Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 11672 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 11672 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 05/05/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 14571/2017 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa ex lege dall’ Avvocatura Generale dello Stato
-ricorrente-
contro
COGNOME con gli avvocati e l’ avvocato NOME COGNOME e NOME COGNOME
-controricorrente-
avverso la Sentenza delle Commissione Tributaria Regionale della Campania n. 11486/2016 depositata il 16/12/2016.
Udita la relazione svolta alla Pubblica udienza del 20/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Udito il Pubblico ministero, nella persona del Sostituto procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha chiesto disporsi rinvio a nuovo ruolo ovvero, in subordine, dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso.
Uditi per la ricorrente Amministrazione Finanziaria l’Avvocato dello Stato NOME COGNOME e per il controricorrente l’Avvocato NOME COGNOME che hanno richiamato le conclusioni già rassegnate in atti.
FATTI DI CAUSA
La Guardia di Finanza – Nucleo Polizia tributaria di Sondrio procedeva a verifica fiscale nei confronti della società di capitali olandese denominata RAGIONE_SOCIALE, rilevando, con il conclusivo PVC del 12 aprile 2013, che la società risultava essere una società di fatto, i cui soci erano NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, nonché che la società era esterovestita, avendo in Milano la sua sede effettiva di direzione.
Condividendo tali assunti, per quanto qui rileva, con l’avviso di accertamento n. TF7011003888/2013 impugnato, veniva imputato per trasparenza a NOME COGNOME il presunto reddito da partecipazione nella configurata società di fatto relativo all’anno 2005, quantificato nella misura del 20%.
La CTP di Caserta accoglieva il ricorso proposto dal contribuente ed annullava l’avviso di accertamento, non ravvisan do i presupposti per ritenere integrata la fattispecie di società di fatto.
L’Agenzia delle Entrate spiegava appello innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Campania che, con la sentenza indicata in epigrafe, confermava la decisione dei primi giudici, rilevando l’assenza di elementi concreti per ritenere dimostrata la società di fatto tra il ricorrente e gli altri soggetti menzionati nell’atto impositivo.
L ‘Amministrazione finanziaria ha proposto ricorso per cassazione avverso la decisione assunta dal giudice del gravame, affidandosi a due motivi di impugnazione. Resiste con controricorso il contribuente, che ha chiesto dichiararsi il ricorso erariale inammissibile o comunque infondato.
Il Pubblico ministero, in persona del Sostituto procuratore generale dott. NOME COGNOME ha depositato in data 26/01/2025 requisitoria scritta, chiedendo di acquisire il fascicolo processuale d’ufficio per verificare la presenza del l’attestazione formale del
passaggio in giudicato della sentenza penale di assoluzione indicata in ricorso o, in subordine, di dichiarare inammissibile o comunque rigettare il ricorso.
Successivamente, in data 28/02/2025, nel rispetto del termine di quindici giorni prima dell’udienza prescritto dall’art. 21 -bis del d.lgs. n. 74/2000, il controricorrente ha depositato la sentenza n. 3689, resa l’11 maggio 2015 dalla Corte d’Appello di Milano, Sezione Seconda Penale, e depositata in cancelleria il 10 luglio 2015, munita di attestazione di passaggio in giudicato nei confronti dei sig.ri COGNOME e COGNOME e la sentenza n. 11270/2018, resa il 10 ottobre 2018 dal Tribunale Penale di Milano in composizione monocratica, Sezione Prima Penale, e depositata in cancelleria il 29 novembre 2018, munita di attestazione di passaggio in giudicato nei confronti dei sig.ri COGNOME e COGNOME
Ha inoltre depositato, in data 06/03/2025, memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c., nella quale ha affermato che, in relazione ai medesimi fatti di cui è causa hanno avuto luogo diversi processi in sede penale, che si sono tutti conclusi con pronunce irrevocabili di assoluzione rese nei confronti dei presunti soci di fatto perché il fatto non sussiste e/o perché gli imputati non l’hanno commesso.
