Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13906 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 13906 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’Avvocatura Generale dello Stato, e domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME , rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale allegata al controricorso, dall’Avv.to NOME COGNOME del Foro di Milano, e NOME COGNOME che hanno indicato recapito PEC, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dei difensori, alla INDIRIZZO in Roma;
-controricorrente –
avverso
la sentenza n. 4496, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania il 12.4.2017, e pubblicata il 18.5.2017; ascoltata la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Oggetto: Irpef 2010 -Reddito di partecipazione -A società di fatto -Oneri probatori.
raccolte le conclusioni del P.M., s.Procuratore Generale NOME COGNOME il quale ha confermato la richiesta di dichiarare inammissibile e comunque rigettare il ricorso;
ascoltate le conclusioni rassegnate, per la ricorrente, dall’Avvocato dello Stato NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento dell’impugnativa e, per il controricorrente, dall’Avv. NOME COGNOME che ha domandato il rigetto del ricorso;
la Corte osserva:
Fatti di causa
L’Agenzia delle Entrate notificava il 15.10.2014 ad NOME COGNOME l’avviso di accertamento n. TF7010603211/2014, relativo all’anno di imposta 2010 ed avente ad oggetto Irpef e addizionali, oltre accessori, con il quale procedeva all’automatica imputazione ai sensi dell’art. 41 bis del Dpr n. 600 del 1973 di un reddito da partecipazione pari euro 99.737,00, ritenendo che fosse socio di fatto, nella misura del 20%, delle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE‘, cui l’Agenzia delle Entrate di Milano aveva notificato avvisi di accertamento (anche) per il medesimo anno d’imposta.
I redditi ritenuti attribuibili al contribuente ai sensi dell’art. 5, comma 1, del Dpr n. 917 del 1986 (Tuir) risultavano essere, per Euro 44.440,00 riferibili alla società RAGIONE_SOCIALE e per Euro 55.297,00 alla società RAGIONE_SOCIALE All’atto impositivo notificato al contribuente erano stati allegati due avvisi di accertamento in cui erano compendiate le risultanze di un PVC della GdF di Sondrio attinenti alla verifica fiscale svolta nei confronti delle due società di capitali di diritto olandese, ritenute esterovestite e operanti in Italia.
COGNOME NOME impugnava l’atto impositivo notificatogli, innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Caserta, chiedendone l’annullamento integrale per più ragioni: carenza dei presupposti impositivi; carenza di legittimazione
passiva in relazione al reddito da partecipazione; illegittimità dell’avviso di accertamento nella parte in cui riqualifica le società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, società di capitali di diritto olandese, in termini di società di fatto; errata ricostruzione presuntiva del reddito da partecipazione in capo al dott. COGNOME; insufficienza della motivazione per relationem; violazione e falsa applicazione dell’art. 41 bis del D.P.R. n. 600 del 1973 ed insussistenza dei presupposti per l’accertamento parziale; illegittimità e infondatezza dell’avviso per inesistenza, illegittimità, infondatezza degli avvisi di accertamento pregiudicanti.
L’Agenzia delle Entrate qualificava le società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE in termini di società di fatto stante il requisito dell’apparenza, rivelatore della reale esistenza delle società anche nei confronti dei terzi, e ravvisava la sussistenza di incarichi strategici ricoperti dal Campolattano all’interno del ‘Gruppo Barletta’, imputandogli la qualifica di socio di fatto delle due società di diritto olandese.
La CTP accoglieva il ricorso ed annullava l’avviso di accertamento, rilevando che nel caso di specie ‘non si ravvisano i presupposti giuridici o fattuali per ritenere integrata la fattispecie di società di fatto non avendo l’Ufficio finanziario provato in alcun modo gli elementi sintomatici’.
L’Agenzia delle Entrate spiegava appello avverso la decisione assunta dai primi giudici, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, che confermava la pronuncia della CTP.
