Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13903 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 13903 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’Avvocatura Generale dello Stato, e domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma;
-ricorrente – contro
COGNOME NOME , rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale allegata al controricorso, dagli Avv.ti NOME COGNOME del Foro di Milano, e NOME COGNOME che hanno indicato recapito PEC, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dei difensori, alla INDIRIZZO in Roma;
-controricorrente – avverso
la sentenza n. 5981, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania il 10.6.2016, e pubblicata il 23.6.2016; ascoltata la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Oggetto: Irpef 2011 – Reddito di partecipazione – A società di fatto – Oneri probatori.
raccolte le conclusioni del P.M., s.Procuratore Generale NOME COGNOME il quale ha confermato la richiesta di dichiarare inammissibile e comunque rigettare il ricorso;
ascoltate le conclusioni rassegnate, per la ricorrente, dall’Avvocato dello Stato NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento dell’impugnativa e, per il controricorrente dall’Avv. NOME COGNOME che ha domandato il rigetto del ricorso;
la Corte osserva:
Fatti di causa
L’Agenzia delle Entrate notificava il 15.10.2014 ad NOME COGNOME l’avviso di accertamento n. TF7010603214/2014, relativo all’anno di imposta 2011 ed avente ad oggetto Irpef e addizionali, oltre accessori, con il quale procedeva all’automatica imputazione ai sensi dell’art. 41 bis del Dpr n. 600 del 1973 di un reddito da partecipazione pari euro 53.284,00, ritenendo che fosse socio di fatto, nella misura del 20%, delle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE‘, cui l’Agenzia delle Entrate di Milano aveva notificato avvisi di accertamento (anche) per il medesimo anno d’imposta.
I redditi ritenuti attribuibili al contribuente ai sensi dell’art. 5, comma 1, del Dpr n. 917 del 1986 (Tuir) risultavano essere, per Euro 23.742,00 riferibili alla società RAGIONE_SOCIALE e per Euro 29.542,00 riferibili alla società RAGIONE_SOCIALE All’atto impositivo notificato al contribuente erano stati allegati due avvisi di accertamento in cui erano compendiate le risultanze di un PVC della GdF di Sondrio attinenti alla verifica fiscale svolta nei confronti delle due società di capitali di diritto olandese, ritenute esterovestite e operanti in Italia.
COGNOME NOME impugnava l’atto impositivo notificatogli innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Caserta, chiedendone l’annullamento integrale per più ragioni: carenza dei presupposti impositivi; carenza di legittimazione
passiva in relazione al reddito da partecipazione; illegittimità dell’avviso di accertamento nella parte in cui riqualifica le società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, società di capitali di diritto olandese, in termini di società di fatto; errata ricostruzione presuntiva del reddito da partecipazione in capo al dott. COGNOME; insufficienza della motivazione per relationem; violazione e falsa applicazione dell’art. 41 bis D.P.R. 600/1973 ed insussistenza dei presupposti per l’accertamento parziale; illegittimità e infondatezza dell’avviso per inesistenza, illegittimità, infondatezza degli avvisi di accertamento pregiudicanti. L’Agenzia delle Entrate qualificava le società RAGIONE_SOCIALE in termini di società di fatto stante il requisito dell’apparenza, rivelatore della reale esistenza delle società anche nei confronti dei terzi, e ravvisava la sussistenza di incarichi strategici ricoperti dal Campolattano all’interno del ‘Gruppo Barletta’, imputandogli la qualifica di socio di fatto delle due società di diritto olandese.
La CTP accoglieva il ricorso ed annullava l’avviso di accertamento, rilevando che non risulta ‘ravvisabile nelle società … una società di fatto partecipata dal contribuente per non avere l’Ufficio finanziario dimostrato in alcun modo gli elementi sintomatici ossia il fondo comune, l’affectio societatis, la partecipazione all’alea e la manifestazione all’esterno’ (sent. CTR, p. 1).
L’Agenzia delle Entrate spiegava appello avverso la decisione assunta dai primi giudici, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, che confermava la decisione della CTP.