In maggior dettaglio, come rilevato anche dal Procuratore Generale nella sua requisitoria, con riferimento alla società RAGIONE_SOCIALE ritenuta esterovestita, NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME sono stati rinviati a giudizio, nella qualità di amministratori di fatto, per il reato di omessa presentazione delle dichiarazioni dei redditi in relazione ai periodi di imposta dal 2001 al 2007, e il processo penale che ne è scaturito si è concluso in secondo grado con sentenza n. 3689 della Corte d’Appello di Milano, Sezione Seconda Penale, depositata in cancelleria il 10 luglio 2015 che ha assolto COGNOME e COGNOME perché il fatto non sussiste (essendo COGNOME già
stato assolto in primo grado). COGNOME, COGNOME, Barletta e COGNOME sono stati rinviati a giudizio, con analoghe imputazioni, anche rispetto alla posizione delle altre società estere (RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, ritenute società di fatto esterovestite al pari della RAGIONE_SOCIALE, e sono stati assolti dai reati loro ascritti perché il fatto non sussiste con sentenza n. 11270/2018 del Tribunale Penale di Milano in Composizione Monocratica, Sezione Prima Penale, depositata in cancelleria il 29 novembre 2018.
Quindi, in data 7/03/2025, il controricorrente ha depositato ‘Istanza di rinvio’, dando atto che, con ordinanza interlocutoria n. 5714, pubblicata il 4 marzo 2025, questa Corte di cassazione ha rimesso alla Prima Presidente gli atti della causa per l’eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite per la soluzione della questione rappresentata dall’ambito di efficacia dell’art. 21 -bis del D.Lgs. n. 74/2000, sia in relazione al profilo della estensione anche al rapporto impositivo (e non solamente sanzionatorio) degli effetti della sentenza penale irrevocabile di assoluzione dal reato tributario, emessa ad esito del dibattimento con la formula ‘perché il fatto non sussiste’ ovvero ‘perché l’imputato non l’ha commesso’, sia in ordine alla applicabilità della nuova disciplina alla ipotesi di assoluzione con la formula prevista dal secondo comma dell’art. 530 c.p.p.
Infine, in sede di discussione si è rilevato che la Commissione di Giustizia Tributaria di secondo grado del Piemonte, con ordinanza in data 11/02/2025, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 21 -bis cit. per violazione degli artt. 3, 24 Cost.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il secondo motivo di ricorso, da esaminarsi in via di precedenza in ragione della sua potenziale decisività, l’Agenzia delle entrate denuncia la «Violazione dell’art. 2247 c.c., dell’art.
2697 c.c. e dell’art. 2729 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.». Deduce l’Amministrazione finanziaria ricorrente che il giudice dell’appello non avrebbe fatto buon governo della prova per presunzioni, escludendo l’esistenza dell a società di fatto senza esaminare gli elementi indiziari offerti.
1.1. Il motivo è inammissibile, come da espressa eccezione del ricorrente e come rilevato dal Pubblico ministero nella propria requisitoria.
1.2. La Commissione regionale, nella sentenza impugnata, ha sinteticamente, ma in modo esaustivo, dato atto di avere esaminato e valutato gli elementi di prova addotti dalle parti, ed in esito ha ritenuto non dimostrati i presupposti di fatto e diritto in merito alla sussistenza di una società di fatto tra il Pisanti e gli altri soggetti coinvolti, evidenziando il ruolo di dominus di NOME COGNOME.
1.3. Ha, segnatamente, affermato la CTR: «Ebbene, ritiene il Collegio che l’appello dell’Ufficio non indica quali fossero in concreto gli indici rivelatori del rapporto sociale di fatto, non essendo sufficiente menzionare la sola prestazione dell’attività lavorativa sotto il profilo delle conoscenze economiche e tributarie (elemento già valutato dai primi giudici in senso non significativo con motivazione del tutto plausibile incentrata sul rapporto subordinato o la collaborazione professionale). Il fatto di essere “Capo Area Finanze” e “cassiere” del Gruppo Barletta o “dirigente occulto delle attività svolte all’estero dal professionista olandese …’ e la titolarità del “potere di disporre personalmente l’esecuzione del flussi finanziari tra le varie società in Italia … ” (v. atto di appello pag. 3) rappresentano, secondo l’apprezzamento di questo Collegio, dati neutri se li si collega al fatto, pure evidenziato nell ‘ impugnazione, che ciò avviene comunque “secondo le disposizioni operative di massima del dominus Barletta NOME“. Sull’alea, poi, l’appello non è specifico perché non spiega da quali elementi di fatto si
desume che COGNOME e gli altri abbiano “Investito notevoli risorse finanziarle e professionali al solo scopo di conseguire profitti che poi hanno sottratto a tassazione”. Infine – ed il rilievo tronca ogni ulteriore discussione sull’argomento – l’appello non spiega quali sono i fatti che avrebbero meritato “più attenzione” e in che modo l’approfondimento doveva avvenire. Si sottrae pertanto a censura la conclusione raggiunta dai primi giudici sulla mancanza di elementi concreti per ritenere dimostrata la società di fatto tra il ricorrente e gli altri soggetti menzionati nell’atto impositivo.»