L’Amministrazione finanziaria ha proposto ricorso per cassazione, avverso la decisione assunta dal giudice del gravame, affidandosi a quattro motivi di impugnazione. Resiste mediante controricorso il contribuente, che ha pure depositato memoria e documenti.
4.1. Ha fatto pervenire le proprie conclusioni scritte il Pubblico Ministero, nella persona del s.Procuratore Generale NOME COGNOME
ed ha domandato di dichiarare inammissibile il ricorso e comunque di rigettarlo.
Ragioni della decisione
Con il suo primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., l’Agenzia delle Entrate contesta la nullità della sentenza impugnata, in conseguenza della violazione degli artt. 36, comma 2, e 61 del D.lgs. n. 546 del 1992, e dell’art. 132, comma secondo, n. 4), cod. proc. civ., nonché dell’art. 118 Disp. att. cod. proc. civ., a causa dell’apoditticità e mera apparenza della motivazione espressa dalla CTR.
Mediante il secondo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la ricorrente censura ancora la nullità della pronuncia del giudice del gravame, in conseguenza della violazione degli articoli 14, 60 e 61 del D.lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 102 cod. proc. civ., per avere il giudice del gravame disatteso l’istanza di riunione del presente processo, proposta nell’interesse di COGNOME NOME e di COGNOME NOME, ritenuti soci di fatto delle società olandesi, con i molteplici giudizi pendenti aventi oggetto analogo, richiesta che il giudice di appello non ha accolto, violando in tal modo il principio del litisconsorzio necessario.
Con il terzo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., l’Amministrazione finanziaria critica sempre la nullità della sentenza della CTR, in conseguenza della violazione dell’art. 295 cod. proc. civ. e dell’art. 1 del D.lgs. n. 546 del 1992, per non avere il giudice impugnato disposto la necessaria sospensione del processo in attesa del passaggio in giudicato delle decisioni pregiudicanti emesse con riferimento agli accertamenti emessi nei confronti delle società.
Con il quarto mezzo di impugnazione, introdotto ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente lamenta la violazione degli art. 2247, 2727, 2729 e 2696 cod. civ.,
per non avere il giudice dell’appello fatto buon governo della prova per presunzioni, escludendo l’esistenza delle società di fatto senza esaminare gli elementi indiziari offerti.
5. Occorre preliminarmente rilevare come il contribuente abbia depositato tre sentenze penali irrevocabili che ritiene per lui favorevoli e rilevanti, ed ha invocato l’applicazione dell’art. 21 bis, comma 2, del D.Lgs. n. 74 del 2000, come intr. La norma prevede: ‘ 1. La sentenza irrevocabile di assoluzione perchè il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, pronunciata in seguito a dibattimento nei confronti del medesimo soggetto e sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario, ha, in questo, efficacia di giudicato, in ogni stato e grado, quanto ai fatti medesimi. 2. La sentenza penale irrevocabile di cui al comma 1 può essere depositata anche nel giudizio di Cassazione fino a quindici giorni prima dell’udienza o dell’adunanza in camera di consiglio ‘, ed il ricorrente ha provveduto tempestivamente ai depositi telematici.
Invero la questione introdotta dal controricorrente rivela limiti di specificità nella proposizione, perché non evidenzia nel dettaglio quali accertamenti delle sentenze penali prodotte assumerebbero rilievo nel presente giudizio, pur riportando alcuni stralci delle pronunce, rimettendo a questa Corte di esaminare le decisioni al fine di verificare se assumano rilievo in questo processo.
Tanto premesso una delle sentenze prodotte (C.A. Milano, n. 3689, dep. 10.7.2015, assoluzione perché il fatto non sussiste) riguarda soggetti diversi da COGNOME NOME, già assolto in primo grado, con decisione che non è stata però neppure allegata dal contribuente. Un’altra (Trib. Milano, n. 6328, dep 11.7.2024, assoluzione del COGNOME per non aver commesso il fatto) attiene ad anni diversi da quello che viene in rilievo nel presente giudizio. La terza (Trib. Milano n. 11270, dep. 29.11.2018, assoluzione, anche del COGNOME perché il fatto non sussiste), riguarda la contestazione di omessa presentazione delle
dichiarazioni dei redditi, ed ha quindi un oggetto diverso da quanto controverso nel presente giudizio, oltre ad attenere ad anni diversi.
