Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 17890 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 17890 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12818 -20 21 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE cancellata dal registro delle imprese in data 13/01/2017, in persona del liquidatore NOME COGNOME rappresentata e difesa, per procura speciale in calce al ricorso, dall’avv. NOME COGNOME (pec: EMAIL;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore ;
– intimata –
Oggetto: TRIBUTI – società estinta – art. 28, comma 4, d.lgs. n. 175 del 2014 – termine quinquennale – superamento – ricorso per cassazione – inammissibilità
avverso la sentenza n. 10815/05/2021 della Commissione Tributaria Regionale della SICILIA, depositata in data 06/12/2021; udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 11 marzo 2025 dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
In controversia avente ad oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento notificato in data 13/11/2015, emesso ai fini IVA per l’anno d’imposta 201 0 nei confronti della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, cancellata dal registro delle imprese in data 13/01/2017, con cui veniva rettificata l’aliquota applicata dalla predetta società contribuente su due fatture emesse nei confronti della RAGIONE_SOCIALE per lavori su fabbricati che l’amministrazione finanziaria riteneva essere di lusso e, quindi, soggette ad aliquota ordinaria del 20 per cento in luogo di quella agevolata al 4 per cento applicata dalla società, con la sentenza in epigrafe indicata la CTR (ora Corte di giustizia tributaria di secondo grado) della Sicilia rigettava l’appello della RAGIONE_SOCIALE ritenendo che nella specie gli immobili oggetto dei lavori effettuati dalla società contribuente, risultando di superficie superiore a 240 mq., dovessero essere considerati di lusso, anche in considerazione del prezzo di vendita di detti immobili notevolmente superiore alla media, con conseguente inapplicabilità dell’aliquota agevolata di cui all’art. 1 della Tariffa, Parte prima, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986.
Avverso tale statuizione la società contribuente propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, cui non replica l’ intimata.
Il Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale dott.ssa NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
La ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo mezzo di cassazione la ricorrente deduce, testualmente «Violazione art. 360 c.p.c. n. 3. Società estinta».
1.1. Nel motivo, richiamando l’art. 28 del d.lgs. n. 175 del 2014, deduce la « Nullità dell’atto impugnato, per il fatto di essere stato emesso nei confronti di un soggetto estinto» , pertanto privo di legittimazione processuale.
Con il secondo motivo di ricorso si deduce, testualmente, «Violazione art. 360 n. 4 c.p.c. Contratto di subappalto».
2.1. Nel motivo la ricorrente deduce di aver stipulato con la RAGIONE_SOCIALE (assuntrice da parte dell’impresa RAGIONE_SOCIALE dei lavori di costruzione di tre villette accorpate) un contratto di subappalto per l’esecuzione di impianti elettrici ed elettronici su diversi immobili, due dei quali effettivamente di lusso, ma che le fatture in relazione alle quali era stata effettuata la rettifica dell’aliquota IVA riguardavano le concessioni n. 21/07 e 22/07 relative a due immobili non di lusso e, quindi, correttamente fatturati con iva al 4%, mentre l’Ufficio aveva erroneamente ritenuto che le predette fatture fossero relative alla concessione n. 17/07, la quale effettivamente riguardava la costruzione di edifici di lusso, in relazione alla quale, invece, aveva emesso fatture con l’aliquota ordinaria.
2.2. «Sulla base di un presunto processo verbale di constatazione redatto dalla RAGIONE_SOCIALE di Catania su altra società (la RAGIONE_SOCIALE), l’Ufficio, invero, ha proceduto induttivamente alla rettifica dell’iva. Tutto ciò, senza minimamente indicare gli elementi di fatto e di diritto della pretesa impositiva fatta valere» e la CTR sul punto non aveva assunto alcuna decisione.
Con il terzo motivo la ricorrente deduce, testualmente, la «Violazione art. 360 n. 5. Nullità notifica avviso di accertamento».
