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Società di fatto tra eredi: quando è impresa?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 32475/2024, ha stabilito che gli eredi di un imprenditore che continuano l’attività aziendale, anche solo per completare i cicli produttivi in corso e liquidare i beni, costituiscono una società di fatto. Tale qualificazione comporta l’assoggettamento a reddito d’impresa e IVA delle operazioni compiute, come la cessione di beni strumentali e immobili. La Corte ha cassato la decisione dei giudici di merito che avevano escluso la natura imprenditoriale dell’attività svolta dagli eredi, ritenendola una mera gestione conservativa del patrimonio ereditato.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Società di fatto tra eredi: quando è impresa?

Introduzione: Il confine tra gestione ereditaria e attività d’impresa

Alla morte di un imprenditore, gli eredi si trovano a gestire un patrimonio che include un’azienda. Ma dove finisce la semplice amministrazione dei beni ereditati e dove inizia l’esercizio di un’attività d’impresa? La risposta a questa domanda ha implicazioni fiscali enormi. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha tracciato una linea netta, chiarendo quando le azioni degli eredi portano alla costituzione di una società di fatto, con tutte le conseguenze in termini di imposte sui redditi e IVA. Questo caso offre spunti fondamentali per chiunque si trovi ad affrontare una successione aziendale.

I Fatti di Causa

Il caso nasce dal decesso del titolare di un’impresa individuale agricola specializzata nell’allevamento di bovini e produzione di latte. I suoi eredi (coniuge e figli), dopo la sua morte, hanno proseguito l’attività per un certo periodo, completando il ciclo di allevamento dei vitelli e cedendo poi vari beni aziendali, tra cui un automezzo, attrezzature, un capannone non ultimato e un’unità immobiliare ad uso abitativo. L’Agenzia delle Entrate ha contestato queste operazioni, emettendo avvisi di accertamento per maggiori imposte sui redditi e IVA. Secondo il Fisco, gli eredi avevano di fatto continuato l’attività d’impresa, costituendo una società di fatto e le cessioni dei beni dovevano essere tassate come plusvalenze d’impresa e operazioni imponibili IVA.

Le Decisioni dei Giudici di Merito

Inizialmente, le Commissioni Tributarie avevano dato ragione agli eredi. La Commissione Tributaria Regionale, in particolare, aveva ritenuto credibile che gli eredi non avessero esercitato alcuna reale attività d’impresa, ma si fossero limitati a dismettere l’azienda agricola. Di conseguenza, le cessioni dei beni, inclusi gli immobili, erano state considerate come operazioni avvenute nella sfera privata, non soggette a tassazione d’impresa. Questa visione, però, non ha convinto la Suprema Corte.

L’analisi della Cassazione sulla società di fatto

La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione di merito, accogliendo i motivi principali del ricorso dell’Agenzia delle Entrate. Il punto cruciale del ragionamento della Corte è che quando gli eredi non si limitano a una mera liquidazione statica, ma compiono atti di gestione attiva che continuano il ciclo produttivo dell’azienda – come portare a termine l’allevamento del bestiame per non generare perdite – essi esercitano un’attività d’impresa. Questo comportamento concludente è sufficiente per far sorgere una società di fatto tra i coeredi. Non è rilevante l’intenzione di liquidare l’azienda; ciò che conta è la natura degli atti compiuti, che in questo caso avevano uno scopo lucrativo, mirando a incrementare il valore degli animali prima della vendita.

Implicazioni Fiscali: Cessione di Beni e IVA

Una volta stabilita l’esistenza di una società di fatto commerciale, le conseguenze fiscali sono dirette:
1. Reddito d’impresa: I redditi prodotti, incluse le plusvalenze derivanti dalla vendita dei beni aziendali, sono considerati redditi d’impresa e tassati di conseguenza.
2. Imponibilità IVA: Le cessioni di beni rientranti nell’attività d’impresa sono soggette a IVA. La Corte ha specificato che la vendita di un capannone non ancora ultimato, effettuata da un soggetto passivo d’imposta, deve essere assoggettata a IVA, in quanto il bene si trova ancora nel circuito produttivo aziendale. La Corte ha inoltre chiarito che i giudici di merito avevano errato nel non ammettere la documentazione prodotta in appello dall’Agenzia, che provava lo stato non concluso dei lavori sul capannone.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione basandosi su un principio consolidato: la continuazione dell’esercizio dell’impresa da parte dei coeredi, anche in assenza di atti formali, configura una comunione che si trasforma in una società di fatto. L’elemento discriminante non è l’intenzione finale di liquidare, ma lo scopo lucrativo perseguito attraverso un’attività imprenditoriale che sostituisce il mero godimento dei beni ereditati. Secondo la Cassazione, gli stessi contribuenti avevano ammesso di aver portato a termine il ciclo di allevamento per evitare perdite, un’attività che per sua natura non è meramente conservativa ma produttiva, generando un aumento di valore dell’asset. La Corte ha anche precisato che la dichiarazione di successione ha un valore prettamente fiscale per la successione tra persone fisiche e non determina di per sé la fuoriuscita dei beni dal patrimonio della società di fatto. Infine, è stato ribadito il principio secondo cui la vendita di un fabbricato non ultimato da parte di un’impresa rientra nel campo di applicazione dell’IVA, poiché il bene non è ancora uscito dal circuito produttivo per essere immesso al consumo finale.

Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante monito per gli eredi di un’impresa. La linea di demarcazione tra la gestione conservativa di un patrimonio ereditato e la continuazione dell’attività imprenditoriale è molto sottile. Qualsiasi atto che vada oltre la semplice conservazione e che sia finalizzato a completare un ciclo produttivo o a gestire attivamente l’azienda può portare alla costituzione di una società di fatto. Ciò comporta l’applicazione del regime fiscale d’impresa, con l’obbligo di dichiarare i redditi d’impresa e di assoggettare le operazioni a IVA. È quindi fondamentale, in sede di successione aziendale, pianificare attentamente i passaggi per evitare di incorrere in pesanti e inaspettate conseguenze fiscali.

Quando gli eredi di un imprenditore costituiscono una società di fatto?
Secondo la Cassazione, gli eredi costituiscono una società di fatto quando, dopo la morte dell’imprenditore, non si limitano a una fase di mera liquidazione ma continuano l’attività d’impresa, anche solo per portare a termine cicli produttivi già avviati (come l’allevamento di bestiame). Questo comportamento attivo, finalizzato a conservare o aumentare il valore dell’azienda, è considerato esercizio d’impresa.

La vendita di un immobile non ultimato da parte di una società di fatto è soggetta a IVA?
Sì. La Corte di Cassazione ha affermato che la cessione di un fabbricato non ancora ultimato, effettuata da un soggetto passivo d’imposta (come una società di fatto), è un’operazione che deve essere assoggettata ad IVA. Questo perché il bene si considera ancora all’interno del circuito produttivo dell’impresa e non è ancora uscito per essere destinato al consumo finale.

La dichiarazione di successione trasferisce automaticamente i beni aziendali alla sfera privata degli eredi?
No. La Corte ha chiarito che la dichiarazione di successione ha un valore eminentemente fiscale relativo al trasferimento del patrimonio tra persone fisiche. Non è di per sé sufficiente a determinare la fuoriuscita dei beni dal patrimonio di una società di fatto costituita tra gli eredi per la prosecuzione dell’attività, né a farli transitare nella loro sfera privata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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