Non ricorrono pertanto i presupposti perché le sentenze in esame precludano la decisione di questa controversia da parte del giudice tributario.
Può quindi procedersi all’esame degli strumenti di contestazione.
Con il primo motivo di ricorso l’Amministrazione finanziaria contesta la nullità della sentenza impugnata perché fornita di una motivazione soltanto apparente. Mediante il quarto strumento di impugnazione, poi, censura la violazione di legge in cui ritiene essere incorsa la CTR per non avere il giudice dell’appello fatto buon governo della prova per presunzioni, escludendo l’esistenza delle società di fatto senza esaminare gli elementi indiziari offerti per dimostrarla.
Gli strumenti di impugnazione presentano elementi di connessione e possono essere trattati congiuntamente, per ragioni di sintesi e chiarezza espositiva.
6.1. Occorre segnalare che il controricorrente ha affermato l’inammissibilità di entrambi i motivi di ricorso in esame, in quanto risulterebbero carenti in ordine al requisito della specificità e domanderebbero la rinnovazione della valutazione sul fatto processuale.
6.2. Occorre allora evidenziare che il giudice dell’appello illustra in sintesi, ma con adeguata completezza, le ragioni della propria valutazione. Scrive innanzitutto, richiamando quanto osservato dai giudici di primo grado di cui conferma la pronuncia, che ‘nel caso di specie non si ravvisano i presupposti giuridici e fattuali per ritenere integrata la fattispecie della società di fatto, non avendo l’Ufficio finanziario provato in alcun modo gli elementi sintomatici, ossia il fondo comune, l’affectio societatis, la partecipazione all’alea e la manifestazione all’esterno’. Evidenzia, quindi, che ‘non è stata
assolutamente provata, ai fini fiscali, l’esistenza di una società di fatto’, essendo rimasta indimostrata l’esistenza di un fondo comune vincolato all’esercizio collettivo dell’attività, la affectio societatis, pertanto la volontà di esercitare in comune l’attività d’impresa, l’esistenza di accordi di ripartizione del rischio in caso di perdite. Dalla stessa ricostruzione dei fatti operata dall’Amministrazione finanziaria emerge che era il Gruppo familiare Barletta ‘il vero dominus proprietario -finanziario-gestionale delle due società di diritto olandese … Barletta NOME ha la veste di capo dell’organizzazione e maggiore beneficiario economico … nella sua persona appaiono concentrate le decisioni strategiche … appare evidente la forzatura/contraddizione giuridica dell’Ufficio laddove ha riqualificato le società di diritto estero in società di fatto di diritto italiano che operavano assieme ad altre persone fisiche, individuando quote presunte di partecipazione in capo agli stessi tra cui l’appellato, senza alcuna dimostrazione in ordine all’an o al quantum della partecipazione, né che avessero rivestito cariche sociali nelle società olandesi o percepito utili o dividendi dalle stesse’ (sent. CTR, p. 2 s.).
Nessun dubbio, pertanto, che non ricorra una motivazione apparente da parte della CTR, che anzi si spiega con chiarezza, ed in sintesi afferma che l’Amministrazione finanziaria non ha fornito elementi indiziari sufficienti a far ritenere dimostrata l’esistenza delle due società di fatto. Non manca quindi, il giudice dell’appello, di sottolineare come il dato che il Campolattano avesse ricoperto incarichi di responsabilità in società del Gruppo Barletta, agendo sempre con la direzione di Barletta Giuseppe, di per sé nulla prova circa la sua partecipazione quale socio di fatto di società in cui non risulta provato ricoprisse alcun ruolo.