L’Amministrazione finanziaria ha proposto ricorso per cassazione, avverso la decisione assunta dal giudice del gravame, affidandosi a tre motivi di impugnazione. Resiste mediante controricorso il contribuente, che ha pure depositato memoria e documenti.
4.1. Ha fatto pervenire le proprie conclusioni scritte il Pubblico Ministero, nella persona del s.Procuratore Generale NOME COGNOME ed ha domandato di dichiarare inammissibile il ricorso e comunque di rigettarlo, valutando l’incidenza delle sentenze penali allegate dal contribuente.
Ragioni della decisione
Con il suo primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., l’Agenzia delle Entrate contesta la nullità della sentenza impugnata, in conseguenza della violazione degli artt. 36, comma 2, e 61 del D.lgs. n. 546 del 1992, e dell’art. 132, comma secondo, n. 4), cod. proc. civ., nonché dell’art. 118 Disp. att. cod. proc. civ., a causa della lacunosità e mera apparenza della motivazione espressa dalla CTR.
Mediante il secondo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la ricorrente censura ancora la nullità della pronuncia del giudice del gravame, in conseguenza della violazione degli articoli 14, 60 e 61 del D.lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 102 cod. proc. civ., per avere il giudice del gravame disatteso l’istanza di riunione del presente processo, proposta nell’interesse di COGNOME NOME e di COGNOME NOME, ritenuti soci di fatto delle società olandesi, con i molteplici giudizi pendenti aventi oggetto analogo, richiesta che il giudice di appello non ha accolto, violando in tal modo il principio del litisconsorzio necessario.
Con il terzo motivo di ricorso, introdotto ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente lamenta la violazione degli art. 2247, 2727, 2729 e 2696 cod. civ., per non avere il giudice dell’appello fatto buon governo della prova per presunzioni, escludendo l’esistenza delle società di fatto senza esaminare gli elementi indiziari offerti.
Occorre preliminarmente rilevare come il contribuente abbia prodotto tre sentenze penali irrevocabili che ritiene per lui
favorevoli e rilevanti, ed ha invocato l’applicazione dell’art. 21 bis , comma 2, del D.Lgs. n. 74 del 2000, come intr. La norma prevede che ‘ 1. La sentenza irrevocabile di assoluzione perchè il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, pronunciata in seguito a dibattimento nei confronti del medesimo soggetto e sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario, ha, in questo, efficacia di giudicato, in ogni stato e grado, quanto ai fatti medesimi. 2. La sentenza penale irrevocabile di cui al comma 1 può essere depositata anche nel giudizio di Cassazione fino a quindici giorni prima dell’udienza o dell’adunanza in camera di consiglio ‘, ed il ricorrente ha provveduto tempestivamente ai depositi telematici.
Invero la questione introdotta dal controricorrente rivela limiti di specificità nella proposizione, perché non evidenzia nel dettaglio quali accertamenti delle sentenze penali prodotte assumerebbero rilievo nel presente giudizio, pur riportando alcuni stralci delle pronunce, rimettendo a questa Corte di esaminare le decisioni al fine di verificare se assumano rilievo in questo processo.
Tanto premesso una delle sentenze prodotte (C.A. Milano, n. 3689, dep. 10.7.2015, assoluzione perché il fatto non sussiste) riguarda soggetti diversi da COGNOME NOME, già assolto in primo grado, con decisione che non è stata però neppure allegata dal contribuente. Un’altra (Trib. Milano, n. 6328, dep 11.7.2024, assoluzione del COGNOME per non aver commesso il fatto) attiene ad anni diversi da quello che viene in rilievo nel presente giudizio. La terza (Trib. Milano n. 11270, dep. 29.11.2018, assoluzione, anche del COGNOME, perché il fatto non sussiste), riguarda la contestazione dell’omessa presentazione delle dichiarazioni dei redditi, ed ha quindi un oggetto diverso da quanto controverso nel presente giudizio.
Non ricorrono pertanto i presupposti perché le sentenze in esame precludano la decisione di questa controversia da parte del giudice tributario.
Può quindi procedersi all’esame degli strumenti d’impugnazione.
