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Società di fatto: la prova spetta all’Agenzia

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate relativo a un accertamento fiscale basato sull’esistenza di una società di fatto. La Corte ha stabilito che l’onere di provare gli elementi essenziali della società (fondo comune, affectio societatis) spetta all’Amministrazione finanziaria, e che ricoprire ruoli manageriali in altre aziende dello stesso gruppo non costituisce una prova sufficiente.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Società di Fatto: Quando l’Onere della Prova Ricade sull’Agenzia delle Entrate

L’accertamento di una società di fatto da parte dell’Amministrazione Finanziaria è una questione complessa che richiede prove concrete e non mere presunzioni. Con la sentenza n. 13906 del 2025, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: spetta all’Agenzia delle Entrate dimostrare in modo inequivocabile la presenza di tutti gli elementi costitutivi di una società, altrimenti l’accertamento è illegittimo. Questa pronuncia offre importanti chiarimenti sull’onere probatorio e sul valore degli indizi in materia tributaria.

I Fatti del Caso: Un Accertamento Basato su Indizi

Il caso ha origine da un avviso di accertamento notificato a un contribuente per l’anno d’imposta 2010. L’Agenzia delle Entrate gli imputava un reddito da partecipazione, sostenendo che fosse socio di fatto, con una quota del 20%, di due società di capitali di diritto olandese. Secondo la tesi dell’Ufficio, tali società erano ‘esterovestite’ (cioè, con sede legale all’estero ma operanti di fatto in Italia) e costituivano, insieme ad altre persone fisiche, una società di fatto.

La pretesa fiscale si basava principalmente sul ruolo dirigenziale che il contribuente ricopriva all’interno di altre società appartenenti allo stesso gruppo imprenditoriale. L’Agenzia riteneva che questa posizione di rilievo fosse un indizio sufficiente a dimostrare la sua partecipazione occulta anche nelle due entità olandesi.

La Decisione delle Commissioni Tributarie

Il contribuente ha impugnato l’atto impositivo, ottenendo ragione sia in primo grado, presso la Commissione Tributaria Provinciale, sia in appello, davanti alla Commissione Tributaria Regionale. Entrambi i giudici di merito hanno annullato l’accertamento, concludendo che l’Agenzia delle Entrate non aveva fornito prove adeguate per dimostrare l’esistenza della società di fatto. In particolare, mancavano prove sugli elementi sintomatici essenziali.

I Motivi del Ricorso in Cassazione sulla società di fatto

L’Amministrazione finanziaria, non soddisfatta della decisione di secondo grado, ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su quattro motivi principali:
1. Motivazione apparente: La sentenza d’appello sarebbe stata nulla per una motivazione generica e apodittica.
2. Violazione del litisconsorzio necessario: Il processo si sarebbe dovuto svolgere in presenza di tutti i presunti soci.
3. Mancata sospensione del processo: Il giudizio avrebbe dovuto essere sospeso in attesa della definizione delle cause relative agli accertamenti notificati direttamente alle società.
4. Errata valutazione delle prove presuntive: I giudici non avrebbero correttamente valutato gli elementi indiziari offerti dall’Ufficio per dimostrare l’esistenza della partnership.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha esaminato e respinto tutti i motivi di ricorso, confermando la decisione dei giudici di merito. La sentenza si articola su due punti centrali: l’onere della prova e le questioni procedurali.

L’Onere della Prova nella Società di Fatto

Trattando congiuntamente il primo e il quarto motivo, la Corte ha chiarito che la motivazione della Commissione Tributaria Regionale non era affatto apparente, ma ben argomentata. I giudici d’appello avevano correttamente evidenziato che per dimostrare una società di fatto non è sufficiente addurre indizi generici. È necessario provare l’esistenza degli elementi costitutivi richiesti dall’articolo 2247 del codice civile, ovvero:

* Il fondo comune, ossia il conferimento di beni o servizi da parte dei soci.
L’affectio societatis*, cioè la volontà condivisa di collaborare per un fine comune.
* La partecipazione agli utili e alle perdite.
* La manifestazione esterna del vincolo sociale (l’agire come una società nei confronti dei terzi).

Nel caso specifico, l’Agenzia non aveva fornito alcuna prova su questi punti. Il fatto che il contribuente ricoprisse ruoli di responsabilità in altre società del medesimo gruppo imprenditoriale è stato ritenuto un elemento non decisivo per dimostrare la sua partecipazione, come socio, in entità diverse e formalmente estranee.

Le Questioni Procedurali: Litisconsorzio e Sospensione

Anche i motivi di natura procedurale sono stati rigettati. Riguardo al litisconsorzio necessario, la Corte ha osservato che, essendo stata esclusa in radice l’esistenza stessa della società, non si poneva il problema di un giudizio unico nei confronti di tutti i presunti soci. Inoltre, è stato richiamato il principio di ragionevole durata del processo, secondo cui non è necessario integrare il contraddittorio se il ricorso è palesemente infondato.

Sulla richiesta di sospensione del processo, i giudici hanno ribadito che la sospensione non è un obbligo quando la causa pregiudicante è già stata decisa, anche se con sentenza non definitiva. La decisione di sospendere rientra nel potere discrezionale del giudice, che in questo caso è stato esercitato legittimamente.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un’importante conferma dei principi che regolano l’onere probatorio nel contenzioso tributario. Per l’Amministrazione finanziaria, non è sufficiente costruire un impianto accusatorio basato su semplici congetture o su ruoli ricoperti dal contribuente in contesti diversi da quello oggetto di accertamento. Per affermare l’esistenza di una società di fatto, è indispensabile fornire prove concrete e specifiche che dimostrino, senza ombra di dubbio, la presenza di tutti gli elementi essenziali del vincolo societario. In assenza di tale rigorosa dimostrazione, la pretesa fiscale deve essere considerata illegittima.

Chi deve provare l’esistenza di una società di fatto in un contenzioso tributario?
Secondo la sentenza, l’onere della prova grava interamente sull’Amministrazione finanziaria. È l’Agenzia delle Entrate che deve dimostrare la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della società, come il fondo comune, l’affectio societatis e la partecipazione ai risultati economici.

Ricoprire un ruolo dirigenziale in una società dello stesso gruppo è sufficiente per essere considerato socio di fatto di un’altra società?
No. La Corte ha stabilito che ricoprire incarichi di responsabilità in altre società del medesimo gruppo non è, di per sé, una prova sufficiente a dimostrare la partecipazione quale socio di fatto in un’entità diversa, soprattutto se non si prova che in quest’ultima il soggetto ricoprisse un ruolo specifico.

In un processo tributario su una società di fatto, è obbligatorio che tutti i presunti soci partecipino al giudizio (litisconsorzio necessario)?
Non necessariamente. La Corte ha chiarito che se il ricorso dell’Amministrazione finanziaria è manifestamente infondato (come in questo caso, dove mancava la prova della stessa esistenza della società), non è necessario disporre l’integrazione del contraddittorio con gli altri presunti soci, in ossequio al principio della ragionevole durata del processo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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