6.3. L’Amministrazione finanziaria non si confronta con la decisione assunta dalla CTR, non ne confuta il fondamento. Il giudice dell’appello afferma non esservi alcuna prova dell’esistenza
delle società di fatto e della partecipazione ad esse del contribuente, ma la ricorrente non illustra analiticamente le prove, anche presuntive, che avrebbe portato a supporto dei propri contrari argomenti. Insiste nel riproporre le sue tesi, come la funzione di rilievo assunta dal COGNOME in società del Gruppo Barletta, ma non nelle società in cui l’Agenzia delle Entrate assume che il contribuente sarebbe stato un socio di fatto, e non contrasta la valutazione, presente e chiara, della CTR secondo cui questa attività nulla dimostra in ordine alla sua partecipazione a società diverse da quelle in cui ha ricoperto anche incarichi dirigenziali, peraltro sempre sottoposto alle direttive dell’imprenditore. L’Agenzia delle Entrate neppure illustra come avrebbe provato l’esistenza di un fondo comune, dell’ affectio societatis , di un accordo di ripartizione degli utili e delle perdite. In sostanza l’Amministrazione finanziaria domanda inammissibilmente la rinnovazione del giudizio sul materiale probatorio, ma neppure risulta in grado di indicare quali documenti acquisiti al processo dovrebbero essere presi in considerazione a tal fine.
Il primo motivo di ricorso risulta pertanto infondato, e deve perciò essere rigettato, mentre il quarto deve essere dichiarato inammissibile.
Mediante il secondo strumento di impugnazione la ricorrente censura la nullità della pronuncia del giudice del gravame per aver disatteso l’istanza di riunione del presente processo ai molteplici giudizi pendenti aventi oggetto analogo, violando in tal modo il principio del litisconsorzio necessario.
7.1. Invero il motivo di ricorso evidenzia profili di inammissibilità, perché una cosa è domandare la riunione di più cause per un proprio interesse, un’altra è richiedere la riunione di più giudizi affermando la sussistenza di un litisconsorzio necessario, istanza che l’Ente impositore neppure allega di aver proposto nel corso del giudizio di merito.
Inoltre, la sussistenza del litisconsorzio rimane integrata quando sia ritenuta operante una società di fatto e si dibatta del reddito di partecipazione conseguito dal socio, anche occulto. Nel caso di specie, però, oggetto di controversia è la stessa sussistenza di una società di fatto, che è stata esclusa sia dal giudice del primo che dal giudice del secondo grado, sia con riferimento ai soci sia con riferimento alle società.
Neppure può trascurarsi la valenza dell’argomento proposto dal P.M. il quale, nelle sue conclusioni, richiamando Cass. sez. V, 3.2.2021, n. 18890, ha osservato che ‘nel giudizio di cassazione, in presenza di un accertamento di maggiore imponibile a carico di una società di persone ai fini delle imposte dirette, Irap e Iva, fondato sugli stessi fatti o su elementi comuni, la nullità dei giudizi di merito – per essere stati celebrati, in violazione dei principio del contraddittorio, senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari (società e soci) – non va dichiarata qualora il ricorso per cassazione dell’Amministrazione finanziaria risulti inammissibile o prima facie infondato, atteso che in tal caso, non derivando ai litisconsorti pretermessi alcun danno dalla detta pronuncia, disporre la rimessione al giudice di primo grado contrasterebbe con i principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, che hanno fondamento nell’art. 111, comma 2, Cost. e nell’art. 6, par. 1, CEDU.
Principio che potrebbe trovare a maggior ragione applicazione nel caso di specie, in cui i giudizi a carico degli altri soci di fatto (COGNOME, COGNOME) per gli stessi tributi e le stesse annualità di imposta sono stati celebrati con esito a loro favorevole’.