Con il primo motivo di ricorso l’Amministrazione finanziaria contesta la nullità della sentenza impugnata perché fornita di una motivazione soltanto apparente. Mediante il terzo strumento di impugnazione, poi, censura la violazione di legge in cui ritiene essere incorsa la CTR per non avere il giudice dell’appello fatto buon governo della prova per presunzioni, escludendo l’esistenza delle società di fatto senza esaminare gli elementi indiziari offerti per dimostrarla.
Gli strumenti di impugnazione presentano elementi di connessione e possono essere trattati congiuntamente, per ragioni di sintesi e chiarezza espositiva.
5.1. Occorre anche segnalare che il controricorrente ha affermato l’inammissibilità dei due motivi di ricorso in esame, in quanto carenti in ordine al requisito della specificità e volti in realtà a domandare la rinnovazione della valutazione sul fatto processuale. Invero i motivi di ricorso non rivelano i difetti contestati, in quanto l’Amministrazione finanziaria, dopo aver proposto una sufficiente ricostruzione dei fatti di causa, espone le proprie censure con chiarezza e domanda la valutazione di questioni giuridiche.
5.2. Occorre allora evidenziare che il giudice dell’appello illustra in sintesi, ma con adeguata completezza, le ragioni della propria valutazione. Scrive innanzitutto, come parzialmente anticipato, richiamando quanto osservato dai giudici di primo grado di cui conferma la pronuncia, che non risulta ‘ravvisabile nelle società … una società di fatto partecipata dal contribuente per non avere l’Ufficio finanziario dimostrato in alcun modo gli elementi sintomatici ossia il fondo comune, l’affectio societatis, la partecipazione all’alea e la manifestazione all’esterno senza dimostrazione … in ordine al quantum delle partecipazioni …
nessuna prova vi era del conferimento di beni o servizi per la costituzione del fondo comune, dell’apporto economico al fondo comune, né della comune intenzione dei contraenti di vincolarsi e collaborare per conseguire risultati patrimoniali comuni, con la manifestazione all’esterno del vincolo societario, né della partecipazione all’alea imprenditoriale con prova di distribuzione di eventuali utili o sopportazione di perdite in ragione della quota di partecipazione. La fattiva collaborazione dell’appellato, in carenza di suddetti elementi, a parere della Commissione adita, ben poteva essere inquadrato nei limiti di un rapporto di lavoro subordinato ovvero di collaborazione professionale’ (sent. CTR, p. 1).
Chiarisce quindi il giudice dell’appello che la dimostrazione dell’esistenza di una società di fatto può ben essere fornita, ai fini tributari, mediante il ricorso alla prova presuntiva, ma ‘il Collegio ritiene che a fronte di una specifica motivazione da parte dei primi Giudici in ordine alla mancata prova della sussistenza della società di fatto, era onere dell’Ufficio contestare in maniera precisa e puntuale dette affermazioni dimostrandone l’inconferenza e l’erroneità. Nulla di tanto ha fatto l’Ufficio che si è limitato a ribadire che dall’accertamento emergeva chiara la prova senza chiarire in che cosa consistesse il conferimento di beni e servizi per la costituzione del fondo, da quali elementi si evinceva l’affectio societatis o la partecipazione alla distribuzione di utili o la sopportazione di eventuali perdite’ (sent. CTR, p. 2).
5.3. L’Amministrazione finanziaria non si confronta con la decisione assunta dalla CTR, non ne confuta il fondamento. Il giudice dell’appello afferma non esservi alcuna prova dell’esistenza delle società di fatto e della partecipazione ad esse del contribuente, ma la ricorrente non illustra analiticamente le prove, anche presuntive, che avrebbe portato a supporto dei propri contrari argomenti. Insiste nel riproporre le sue tesi, come la funzione di rilievo assunta dal Campolattano in società del Gruppo
Barletta, ma non nelle società in cui l’Agenzia delle Entrate assume che il contribuente sarebbe stato un socio di fatto, e non contrasta la valutazione, presente e chiara, della CTR secondo cui l’Agenzia delle Entrate non avrebbe provato l’esistenza di un fondo comune, dell’ affectio societatis , di un accordo di ripartizione degli utili e delle perdite.
