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Società di fatto: la prova spetta all’Agenzia

L’Agenzia delle Entrate ha presunto l’esistenza di una società di fatto tra due comproprietari di un terreno che avevano avviato la costruzione di un immobile, emettendo un cospicuo avviso di accertamento. I contribuenti hanno impugnato l’atto e i giudici di merito hanno dato loro ragione. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha rigettato il ricorso dell’Agenzia, stabilendo che per accertare una società di fatto non basta la semplice co-proprietà o la realizzazione di un’operazione economica congiunta. È onere dell’Amministrazione finanziaria provare tutti gli elementi costitutivi, in particolare l’intenzione di creare un vincolo societario (affectio societatis).

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Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Società di Fatto: Quando l’Agenzia delle Entrate Deve Provarne l’Esistenza?

La configurazione di una società di fatto è una questione complessa con importanti implicazioni fiscali. Spesso l’Amministrazione finanziaria presume l’esistenza di un vincolo societario tra persone che collaborano a un’iniziativa economica, ma quali sono i limiti di tale presunzione? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questo tema, stabilendo chiaramente che l’onere di provare tutti gli elementi costitutivi della società, inclusa l’intenzione di associarsi, spetta esclusivamente all’Agenzia delle Entrate.

I Fatti del Caso: Da un Terreno a una Causa in Cassazione

La vicenda trae origine dall’acquisto in comproprietà di un terreno da parte di due cognati. Anni dopo, ottenuti i permessi, avviano la costruzione di un fabbricato, appaltando i lavori per la struttura in cemento armato. A seguito del decesso di uno dei due, la Guardia di Finanza avvia una verifica fiscale ipotizzando l’esistenza di una società di fatto tra i due cognati, finalizzata alla costruzione e vendita di immobili.

Sulla base di tale ipotesi, l’Agenzia delle Entrate emette un avviso di accertamento per l’anno 2007, contestando maggiori imposte sui redditi, IRAP e IVA. L’accertamento, di tipo induttivo, si basa su presunti ricavi calcolati applicando una percentuale di ricarico ai costi sostenuti.

I contribuenti (il socio superstite e gli eredi del defunto) impugnano l’atto. Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale accolgono le loro ragioni, annullando la pretesa fiscale. L’Agenzia delle Entrate, non soddisfatta, ricorre per Cassazione.

La Questione Legale: Provare la Società di Fatto

Il cuore della controversia ruota attorno a due quesiti fondamentali:
1. Quali elementi sono necessari per dimostrare l’esistenza di una società di fatto ai fini fiscali?
2. Su chi grava l’onere di fornire tale prova?

L’Agenzia delle Entrate sosteneva che alcuni indizi, come la concessione edilizia, il contratto d’appalto e un preliminare di vendita, fossero sufficienti a dimostrare l’esistenza del vincolo sociale. I contribuenti, al contrario, ritenevano che questi elementi non provassero l’intenzione di costituire una società (affectio societatis).

La Decisione della Cassazione e la Prova della Società di Fatto

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, confermando le sentenze dei giudici di merito. Gli Ermellini hanno chiarito principi fondamentali in materia.

L’Onere della Prova a Carico dell’Amministrazione Finanziaria

Il punto cruciale della decisione è che l’onere di provare l’esistenza di una società di fatto ricade interamente sull’Amministrazione finanziaria. Non è sufficiente l’apparenza di un vincolo sociale verso terzi. Per la responsabilità fiscale, è necessaria la prova effettiva di tutti gli elementi costitutivi del contratto di società, ovvero:

* Il conferimento di beni e servizi.
* L’esercizio in comune di un’attività economica.
* Lo scopo di dividerne gli utili.
L’affectio societatis*, ossia la volontà condivisa di creare un rapporto societario.

La Corte ha specificato che elementi come la comproprietà di un terreno e la successiva costruzione di un immobile non sono, di per sé, decisivi. Anche il fine di lucro è comune a molte operazioni economiche tra più persone e non implica automaticamente la nascita di una società.

La Motivazione della Sentenza d’Appello

La Cassazione ha respinto anche il secondo motivo di ricorso, con cui l’Agenzia lamentava un vizio di motivazione della sentenza d’appello. La Corte ha ricordato che, a seguito delle riforme processuali, il suo sindacato sulla motivazione è limitato alla verifica del rispetto del cosiddetto “minimo costituzionale”, escludendo la possibilità di censurare una motivazione solo perché ritenuta insufficiente o contraddittoria. Nel caso di specie, i giudici d’appello avevano fornito adeguate ragioni a fondamento della loro decisione.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha basato la sua decisione su principi consolidati, ribadendo che la costituzione di una società di fatto richiede una prova rigorosa che va oltre la semplice constatazione di una collaborazione economica. Per l’imposizione fiscale, ciò che conta è la sostanza del rapporto e non la mera apparenza. L’Amministrazione deve provare, anche con presunzioni, che le parti intendevano consapevolmente vincolarsi in un rapporto societario, condividendo rischi e profitti in un’ottica imprenditoriale comune. La semplice co-intestazione di beni o la stipula di contratti funzionali a un progetto immobiliare non sono sufficienti a superare questa soglia probatoria, specialmente quando tra le parti intercorrono legami di parentela che possono giustificare forme di collaborazione diverse da quella societaria.

Le conclusioni

Questa ordinanza rafforza la tutela del contribuente di fronte ad accertamenti presuntivi dell’Agenzia delle Entrate. Stabilisce un chiaro confine tra una legittima iniziativa economica congiunta tra più soggetti e la costituzione di una società di fatto. La decisione implica che l’Ufficio non può desumere automaticamente l’esistenza di un’entità societaria da operazioni immobiliari in comproprietà, ma deve fornire prove concrete e univoche della volontà delle parti di agire come soci. Ciò rappresenta una garanzia importante per chi intraprende investimenti congiunti, evitando che tali iniziative vengano riqualificate in modo automatico e penalizzante dal punto di vista fiscale.

È sufficiente la comproprietà di un immobile e la sua costruzione congiunta per dimostrare l’esistenza di una società di fatto a fini fiscali?
No, secondo la Cassazione questi elementi non sono di per sé decisivi. Per dimostrare l’esistenza di una società di fatto è necessario provare anche l’elemento soggettivo dell’affectio societatis, ovvero la comune intenzione delle parti di costituire un vincolo sociale per l’esercizio di un’attività d’impresa.

Su chi ricade l’onere di provare l’esistenza di una società di fatto in un contenzioso tributario?
L’onere della prova ricade interamente sull’Amministrazione finanziaria. È l’Agenzia delle Entrate che deve dimostrare, anche attraverso presunzioni, la presenza di tutti gli elementi costitutivi del vincolo societario, inclusa l’intenzione di associarsi.

Cosa intende la Corte per “minimo costituzionale” della motivazione di una sentenza?
La Corte si riferisce al fatto che, dopo la riforma del processo civile, il suo controllo sulla motivazione di una sentenza di merito è limitato a verificare che essa non sia totalmente assente, puramente apparente, o così contraddittoria da risultare incomprensibile. Non può più annullare una sentenza per una motivazione semplicemente ritenuta insufficiente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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