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Società di Fatto: conti personali e Fisco, la Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 28913/2025, ha stabilito un importante principio in materia di accertamenti fiscali nei confronti di una società di fatto. È stato chiarito che i movimenti bancari sui conti correnti personali di uno dei soci si presumono, fino a prova contraria, come ricavi non dichiarati della società stessa. La Suprema Corte ha annullato la decisione di merito che aveva escluso tale presunzione solo perché il socio svolgeva un’altra attività imprenditoriale, ribadendo che l’onere di superare la presunzione legale grava sul contribuente. È stata inoltre sancita l’inammissibilità di richieste formulate tardivamente nel processo tributario.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Società di Fatto: il conto del socio sotto la lente del Fisco

Quando si opera attraverso una Società di Fatto, i confini tra il patrimonio personale dei soci e quello sociale possono diventare labili, con importanti conseguenze fiscali. Un’ordinanza della Corte di Cassazione ha recentemente ribadito un principio fondamentale: i versamenti e i prelievi sui conti correnti personali di un socio possono essere legalmente presunti come ricavi o costi dell’impresa comune. Spetta al socio fornire la prova contraria. Analizziamo questa importante decisione per capire le sue implicazioni pratiche.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un accertamento fiscale emesso dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di una Società di Fatto operante nel settore del commercio di autoveicoli. L’accertamento si basava su indagini bancarie effettuate esclusivamente su conti correnti intestati a una dei soci. I giudici di primo e secondo grado avevano annullato gli avvisi di accertamento, ritenendo che l’Amministrazione Finanziaria avesse erroneamente attribuito alla società i movimenti bancari della socia, la quale gestiva anche un’altra attività individuale nel settore della ristorazione. Secondo i giudici di merito, le movimentazioni erano riconducibili a quest’ultima attività e non al commercio di auto.

L’Analisi della Cassazione sulla Società di Fatto

L’Agenzia delle Entrate ha impugnato la decisione davanti alla Corte di Cassazione, lamentando la violazione dell’art. 32 del D.P.R. 600/1973. Questa norma stabilisce una presunzione legale secondo cui i movimenti bancari non giustificati sui conti dei contribuenti esercenti attività d’impresa sono considerati ricavi. La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia, stabilendo che la corte territoriale ha commesso un errore di diritto. I giudici hanno chiarito che l’esercizio di un’attività individuale da parte di un socio non esclude, di per sé, che i movimenti sul suo conto personale possano essere riferiti alla Società di Fatto di cui è parte. L’esistenza di un’altra attività non è sufficiente a vincere la presunzione legale. Inoltre, la Cassazione ha accolto un secondo motivo di ricorso relativo a una questione procedurale: la richiesta di applicazione del ‘regime del margine’ era stata avanzata dai contribuenti solo in un momento successivo al ricorso introduttivo, rendendola tardiva e quindi inammissibile.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su due pilastri. Il primo riguarda la presunzione legale legata alle movimentazioni bancarie. Una volta accertata l’esistenza di una Società di Fatto, opera una presunzione per cui i movimenti sui conti personali dei soci sono riferibili all’attività sociale. Questo si basa sul ‘principio di vicinanza della prova’: è il socio, autore delle movimentazioni, ad avere gli strumenti e le informazioni per dimostrare la reale natura di quelle somme. Non è sufficiente affermare che derivino da un’altra attività; è necessario fornire prove concrete che lo dimostrino. Il secondo pilastro è la rigidità delle preclusioni nel processo tributario. Le ragioni della contestazione all’atto impositivo devono essere esposte tutte e subito nel ricorso introduttivo. Non è possibile aggiungere nuove contestazioni o richieste in un secondo momento, se non attraverso gli strumenti processuali specifici (i motivi aggiunti), per garantire la certezza del diritto e il corretto svolgimento del contraddittorio.

Le Conclusioni

La Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla corte di merito per un nuovo esame, che dovrà attenersi ai principi enunciati. Questa ordinanza rappresenta un monito importante per chi opera attraverso società non formalizzate. La commistione tra finanze personali e sociali espone a un rischio fiscale significativo. La presunzione di attribuire i movimenti bancari personali all’attività della Società di Fatto è forte, e l’onere di dimostrare il contrario ricade interamente sul contribuente. È quindi fondamentale mantenere una contabilità rigorosa e separata, documentando l’origine e la destinazione di ogni operazione finanziaria per evitare di incorrere in pesanti accertamenti fiscali.

I versamenti sul conto corrente personale di un socio possono essere considerati ricavi di una società di fatto?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che, in presenza di una società di fatto, i movimenti bancari sui conti personali dei soci si presumono legalmente come ricavi dell’attività sociale, in base all’art. 32 del D.P.R. n. 600/1973.

Chi deve provare che i movimenti bancari sul conto del socio non appartengono alla società di fatto?
L’onere della prova contraria grava sul socio/contribuente. Non è sufficiente affermare che le somme provengono da un’altra attività; il socio deve fornire prove concrete e specifiche che dimostrino la natura extra-sociale di tali movimentazioni.

È possibile introdurre nuove richieste, come l’applicazione di un regime fiscale speciale, dopo aver presentato il ricorso iniziale nel processo tributario?
No. La Corte ha ribadito che il processo tributario è rigidamente delimitato dai motivi esposti nel ricorso introduttivo. Qualsiasi richiesta o motivo di contestazione non incluso in tale atto iniziale è considerato tardivo e, di conseguenza, inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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