973. Può inoltre azionare il credito tributario nei confronti dei soci stessi, non occorrendo procedere neppure all’emissione di autonomo avviso di accertamento (Cass., 5 novembre 2021, n. 31904).
RGN 1428/2017 Consigliere rel. NOME Si è peraltro ulteriormente chiarito che a seguito di cancellazione della società di capitali dal registro delle imprese, alla definitiva estinzione dell’ente consegue la successione degli ex soci nei rapporti debitori già
facenti capo alla società cancellata, ma non definiti all’esito della liquidazione, e ciò indipendentemente dalla circostanza che essi abbiano goduto di un qualche riparto in base al bilancio finale di liquidazione; ciò in quanto vi è l’interesse dell’Agenzia delle entrate a procurarsi un titolo nei confronti di questi ultimi, potendovi essere la possibilità di sopravvenienze attive o di beni e diritti non contemplati nel bilancio (cfr. Cass., 4 gennaio 2022, n. 2; 7 aprile 2017, n. 9094).
Dalle regole normative e dai principi di diritto enucleati ne discende allora che, estintasi la società prima della notifica dell’atto impositivo nei suoi confronti, correttamente l’Agenzia delle entrate aveva provveduto alla notifica dell’avviso di accert amento nei riguardi del suo socio, NOME. Quale successore delle società a responsabilità limitata, questi era tenuto a rispondere dei debiti sociali e, qualora non ancora costituito un titolo in tal senso, era comunque nei suoi confronti che la creditrice Amministrazione finanziaria doveva indirizzare, come ha fatto, i due atti impositivi, relativi ai redditi, rideterminati e relativi al l’anno 2009 , anno d’imposta in cui la società era ancora in vita.
Avverso gli avvisi d’accertamento, incontestatamente notificat i al Dei, per quel che qui interessa, come socio, sarebbe stato suo onere, ricevuta la notifica degli atti , contestare nel merito i maggiori redditi pretesi dall’Agenzia delle entrate, esattamente come un qualunque successore nei confronti del preteso creditore del soggetto giuridico cui sia succeduto.
La difesa assunta dal Dei, trincerata invece nella contestazione della sua legittimazione passiva e nella pretesa di non dover rispondere di utili sociali distribuiti, perché non emergenti dagli ultimi bilanci delle rispettive società, era del tutto errata quanto inconsistente.
Peraltro, a parte che solo nella fase esecutiva si rende necessario accertare se e cosa risulti effettivamente distribuito al socio, anche in considerazione di sopravvenienze comunque legate alle vicende economiche della società, nel caso specifico la rideterminazione dell’imponibile delle società del Dei era ricondotta alla contestazione di operazioni inesistenti, e dunque di ricavi occultati, con la conseguenza che, trattandosi non già di creditori che reclamano crediti regolarmente riportati in bilancio, ma dell’erario, che contesta un maggior imponibile per ricavi occultati e dunque utili extra bilancio , i principi riportati dall’art. 24 95, secondo comma, c.c.,
vanno adattati alla specificità dei crediti di cui il fisco pretende il pagamento dalla società, e per essa, qualora estinta, dal socio.
Ebbene, la sentenza della commissione regionale pugliese, pur non molto perspicua, ha fatto corretta applicazione dei principi ora enunciati. Ad essi, infatti ha fatto richiamo nell’affermare la corretta notifica al loro socio (unico) degli atti impositivi relativi alle società cancellate; ad essi ha fatto richiamo nel rilevare che era onere del socio, attinto dagli avvisi d’accertamento, contestare il contenuto degli atti impositivi, che non risultano invece contestati; ad essi, infine, ha fatto richiamo nell’avvertire che era necessario notificare gli atti impositivi al socio, indipendentemente dalla circostanza che vi fosse stato qualche riparto in base al bilancio finale di liquidazione , essendo sempre l’Agenzia delle entrate interessata a procurarsi un titolo nei confronti di quest ‘ ultimo, per la possibilità di sopravvenienze attive o di beni e diritti non contemplati nel bilancio.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte, definitivamente pronunciando, rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di causa in favore dell’Amministrazione finanziaria, che liquida nella misura di € 1 0.000,00, oltre spese prenotate a debito. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, nella misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis del medesimo articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il giorno 26 giugno 2025