3.1. Sostiene la società ricorrente che «il presunto notificatore ha omesso di apporre sulla busta contenente l’avviso di accertamento su cui si controverte la propria leggibile sottoscrizione ed il sigillo dell’Ufficio. La mancanza di tali elementi, pertanto, impedendo la verificabilità della pr ovenienza dell’atto, comporta l’inesistenza giuridica della notifica e, la
conseguente nullità dell’atto così irritualmente notificato. Peraltro, trattandosi di inesistenza giuridica e non di semplice nullità, non è configurabile alcuna sanatoria a seguito della presentazione del ricorso in primo grado» e che la CTR su tale questione aveva omesso di pronunciare.
Con il quarto motivo la ricorrente deduce, testualmente, « Violazione art. 360 n. 5. Eccezione di nullità dell’atto impugnato per mancanza di motivazione e violazione dell’art. 7, comma 1, parte seconda Legge n. 212/2000 e dell’art. 42 – Dpr n. 600/73 come modificato dal D.Lgs. n. 32/2001».
4.1. Sostiene la società che l’Ufficio abbia proceduto induttivamente alla rettifica dell’iva senza minimamente indicare gli elementi di fatto e di diritto della pretesa impositiva fatta valere, in quanto il provvedimento impugnato contiene esclusivamente un rinvio recettizio ad un presunto P.V.C. della Guardia di finanza di Catania senza alcuna specifica indicazione.
Va preliminarmente rilevata d’ufficio (Cass. n. 11744/2018 e n. 8625/2025), in quanto risultant e dagli atti di causa, l’inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione attiva dell’ex liquidatore della società contribuente, RAGIONE_SOCIALE cancellata dal registro delle imprese in data 13 gennaio 2017, con domanda di cancellazione presentata in data 4 novembre 2016, secondo quanto risulta dalla visura camerale depositata ex art. 372 c.p.c.
5.1. Invero, alla fattispecie si applica il differimento quinquennale degli effetti dell’estinzione della società derivanti dall’art. 2495, comma 2, cod. civ. che, ai sensi dell’art. 28, comma 4, del decreto legislativo n. 175 del 2014, opera soltanto nei confronti dell’Amministrazione finanziaria e degli altri enti creditori o di riscossione indicati, con riguardo a tributi o contributi, e che si applica esclusivamente ai casi in cui la richiesta di cancellazione della società dal registro delle imprese, che costituisce il presupposto di tale differimento, sia stata presentata nella
vigenza della disposizione, e, pertanto, il 13 dicembre 2014 o successivamente (come nel caso di specie, in data 13/01/2017), in quanto la norma reca disposizioni di natura sostanziale sulla capacità della società cancellata dal registro delle imprese e non ha pertanto efficacia retroattiva (Cass., 4 novembre 2021, n. 31846; Cass., 21 febbraio 2020, n. 4536; Cass., 25 luglio 2024, n. 20692; Cass. n. 10429/2025).
5.2. Recentemente le Sezioni unite di questa Corte nella sentenza n. 3625 del 12 febbraio 2025, esaminando la portata dell’art. 28 del d.lgs. n. 175 del 2014, il cui comma 4 stabilisce che « Ai soli fini della validità e dell’efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi, l’estinzione della società di cui all’articolo 2495 del codice civile ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione del Registro delle imprese », hanno affermato che la predetta disposizione, di cui hanno ribadito la natura sostanziale così da escludersene l’efficacia retroattiva (così, per prima, Cass. n. 6743/2015, poi tra le tante Cass. n. 4536/2020), instaura « una finzione legale di mantenimento in vita della società (evocatrice di quella posta dall’art. 10 legge fall.) seppure ai soli fini della definizione dei rapporti fiscali pendenti, in sede non solo amministrativa ma anche contenziosa » e, quindi, « deroga -nei soli riguardi delle posizioni debitorie indicate e delle relative Amministrazioni creditrici -al principio per cui la società cancellata dal registro delle imprese non può agire né essere convenuta in giudizio ».