1.4. L’Amministrazione finanziaria non si confronta con la decisione assunta dalla CTR, non ne confuta il fondamento. Il giudice dell’appello afferma non esservi alcuna prova dell’esistenza dell a società di fatto e della partecipazione ad essa del contribuente, ma la ricorrente non illustra analiticamente le prove, anche presuntive, che avrebbe portato a supporto dei propri contrari argomenti. Insiste nel riproporre le sue tesi, in particolare ricapitolando le diverse attività svolte dal Pisanti in relazione a società del Gruppo Barletta e assume che, pertanto, il contribuente sarebbe stato un socio di fatto, ma non contrasta la valutazione, presente e chiara, della CTR secondo cui questa attività nulla dimostra in ordine alla sua qualità di socio occulto piuttosto che di mero esecutore delle direttive dal Barletta. L’Agenzia delle Entrate neppure illustra come avrebbe provato l’esistenza di un fondo comune, dell’ affectio societatis , di un accordo di ripartizione degli utili e delle perdite.
In aggiunta l’Amministrazione ricorrente, nelle sue difese, fa riferimento, ripetutamente, ad un avviso di accertamento -quello relativo alla imputazione del reddito di partecipazione nella società RAGIONE_SOCIALE ritenuta dall’Ufficio una società di fatto esterovestita -diverso da quello qui impugnato, avente ad oggetto la partecipazione nella RAGIONE_SOCIALE
In conseguenza della dichiarata inammissibilità del superiore motivo perde rilevanza la questione della violazione del
litisconsorzio necessario previsto dell’art. 14 del D.lgs. 546/1992, rilevabile ex officio e nondimeno fatta oggetto di espressa denuncia con il primo motivo di ricorso dell’Amministrazione finanziaria.
Infatti, una volta ritenuta esclusa la sussistenza della società di fatto tra il ricorrente COGNOME e gli altri asseriti soci, viene meno la rilevanza della sollevata questione del mancato rispetto del litisconsorzio necessario. E’ opportuno ricordare che, a tale riguardo, questa Corte, con condiviso orientamento, ha affermato che «Nel giudizio di cassazione, in presenza di un accertamento di maggiore imponibile a carico di una società di persone ai fini delle imposte dirette, Irap e Iva, fondato sugli stessi fatti o su elementi comuni, la nullità dei giudizi di merito – per essere stati celebrati, in violazione dei principio del contraddittorio, senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari (società e soci) – non va dichiarata qualora il ricorso per cassazione dell’Amministrazione finanziaria risulti inammissibile o “prima facie” infondato, atteso che in tal caso, non derivando ai litisconsorti pretermessi alcun danno dalla detta pronuncia, disporre la rimessione al giudice di primo grado contrasterebbe con i principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, che hanno fondamento nell’art. 111, comma 2, Cost. e nell’art. 6, par. 1, CEDU» (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 18890 del 03/07/2021), né permane interesse della ricorrente, che non trarrebbe alcun vantaggio.
Parimenti, in ragione della rilevata inammissibilità del ricorso erariale, non incide sul presente giudizio la questione della applicabilità della disciplina di cui all’ invocato art. 21-bis del D.L. n. 74/2000, che dispone che «La sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, pronunciata in seguito a dibattimento nei confronti del medesimo soggetto e sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario, ha, in questo, efficacia di giudicato, in ogni
stato e grado, quanto ai fatti medesimi», dovendo pertanto escludersi la necessità di un rinvio a nuovo ruolo della causa.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente al rimborso, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano come in dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente l’Agenzia delle Entrate, ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. n. 30 maggio n. 115, art. 13 comma 1quater (Cass. 29/01/2016, n. 1778).
P.Q.M .
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 12.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 20/03/2025.