Il primo ed il terzo motivo di ricorso, nella parte in cui sono ammissibili, risultano comunque infondati, e devono perciò essere rigettati.
Mediante il secondo strumento di impugnazione la ricorrente censura la nullità della pronuncia del giudice del gravame per aver disatteso l’istanza di riunione del presente processo ai molteplici giudizi pendenti aventi oggetto analogo, violando in tal modo il principio del litisconsorzio necessario.
6.1. Invero il motivo di ricorso evidenzia profili di inammissibilità, perché una cosa è domandare la riunione di più cause per un proprio interesse, un’altra è richiedere la riunione di più giudizi affermando la sussistenza di un litisconsorzio necessario, istanza che l’Ente impositore neppure allega di aver proposto nel corso del giudizio di merito.
Inoltre, la sussistenza del litisconsorzio rimane integrata quando sia ritenuta operante una società di fatto e si dibatta del reddito di partecipazione conseguito dal socio, anche occulto. Nel caso di specie, però, oggetto di controversia è la stessa sussistenza di una società di fatto, che è stata esclusa sia dal giudice del primo che dal giudice del secondo grado, sia con riferimento ai soci sia con riferimento alle società.
Neppure può trascurarsi la valenza dell’argomento proposto dal P.M. il quale, nelle sue conclusioni, richiamando Cass. sez. V, 3.2.2021, n. 18890, ha osservato che ‘nel giudizio di cassazione, in presenza di un accertamento di maggiore imponibile a carico di una società di persone ai fini delle imposte dirette, Irap e Iva, fondato
sugli stessi fatti o su elementi comuni, la nullità dei giudizi di merito – per essere stati celebrati, in violazione dei principio del contraddittorio, senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari (società e soci) – non va dichiarata qualora il ricorso per cassazione dell’Amministrazione finanziaria risulti inammissibile o prima facie infondato, atteso che in tal caso, non derivando ai litisconsorti pretermessi alcun danno dalla detta pronuncia, disporre la rimessione al giudice di primo grado contrasterebbe con i principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, che hanno fondamento nell’art. 111, comma 2, Cost. e nell’art. 6, par. 1, CEDU’.
Principio che potrebbe trovare a maggior ragione applicazione nel caso di specie, in cui i giudizi a carico degli altri soci di fatto (COGNOME, COGNOME) per gli stessi tributi e le stesse annualità di imposta sono stati celebrati con esito a loro favorevole’.
Del resto questa Corte regolatrice non ha mancato di statuire che ‘nel giudizio di cassazione, il rispetto del principio della ragionevole durata del processo impone, in presenza di un’evidente ragione d’inammissibilità del ricorso o qualora questo sia “prima facie” infondato, di definire con immediatezza il procedimento, senza la preventiva integrazione del contraddittorio nei confronti dei litisconsorti necessari cui il ricorso non risulti notificato, trattandosi di un’attività processuale del tutto ininfluente sull’esito del giudizio e non essendovi, in concreto, esigenze di tutela del contraddittorio, delle garanzie di difesa e del diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il ricorso, stante la palese infondatezza, nonostante lo stesso non fosse stato notificato a dei condomini di un edificio, litisconsorti necessari, per evitare un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue)’, Cass. sez. II, 10.5.2018, n. 11287.
Anche il secondo motivo di ricorso risulta pertanto infondato e deve perciò essere respinto.
In definitiva il ricorso introdotto dall’Agenzia delle Entrate deve valutarsi infondato e deve perciò essere respinto.
Le spese processuali seguono l’ordinario criterio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo, in considerazione della natura delle questioni affrontate e del valore della causa.
7.1. Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere Amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, in tema di c.d. ‘doppio contributo’.
La Corte di Cassazione,
P.Q.M.
rigetta il ricorso introdotto dall’ Agenzia delle Entrate .
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del costituito controricorrente, e le liquida in complessivi Euro 3.000,00 per compensi, oltre 15% per le spese generali, Euro 200,00 per esborsi, ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 20 marzo 2025.