5.3. Il Supremo consesso ha, quindi, confermato «il fermo indirizzo interpretativo, secondo cui la norma non si limita a prevedere una posticipazione degli effetti dell’estinzione al solo fine di consentire e facilitare all’Ufficio la notificazione dell’atto impo sitivo (altrimenti giuridicamente inesistente, se eseguita nei confronti di società già cancellata: Cass. n. 6743/15; n. 20961/21 ed altre), ma permette all’ex liquidatore di ‘ conservare tutti i poteri di rappresentanza della società,
sul piano sostanziale e processuale, nella misura in cui questi rispondano ai fini indicati dall’art. 28, comma 4, che, altrimenti opinando, non potrebbe operare ‘. Con la conseguenza che il liquidatore, oltre a ricevere le notifiche degli atti dagli enti creditori, può anche opporsi agli stessi e conferire mandato alle liti, dovendosi la dizione legislativa ‘atti del contenzioso’ riferirsi in senso stretto e tecni co proprio agli atti del processo e della tutela giurisdizionale.
5.4. Pertanto, nei casi in cui si rende applicabile l’art. 28 in esame, in deroga all’art. 2495 cod. civ.: ‘ la società conserva la legittimazione attiva; il liquidatore è legittimato e gli ex soci devono considerarsi privi di legittimazione’ (Cass. n. 36892 del 16 dicembre 2022; nello stesso senso, Cass. n. 6743/15; n. 4536/20; n. 18310/23)».
5.5. Dunque, per effetto della citata disposizione (la cui legittimità costituzionale, con riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, la Corte Cost., con la sentenza n. 142 del 2020, ha confermato), la società cessata mantiene, ma temporaneamente, per il quinquennio previsto, una capacità e soggettività (anche processuali) altrimenti inesistenti, al «solo» fine di garantire (per il medesimo periodo) l’efficacia dell’attività (sostanziale e processuale) degli enti legittimati a richiedere tributi o contributi (Cass. n. 6743 /2015, cit.) e l’ex liquidatore o, in mancanza, l’ex legale rappresentante conserva tutti i poteri di rappresentanza della società, sul piano sostanziale e processuale.
5.6. Si tratta, come hanno osservato le Sezioni unite nella citata sentenza n. 3625/2025, di «una finzione legale di mantenimento in vita della società» (pag. 33), «comunque temporanea (dovendo allo scadere del quinquennio, riprendere pieno vigore la disciplina anche processuale rinveniente dall’art. 2495 cod. civ.» (pagg. 34 e 35).
5.7. In tal senso si è espressa recentissimamente questa Corte affermando il principio secondo cui «Il venire meno della fictio iuris di cui all’art. 28, comma 4, del d.lgs. n. 175 del 2014, della sopravvivenza della società di persone o di capitali, dopo la sua cancellazione dal registro
delle imprese, per decorrenza del termine quinquennale dalla richiesta di cancellazione del Registro delle imprese, comporta il consolidamento di un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale l’obbligazione della società non si estingue, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali » (cfr. Cass., Sez. 5, n. 10429 del 22/04/2025).
5.8. Pertanto, se il quinquennio di differimento degli effetti della cessazione della società a seguito della richiesta di cancellazione dal registro delle imprese, previsto dall’art. 28, comma 4, del d.lgs. n. 175 del 2014, decorre tra un grado di giudizio e l’altro, la legittimazione attiva o passiva, a proporre o a essere destinatario di un atto di impugnazione, non spetta più all’ex rappresentante legale o all’ex liquidatore della società cessata, come accade quando opera la fictio iuris di sopravvivenza della società, di cui alla citata disposizione, ma spetta ai soci successori ex art. 2495 cod. civ.
Ed è quello che è accaduto nella fattispecie in esame, risultando pacificamente dagli atti di causa che la società contribuente è stata cancellata dal registro delle imprese in data 13 gennaio 2017, con richiesta di cancellazione datata 4 novembre 2016, sicché il ricorso per cassazione in esame, essendo stato proposto dall’ex liquidatore una volta decorso il quinquennio, e precisamente con atto notificato in data 9 maggio 2022 (su procura speciale rilasciata al difensore in data 7 maggio 2022), va dichiarato inammissibile per suo difetto di legittimazione attiva, che invece spettava ai soci.
La rilevata e dichiarata inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione attiva in capo all’ex liquidatore della società contribuente rende superfluo l’esame dei motivi di ricorso.
Non vi è necessità di provvedere sulle spese processuali in quanto l’Agenzia delle entrate è rimasta intimata.
P.Q.M.
dichiara il ricorso inammissibile per difetto di legittimazione attiva de ll’ex liquidatore della società contribuente .
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma in data 11 marzo 2025