Del resto questa Corte regolatrice non ha mancato di statuire che ‘nel giudizio di cassazione, il rispetto del principio della ragionevole durata del processo impone, in presenza di un’evidente ragione d’inammissibilità del ricorso o qualora questo sia “prima facie” infondato, di definire con immediatezza il procedimento,
senza la preventiva integrazione del contraddittorio nei confronti dei litisconsorti necessari cui il ricorso non risulti notificato, trattandosi di un’attività processuale del tutto ininfluente sull’esito del giudizio e non essendovi, in concreto, esigenze di tutela del contraddittorio, delle garanzie di difesa e del diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il ricorso, stante la palese infondatezza, nonostante lo stesso non fosse stato notificato a dei condomini di un edificio, litisconsorti necessari, per evitare un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue)’, Cass. sez. II, 10.5.2018, n. 11287.
Anche il secondo motivo di ricorso risulta pertanto infondato e deve perciò essere respinto.
8. Con il terzo motivo di ricorso l’Amministrazione finanziaria critica sempre la nullità della sentenza della CTR, per non avere il giudice dell’appello disposto la necessaria sospensione del processo in attesa del passaggio in giudicato delle decisioni pregiudicanti emesse nei giudizi relativi agli accertamenti compiuti nei confronti delle società.
In materia questa Corte regolatrice ha avuto condivisibilmente occasione di chiarire che ‘in tema di sospensione del processo, nel caso in cui il giudizio pregiudicante sia stato deciso con una sentenza impugnata, trova applicazione l’art. 337, comma 2, c.p.c., e, poiché la sentenza, ancor prima e indipendentemente dal suo passaggio in giudicato, esplica una funzione di accertamento al di fuori del processo, l’ambito di applicazione del predetto art. 337, comma 2, deve essere esteso alle impugnazioni diverse dalla revocazione straordinaria e dalla opposizione di terzo, e la stessa disposizione deve essere interpretata nel senso che essa impone al giudice l’alternativa di tenere conto della sentenza invocata – che è quella sulla quale può essere fondata un’azione o un’eccezione senza alcun impedimento derivante dalla sua impugnazione o dalla
sua impugnabilità, o di sospendere il processo nell’esercizio del suo potere discrezionale’, Cass. sez. V, 17.11.2021, n. 34966. Inoltre, già le Sezioni Unite avevano chiarito che ‘in tema di sospensione del giudizio per pregiudizialità necessaria, salvi i casi in cui essa sia imposta da una disposizione normativa specifica che richieda di attendere la pronuncia con efficacia di giudicato sulla causa pregiudicante, quando fra due giudizi esista un rapporto di pregiudizialità tecnica e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, la sospensione del giudizio pregiudicato non può ritenersi obbligatoria ai sensi dell’art. 295 c.p.c. (e, se disposta, può essere proposta subito istanza di prosecuzione ex art. 297 c.p.c.), ma può essere adottata, in via facoltativa, ai sensi dell’art. 337, secondo comma, c.p.c., applicandosi, nel caso del sopravvenuto verificarsi di un conflitto tra giudicati, il disposto dell’art. 336, secondo comma, c.p.c.’, Cass. SU, 29.7.2021, n. 21763.
Pertanto la CTR non era tenuta a sospendere il giudizio e, nell’esercizio della sua discrezionalità valutativa, ha legittimamente ritenuto di non disporla.
Anche il terzo mezzo d’impugnazione non risulta pertanto fondato, e deve perciò essere rigettato.
In definitiva il ricorso introdotto dall’Agenzia delle Entrate risulta infondato e deve perciò essere respinto.
Le spese processuali seguono l’ordinario criterio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo, in considerazione della natura delle questioni affrontate e del valore della causa.
9.1. Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere Amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, in tema di c.d. ‘doppio contributo’.
La Corte di Cassazione,
P.Q.M.
rigetta il ricorso introdotto dall’ Agenzia delle Entrate .
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del costituito controricorrente, e le liquida in complessivi Euro 5.000,00 per compensi, oltre 15% per le spese generali, Euro 200,00 per esborsi, ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 20 marzo 2025.